Читать книгу La Proposta Del Miliardario - Jambrea Jo Jones - Страница 9
ОглавлениеCapitolo Uno
Remington Marlow fissò il telefono sulla sua scrivania come se potesse prendere vita e morderlo. Suo padre era in vivavoce, intento a sputacchiare sciocchezze a quell'ora insana del mattino. Remi aveva bisogno di molto caffè per riuscire a sopportare quella conversazione.
“Dannazione, papà. Questo è ridicolo.” Sbattendo la mano sulla scrivania, Remington sollevò la cornetta.
L'intera azienda non aveva bisogno di conoscere i suoi affari privati. Jackson Marlow poteva anche essere suo padre, ma era fuori di testa se pensava che Remi avrebbe semplicemente assecondato quel piano stravagante che prevedeva che si accasasse. Era contento che suo padre fosse nell'ufficio principale, a circa cinque minuti di distanza, e non in fondo al corridoio, perché in quel caso avrebbe fatto qualcosa di avventato. Tipo strozzarlo. Odiava discutere della propria vita sentimentale… di nuovo. Non era più un bambino. Aveva appena festeggiato il suo trentaseiesimo compleanno, per la miseria.
“No, non lo è,” dichiarò Jackson. “Avevo rinunciato alla speranza di avere un erede quando mi hai detto di essere gay, ma adesso ci sono molte altre opzioni là fuori, Remi.”
“Papà…”
“Non provarci. Leggo i giornali, sai? So che i bambini possono essere adottati, oppure potresti anche pensare di usare un surrogato. Non sto dicendo che devi avere figli ora, ma non lascerò che ti faccia tutti gli uomini di Fort Wayne.”
“Non mi sto facendo tutti…” Remi si strofinò una tempia, incapace di ripetere le sue parole.
Suo padre sospirò e continuò la filippica. “Voglio che ti sistemi. Esci con un uomo. Conoscilo. Innamorati di lui e poi sposalo. Voglio che tu abbia quello che ho avuto io. Gli anni che ho passato con tua madre sono stati i migliori della mia vita e darei qualsiasi cosa per riaverli.”
“Lo so, papà. Lo so. Manca anche a me.”
“Forse ho sbagliato con te. Forse darti tutto quello che volevi, e assicurarmi che tu avessi una rendita mensile fino a quando fossi entrato in possesso del fondo fiduciario, non è stata la migliore delle idee. Bene, da oggi in poi puoi scordartela. Dovrai imparare a contare solo sui soldi che guadagnerai, senza alcun aiuto da parte mia. Ti taglierò fuori se non farai qualcosa della tua vita. Inizia a frequentare seriamente qualcuno e farò in modo che il fondo fiduciario sia completamente a tua disposizione il giorno del tuo quarantesimo compleanno, e non ti taglierò neppure lo stipendio mensile.”
“È per questo che hai messo quella clausola al fondo fiduciario? Capisco la rendita, ma come fa una persona a sopravvivere fino a quarant'anni?” Remi voleva lanciare il telefono dall'altra parte della stanza. Era così frustrato, dannazione. Aveva quasi quarant'anni e suo padre gli dava ancora la paghetta.
“Sei fortunato che non abbia aggiunto una clausola matrimoniale, Remi.” Le parole di suo padre furono più o meno come benzina gettata sul fuoco che stava iniziando a divampare nel suo corpo.
“Sapevo che mi stavi controllando, ma questo supera davvero il limite.” Remi si pizzicò il ponte del naso. “Sai che la mamma voleva che avessi quei soldi quando ho compiuto ventuno anni. Tutti. Senza clausole. Senza rendite mensili. Tutti insieme.”
“Sì, ma l'ho convinta a ripensarci. Volevo che fossi più maturo. Ventuno anni sono troppo pochi per gestire una somma di denaro del genere. Quando è morta, ho capito di aver fatto la cosa giusta. La sua scomparsa ha distrutto un po' del tuo istinto di sopravvivenza.”
“Avevo appena perso mia madre. Ma non è questo il punto. Lo sai che sono un uomo adulto, vero? Che gestisco una società multimiliardaria?” Remi si coprì il viso con una mano. La testa gli martellava. Aveva bevuto troppo la sera precedente, e si era portato un ragazzo a casa. Remi non riusciva a ricordare il suo nome, ma aveva un culo bello stretto. Quello era qualcosa che valesse la pena ricordare.
La voce di suo padre lo riscosse dai postumi della sbronza.
“Lo so. E so anche che spendi soldi come se non ci fosse un domani.”
“Stai parlando come se dovessimo fallire entro il fine settimana.”
La testa pulsò più forte. Non era ancora del tutto sveglio. E oltretutto ora pensava a sua madre.
Caffè.
Dio, una tazza di caffè sarebbe stata perfetta in quel momento, ma non aveva ancora avuto la possibilità di berne neppure una goccia. E non poteva neanche dire alla sua segretaria, Sara Jo, di portargliene una tazza, perché stava già usando il telefono per parlare con suo padre.
Al diavolo la mia vita.
“Non sai mai quello che ti può riservare il futuro, figliolo.”
“Sei fortunato che ti voglio bene, papà.” Remi poteva essere arrabbiato con suo padre, perfino esasperato dalla sua insistenza, ma gli voleva bene.
Tutto quello che Remi doveva fare era dissuaderlo dall'idea che avesse bisogno di innamorarsi di qualcuno. Di solito ci volevano un paio di settimane per far cadere quel discorso. Non era la prima volta che succedeva.
Remi era abbastanza felice della propria vita. Non voleva sistemarsi.
Non voleva essere il daddy di qualcuno. Come avrebbe potuto sapere se un uomo lo voleva solo per i suoi soldi? Aveva già commesso quell'errore. Gli si era spezzato il cuore quando aveva scoperto che il suo conto in banca era tutto ciò che interessava al suo ex. Appena sapevano il suo nome, tutti gli si avvicinavano cercando di incastrarlo. Fort Wayne non era così grande e, anche ad Indianapolis, il nome Marlow era molto conosciuto in certi ambienti.
Non era il tipo da avere una storia seria… non più. Non dopo Harry.
“Sei fortunato che anche io ti voglio bene. Non ti darei un ultimatum se non fossi preoccupato per te. E non pensare di riuscire a dissuadermi. In qualità di esecutore testamentario del fondo che io e tua madre abbiamo istituito per te, ho già chiesto agli avvocati di redigere i documenti che stabiliscono i nuovi termini. C'era una clausola specifica negli accordi.”
“Sì, lo so. Non saprò mai come hai fatto a convincere la mamma a nominarti esecutore, in modo da consentirti di impostare i termini di pagamento e permetterti di cambiarli come ritieni opportuno. Ma non ne sono felice, papà.” Le sole parole non riuscivano ad esprimere abbastanza quanto poco fosse contento della piega che avevano preso le cose.
“Sapevo che non lo saresti stato. Ma sei mio figlio e voglio che tu sia felice.”
Dannazione. Non voleva uscire con qualcuno. Jackson era suo padre e Remi sapeva che lo stava facendo con le migliori, per quanto inquietanti, intenzioni. Stavano lavorando per espandere l'azienda. Remi aveva raramente un minuto libero. Prendeva sul serio il proprio lavoro. Certo, gli piaceva divertirsi e quello richiedeva soldi… più soldi di quelli che avrebbe potuto guadagnare con un semplice stipendio dell'azienda. La piccola eredità che aveva ricevuto dal nonno dopo la sua morte non sarebbe durata per sempre, e aveva già ricevuto la paghetta quel mese. I soldi del fondo fiduciario non gli sarebbero stati consegnati fino al compimento dei quarant'anni. Mancavano solo pochi anni, e probabilmente quello era il motivo per cui suo padre stava tirando fuori l'argomento con tutta quella insistenza.
“E se decidessi di dire fanculo e vivere del mio solo stipendio?” Remi si appoggiò allo schienale della sedia con un leggero sorriso stampato in faccia. Poteva farlo? Sì. Sarebbe stato facile? No, ed era abbastanza intelligente da capirlo anche da solo.
“Ho visto la lista delle tue ultime spese,” rispose Jackson senza cambiare tono. “Ti do una settimana di tempo per prendere una decisione. Ricorda solo che non avrai i soldi del tuo fondo per altri quattro anni, a meno che io non ti ritenga inadatto anche in quel momento e ti faccia aspettare ancora più a lungo.”
Il cuore di Remi era già stato spezzato una volta, non avrebbe permesso che accadesse di nuovo. Per quanto da un lato desiderasse provare quello che aveva provato suo padre, dall'altro sapeva che era qualcosa che a lui non sarebbe mai successo. I suoi genitori si erano incontrati al liceo e i soldi non avevano mai avuto un ruolo fondamentale nella loro storia d'amore. Non come tra lui e Harry. Il cuore di Remi non poteva sopportare di nuovo quel tipo di amore fasullo. Stava bene da solo. Tutto quello che gli serviva era convincere suo padre a lasciar perdere la sua vita sentimentale.
“Sono contento della mia vita, papà.”
“No, figliolo. Sei fottuto, nel vero senso della parola. Non è sempre sinonimo di felicità.” Jackson sospirò nel telefono. “I soldi aiutano molto, ma non ti terranno al caldo di notte né ti aiuteranno quando sarai malato.”
“È un po' indelicato da dire, papà, ma il sesso mi rende felice.” Beh, per quanto felice potesse essere.
“No, vuol dire che sei soddisfatto, per il momento. Voglio che tu sia felice per il resto della tua vita.” La voce di suo padre si era ridotta quasi a un sussurro.
“E se non riesco a trovare questa felicità?” sussurrò Remi di rimando.
“Voglio che almeno ci provi. È davvero chiedere troppo?”
“Sì. Puoi pensare di conoscere bene la mia vita ma non è così. E non ho tempo per quello che stai progettando. Sono nel bel mezzo delle trattative per rilevare una società siderurgica. Sai che avere un posto in cui lavorare personalmente il metallo che utilizziamo ridurrebbe notevolmente i costi di fabbricazione dell'azienda. Occupa quasi tutto il mio tempo e cercare un ragazzo con cui uscire non è semplice e istantaneo.” Remi sospirò. Si stava arrabbiando di nuovo.
“L'azienda siderurgica non va da nessuna parte. L'affare è quasi concluso. Se riesci a trovare il tempo per cercare un uomo con cui andare a letto, puoi trovare lo stesso tempo per uscire con qualcuno. Vorrei almeno vederti provarci. Non voglio che tu finisca come me, un vecchio che ha perso l'amore della sua vita e che morirà da solo. Hai quasi quarant'anni e io di certo non divento più giovane. Se mai avrai dei figli, voglio poter essere ancora un buon nonno.”
“Cazzo, papà.” Remi si strofinò il petto. Suo padre non sembrava demordere.
“È vero, ci sono andato pesante con te, figliolo. Ma dopo la morte di tua madre mi sono reso conto di quanto avessi perso. Era la mia anima gemella e ora mi ritrovo da solo. Non voglio che tu raggiunga i sessant'anni e continui a cercare storie di una notte. Voglio che tu abbia qualcuno che ti aspetti a casa, o che trovi te ad aspettarlo quando torna, e che ti amerà tanto quanto tua madre ha amato me.”
“Questo è ricatto emotivo.” Remi rise. O quello oppure scoppiare a piangere. Pensare a sua madre lo faceva ancora sentire devastato. Pensare a lei avendo dormito solo un paio di ore e senza aver bevuto almeno una tazza di caffè? Sarebbe morto prematuramente.
“Devo giocare tutte le mie carte, figliolo.”
Suo padre stava sorridendo dall'altra parte del telefono. Remi riusciva a sentirlo nella sua voce. “Papà…”
“Remi.”
“E va bene. D'accordo.” Riusciva a capire quello che stava provando suo padre e faceva schifo. Remi odiava il fatto che l'uomo si fosse ritrovato da solo. Cercava di vederlo il più possibile, perché adesso erano solo loro due contro il mondo intero, ma sapeva di non essere un valido sostituto di sua madre.
“Ottimo. Siamo ancora d'accordo per cenare insieme?” Suo padre sembrava speranzoso.
“Sì, porterò il vino.” Remi non avrebbe smesso di vedere suo padre, qualunque cosa fosse successa.
Jackson si schiarì la gola. “Ti voglio bene, figliolo.”
“Ti voglio bene anche io, papà.”
Remi riagganciò e si mise di nuovo comodo sulla sedia. Il mal di testa che aveva cercato di combattere per tutta la mattina si stava facendo più forte. Chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie. Che diavolo devo fare?
Non voleva che il suo cuore si spezzasse di nuovo, ma voleva anche poter dare a suo padre quello che gli aveva chiesto. Merda. Doveva uscire con qualcuno e mostrare a suo padre che faceva sul serio. Poteva vivere senza soldi ma quella sorta di ultimatum riguardava molto più del denaro. Ma dove diavolo avrebbe trovato qualcuno adeguato ad uscire con lui? Era felice di essere un playboy. Certo, in realtà non usciva più così tanto come in passato. Stava cercando di rendere solida la propria vita, anche se non nel modo che suo padre sperava.
Remi avrebbe dovuto pensarci più tardi, però. La prima cosa che doveva fare in quel momento era trovare del caffè, e poi dedicarsi ad alcuni documenti. Spinse indietro la sedia e uscì dall'ufficio, salutando Sara Jo con un cenno quando le passò davanti.
A Remi piaceva gestire l'officina siderurgica. Quel settore dell'azienda era tutto suo. L'aveva costruito dal niente. Stavano perdendo potenziali profitti perché dovevano pagare altre aziende sia per acquistare i metalli che per lavorarli. Ora che stavano ampliando quel settore avrebbero potuto gestire tutto da soli. Avevano iniziato con piccoli progetti, poi progetti di media grandezza e infine erano diventati l'azienda di riferimento della città. Di solito era suo padre che si occupava del lato amministrativo della società ma l'officina siderurgica era la creatura di Remi, che aveva capito di dover fare qualcosa di concreto per ridurre i costi di estrazione e lavorazione quando aveva visto le bollette da pagare.
Le macchinette del caffè erano situate nella sala relax al centro dell'edificio, così gli ingegneri – che creavano i progetti e si assicuravano che le strutture in acciaio reggessero – potevano arrivarci con la massima facilità. Almeno conosceva i nomi di tutti, anche se non li vedeva né parlava con ognuno di loro ogni singolo giorno. Si fidava del suo staff e sapeva che portava a compimento i progetti anche senza avere il suo fiato sul collo.
Sara Jo era nel bel mezzo della pianificazione di una cena aziendale, uno dei suoi compiti come sua segretaria. Era qualcosa che a Remi piaceva fare per mostrare gratitudine e apprezzamento per il duro lavoro svolto da tutti. Avevano passato un paio di mesi difficili, con molte cose di cui occuparsi e giornate piene di straordinari. L'officina aveva dovuto lavorare il doppio del normale quando l'impianto locale della General Motors aveva chiuso in modo che ingegneri e operai potessero entrare e inserire ulteriori condotti. C'era sempre così tanto da fare ultimamente. La ferrovia aveva bisogno di acciaio per le rotaie, la scuola locale necessitava di nuovi corrimani per le porte di emergenza per mettere in sicurezza l'edificio…
Essendo una officina che si occupava di lavorare il metallo ricevevano ogni genere di lavoro. Lui stesso aveva approvato alcuni progetti proprio qualche giorno prima e dovevano portarli a termine in fretta per potersi dedicare a lavori più grandi, come la costruzione di una torretta per il liceo, in modo che il guardiano potesse controllare l'intero campo e l'allenatore tenere d'occhio la squadra di football, o preparare le lamine d'acciaio e le longarine, in modo che la divisione edile potesse riparare il tetto del college prima che iniziasse il semestre.
Avevano tutti bisogno di una pausa. Se non avessero rallentato un po', il livello di attenzione sarebbe inevitabilmente calato e la sicurezza sarebbe stata a rischio.
Remi affrettò il passo, già pregustando il sapore del caffè. Se Sara Jo non fosse stata occupata ad organizzare la cena aziendale le avrebbe chiesto di prenderlo al suo posto, ma cercava di non distoglierla dal lavoro per cose tanto semplici. Le gambe di Remi funzionavano benissimo e poteva servirsi da solo. Le chiedeva di prendergli il caffè solo in casi eccezionali.
Se ne versò una tazza abbondante, tornò verso il proprio ufficio e chiuse la porta. Aveva un paio di scadenze di cui occuparsi e voleva mettere insieme i progetti, così da averli organizzati e a portata di mano durante la riunione. Si trattava di uno dei suoi progetti preferiti degli ultimi tempi, quello che riguardava la ristrutturazione dell'ultimo piano dell'edifico storico dell'Embassy Theatre. Concentrarsi sul lavoro avrebbe sicuramente spostato la sua mente lontana dai propri problemi personali.
Dopo quelli che gli sembrarono solo un paio di minuti, ma che probabilmente erano molti di più, udì un lieve bussare alla porta che gli fece perdere la concentrazione.
“Avanti,” disse Remi.
Sara Jo fece capolino. “Capo, hai un minuto libero per parlare con Elros Carter?”
Remi posò la penna. “Sì, certo.” Si passò una mano sul viso. Il mal di testa di quella mattina era sparito ma i suoi occhi erano stanchi per aver passato tutto quel tempo concentrato sui disegni del progetto. Conosceva bene quel nome, Elros Carter, ma non riusciva ad associare un volto.
“Vuoi che ti porti altro caffè?” Sara Jo gli sorrise.
Remi guardò la tazza ormai vuota e ci pensò un secondo, poi rispose. “No, va bene così. Credo di averne bevuto abbastanza.”
“D'accordo. Ricordati che hai una riunione all'una e mezzo.” Gli fece un piccolo sorriso.
“Credevo fosse all'una.” Remi guardò il calendario.
“È stata spostata un po' perché il signor Johnson ha avuto alcuni problemi.” Sara Jo gli lanciò uno sguardo consapevole, dicendogli senza bisogno di parole che era stato lui stesso a dare l'okay per il cambio d'orario.
“Va bene, immagino di avere più di un minuto libero per Elros Carter, allora. Fallo entrare.” Remi le fece cenno di andare.
Sara Jo annuì e aprì completamente la porta, facendo entrare un ragazzo alto con i capelli neri e gli occhi più scuri che Remi avesse mai visto. Doveva essere almeno un metro e ottanta e il suo corpo era snello e ben fatto. Il tipo di uomo che avrebbe puntato subito in un locale.
Merda.
Solo in quel momento collegò il suo nome al suo volto. Doveva essere davvero stanco. Sapeva bene chi era Elros. Remi aveva dieci addetti specializzati nel settore siderurgico e conosceva tutti i loro nomi. Quando Elros era stato assunto, Remi si era assicurato di non lavorare a stretto contatto con lui per tenersi fuori dai guai.
Non usciva con i dipendenti. E il motivo aveva un nome ben preciso. Si chiamava causa civile, e Remi non voleva avere niente a che fare con una di quelle. Tuttavia, un piano iniziò a prendere vita nella sua mente. Sapeva che era una cattiva idea ma avrebbe potuto togliergli di dosso suo padre. E, inoltre, non avrebbe infranto la regola di non uscire con i dipendenti, non se tutto fosse rimasto una mera invenzione.
Un finto fidanzato?
Quello poteva trovarselo.