Читать книгу La soddisfazione di avercela fatta - Michele Bornaschella - Страница 5
Prefazione
ОглавлениеPrima che le lacune nella mia memoria continuino ad aumentare e finiscano per abbattere l’idea iniziale, ho deciso di dare la mia testimonianza. È da molto tempo ormai che ho questa intenzione, che per un motivo o l’altro ho rimandato più volte, ma ora mi è diventato imperativo rispondere a questa intima esigenza.
Quando l’idea era appena sbocciata, sembrava semplicemente essere un cumulo di esperienze che si perdevano e tornavano a incontrarsi lungo il cammino percorso. A quei tempi erano solo una raccolta di aneddoti che raccontavo ogni volta che lo ritenevo appropriato, oppure ogni volta che si verificavano fatti che in quel momento facevano emergere la morale.
I ricordi fluttuavano da una parte all’altra della mia quotidianitá, in modo così spontaneo, che non risultava uno sforzo per me raccontarli, ripeterli, e talvolta alle stesse persone –anche se mi interrompevano per segnalarmelo– e poter così trasmettere la mia esperienza con la morale corrispondente, graficando il vissuto ai miei figli, nipoti, amici, ai vecchi e nuovi dipendenti ed alle loro famiglie. È forse arrogante cercare di insegnare? Questo non è il mio scopo. Né penso di essere stato arrogante ogni volta che ho detto di voler lasciare la mia testimonianza.
La mia storia è una delle tante, così semplice e delicata come qualsiasi altra storia di inmigrante italiano. Ma con così tanta grinta e volontà di miglioramento, che è ciò che finisce per distinguere gli uni dagli altri e, soprattutto, con la soddisfazione di avercela fatta. Non è per la pubblica approvazione, neppure per il prevalere sui miei simili, è per aver superato me stesso. Potró ritenermi soddisfatto se posso mettere in chiaro che ho raggiunto questo obietivo, superato me stesso perché è questa la sensazione che ho ogni mattina ed ogni sera, e continuo a cercare di farlo giorno dopo giorno.
Tornando ai piccoli frammenti che sono stati il germe di questa storia, gli aneddoti sono apparsi e si sono accumulati nel tempo con la stessa velocità e la stessa incoscienza degli anni trascorsi. Mio padre mi raccontava molte storie: sue, dei suoi parenti ed amici. Sempre lo ascoltavo attentamente e soprattutto sbalordito dall’enorme quantità. Aveva sempre una nuova storia da raccontare. Una volta gli dissi del mio stupore e mi rispose che per il mio modo di essere, anche io avrei avuto molte cose da raccontare. Mi disse che sarebbe successo non appena avessi raggiunto l’età e l’esperienza appropriate.
In questo momento della mia vita, mi capita di non voler raccogliere altri aneddoti. Dando un’occhiata al passato, vedo chiaramente il filo conduttore che unisce i successi e posso immaginare la storia al completo. Farò del mio meglio per mantenere un certo ordine cronologico e cercherò di essere moderato nell’esprimere le emozioni. Ma non posso garantirlo.
Fortunatamente ho viaggiato nel tempo collegando la sofferenza dell’ apprendimento al momento dell’applicazione delle esperienze. In modo tale che, innanzitutto, la testimonianza la staró dando a me stesso.
Cercando di descrivere la vita dell’immigrato, e particolarmente la vita della persona immigrata in Argentina, la descriverei come una vita divisa in due. É una storia di viaggi circolari. La mia immigrazione (o la mia emigrazione, a seconda da quale lato dell’oceano si stia leggendo), come quella di molti altri, continua con l’emigrazione di alcuni tra i propri figli. Nell’eventualità che ciò non accadesse, la vita dell’immigrato è comunque divisa in due. Seppur, come è successo nel mio caso, sia un fatto accaduto in tenera età. Un pezzo della tua vita rimane dall’altra parte dell’oceano, a chiedersi cosa sarebbe potuto succedere se lo sradicamento non fosse avvenuto, aspettando i momenti d’incontro, domandandosi nuovamente, così come sicuramente fece mio padre, se fosse stata o meno la miglior scelta, oppure come affermó mia madre –senza ombra di dubbio– che sicuramente non era stata una buona scelta, se le cose sarebbero state più facili o più difficili, da questa o dall’altra parte.
In fin dei conti, la vita è stata, e continua ad essere circolare. Crescere, perdersi, riprendersi, perdersi di nuovo, prendere fiato per poter andare avanti, rimettersi in piedi e soffrire di una stanchezza senza fine, cadere di nuovo, non deprimersi, piangere quanto basta per poter imparare, ridere il necessario per continuare ad essere ottimisti di indole, accettando le amarezze con disinvoltura, come una condizione irrimediabile della vita.
In questa avventura, per ora senza fine, ho sempre agito alla luce del sole, e, per quanto siano state insopportabili le conseguenze, non mi sono mai nascosto, né per ridere né per piangere, cose accadute entrambe quasi con la stessa frequenza.
Ci sono stati molti spettatori in tutti questi anni: amici fedeli, altri che non hanno creduto in me oppure che mi hanno sottovalutato, altri ancora che si sono rallegrati dei miei successi ed altri che stavano ad aspettare un mio nuovo fallimento. Alcuni sarebbero pronti ad aiutarmi ancora una volta ed altri gioirebbero della mia sventura.
“Fare” è molto difficile. Proporsi dei traguardi, mantenendo un certo ordine e avvicinando gli obiettivi sembra essere facile, ma ben presto gli ostacoli compaiono improvvisamente, crescendo in modo così naturale che sembrano essere uno scherzo del destino. Da un punto di vista più crudo e un po’ meschino, la politica economica ha sempre messo i suoi artigli e la politica in generale lascia dietro di sé delle conseguenze che soffriamo giorno dopo giorno, e questo finché la nostra partecipazione, la partecipazione della gente comune, non diventi massiccia, naturale ed efficace. Anche questo fa parte della mia testimonianza. La partecipazione è fondamentale, essenziale per poter cambiare il nostro destino ed essere ciò che veramente meritiamo. Se altre persone in altre latitudini raggiungono ciò che stanno cercando, perché non possiamo farlo anche noi? In quelle latitudini, con altri climi, altri terreni ed altri destini, ci sono esseri umani uguali a noi, con lo stesso sangue, lo stesso sudore, le stesse lacrime, che si superano quotidianamente, in modo naturale, senza grida ed urla, e la maggior parte delle volte ce la fanno.
E noi, ce la faremo? Ognuno di noi troverà la risposta al momento giusto, dal profondo della propria anima, dal proprio punto di vista, ma soprattutto senza mai rinunciare ad essere sinceri con sé stessi. Da parte mia, non potrei mai obbligare qualcuno a pensare contro i propri principi. L’unica cosa che posso fare è esprimere con parole la mia esperienza e tutto ciò che ho imparato da essa.
Spero di poterlo esprimere nel modo più chiaro possibile.