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PREFAZIONE DELL’AUTORE

(Conforme alla prefazione della Seconda Edizione, 2008)

"Centro storico" è un poema epico, o racconto in versi come oggi più comunemente si dice, un racconto corale che si snoda in "canti" intitolati a personaggi le cui vicende sono, direttamente o indirettamente, collegate. L'avevo scritto nel 1990; nel ‘92 era stato fra i 19 finalisti, non premiati, su circa 850 opere partecipanti, a un concorso letterario per l'inedito indetto presso l’allora Salone del Libro di Torino dal Baraghini, l’editore dei famosi 1000 lire (per la cronaca: era risultato vincitore e pubblicato nella collana un romanzo sulla figura d’un conte di Cavour omosessuale). Ampi stralci di “Centro storico” erano stati inseriti, in seguito al concorso, in una rivista e l'anno seguente il Centro Studi Cultura e Società – Istituto di ricerca e documentazione – aveva stampato il poema, lasciandomene la proprietà letteraria. Nel 2001 l’avevo ripreso apportando varianti, nel 2006, tornato sull’opera, avevo eliminato circa un decimo dei versi e, infine, alcuni dei rimanenti ho modificato all'inizio del 2008.

Passati ormai diciotto anni, altri personaggi verrebbero alla penna, come quelli dell’immigrazione dall’Europa dell’Est dopo la caduta del Comunismo, ma l’opera diverrebbe ibrida e anacronistica, il panorama non sarebbe più quello del centro storico di Torino nell’anno 1990 con quelle figure "nel piccolo mondo che vive a Torino tra il Duomo / la via Garibaldi ed i corsi Regina e Valdocco", come recitava l’incipit, che ho abolito nella nuova stesura; figure come quelle dei marocchini, così come generalmente erano indicati tutti gli immigrati arabi, che nel 1990 vendevano per via spugnette e accendini, figure ormai pressoché scomparse e, com’è noto, sostituite, a un estremo, da persone inserite in una seria attività e, magari, raggiunte legalmente dai famigliari, all'altro, da non pochi clandestini caduti nella delinquenza, dei quali era stato fra gli antesignani il mio personaggio Omàr Salazìm. Diciotto anni fa non c’era ancora, e dunque non appare nel poema, il terrorismo degli estremisti islamici, presenti ormai purtroppo, com'è ben noto, anche nel nostro Paese, i quali si celerebbero, a Torino, nella zona del centro detta Porta Palazzo. Temo che, causa il terrorismo islamico corrente, qualcuno potrà non vedere con simpatia il mio personaggio del “buon marocchino” musulmano Abdùl Satelèch: i collettivismi, come recita Ariano lo storico, altra figura del poema, son bestie feroci, eppure la tendenza a ragionare per insiemi è malauguratamente spontanea e, sia nella storia, sia nel quotidiano, è fomite d'ingiustizia.

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