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9 PREMONIZIONI

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Dopo un lungo viaggio, finalmente arrivammo a casa.

Una folla di esseri magici ci accolse, esultando per il nostro ritorno e lanciando fiori.

Scendemmo da cavallo e proseguimmo a piedi.

Gabriel aveva detto che era meglio metterli al sicuro nel loro nascondiglio e si dileguò senza dire una parola.

Meglio così, ero ancora spaventata da quello che era successo prima.

Qualcosa brillò di fronte a me e mi riportò con i piedi per terra.

Era una piccola fata.

Indossava un vestito rosso che le fasciava il minuscolo corpo e ricadeva leggero e a campana sopra le sottili gambe. Un paio d’ali, che presumevo fossero rosse dal colore della polvere che le cadeva attorno, facevano un movimento talmente veloce da essere impercettibile e tenevano sospeso a mezz’aria il corpicino della ragazza.

I capelli biondi le arrivavano fino ai piedi e svolazzavano di qua e di là a ogni minimo movimento. Portava in testa una graziosa corona di fiori colorati, tutti intrecciati tra loro, e in mano teneva una margherita grande quasi quanto lei.

‹‹Gloria e Onore a voi, somma Dea. Io sono Twinkle e a nome di tutto il popolo fatato, la prego di accettare il nostro umile dono››. E allungò il fiore verso di me. ‹‹Questa non è una semplice margherita, in realtà contiene polvere fatata. Sono certa che ti sarà molto utile in futuro per poter scoprire quali sono i tuoi nemici››.

‹‹Le servirà eccome, allora››, disse Sonia trattenendo un sorriso.

Non risposi.

Mi limitai a darle un pizzicotto sul braccio.

Guardai la piccola Twinkle dagli enormi occhioni blu. Trovavo quel nome davvero buffo, mi ricordava uno di quei pupazzi che emettono suoni strani schiacciando la pancia.

Le porsi la mano, così che potesse consegnarmi il dono. Appoggiò i piccoli piedi scalzi sul palmo e stese la margherita come una mamma metterebbe nella culla il suo bambino.

Le ali erano ferme e, finalmente, potei osservarle bene. Erano grandi, ricoprivano quasi tre quarti del suo corpo. Il sottile strato membranoso di cui erano rivestite era di un rosso scarlatto ed erano decorate con sottili filamenti dorati e brillanti che formavano esotici arabeschi.

‹‹Accetto volentieri questo dono, Signora delle fate. Gloria e Onore a voi››.

Twinkle portò la mano con le dita incrociate sul cuore e si inchinò. Subito dopo, anche il suo popolo la imitò. Centinaia di piccoli esseri volanti inchinati di fronte a me. Dalle loro ali scendeva un arcobaleno di polvere fatata.

Sorrisi, ero sinceramente grata di quel regalo.

Mi sentivo in pace e sollevata, ci voleva proprio dopo una giornata come quella.

Ora non desideravo altro che andarmene a letto, e magari una doccia calda se mi era concesso.

La piccola fata si alzò dall’inchino. ‹‹Neman, usa con molta attenzione la polvere di fata. Usala quando ne avrai veramente bisogno, solo così potrà funzionare››.

‹‹E se volessi scoprire chi è contro di me? Come devo usarla?››, questa era un’informazione che avrei sfruttato prima o poi.

Dovevo scoprire chi stava dalla mia parte e chi no.

Avrei aspettato il momento giusto, bisognava solo avere pazienza.

E quella non mi era mai mancata.

Twinkle incrociò le gambe, si sedette sulla mano e cominciò a spiegare. ‹‹Vedi, devi fare in modo che chi sospetti sia contro di te tocchi o abbia vicino a sé la margherita. Devi metterla in una tasca o regalarla o altro, e nel momento in cui avviene il contatto… bam››, e schioccò le minuscole dita, ‹‹Il gioco è fatto! Se l’aura di questa persona è dorata, tutto apposto, sta dalla tua parte. Se invece è nera, fuligginosa… Beh, ti conviene dartela a gambe››.

Sembrava una cosa facile da fare.

Aura dorata, amico.

Aura fuligginosa, nemico.

Semplice!

‹‹Grazie Twinkle, ne farò buon uso››. La fatina si alzò, fece un inchino veloce e raggiunse gli altri esserini volanti.

Un rumore di zoccoli si fece largo tra la folla e attirò la mia attenzione.

Era Calien, sempre con la camicia di seta svolazzante e i pantaloni color cachi.

Stavolta però i capelli erano sciolti, raccolti all’indietro con una treccia per lato.

Accostò il cavallo vicino a noi e fece un leggero inchino.

Era la prima volta che lo vedevo da vicino, i suoi occhi erano di un blu cielo intenso, spettacolare.

‹‹Siete arrivate, finalmente. Vedo che Twinkle non ha aspettato a consegnarti la polvere di fata››. Sorrise.

Non a me però, a Sonia.

E lei ricambiò il sorriso, arrossendo.

C’era qualcosa fra i due? Sembrava proprio di sì.

Avevo appena scoperto che anche Sonia aveva una parte dolce.

‹‹I Siruco sapevano dov’era. Siamo fuggiti in fretta perché la stavano cercando al castello di Ares. Credo ci sia una spia fra di noi››.

La piccola Sara parlava poco, ma nel momento in cui lo faceva mi sorprendeva sempre.

Capii che la sua dote era l’osservazione.

Ricapitolando: Sonia era la più pratica, Sara la più attenta ai dettagli, e io?

Di sicuro potevo essere la più problematica o la più combina guai.

Certo, mi ci vedevo benissimo in quel ruolo.

‹‹Sì, sanno che è arrivata. Sono venuti a cercarla anche qui. Ci hanno fatto credere che era una normale spedizione in cui rubano e torturano tutto ciò che si trova sul loro cammino, ma non hanno portato via nulla e nessuno è stato torturato, fortunatamente››. Calien scosse la testa, sconcertato.

Non capivo come potesse essere accaduto. Se i Siruco non potevano viaggiare alla luce del sole, chi era venuto al villaggio? Non avrebbero potuto cercarmi stando sottoterra.

Non feci in tempo a pensare a tutto ciò che Sara mi precedette nel porre domande.

‹‹Maledetta Waning››, sbottò la mia sorellina.

Era disgustata per non so quale motivo.

‹‹Chi è Waning?›› chiesi.

‹‹La regina delle fate nere. Pensi che le fate siano tutte belle, buone e carine come Twinkle? Allora non hai mai visto il popolo Curoos! Vivono sulle montagne che hai visto prima, quelle al confine fra i due Regni. Le montagne Gehnul››.

Fate nere.

Non riuscivo a immaginarmi delle fate cattive.

Come poteva essere? Ero cresciuta, come tutte le bambine, con storie di magia in cui le fate sono sempre dalla parte dei buoni. Non potevo pensare che quegli esseri indifesi avessero la forza per fare del male a qualcuno, grande o piccolo che fosse.

‹‹Non posso crederci››, mi sorpresi a dire scuotendo la testa.

‹‹E fai male! Devi stare molto attenta, invece: le fate nere sanno essere molto cattive e crudeli››. Calien parlò con tono serio.

Era una cosa con cui non si poteva scherzare.

Avevo capito in pochi giorni che esisteva un mondo pieno di esseri di cui avevo sentito parlare solo nei racconti e, allo stesso tempo, questi esseri magici convivevano con un popolo oscuro e potente.

Io ero stata catapultata lì per qualche preciso motivo.

Un allineamento particolare dei pianeti?

Una cospirazione divina?

Fatto sta che tutti in quel posto credevano in me.

E io non volevo deluderli.

Nei loro occhi vedevo speranza, giustizia e libertà.

Volevano essere liberi dalla crudeltà e dalla sottomissione di Mefisto e la Dea in persona mi aveva detto che solo io potevo aiutarli.

Cosa potevo fare a quel punto?

Dovevo prendere in mano le redini del mio destino.

Dovevo domare i miei poteri e la mia forza.

Dovevo combattere contro Siruco, Curoos e Mefisto in persona.

E ce l’avrei fatta! Ma ne ero poi così sicura?

‹‹Farò tesoro di quello che mi avete detto, Calien. Ora, se non ti dispiace mi piacerebbe fare una bella dormita. Senza incubi, spero››.

Avevo riposato veramente male la notte prima e il mio corpo cominciava a sentire tutta la stanchezza.

Arrivata a casa mi diressi pigramente nella mia stanza.

Avevo dimenticato tutto, vedevo solo il letto. Mi stesi sopra le coperte e mi addormentai ancora vestita.

***

Qualcuno stava correndo.

Era una foresta quella che vedevo o cosa?

Mi ricordava un posto in cui ero già stata.

A terra c’erano tante foglie morte che coprivano una specie di vialetto terroso. Sorvolai un ponte che se ne stava adagiato sopra un fiumiciattolo pieno di ciotoli.

Sono già stata qui!

Mi accorsi che stavo fluttuando, attirata da qualcosa.

Il respiro affannato di qualcuno risuonò nelle mie orecchie.

Abbassai lo sguardo, mentre tutto attorno a me scorreva velocemente. Un ragazzo stava correndo e io mi muovevo con lui. Ogni tanto si guardava alle spalle.

Evidentemente credeva di essere seguito.

Non riuscivo a vederlo bene in faccia ma mi ricordava qualcuno.

Si fermò di colpo e trattenne il fiato. Qualcosa per terra gli bloccava il passaggio. Sembrava un tronco coperto di foglie.

Fluttuai più in basso per vedere meglio.

Era un tronco strano, sembrava avere forma umana.

Il ragazzo si piegò sulle ginocchia, affianco al tronco.

Un singhiozzo strozzato bucò il silenzio.

Stava piangendo.

Perché?

Alzò una mano tremante e spostò un po’ di foglie.

Rimasi paralizzata.

Una parte di me voleva fuggire lontano, un’altra voleva restare a guardare la macabra scena.

Non era un tronco.

Vedevo dei vestiti. Una canotta che doveva essere stata bianca, un disegno indecifrabile ormai rovinato da un’ampia macchia rossa, un paio di pantaloncini corti neri e…un paio di Converse nere e rosa!

Ero io, era il mio corpo!

Mi avvicinai di più al ragazzo.

Un rumore di foglie e rami spezzati attirò la sua attenzione e alzò la testa di scatto.

Mia Dea, era Michael!

Il ragazzo che si era innamorato di me, quello per cui avevo paura di uscire di casa.

Trattenni il respiro.

Un senso di nausea si impossessò del mio corpo.

Come aveva fatto a trovarmi?

Perché si trovava lì nel bel mezzo della notte?

I miei pensieri furono interrotti.

Michael spalancò gli occhi e qualcosa gli si scaraventò addosso.

Urlai con lui e fui inghiottita dall’oscurità.

Morrigan

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