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Un duello di artiglieria

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Edolo, 18 agosto.

Un inferno di fumo, di scoppi, di rombi; nugoli spessi spaccati da lame di fiamma e squarciati di grida; lacerti di terra ferita che balzano al cielo e si mescolano alle urla degli uomini; e soprattutto granate che esplodono; granate senza fine, che piovono e scoppiano un po' dappertutto, sul suolo, a mezz'aria, nel cielo: e cielo e terra ingombri di spasimi, di fragore infernale che assorda e acceca e sbigottisce i paesi e la campagna per molte e molte miglia all'intorno....

Il buon lettore può darsi che immagini così, presso a poco, una battaglia di artiglieria.

Io n'ero a pochi chilometri. L'impressione che me n'è rimasta non è affatto infernale. È di silenzio, di solennità, di calma.

Una lunga ed erta salita su per una strada interminabile scavata miracolosamente dai soldati in una terra durissima, attraverso il pendio della più tortuosa e accidentata costa di monte che possa immaginarsi, mi porta a una specie di altopiano erboso, dal cui ciglione si domina un incrocio di vallate.

In fondo l'orizzonte s'ingombra di alte montagne brune, macchiate di bianco nelle conche ove la neve non sgela: tra quei monti neri in faccia a noi si scavano e s'internano, più nere ancora, le valli che li dividono, e alle loro radici scherza il sole sugli ultimi prati; le cime si sfanno in nubi e pennelleggiano il cielo di grigio fosco. Tutto questo fasciato di brezze e di silenzio.

— È molto bello.... —

Poi, timidamente:

— Scusi, dove è la guerra? —

Il militare, con un sorriso:

— Lo ha sentito il cannone? —

Il borghese, stupefatto:

— No.

— Stia attento. —

Tendo l'orecchio in mezzo al silenzio profondo che a me pare debba durare in quel luogo da secoli innumerevoli, tendo l'orecchio come se volessi cogliere la voce dell'erba che spunta o il ronzio di un insettino in fondo alla valle.

— Sente? —

Ho sentito. Un suono lungo, lento e grave: comincia come un ululo, e si fa rombo, e muore in una eco. È lungo, lento e grave, pieno di dignità: quando n'è finita l'eco nell'aria rimane l'eco nell'anima, che si trova d'un tratto come abbassata di tono, come premuta sotto un'onda di malinconia.

— È questo? —

E aspetto. E dopo un tempo, che mi sembra eterno, un altro rombo più intenso mi arriva di là, dall'oriente cumulato di monti e di nubi, e un altro ancora, più di lontano.

□ □ □

Ora che ho imparato a sentire, voglio imparare a vedere. Risalgo lentamente con lo sguardo da quei prati bassi dove il sole continua più vivaci i giuochi gialli sulle erbe, via per le coste che si imbrullano. Tento di fendere l'incavo che si apre nei monti, nello sfondo; giungo al breve spazio tra le due cime più alte e più forti. Lassù, le nuvole che sfioccavano dalle rocce si vanno rimescolando, diradando, levandosi in fumi chiari e sperdendosi nell'aria. Ora la cima di sinistra appare più libera e quasi nuda, di un turchino nerissimo: e in quella riesco a isolare un blocco più buio, ed ecco da quel blocco balzano fuori irresistibilmente uno sbuffo chiaro e una vampa gialla che se ne stacca e lancia via da sè, più avanti, una vampa più piccola, più rossa....

— La granata che scoppia.... —

E parecchi secondi più tardi m'arriva l'ululo che si fa rombo e muore in eco solennemente, e su tutta la scena tornano a distendersi lo stupore nostalgico e il silenzio infinito dei monti.

□ □ □

Rombi e vampe da una parte e dall'altra, a cinque o sei minuti di pausa: tale è un duello di artiglieria visto a dodici chilometri di distanza.

Ai quali l'occhio si abitua in breve, e già s'accorge che quel gregge giallo, là in margine al costone più basso, è un attendamento; e da quello vedo chiaramente salire per l'erta la forma nera e rapida delle formiche umane: ma solo ora, mentre vengo ricordando gli aspetti e le forme che di quella scena semplice mi sono rimaste negli occhi, mi assale improvvisa la coscienza che quelle formiche creavano i rombi e le vampe e salivano ove ognuno di quei fenomeni gravi e solenni si traduce in morte e strazio di membra umane e in dolore e ardore e torture eroiche del corpo e dell'animo. Solo ora me n'avvedo; e quasi ne dubito, perchè non so ripensare a quel luogo, a quegli istanti, a quello spettacolo, senza riprovare la sensazione di solennità e di gravità triste che vinceva e assorbiva in me ogni altra sensazione, ogni riflessione, ogni coscienza.

□ □ □

Un'ora di quello spettacolo, spettacolo novissimo, tanto semplice che comincia col sembrare insignificante e finisce con l'essere strano, fa perdere il senso della realtà e il ricordo della vita.

Me ne scuote un'ondata di gelo che mi ha invaso per tutte le membra. Chi si era accorto che il cielo era venuto abbuiandosi, che lo sforzo degli occhi aveva dovuto esasperarsi per continuare a distinguere le due vampe tra le due nubi ridiscese, che era cominciato a piovere?

Ma non importa la pioggia. Moviamoci per sgombrare il corpo dal gelo e l'anima dallo stupore malinconico. Pure, ci sa male ritirarci di qua, ora che abbiamo trovato un'immagine reale della guerra. Camminando nel pianoro, ineguale sotto la pioggia già diradata, arriviamo a un'altra parte del ciglione, ove una serie di leggieri rialzi verdi ci sembra un buon posto per osservare un altro versante della vallata.

Ed ecco, accostandoci, ci sorprende scorgere nella parte interna d'uno di quei rialzi un foro, come fosse la buca di una grotta: e da più presso ancora è una grotta davvero, imboccata da un breve spiano in declivio. Vi scendo: c'è dentro un pezzo di artiglieria da montagna, pronto! L'accompagnatore sorride della mia maraviglia e fa togliere il pezzo di là. È l'opera d'un batter di ciglio: il pezzo sale la breve china, fa una mezza volta, è già sulla spianata esteriore del ciglione, con la bocca alla vallata, pronto alla difesa e alla minaccia.

E alla radice della spianata, al principio, una profonda trincea. Percorrendola veniamo a un'altra grotta come la prima: di là da quella la trincea continua; e un'altra, e un'altra ancora.

Tutto il bel ciglione verde, ingenuo, rugiadoso, è un magnifico appostamento di artiglieria che in pochi minuti può marginare tutta la posizione di un orlo di vampe e di rombi, può portare laggiù, se il nemico ci si presentasse, il tumulto infernale e lo strazio che non abbiamo ancora incontrati nel nostro placido viaggio.

Perchè, sebbene abbiamo assistito a un duello di artiglieria e i monti che lampeggiavano fossero il Tonale e il Monticello, noi abbiamo camminato ancora molto in margine alla guerra, molto in qua dal suo cuore di fuoco e di sangue.

Dallo Stelvio al mare

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