Читать книгу Per Sempre È Tanto Tempo - Morenz Patricia - Страница 10

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CAPITOLO 5

Il giorno in cui finisce la mia punizione a scuola, torno verso casa mia con Jake. Non so se lì continuerà la punizione e ancora non posso uscire per andare da qualche parte che non sia la scuola, ma voglio conversare con il mio amico.

«Bene, credo che ci vedremo domani» lui inizia a salutarmi.

«Non vuoi fermarti un po’?»

«Non stai più chiusa in casa per punizione?» vuole sapere.

«La punizione è il divieto di uscire, ma nessuno ha detto che tu non puoi entrare.» Sorride davanti alla mia idea.

«Va bene, ma se ci sono problemi non dare la colpa a me.»

«Ma dai! Non lo farei mai.»

Apro la porta, senza sapere come affrontare Elena, forse andrà di nuovo da mio padre a spettegolare. Faccio entrare Jake mentre la cerco con lo sguardo.

«Jocelyn, mi ero dimenticata che oggi tornavi presto» la trovo al computer nello studio di papà.

«Sì, sono già qui» dico aprendo le braccia. «Ovviamente, Jake è con me. Credi che papà avrà problemi se vado a casa sua?» decido di tentare.

«Mmm …» è incerta «Non credo che tu abbia ancora il permesso.»

«Va bene, lo sapevo» inizio ad allontanarmi.

«Ma potete restare qui, in salotto o nel patio, io starò ancora un po’ qui al computer» non so come rispondere; sta tentando di essere gentile, ma non mi fido di lei.

«Sì, pensavo proprio di fare così» mi allontano.

Jake è seduto in salotto e si guarda intorno con molto interesse, proprio come ho fatto io quando sono andata a casa sua.

«Possiamo restare qui. Vuoi stare in salotto e guardare la TV o andare fuori sul patio a chiacchierare?»

«Patio» risponde sorridente. «Ho già avvisato a casa che mi fermerò un po’ qui.»

«Ovviamente, non ho una casa sull’albero» annuncio quando apriamo la porta sul retro.

«Bello … così potrai sempre venire sulla mia» queste parole mi fanno sentire qualcosa di strano nello stomaco.

Chiacchieriamo per un’ora di cose banali e cose che ci siamo persi l’uno dell’altra in questi cinque anni. Vengo a sapere che Jake ha portato l’apparecchio ai denti per tre anni, che scuola è rimasto un anno intero senza nemmeno un amico finché è arrivato Bryan quattro anni dopo, che i suoi genitori litigano ancora e che sua nonna materna è un po’ cagionevole di salute e sua madre soffre per non poterla aiutare economicamente dato che non lavora più da quando si è sposata con il padre di Jake. Suo padre continua ad essere severo e sua madre sta sempre zitta, ma a parte questo ciò che più mi sorprende è che è stata lei ad insegnargli a suonare la chitarra. Lei aveva imparato da giovane e cantava in un bar a Manhattan. Inoltre mi racconta che nonostante questo lui non ha mai suonato e cantato per nessuno tranne che per me, e sento il mio cuore sciogliersi un po’ di più.

«Sicuramente, mia madre mi preparerà una cena per il mio compleanno la prossima settimana e vorrei sapere se ti piacerebbe venire.»

«Certo, ci sarò.»

«Verrà anche Bryan.»

«Va bene, capisco che dovrò dividerti con lui» sorrido. Anche se in realtà per me è abbastanza triste.

Per giorni ho continuato a pensare cosa regalare a Jake e ancora non lo so. Per una che vuole studiare letteratura creativa, ho davvero poca creatività. Se avrò fortuna i prossimi giorni mi verrà un’idea. Lui mi ha detto chiaramente che non vuole regali, ma voglio dargli qualcosa lo stesso, anche se materiale. Forse continuerò con la tradizione di regalargli qualcosa che ha a che vedere con la musica. Non potrei mai eguagliare la chitarra, ma forse ho un’idea.

«Papà, ho bisogno di andare al supermercato prima del fine settimana, farò una torta a Jake per il suo compleanno e mi mancano alcuni ingredienti.»

«Va bene, Elena ti può accompagnare.»

«Cosa? Credo di poter andare da sola.»

«Signorina, non hai scelta» ribadisce duro.

Perfetto. Una “passeggiata” con Elena, niente mi emoziona di più. Però per Jake la sopporterò. Solo per questa volta.

Andiamo al reparto frutta e verdura e prendo molte mele verdi (ricordo che sono il suo frutto preferito), mentre Elena prende altra frutta da portare a casa. Dopo aver cercato gli altri ingredienti, mi invento una scusa per liberarmi un momento di Elena.

«Mi servono alcune cose per la scuola, vado a prenderle, ci vediamo alla cassa.»

«Va bene, ma non metterci troppo.»

Corro per le corsie e cerco gli articoli di cancelleria, spero di trovare quello che sto cercando o dovrò andare dove ci sono gli articoli musicali. Una ragazza si offre di aiutarmi quando vede che vago lì intorno senza sapere bene dove andare. Per fortuna, con il suo aiuto trovo quello cerco, prendo anche della carta regalo e un altro quaderno per me, per fare finta di niente.

Mi incontro con Elena alla cassa e metto gli oggetti nel carrello, lei li osserva senza nessun commento.

«Jake è interessato alla musica o a qualcosa di simile?» chiede mentre torniamo a casa con la sua auto, non rispondo. «Non sono stupida, so di cosa si tratta e la carta regalo, so che non è per te.»

«Sì, è per lui. Qualche problema?»

«Sto solo cercando di essere gentile, non ho nessun problema.»

«Allora non cercare niente, tu ed io non siamo amiche e non lo saremo mai.»

Dopo aver scritto un biglietto di auguri, impacchetto il regalo di Jake e lo nascondo nel mio zaino, glielo darò domani in anticipo, in privato. È un regalo solo per lui, suo padre non sa che suona la chitarra. Credo sia meglio consegnarglielo senza spettatori.

«Buona sera, signora Johnson» saluto la mamma di Jake appena entro in casa sua e la vedo.

Mio padre mi ha sospeso la punizione. Urrà!

«Oh, Jocelyn! Come sei diventata grande, tesoro» si avvicina e mi abbraccia forte. «Mi dispiace tanto per tua madre, è stata una disgrazia, ma tu andrai avanti perché sei uguale a lei.»

«Io … sono contenta di rivederla» sento un nodo nello stomaco, così cambio argomento.

«Anch’io tesoro, non ho potuto essere a casa a causa del problema di mia madre, ma ora sta meglio e mi vedrai qui più spesso.»

«Bene. Mi fa piacere.»

«Ma entrate pure, venite in cucina, sto preparando la cena, Tu rimani, cara?»

«Mmm, devo tornare a casa presto, ma domani sarò qui presente» guardo il mio amico. «Sicuramente porterò un dolce.»

«Oh cara, non preoccuparti.»

«Lo farò io stessa, per Jake» aggiungo timidamente.

Sento che mi sta fissando, ma non mi giro per guardarlo. Dopo aver mangiato i sandwich che ci prepara sua madre, conversiamo un po’ con lei.

«Perché non andate di sopra a parlare delle vostre cose? Vi starò annoiando. È meglio che andiate in camera di Jake, è molto freddo per stare fuori e non voglio che ti ammali alla vigilia del tuo compleanno.»

«Sì, va bene» dice lui un po’ incerto. «Vuoi andare di sopra?» mi chiede.

«Dai, andiamo» rispondo con tono scherzoso.

La sua stanza non è come la ricordo, qui non c’è nessun giocattolo e le pareti sono state dipinte di blu al posto dell’azzurro brillante. Il suo letto è in ordine, ma la scrivania è un disastro. Mi osserva mentre mi guardo intorno, nessuno dei due dice nulla, finché i miei occhi si posano su un piccolo pannello di sughero con varie fotografie e voglio piangere e ridere allo stesso tempo.

«Le hai conservate» confermo a me stessa, più che a lui.

«Come non avrei potuto?» dichiara sedendosi sul letto.

Osservo la foto dove due bambini piccoli si abbracciano al parco, sorridendo come se mai nessuno li potesse separare. Ce ne sono altre con suo fratello, con sua madre e di noi due, all’asilo, alla scuola elementare, nella casa sull’albero. Queste foto le scattarono le nostre madri e le abbiamo entrambi. Pensavo che quando me sono andata le avesse dimenticate, ma sono qui e questo mi rende molto felice.

«Oh, oddio!» trovo qualcosa di inatteso «è vero avevi l’apparecchio ai denti!» esclamo sorridendo mentre cerca di togliermi la foto dalle mani.

«Non prendermi in giro. Cavolo! Non sapevo che saresti salita.»

«Ma se sei così carino» faccio la voce da bambina e sorride con le sue fossette.

«Va bene, prendimi pure in giro, posso sopportarlo.»

«Non ti sto prendendo in giro. Davvero mi sarebbe piaciuto essere qui e vederlo con i miei occhi.»

Restiamo a fissare il soffitto per un momento stesi sul suo letto, quando mi rendo conto che devo consegnargli il suo regalo.

«Va bene» mi alzo per prendere lo zaino. «So che hai detto che non vuoi regali, così questo non è un regalo, è un “mezzo” perché tu possa fare altre cose. Non serve a niente se non lo riempi.»

Tiro fuori il regalo e lo porgo a lui, che è paralizzato, senza sapere cosa dire.

«Grazie» dice infine, accettandolo. Ci sediamo di nuovo sul suo letto, uno di fronte all’altra.

Inizia ad aprirlo con un’attenzione esasperante. È solo carta regalo, rompila, penso. Finalmente ci riesce e lo osserva confuso.

«È un quaderno da musica» chiarisco.«Con fogli con il pentagramma. In bianco» continuo a spiegare dato che non mi risponde.

«So cos’è» sorride stupito. «Ma la musica io la suono soltanto, non la scrivo.»

«Non ancora …»

«Non sono un compositore.»

«Solo perché non ci hai ancora provato. Ti ho ascoltato e una sensibilità come la tua non può andare sprecata, inoltre sarà terapeutico, vedrai.»

«Tu sei la scrittrice, non io.»

«Provaci soltanto, se non ti piace non insisto.»

«Va bene» concede. «Ma di cosa devo scrivere?»

«Non lo so, di quello che vuoi. Se non sai cosa scrivere, potresti scrivere una canzone per me.» scherzo.

«Per te?» sorride incredulo.

«Sì, scrivimi una canzone. Se ci riesci vuol dire che sei davvero bravo. Pensaci.»

«Va bene, ci penserò. Ma se io scrivo, tu dovrai cantare.»

«Perfetto …» non posso rifiutare, cosa dovrei dirgli? Che non sono una cantante? E allora lui di nuovo potrebbe dire che non è uno scrittore, così accetto.

«E questa?» chiede estraendo una busta da in mezzo al quaderno.

«È qualcosa che ho scritto per te, ma leggila quando sarai da solo.»

«D’accordo» la rimette al suo posto. «Grazie, andiamo ti accompagnerò a casa.»

Per Sempre È Tanto Tempo

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