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8 IL SEGRETO DI GABRIEL

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Fuori dalle mura del castello vidi Gabriel.

Teneva i due cavalli neri per le briglie, uno a destra e uno a sinistra.

Anche da lontano si potevano notare le due occhiaie che gli solcavano gli occhi.

Non aveva dormito.

Avrei tanto voluto sapere che cosa aveva fatto tutta la notte da solo.

Magari stava già studiando il modo migliore per sbarazzarsi di me senza che nessuno sospettasse di lui.

‹‹Andiamo, bellezze, datevi una mossa. Stanno arrivando i mastini di Mefisto››. Gabriel parlò senza nessuna emozione.

Sembrava scocciato.

‹‹I mastini di Mefisto? Che roba sono?››, chiesi a Sonia.

Lei sapeva sempre tutto, non come Sara che sapeva le cose solo quando attingeva alla fonte della conoscenza. Sonia avrebbe potuto spiegare ogni tipo di potere di ogni creatura esistente nei due Regni. Era informata, e questo poteva essere sfruttato a nostro vantaggio.

L’informazione è alla base di ogni tattica militare. Più sai dei tuoi nemici e del terreno in cui dovrai combattere, più possibilità di organizzare le mosse e le contromosse avrai.

Bene! Cominciavo a pensare in gergo militare. Stavo proprio impazzendo.

‹‹Sono i Siruco, gli elfi oscuri che vivono nel Regno di Tenot. Sono stati cacciati dal Regno di Elos proprio dai mezzelfi che sono una sorta di parenti stretti››, mi spiegò Sonia.

‹‹Gli elfi oscuri sono esseri splendidi anche se la loro corruzione si rispecchia all’esterno. Hanno la pelle nera come l’ebano, gli occhi rosso fuoco e i capelli argentati come la luce lunare. Purtroppo erano interessati più al potere che alla giustizia e questo li ha portati alla rovina.

‹‹Il sole è loro nemico e non viaggiano mai di giorno. Infatti per venire a Elos scavano delle gallerie. Sbucano dal terreno e risucchiano tutto ciò che si trova sulla loro strada. Sono malvagi, assetati di sangue e uccidono senza pietà››.

‹‹Ed è per questo che ci conviene andare, non sono molto distanti››. Gabriel avanzò verso di noi. ‹‹Se ci diamo una mossa forse riusciamo ad evitarli. Dai Sofia, sali››.

‹‹Io salgo con Sonia››. Cercai di mantenere il tono più freddo e distaccato che potevo.

‹‹Dai, non fare storie. Sali con me e finiamola qui, non c’è tempo per discutere››.

‹‹Io. Salgo. Con. Sonia.›› marcai ogni parola.

Perché non mi lasciava salire con lei, punto e basta? Io non stavo facendo storie, le stava facendo lui.

Tanto cosa gli importava? Non avrebbe potuto farmi nulla con accanto le mie sorelle.

‹‹Testarda che non sei altro. Va bene, fai quello che vuoi. Non ho né tempo né voglia di discutere con una bambina come te››, girò i tacchi e salì a cavallo.

Sara salì dietro di lui in silenzio.

Sonia e io montammo sul nostro cavallo.

Mi aggrappai a lei più forte che potevo e partimmo.

Dovevamo fuggire in fretta. La storia di quei Siruco mi mise i brividi. Come potevano esistere creature così orribili? Capii che gli elfi malvagi di cui mi aveva parlato il giorno prima erano loro. Esseri spietati che non avevano nulla a che vedere con il popolo di Calien.

Anzi, loro li avevano scacciati.

Dopo un po’ che eravamo in viaggio decisi di mettere in atto il piano A. Parlare alla velocità con cui andavamo risultò difficile, dovetti urlare un bel po’ per farmi sentire, ma dovevo farlo!

Ne andava della mia vita.

Mi sporsi un po’ in avanti, così che Sonia potesse sentirmi. ‹‹Sonia, posso parlarti?››.

Sonia mi diede uno sguardo veloce e perplesso. ‹‹Ora vuoi parlarmi?››.

‹‹Sì, è urgente››.

‹‹Okay, sentiamo cosa c’è di così urgente››.

E adesso?

Come potevo iniziare?

Chiedendogli Gabriel è un assassino, vero? Chi ha ucciso?

Cavolo cavolo cavolo.

Mi serviva un’idea.

Ora!

La lampadina dentro il mio cervello si illuminò. ‹‹Tu che sei sempre così informata, sapresti raccontarmi qualcosa sul passato di Gabriel?››.

Sonia emise una risatina e rimase sconcertata dalla domanda.

‹‹Tu sei pazza. Ne dobbiamo parlare adesso? L’urgenza dov’è?››.

‹‹Vedi, poi non so se e quando avremo di nuovo l’occasione di parlare. Quindi… io vorrei sapere qualcosa del suo passato per convincermi che non può essere lui quello che mi vuole morta››.

‹‹Se è per questo… Beh, non so se quello che posso raccontarti sia del tutto rassicurante, però a prescindere da quello che è successo… non credo sia lui. Non potrebbe mai ucciderti. Non ne avrebbe motivo››.

Bingo!

Al primo tentativo il piano era riuscito.

‹‹Sono pronta, racconta››.

‹‹Vedi, molto tempo fa Gabriel amava una ragazza. Si chiamava Eirwen, un elfo femmina dagli occhi a mandorla color nocciola e i capelli neri e morbidi come la seta. Era innamorato follemente. Solo che c’era un piccolo problema: lei era insieme ad Ares››.

‹‹Cosa? Era insieme ad Ares? Prorio lui? Non un altro?››.

‹‹Proprio lui››.

‹‹Quindi è per quello che non è rimasto con noi, per non vederlo››.

‹‹Esatto, proprio per quello. Lui e Ares inizialmente erano inseparabili, quasi fratelli. Combattevano fianco a fianco. Finchè un giorno Gabriel si innamorò di Eirwen. Tennero nascosto il loro amore per non so quanto tempo.

‹‹Da quello che so il loro era un amore platonico. Nessun bacio, solo carezze e parole dolci, ma feriva più di una spada che trafigge un cuore. Era un doppio tradimento agli occhi di Ares. Il suo migliore amico e la sua ragazza, posso immaginare come si sarà sentito.

‹‹Fatto sta che per poco non scoppiò una guerra. Eirwen alla fine decise di restare con Ares. Andò a parlare con Gabriel e…›› Sonia si bloccò di colpo.

Prese fiato e tirò su col naso.

Sembrava sul punto di piangere.

Poi continuò. ‹‹E fu in quel momento che Gabriel, per convincerla a restare con lui, la baciò. Lui può donare e togliere la vita con un semplice bacio, e in quel caso la tolse proprio alla sua amata.

‹‹Non sopportava di saperla con Ares. Soffre moltissimo per quello che ha fatto, e si vede. Credo che si senta un assassino e non si dia pace, ma non ha mai parlato con nessuno di questa storia››.

Tutto questo cominciava a dare un senso alle cose. La sua freddezza, la sua frase faccio del male alle persone che mi sono vicine… ma non spiegava perché voleva uccidermi.

Di nuovo lo stavo accusando!

Non riuscivo a darmi pace, lui non mi rendeva tranquilla.

Mi girai a guardarlo. Viaggiavamo quasi fianco a fianco.

Il verde acceso di quelle terre contrastava con il nero dei cavalli e Gabriel era lì, non molto distante da me, che cavalcava il suo destriero dal manto oscuro.

Provai una fitta di dolore nel petto.

Qualcosa in quella storia non mi convinceva.

Avrei voluto scoprire di più, ma temevo che Sonia mi avesse già raccontato tutto quello che sapeva.

Se davvero Gabriel era pentito per ciò che aveva fatto, riaprire quella ferita non era la cosa migliore da fare.

Soprattutto in quel momento.

Il cuore di cristallo rosso che portavo al collo si accese. Questa volta non fu un bagliore, fu una vera e propria esplosione di rosso acceso.

Il mondo cominciò a rallentare fino a fermarsi.

Il paesaggio sfocato attorno a me diventò più definito. Finalmente potevo vedere i picchi montuosi che, alla mia sinistra, delimitavano il confine fra i due Regni.

Il grande fiume – che mi dissero chiamarsi Dilimpo - se ne stava tranquillamente adagiato in mezzo ai prati pieni di margherite.

Non le avevo notate in corsa, ma ora tutto era fermo, immobile. Anche i cavalli, con le criniere nere al vento bloccate all’indietro.

I capelli argentati di Sara sembravano congelati, come una nube di ghiaccio, e la treccia di Sonia, portata in avanti, mi ricordava un serpente nel momento dell’attacco.

“Sofia, cerca la verità. Solo così saprai dare una risposta alle tue domande”.

Qualcosa cominciò a materializzarsi di fronte a me. Era una donna, simile a un ologramma di quelli che di solito si vedono nei film di fantascienza. Potevo vedere al di là del suo corpo, però riuscivo benissimo a distinguerla.

Indossava un vestito lungo e bianco, semplice e con un diadema a forma di croce celtica posto al centro, proprio sotto il seno, per tenere chiuso il tutto. I suoi capelli erano di un nero intenso e sembravano essere animati da una forza misteriiosa. Guardai meglio e vidi che erano formati da uno stormo di corvi che le svolazzavano attorno silenziosamente.

‹‹Morrigan››, riuscii a dire.

Mi sentivo la bocca secca. La Dea in persona era venuta a farmi visita e mi stava parlando.

Chissà se si era manifestata anche alle mie sorelle.

Avrei chiesto più tardi.

‹‹Sì Sofia, sono io. Vogliono ucciderci. Scopri chi vuole compiere questo sacrilegio e scaglia su di loro la nostra vendetta››.

Al suono di queste ultime parole, i corvi si misero a danzare e a gracchiare.

I cra cra che emisero mi fecero accapponare la pelle.

‹‹Mia Dea, come posso fare? Sono confusa e… terrorizzata››.

Lo ero eccome.

‹‹Le tue sorelle ti insegneranno a utilizzare i tuoi poteri nel modo giusto. Quando sarai pronta, uniranno i loro e li consegneranno nelle tue mani. La luce della luna i suoi raggi le dona, il calore del fuoco la forza le dona. La Grande Dea in battaglia ritorna e il suo capo con una corona di spine adorna. Questo è ciò che la sibilla ha detto. Le sue parole sono vere, ascolta sempre ciò che ha da dirti››.

‹‹Certo, ma…››.

‹‹Figlia mia, non c’è tempo. I tuoi poteri sono nascosti dentro di te da sempre. La consapevolezza di ciò in cui credi veramente ti farà superare qualsiasi cosa››.

Non feci in tempo a chiedere o dire nulla.

La Dea alzò le mani al cielo, come se volesse afferrare qualcosa. I corvi la avvolsero in una nube nera e si dissolse nel nulla.

Il mondo attorno a me tornò a muoversi e mi colse talmente di sorpresa che persi la presa su Sonia e scivolai dal cavallo.

Ero convinta che mi sarei rotta l’osso del collo con l’impatto.

Con mia grande sorpresa sentii qualcosa di caldo e morbido. Non avevo il coraggio di aprire gli occhi, ero ancora troppo spaventata e non avevo nemmeno la forza di muovere un muscolo. Avevo paura che se l’avessi fatto poi me ne sarei pentita amaramente.

Stava diventanto un’abitudine andare incontro alla morte.

‹‹Stai bene? Sofia, apri gli occhi. Ti prego, apri gli occhi, respira!››.

Respira!

Solo allora mi accorsi di aver trattenuto il fiato.

Presi un respiro profondo e aprii gli occhi.

Fui accolta per la seconda volta dal viso di Gabriel. I suoi occhi neri erano visibilmente terrorizzati.

Rimasi a guardarlo come se fosse la prima volta che lo vedevo e notai diverse cose. La fronte coperta da riccioli neri che arrivavano a coprire le sopracciglia folte e dritte, il naso piccolo e leggermente schiacciato, la bocca carnosa e uno sguardo intenso.

Troppo intenso.

Avrei potuto perdermici dentro.

Ti sta ingannando, vuole controllare la tua mente.

La vocina pungente mi parlò di nuovo.

Ma da dove proveniva?

Erano i miei pensieri?

Mi risvegliai da quella specie di stato di trance in cui ero caduta.

‹‹Sofia, parlami! Stai bene?›› Gabriel quasi urlò.

‹‹Sì sì, sto bene››, dissi alzandomi più in fretta che potevo. Era troppo vicino e la sua vicinanza mi metteva a disagio, mi spaventava.

Gabriel mi bloccò per un polso e mi fece voltare verso di lui. ‹‹Cos’è successo?››

‹‹Lasciami stare››, dissi staccando il braccio dalla sua presa, ‹‹Non è successo niente, andiamo››.

Non potevo certo dire di aver visto la Dea.

O almeno, non con Gabriel lì.

Non ero sicura della sua innocenza, anzi, ero quasi completamente convinta del contrario.

‹‹Sofia, cos’è successo? Dimmelo! Mefisto potrebbe usare qualche trucchetto per manipolare la tua mente. Devo saperlo. Devono saperlo anche loro››, e indicò le mie sorelle a cavallo, dietro di me.

‹‹Non è stato Mefisto, ma non ti racconterò cos’è successo. Non posso. Io non…io non mi fido››.

La sincerità prima di tutto, di solito funziona.

O no.

Se dici la verità succedono due cose: o capiscono perché hai agito in una determinata maniera e ti perdonano o non capiscono e decidono di farti la guerra.

Gabriel decise di farmi la guerra.

La rabbia che ribolliva nel suo sguardo mi fece spaventare.

Un fremito percorse il suo corpo.

Poco prima i suoi occhi erano dolci, pieni di preoccupazione, ma in quel momento mettevano i brividi.

Erano completamente neri.

Lo stomaco mi si bloccò in gola.

Che avrei potuto fare se mi avesse attaccato?

Non conoscevo i miei poteri.

Una nuvola di polvere si alzò attorno a Gabriel, come un piccolo tornado. La terra tremò sotto i miei piedi e con un balzo si lanciò verso di me.

Un lampo nero in mezzo a tutto quel verde.

Portai le mani sopra gli occhi, pronta all’impatto.

Aspettai qualche secondo.

Non successe nulla.

Aprii un varco fra il medio e l’anulare e spiai cosa stava accadendo.

Di fianco a me, appoggiato al cavallo con i piedi e le braccia incrociate, vidi Gabriel.

Era tornato normale e ora stava sogghignando come un gatto quando gioca con la sua preda.

Mi sentii piccola piccola e molto indifesa.

Gabriel con soli due passi si mise di fronte a me. Mi stava osservando dall’alto al basso con quel sorriso sarcastico stampato in faccia.

‹‹Questa volta ti ho risparmiato, la prossima volta non sarai così fortunata››.

Mi aveva appena minacciata?

Sì.

Una prova a tuo favore. Vuole ucciderti, sta solo cercando l’occasione giusta.

Quella vocina mi stava facendo saltare i nervi.

Scrollai le spalle per liberarmi da tutti i problemi che affollavano la mia povera testa dolorante e ritornai in sella al cavallo.

‹‹Mai far arrabbiare un angelo della morte››, mi avvisò Sonia.

Ormai era troppo tardi.

‹‹Non posso più tornare indietro e non ho paura di lui››, o almeno era quello che volevo credere.

Di paura ne avevo, e tanta. Prima però dovevo seguire quello che mi era stato detto dalla Dea. Avrei cercato di conoscere i miei poteri e, quando mi sarei sentita pronta, avrei combattuto contro chi mi voleva morta.

Anche contro Gabriel, se il destino avesse deciso così.

Morrigan

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