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CAPITOLO SETTE

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LUI LA VIDE in piedi sul ciglio della strada prima di arrivare e avvicinarsi, notando che indossava ancora un abbigliamento diverso — i leggings a fantasia appariscente che aveva visto indossare a molte donne, una grande pashmina color crema che scendeva diagonalmente dal collo come un poncho, coprendole una spalla insieme a una borsa bianca a tinta unita.

Salita nel sedile accanto a lui sembrava più giovane, più dolce, come se stesse andando a un primo appuntamento e non sapesse cosa aspettarsi. Paul si sentì salire l’agitazione e si disse di darsi una calmata.

Non appena si scostò dal marciapiedi lei diede un’occhiata in giro in macchina, una Volvo 60 turbo diesel di dieci anni, e gli sembrò che stesse giudicando questo e i suoi gusti. Lui colse una traccia del suo profumo, sempre lo stesso. Era fruttato, ma c’era anche qualcosa di legnoso, più fastidioso.

Ora guardava nel cruscotto, spostando i suoi pacchetti di gomme da masticare e una mini torcia e alcuni pezzi di plastica che si erano staccati dal porta GPS.

Lui disse, ‘Stai cercando qualcosa in particolare?’

‘Pensavo di scoprire qualcosa di te. Passaporto, patente o qualcosa così.’

‘Non c’è niente da sapere.’

‘L’uomo del mistero, non è vero?’ Lo disse con un tono scozzese, la sua cadenza veniva fuori sempre di più, più la conosceva. ‘Appari un giorno da Starbucks e un attimo dopo sappiamo che conosci tutti i nostri torbidi segreti mentre non sappiamo un bel niente di te.’

‘Cos’è Cliff per te?’

‘Non quello che vorrebbe essere.’

‘E sarebbe?’

Gli lanciò uno sguardo buffo. ‘Usa la tua immaginazione.’

‘Così tu sei una giornalista alla moda e lui cos’è … lo sfigato del villaggio? Cosa ci stai a fare?’

‘Reputazione da duro. Biglietti per concerti. Droghe toste. Un sacco di roba losca.’ Prendendolo in giro, lo sapeva, e nemmeno gentilmente: non le importava proprio cosa lui pensasse.

Lui disse, ‘Quando ero a scuola lui era quello da cui stare lontani. Ce n’erano due — lui e un altro ragazzo, un po' più grande, Wigton. Sempre a fare a botte, quei due. Se ricordo bene, Cliff peggiorò crescendo, Wigton mise la testa a posto, si rimboccò le maniche.’

‘C’è una morale in questa storia?’

‘Pensavo solo che fosse una cosa curiosa, e mi ricordo che lo pensavo fin da piccolo. Si vedeva che direzione stavano prendendo già a cosa, tredici, quattordici anni?’

‘Cos’è accaduto a Wigton?’

‘Fu investito per strada il giorno prima dell’ultimo giorno di scuola. Giocava a calcio, correva dietro alla palla, una macchina sbucò da dietro l’angolo e lo gettò contro un lampione. Si fratturò il cranio.’

‘Così non sai che cosa gli sarebbe successo dopo, quindi. Sarebbe potuto tornare ad essere quello di prima.’

Paul alzò le spalle. ‘Può darsi. Ma stava diventando un’altra persona. E quindi non penso.’

Lei gli diede indicazioni e guidò oltre Gosford Green, dove giocava a tennis da ragazzo, sebbene i campi fossero scomparsi da tempo, un parco giochi per bambini ora, poi svoltarono a destra intorno alla tangenziale, infine girando per Holyhead Road.

Gli disse di girare a sinistra al parcheggio di Texaco e le case apparvero improvvisamente più imponenti, lontane dalla strada, posto auto davanti e archi di pietra alle porte d’ingresso.

‘Quella,’ disse, indicando, e lui rallentò fino a fermarsi. Lei aprì la portiera e si voltò a guardarlo. ‘Vieni?’

‘Cosa dovrei dirgli? Chi sono, lo chauffeur?’

‘Non preoccuparti, non è un tipo geloso. Penso che ti piacerà.’

QUANDO DAVID APRÌ la porta e fece un passo indietro per farli passare, Paul lo guardò bene. Era circa della stessa altezza di Paul, pallido, col torace incavo e barba e capelli ispidi color paglia sporca. Paul immaginò che lavorasse al chiuso, magari un giornalista come Araminta dichiarava di essere.

Lei fece una breve presentazione, agitando una mano verso Paul, come se David avesse potuto non vederlo entrare.

‘Non fare caso a lui.’ disse a David, ‘è solo uno che conosco, mi ha portato qui.’

David incrociò lo sguardo di Paul ma non c’era nulla in questo, o forse appena una vaga curiosità, Paul pensava che sicuramente fosse indisposto o arrabbiato a vedere la sua ragazza presentarsi con un altro uomo.

Paul vide che la casa era grande ma non sembrava vissuta — intravide attraverso una porta aperta una stanza senza tappeto con carta da parati a tinta unita e nient’altro, nessun mobile o quadro alla parete. C’era odore di un qualche tipo di detergente al pino, come se David avesse pulito il parquet prima che loro arrivassero.

Ora David li condusse attraverso una stanza sul retro, Paul notò larghe finestre panoramiche a mostrare un giardino piuttosto ampio, curato e con una rimessa in fondo, luci solari scintillanti nelle aiuole. Forse passava più tempo là fuori che in casa, pensò Paul, potando rose o qualunque cosa si faccia con i giardini.

Araminta si era seduta su di un divano di pelle nera e Paul le sedeva di fronte, David chiese se volevano un caffè, un tè o qualcosa di più forte, entrambi risposero di no.

Aveva pensato che David sembrasse un tipo remissivo, così fu sorpreso quando disse ad Araminta, diretto, ‘Cosa ci fa lui qui? Cosa sta succedendo? Hai detto che era importante.’

Lei incrociò le mani sulle ginocchia, prendendo tempo, poi alzò il volto e lo guardò. ‘Paul è un collega, ok? Gli ho chiesto di portarmi qui. Ed è vero, dovevo vederti questa sera.’ Si girò e guardò Paul. ‘Ci dai un minuto? Vai a ispezionare la cucina o qualcosa così.’

Senza dargli altra scelta a meno che non volesse iniziare una discussione inutile.

Li lasciò, chiudendosi la porta alle spalle, e fece un giro al pian terreno, provando un paio di altre porte prima di trovarne una che portava ad un ufficio — scaffali di libri, un tavolo con un portatile e una lampada da scrivania, poltroncina su ruote imbottita. Si sedette sulla sedia e guardò fuori dalla finestra, che per qualche scherzo strutturale aveva la stessa visuale della facciata d’ingresso della casa. Era buio fuori ora, e riusciva a vedere poco a parte le macchine che passavano occasionalmente sulla strada principale.

Gli venne un’idea e tornò a guardare le foto sul muro. Foto di David da bambino, poi una con la famiglia — lui, una ragazzina che prese per sua sorella minore, e i genitori, e poi un cane nero, tutti quanti in piedi davanti a una casa coperta di edera con due colonne ai lati della porta d’ingresso. Sembrava potesse trattarsi di Oxford o dei dintorni di Londra. Classe e denaro.

Poco più in là, una coppia di certificati incorniciati, uno di livello 8 in pianoforte, un altro per avere vinto un rally in Africa; forse era più tosto di quanto sembrasse.

Dieci minuti dopo sentì la porta del soggiorno riaprirsi e si recò in corridoio, Araminta e David uscendo sembravano diversi, come se ci fosse stata una sorta di trasformazione durante la sua assenza. Araminta sorrideva, rilassata, il suo linguaggio corporeo aveva perso la solita tensione. Mentre David era pallido, le sue guance scavate, sembrava invecchiato di dieci anni.

Paul si disse che sarebbe dovuto stare più attento in futuro — questa donna poteva avere effetti sconvolgenti sulla salute.

Araminta si girò verso di lui, dicendo, ‘Pronto?’ come se stessero andando a fare il giro della domenica pomeriggio, e si diresse verso la porta d’uscita. Paul vide l’espressione di David diventare ancora più avvilita mentre la seguiva con lo sguardo.

Lo guardò quando David chiese, ‘Allora siamo ancora d’accordo per domani sera? Le foto?’

Araminta lo evitò. ‘Dovresti aspettarti di non vedermi per qualche giorno, ma questo non significa che tu debba dimenticarti cosa ho detto. Va bene?’

‘Immagino di sì.’

‘Su col morale. Non sarà così terribile.’

‘Ti penserò.’

Lei posò gli occhi su Paul, che catturò l’occhiata ma non sapeva cosa volesse dire. Disse a David, ‘Non pensare a me. Pensa a quello che ti ho detto.’

Aprì la porta e se ne andò senza voltarsi indietro, allontanandosi dalla casa giù per il vialetto del cancello principale. Paul fece un cenno di saluto a David e la seguì, chiudendosi dietro la porta. Non aveva dubbi che aveva appena assistito a qualcosa di premeditato ma non sapeva che cosa.

Ora Araminta era in piedi dall’altra parte del cancello, già al telefono. Fu una chiamata breve e si voltò verso di lui quando ebbe finito, dicendo, ‘Non mi devi portare a casa. Ho chiamato un taxi.’

‘Per quale motivo?’

‘Non iniziare a fare domande. Ho bisogno di stare da sola, va bene?’

Paul pensò che magari non voleva che vedesse dove viveva.

Rimase con lei, sentiva la notte diventare fredda intorno a loro.

Disse, ‘Non devi dirmi cosa è successo là dentro.’

‘Bene.’

‘Ma devo saperlo — è veramente il tuo ragazzo? Il modo in cui lo tratti, come un bambino?’

‘Non gli dà fastidio quanto a te.’

‘Come lo sai?’

‘Lo hai visto — sembra un po' imbranato, ma è diretto. Se qualcosa lo infastidisse me lo farebbe sapere, o mi lascerebbe.’

‘Non sembri molto preoccupata.’

‘Perché dovrei esserlo? Ci sono tantissimi altri pesci nell’oceano.’ Sembrava stufa e forse iniziava a essere irritata dalle sue domande.

Paul disse, ‘Mi chiedo solo come si senta ora.’

‘Tu non ne sai nulla.’

Stava cercando di chiudere la conversazione, pensò Paul, non le piaceva che le facesse domande sull’altro ragazzo.

Si sentiva arrabbiato con lei ora, voleva scalfire la sua sicurezza di sé, disse, ‘Dunque perché hai voluto che venissi?’

‘Pensavo che avresti dovuto conoscerlo.’

‘Convincermi che avevi un ragazzo così non mi creavo aspettative.’

Si girò verso di lui e per una volta i suoi occhi erano diretti, persino divertiti. ‘Ci speri? Sei un ragazzo stupido.’

Lui non sapeva cosa rispondere e così scosse la testa e mosse qualche passo come se stesse cercando il taxi, poi si girò e la vide a controllare i messaggi sul cellulare. Non abbandonava mai la tecnologia. Si chiese se David li stesse guardando dalla finestra, e non appena lo pensò seppe che era vero. Si costrinse a non controllare.

Disse, ‘Cosa fa, David?’

Lei alzò lo sguardo dal telefono. ‘Mi chiedevo quando avresti fatto questa domanda. Sei ossessionato da che cosa fanno tutti, come si guadagnano da vivere. Non ti lasci mai andare, vero?’

Paul ci pensò per un attimo e non poteva negarlo. Ma si disse che era perché lui era curioso delle persone per natura, non era ficcanaso. Disse, ‘Potresti avere ragione, ma non hai risposto alla domanda.’

Lei disse, ‘È un funzionario pubblico del quartiere che sto esaminando per corruzione. Unione Europea, ottenere finanziamenti per la città da tutto quel bottino a Bruxelles. È una risposta sufficiente? Grazie a Dio, ecco il taxi. Mi sto congelando le tette qui.’

PAUL GUARDÒ IL taxi allontanarsi e quando ebbe girato l’angolo tornò su per il sentiero e bussò alla porta di David, chiedendosi cosa accidenti stesse facendo e se fossero affari suoi.

Quando David aprì la porta Paul avanzò di un passo, facendogli capire che voleva entrare, e l’altro indietreggiò leggermente. Paul entrò, senza sapere cosa avrebbe detto ma sicuro che qualcosa si sarebbe inventato.

David lo guardava, raddrizzando la schiena come per cercare di imporsi un po' sulla situazione, cercando di affermare se stesso.

Paul disse, ‘Sai, volevo scusarmi per lei. Mi ha chiesto di accompagnarla stasera ma non sapevo per cosa.’

David stava guardando attraverso i vetri della porta principale, come se potesse vedere profilarsi l’ombra di lei.

‘Dov’è lei? È andata via?’

Paul notò che indossava gli occhiali ora, che lo facevano sembrare un insegnante di geografia o un archivista. Non aveva più di trent’anni e Paul si chiese quando avesse trovato tempo per partecipare ai rally in Africa.

Disse a David che Araminta aveva preso un taxi, poi si diresse di nuovo verso il salotto, in cerca di qualsiasi indizio su cosa fosse successo dopo che gli era stato chiesto di lasciarli soli.

David disse, ‘Scusami — cos’è che volevi?’

‘Ho pensato che ti avesse trattato male. E quando voi due siete usciti e mi avete incontrato in corridoio sembrava che tu fossi stato investito da un camion. Non per essere troppo indelicato, ma ti ha scaricato?’

David lo guardò male e si sedette su una poltrona a fantasia floreale, poi si sporse in avanti non appena Paul gli si sedette di fronte, credendo che fosse meglio che anche lui si mettesse a suo agio se avessero parlato di verità spiacevoli.

David disse, ‘No, certo che non mi ha lasciato. Non che siano affari tuoi.’

‘Capisco.’

‘Lavori con lei, giusto?’

‘È un affare recente.’

‘Lo sai, quindi.’

‘Sai cosa?’

‘È per questo che è venuta qui a parlarmi. E suppongo che tu eri il supporto morale se ne avesse avuto bisogno.’

Paul non riusciva a capire quello che stava sentendo. Sapeva che qui stava il fulcro, il centro dell’imbroglio, ma ancora non capiva perché lo avesse portato con lei. Lui non poteva offrire supporto morale in nessun modo, visto che non era neanche sicuro che Araminta avesse una morale, tanto per cominciare.

Disse, ‘Cosa ti ha raccontato?’

‘Lo sai, del tumore.’ David colse l’espressione sul volto di Paul. ‘Oh, forse non lo sapevi. Che stupido, ormai mi è sfuggito.’

Paul pensò fosse meglio non dire niente, così guardò l’altro uomo con atteggiamento assente.

David continuò. ‘Beh, troppo tardi ormai. Ha una forma aggressiva di tumore al pancreas. Normalmente non avrebbe avuto molto tempo, ma è stata iscritta a un programma sperimentale che costa una fortuna ed è segretissimo.’

‘Cosa vuoi dire, segretissimo?’

David si inumidì le labbra. ‘Mi ha detto di non dirlo a nessuno ma immagino che con te ormai il gatto sia fuori dal sacco. Dice che è stato elaborato dalla fusione tra una società privata e il Dipartimento della Difesa. Non chiedermi perché. Comunque, si tratta di tecnologia genetica e nessuno ne sa niente.’

Paul si rese conto che lo stava fissando ma non ne poteva fare a meno. Tanto per dire qualcosa, chiese, ‘Di che terapia si tratta?’

David scrollò le spalle, evasivo, forse pensando che aveva parlato troppo. Ma aggiunse, ‘So solo che è praticamente un segreto militare e lei starà via per sei mesi.’

‘Ti ha detto tutto questo stasera, nei dieci minuti in cui ero nella stanza accanto?’

‘Era come se avesse avuto un copione, non mi avrebbe lasciato interrompere, lo ha passato in rassegna dall’inizio alla fine. Mi ha mostrato un paio di documenti, sembravano piuttosto ufficiali.’

‘E le credi?’ Cercando di mantenere un tono non cinico.

David trascurò la domanda. Disse, ‘Peccato, davvero, perché l’avrei portata in visita da mia madre e mia sorella la settimana prossima. Sanno di lei, ma non si sono ancora incontrate. Avrei fatto loro una sorpresa.’

‘Dove vivono?’

‘A Kenilworth, non lontano. Dovrei andare a trovarle più spesso, ma sono piuttosto felici per conto loro. Non mi piace intromettermi.’

‘Dovresti passare più tempo con i tuoi genitori. Fidati, lo so.’

‘Non conosci mia mamma. Dopo che papà è morto si è arresa. Non penso che le piacciano molto gli uomini. Non dopo quello che le ha fatto mio padre. Non mi far domande, perché non te ne parlerò.’

Paul stava pensando che non voleva saperlo, essere coinvolto nel passato di qualcun altro. Stava ancora affrontando il proprio. Si alzò, dicendo, ‘Devo andare.’

Quindi anche David si alzò, chiedendo, ‘Credi che se la caverà?’

‘Dimmi — dicevi che la terapia costa una fortuna. Chi la pagherà?’

‘Non ne ha parlato.’

‘No?’

‘No, però non lavorerà per un po'. Il documento prevede la copertura solo per un paio di mesi, giustamente. Poi sarà al verde.’

Paul disse, ‘Da quanto la conosci?’

‘So dove vuoi andare a parare — sei un tipo sospettoso, non è vero? Lo sei stato sin dall’inizio. Non sono nato ieri, sai. Pensi che solo perché mi ha chiesto di prestarle dei soldi sia una sorta di cacciatrice d’oro.’

‘Già te ne ha chiesti?’

‘Solo per aiutare a cavarsela, dopo che avrà finito i suoi risparmi. Le ho offerto ospitalità qui, ma non ne vuole sapere. Penso che sia piuttosto timida, veramente, schiva. Non approfitterebbe di me. So che sembra dura, ma è una ragazza dolce in fondo.’

Paul si fermò. Poi disse, ‘Se fossi in te la frequenterei per un po' prima di prestarle qualcosa. Vedi come va.’

‘Qualche migliaio di tanto in tanto non mi farà andare in bancarotta. Guarda questo posto. Uno zio me lo ha lasciato in eredità. Tutto pagato, e ne avanza una parte. Me lo posso permettere.’

‘È questo che mi spaventa. Lascia che ti dia il mio numero.’

Storey

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