Читать книгу Solo Per Uno Schiavo - Svyatoslav Albireo - Страница 8

CAPITOLO SETTE

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Al sapeva quale orrore lo attendeva.

Quel vibratore gigante avrebbe riaperto tutte le ferite e ulcere che avevano appena iniziato a cicatrizzarsi. Poi, l’avrebbero curato col ‘SalvaGente’ -panacea all’ultimo grido, in quel di Firokami, pure più famoso dell’Aspirina- che avrebbe guarito la qualsiasi.

Se lo avessero lasciato in pace, per qualche giorno.

Ma non sarebbe andata così.

Gli uomini erano lì per scopargli pure il cranio, passando per l’uretra. Le donne non vedevano l’ora di pisciare su ogni singolo, minuscolo, taglietto che si ritrovava.

Non sarebbe stato nulla fuori dall’ordinario, in tempi normali. Ma era appena caduto in disgrazia. Non aveva sottomesso abbastanza la puttana che aveva aggredito Amir.

E se avessero scoperto che, in realtà, l’aveva aiutato?

Non voleva nemmeno pensare alla caccia che si sarebbe aperta a bordo per trovarlo. E a quello che sarebbe successo, una volta acciuffato.

Il suo Angelo, il suo Amore.

No, non l’avrebbe permesso.

Si inginocchiò, subito, davanti alla sua Padrona. Doveva ingoiare l’orgoglio e implorare.

Non l’avrebbe fatto perché temeva il dolore, ovviamente, ma per salvare quel giovane che lo stava facendo impazzire.

Poteva anche funzionare. Dopotutto, era sempre sull’orlo della narcolessia. Nessuna tortura più lo smuoveva. Quel cambiamento avrebbe acceso qualcosa, nei Padroni. Si sarebbe impegnato. Sarebbe stato Katherine Hepburn.

“Vi prego, mia Signora!” implorò, gettandosi ai piedi della donna. “Lasciate che lo trovi e lo porti qui! Gli piscerò ovunque, lo giuro!”

“E come pensi di fare? In questo momento starà sicuramente piagnucolando nella sua cabina. Oppure, più probabile, si starà facendo consolare da qualcuno. Quindi, te lo richiedo. Com’è che pensi di portarlo qui e finire l’opera, troia?” rispose Aletta, palesemente incazzata nera.

Non aspettò nemmeno la risposta, prima di aggiungere, “Non temere. Il tuo amico gommoso qui presente saprà come stimolarti la fantasia. Magari, la prossima volta, sarai un pochino più creativo.”

Non stava funzionando. Doveva aggiungerci un po’ di Meryl Street, alla sua performance.

“Stasera! C'è un ballo. Parteciperà sicuramente, lo farò lì.”

“Mica male, come idea,” commentò la donna, accendendo il vibratore e provando le varie velocità. “Ma dovremo pur ammazzare il tempo, fino ad allora.”

“Vi soddisferò tutti! Abbiate pietà, non fatelo!” continuò a implorare, giusto per.

La sua idea era stata accettata. L’Efebo era salvo. Doveva solo mantenere la facciata. Cazzo gliene fregava di quel dildo gigante? Aveva visto e provato di peggio. Certo, sarebbe stato inconveniente e scomodo e un’autentica rottura di coglioni. Ma, alla fine, sticazzi.

“Ovvio che lo farai,” sbottò Aletta.

L’approvazione degli altri Padroni era molto, molto, importante per lei.

Come tutti i narcisisti, era insicura.

E come tutti gli insicuri, adorava essere invidiata.

L'ultima cosa che voleva era che qualcuno mettesse in discussione il suo rigore.

Quella col cuore tenero era Melinda. Certo, aveva anche lei la sua bella reputazione. Gli Schiavi maschi non le duravano più di due anni. Li uccideva, tutti, in modi crudeli e disgustosi. Aveva un occhio di riguardo, però, per le Schiave donne. Non la si vedeva mai, senza una ragazza accanto.

Nel frattempo, Aletta stava lubrificando il vibratore. Fissando Al per tutto il tempo. Come stavano facendo tutti i presenti. Quella Bestia umiliata e sottomessa era una visione. Chissà come si sarebbero sentiti umiliati loro, se avessero anche solo sospettato che -quella- era tutta una finta e che la Bestia stava semplicemente ottenendo ciò che voleva!

“Non preferireste frustarmi?”

Alon era carico a pallettoni. Si stupì di se stesso, per quell’uscita.

“Faremo entrambe le cose, stai sereno,” rispose Aletta, cadendo drittadritta nella trappola.

Amir, beato tra il suo Schiavo e quello di Gene, risero di gusto. Stine si concesse un sorriso. Gene, invece, era impegnato con Selena. La toccava, assente, pensando alla prossima orgia.

Alon, sentendosi sempre più Joan Crawford, buttò all’aria la dignità e si aggrappò -singhiozzando- alle gambe della sua Padrona.

“Vi prego! Vi supplico! Vi imploro!”

Cazzo se era convincente!

La donna guardò Amir. Quello, con una scrollata di spalle, puntò il pollice verso il basso. L’Imperatore aveva deciso. Anche Melinda scrollò le spalle. Ma il suo pollice era sollevato. Stine rimase immobile. Voleva vedere l’andazzo, prima di esprimersi e seguire il gregge. Gene abbandonò le grazie di Selena e pollice verso pure per lui. Quindi, anche il gioielliere -da brava pecorella- decise per il no.

“Vedi? Tre contro due, dolcezza,” disse, sarcastica, Aletta.

“Ma così non potrò più ballare,” sussurrò lo Schiavo. Lo fece perché, se avesse parlato a voce alta, molto probabilmente sarebbe scoppiato a ridere davanti a tutti.

“E allora non ballerai, semplice.”

“Perché, poi?” chiese, subito, Amir. “Mica saranno le palle che ti impediranno i movimenti!”

“Nossignore, le palle non mi danno per niente fastidio,” rispose, leggerissimamente preoccupato, Alon. Quell’Amir doveva sempre aggiungere benzina al fuoco, mannaggiallui.

Intravedendo una degenerazione del suo piano, ripassò velocemente il tutto.

Si era umiliato, aveva implorato, aveva singhiozzato.

Cosa mancava? Ma certo! La ciliegina sulla torta.

A quattro zampe, nessuno poteva resistergli.

Aletta fu fin troppo felice di penetrarlo con quella verga di gomma. E glielo dimostrò.

Inesorabilmente, tutti i tagli che aveva nello sfintere si aprirono. Ma quell’eventualità era già stata messa in conto. Al strinse i denti. Ai Padroni piaceva, quando gli Schiavi cercavano di trattenere le urla. Ma, in effetti, gli faceva male.

“Perché sei così silenzioso?” chiese, garrula, la Padrona. Poi, accese il vibratore. E allora sì che Alon urlò. Ma più di sorpresa che altro. Non che la donna sapesse la differenza, comunque.

“Quanto è bello?!” sospirò Amir, ammirando l’Adone.

“Silenzio,” disse Stine, indicando Aletta.

“Cosa?” chiese Amir.

“Sembra proprio che la nostra ragazza preferita stia piangendo,” ridacchiò il gioielliere.

Aletta lo sentì, si rese conto di stare veramente piangendo e -imbarazzata- si alzò. Stine approfittò di tale défaillance per spogliarsi alla velocità della luce e lanciarsi sul povero Alon. La noia.

“Manca qualcosa,” disse. E, sempre molto innovativo, incominciò a pisciare sul viso dello Schiavo. Di nuovo. Nemmeno lui sapeva il motivo, ma adorava farlo. Con la Bestia, più che con chiunque altro.

Amir, ammirando la scena, si sentì legittimato a sdraiarsi sul pavimento e afferrare i testicoli di Al. Subito, iniziò a graffiare e tirare e strizzare.

Le signore non furono da meno. Aletta -asciugatasi le lacrime- prese a calci la schiena di quello Schiavo, così impertinente da averla fatta piangere. Melinda la seguì a ruota. Lo sapeva che ci sarebbe stata una buona ragione per indossare quegli scomodissimi tacchi a spillo, quando li aveva scelti la mattina! Mirò proprio alla spina dorsale. Poi, si girò verso le sue Schiave e ordinò, “Fatevi scopare da qualcuno. Chiunque andrà bene.”

Ma non controllò di essere stata effettivamente obbedita.

Stine, alla parola scopare, reagì di conseguenza. Si inginocchiò e sbatté il cazzo in gola ad Alon.

Il poveraccio aveva l’inguine in fiamme. Quando quasi soffocò a causa di quell’uccello mal-lavato, cercò solo di farlo venire il più in fretta possibile.

“Vedete di spingere quel vibratore più a fondo!” ordinò Aletta, mentre lo Schiavo di Gene l’accarezzava. Ma era Alon che guardava. Non l’avrebbe mai ammesso, ma quella Bestia la eccitava da morire. Nessuno era come lui, nell’intero Universo. O, almeno, a Firokami. Che per lei equivaleva alla stessa cosa.

Amir non si fece ripetere l’ordine due volte. E, senza smettere di tirare lo scroto di Alon, gli forzò il vibratore ancora più in profondità. Bruscamente, il pezzo di gomma sparì tra le natiche dello Schiavo. Alon urlò. O, meglio, ci provò. La sua gola era troppo impegnata per emettere alcun suono. In compenso, ingoiò ancora di più l’intera lunghezza del Padrone. Il quale non aveva la minima intenzione di venire così velocemente. Anzi, afferrò un frustino e lo colpì in faccia. Stine, la solita pecora, afferrò la prima frusta che vide e copiò il socio. Lo Schiavo si coprì automaticamente il volto, ma i Padroni non volevano sentire ragioni.

“Non osare!” sibilò Amir, continuando a tirargli i testicoli martoriati.

Lo Schiavo ululò -per finta- di dolore, ma non tentò più di evitare i colpi. Primo, era stato un riflesso condizionato. Secondo, c’era Selena. Sapeva che se la sarebbero presa anche con lei. Quell’Anima buona lo guardava, triste, mentre Gene la insozzava. E al Padrone non andò giù.

“Che cazzo è che c’hai, cogliona?” le strillò.

Non si accorse dello sguardo tra i due Schiavi. Figurarsi se avesse perso tempo con le relazioni che gli Schiavi avevano fra di loro! Però, vide cosa Amir stesse combinando e gli chiese, “Ma che fai?”

“Voglio inchiodargli le palle a terra,” rispose quello, come fosse la cosa più normale del Mondo. “Così la smette di agitarsi!”

Gene sorrise, maligno.

“Così ogni volta che vorremo giocarci, non potrà scappare,” sghignazzò. “Inchiodaglieli al comodino, dai!”

Amir aveva già i testicoli in posizione, quando lo Schiavo urlò. E lo fece più forte che mai. Ma che cazzo di porcate si stavano inventando, con i suoi testicoli, quegli psicopatici?!

Stine, ben lontano dal climax, non apprezzò che quella gola così esperta si fosse liberata della sua sacra verga. E fece schioccare la frusta, ma sul pavimento. Aveva visto che lo Schiavo non c’entrava assolutamente nulla. Sapeva essere magnanimo e giusto. Qualche volta. Quindi, se la prese coi colleghi.

“Amir!”, esclamò, irritato. “Smettila di far cazzate a cui non frega una mazza a nessuno!”

Gene scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

“Smettila tu! Gli vuoi rovinare la faccia, per caso? Come farà a sedurre qualcuno, stasera?”

“Non deve sedurre! Deve umiliare! Deve sottomettere! Da quando si ha bisogno di un bel faccino, per farlo?”

Alon, approfittando della distrazione, si lanciò sulle gambe di Gene. Le abbracciò strette e, nel mentre, il vibratore si mosse. Fu un dolore immane, ma pensò di sfruttarlo per aggiungere pathos alla sua supplica.

“Vi prego, Padroni, vi supplico! Non fatelo! Non mi muoverò più, lo giuro!”

E, a pensarci bene, avere i coglioni inchiodati -che fosse a un comodino o a una libreria- poteva essere seccante.

“Beh,” ponderò, o finse di farlo, il Padrone. “Per umiliare qualcuno, è necessario avvicinarsi. Giusto? E il nostro micetto potrebbe scappare. Io lo farei!”

“Ha due scelte. Accettare il suo destino o gettarsi in Mare aperto,” disse Stine. Subito, sollevò la mano per colpire lo Schiavo ai piedi di Gene. Ma si fermò.

Alon piangeva. Un altro riflesso condizionato, legato al fatto che Amir aveva appena trafitto il primo testicolo con un chiodo d’argento.

“Oh, ma guarda,” commentò Gene. “Sembra proprio diventerai parte dell’arredamento. Ma a che pro, Amir? Voglio dire, non potrà nemmeno prepararci un caffè! Resterà lì per sempre? Che spreco!”

“Mi spieghi per quale stracazzo di motivo critichi sempre ogni mia iniziativa?! Ti lamenti, ma non mi sembra tu abbia chissà quale idea originale da proporre!” sbottò Amir.

E si distrasse dalla delicatissima operazione che stava compiendo. E il martello colpì troppo forte. Un fiotto di sangue caldo lo colpì. Alon ruggì. Strinse le gambe di Gene, quasi facendolo cadere, e si pisciò addosso.

No buono. Il Padrone si rese conto che stavano per giocarsi lo Schiavo del secolo. Con un sussulto, afferrò il martello da Amir ed estrasse il chiodo dal testicolo della bestia. O, almeno, da quello che ne era rimasto.

“La lezione è finita,” disse, poi, prendendo Alon per i capelli e trascinandolo in camera da letto.

“Cos’è? Salti la fila?!” gli disse Stine.

“Ma che cazzo ne so,” sospirò Gene.

Stine scoppiò a ridere.

“mA cHe CaZzO nE sO!1!1!” lo scimmiottò.

La diceva sempre, quella frase.

“Okay,” si rivolse a Selena. “Adesso dimmi perché a Gene non sei piaciuta.”

La ragazza cominciò a piangere.

Non voleva far arrabbiare Padron Stine, ma lui la terrorizzava.

Tutti loro la terrorizzavano.

E tutti loro la circondarono, non lasciandole alcuno scampo.

***

Gene, nel frattempo, gettò Alon sul letto.

“Ma che caz- arrampicati! Fai qualcosa! Mica ti ci devo mettere io, qui sopra!”

“Grazie! Grazie, Padron Gene! Grazie non avermi fatto tagliare i testicoli! Mi avete salvato! Grazie!”

Alon era nel panico. Talmente tanto, che continuò a stare nel personaggio.

“Oh, non c’è di che. Cos’è che volevo fare, invece di tagliarteli? Bah, levati questo cazzo di vibratore dal culo! In fretta! Stai tremando tutto, mi si stacca la testa a vederti così!”

Il Padrone aveva aperto una bottiglia di Cognac, versandosene un bicchiere. Poi, guardò lo Schiavo.

“Non dirmi che non puoi farlo da solo? È un vero peccato!”

Alon guardò quel Padrone che prima lo salvava e poi non lo aiutava. Continuando a non capire, gli rivolse il suo miglior sguardo da cucciolo bastonato. Inutilmente.

“Allora, cos’è che volevo fare?”

Gene era pensoso. Buttò giù il liquore. Subito dopo, si inginocchiò sul letto e -di botto- tirò via il vibratore. La reazione di Alon fu, semplicemente, venire.

“Gli altri Padroni volevano tagliarmi i testicoli e farci una vagina,” sussurrò lo Schiavo, tra gli spasmi di piacere.

“Oh, e di certo tu -questo- non lo vuoi,” disse, sarcastico Gene.

E via con un altro sorso di Cognac, direttamente dalla bottiglia. Dopo, la guardò. Ed ebbe un’idea. Si versò il contenuto sulla mano e iniziò a strofinare le ferite della meravigliosa creatura che giaceva di fronte a lui. Tale creatura non mosse un solo muscolo. Principiante.

“Avete ragione, Padrone. Non lo voglio,” disse, la voce roboticamente calma.

“E perché mai? Su quali basi tu, uno Schiavo, non vuoi qualcosa?” gli chiese l’altro.

“Credo che un culo sia più stretto di una figa, Padrone.”

Logica ineccepibile.

“Non lo so,” disse Gene, con falsa noncuranza.

Quello Schiavo, però, ci aveva preso di brutto! Ma non poteva certo ammetterlo. Aveva una reputazione, lui. E se avesse parlato? Non poteva rischiare.

“Magari, invece, è anche meglio! Dovremmo provarci.”

Alon ci mancò poco sbadigliasse. Si fermò a metà e tramutò lo sbadiglio in un’espressione spaventata. Il Padrone ne sembrò molto soddisfatto. Quel viso era bello sempre, nonostante le ferite.

“Ma nessuno, poi, ti rimetterebbe a posto. Inoltre, la tua Padrona è una donna. Etero, per di più. Che ci fa un’etero con una vagina, quando può avere il tuo culo?”

Poi, sbuffò.

“Sai che? Io mi sono veramente ma veramente rotto i coglioni di vedere ogni volta la stessa scena! Ogni cazzo di volta ti sfondano il culo! Sei sempre martoriato, là sotto!”

E osservò lo scempio che la Compagnia aveva causato, non vedendo l’espressione da e-che-non-lo-so della Bestia.

“Ma ormai il danno è fatto. Che posso farci?”

Gene si sedette sul letto, fissando il volto di Alon.

Alon, dopo trent’anni di esperienza, non sapeva come trattare quel Padrone così strambo e lunatico. Quindi, andò a braccio. Poteva essere che fosse uno di quei finti alternativi che solo perché tutti fanno una cosa, lui no perché non deve mischiarsi alla massa. Ma, sottosotto, ha le stesse voglie e gusti di tutto il resto del gregge. Di solito, a quelli così, piacciono le bionde con gli occhi azzurri. L’originalità.

“Se mi permettete, Padron Gene, potrei cavalcarvi. Non sentirete affatto che ho il culo sfondato.”

Ci aveva preso? Chissà.

“È mica la prima volta che ti scopo?” chiese quello. “Lascia stare, ti farebbe male e non per merito mio. Digrignerai i denti, a causa dei tagli. Inoltre, dopo quel mostro di gomma, devi essere larghissimo. E non puoi nemmeno succhiare! Non con una faccia così!”

Sbuffò. Era stanco, annoiato. Si sentiva tradito, quasi offeso, dalla vita.

“Che devo fare? Restituirti? Lasciare che ti inchiodino a un tavolo? Che ti frustino in faccia?”

Eccola, la reazione. La tipica reazione. Alon non sbagliava mai a giudicare un Padrone.

“Farò qualsiasi cosa, Padron Gene! Qualsiasi!” lo implorò Alon, sapendo che era quello che ci si aspettava.

Erano tutti così pallosi.

“Tipo? Cos’è che potresti fare? Sentiamo.”

“Sdraiatevi, mio Signore,” suggerì, seducente. “Giuro che non digrignerò i denti.”

“Lo farai senza accorgertene, è un riflesso,” rispose Gene. Però, ovviamente, ci si sdraiò eccome sulle lenzuola. Patetico. Faceva solo perdere tempo, con quei capricci.

Però, fece qualcosa di inaspettato. Si rialzò subito.

“Prima, facciamo qualcosa per questa faccia. Stai qui.”

E si allontanò. Lasciando un Alon basito. Che si fosse sbagliato? Macché, sicuro andava a prendere uno spaccadenti o qualche altro attrezzo bondage.

Ma la Bestia si sbagliava.

Di Nuovo.

Gene era andato a cercare un SalvaGente. Quello Schiavo ne aveva un enorme bisogno. Rientrò nel salotto, dove i suoi colleghi erano tutti presi dall’orgia più triste della storia. Sollevò gli occhi al cielo. Sempre lo stesso teatrino.

Una volta tornato in camera, si occupò delle abrasioni di Alon. Ogni tanto schioccava la lingua. Lo Schiavo non si mosse mai. Era troppo scioccato per qualsiasi cosa. Ma veramente lo stava medicando?! Stava dormendo? Era morto e quella era una sorta di anticamera per l’Inferno?

Quando il Padrone finì, si lasciò di nuovo cadere sul letto.

“Devi essere affamato,” chiese, poi, fissando il soffitto.

“Se il Padrone me lo permette, sarò pieno del suo sperma,” suggerì Alon, aggrappandosi a ogni idea gli saltasse in testa. Quello non era un Padrone come gli altri. Che cazzo doveva fare?!

Iniziò a massaggiare i piedi dell’uomo. Prima con le mani. Poi, con la lingua. Lo baciò ovunque. Disegnò un percorso, dalle caviglie all’inguine. Infine, fece scivolare il cazzo del Padrone fino in fondo alla gola. Le sue dita gli massaggiarono glutei e cosce, mentre faceva roteare la lingua sulla punta.

Dal canto suo, Alon sfregava i suoi poveri testicoli contro la gamba di Gene.

L'uomo gemette, stanco. Alon cercava di dargli più piacere possibile, in segno di gratitudine. E in segno di che-cazzo-faccio-houston-abbiamo-un-problema.

Quando sembrò venire, lo Schiavo strinse i testicoli e la base del pene. Impedendogli di svuotarsi, gli si mise a cavalcioni e si infilò il cazzo nello sfintere. Non era più massacrato, ma non aveva avuto bisogno di alcun lubrificante. Poi, strinse le natiche e cominciò a dondolarsi.

Alon sapeva che Gene era un tipo silenzioso. Era l’unica cosa che sapeva di lui, in realtà.

Era la prima volta che scopavano, ma l’aveva visto durante orge varie. Non si capiva mai quando stesse per venire. Nessuna tensione, nessun corrucciamento di sopracciglia, niente. Nemmeno dopo riusciva a rilassarsi.

Non era una persona comune.

In tutto ciò, Gene iniziò a masturbarlo. Lo fece intensamente, osservando ogni minimo dettaglio. Significava pericolo. Gli era venuta in mente qualche idea. E poteva sfociare in dramma.

All’improvviso, Alon sentì dolore. Ecco perché così attento. Lo stava aspettando, il digrignamento. Ma Alon ne sapeva una più del Diavolo. Usando il trucchetto di poco prima, aprì la bocca e mascherò le smorfie di dolore in smorfie di piacere. Si muoveva brusco, poi lento. Faceva palpitare l’ano, poi lo apriva del tutto. Sempre muovendosi avanti e indietro, su e giù. Dopo il trattamento di Aletta, gli risultò molto facile. Gene sembrò apprezzare, perché venne pochi minuti dopo. Lo capì dalla sborra che gli colpì le pareti interne, perché dalla faccia avrebbe potuto benissimo trovarsi alla fermata dell’autobus.

Alon strinse subito i glutei, intrappolando quella carne turgida fino all’ultimo.

“Oh, mio Dio,” ansimò Gene.

Il robot aveva parlato. Alon non osò muoversi.

L’aveva mica rotto?

Forse che sì, forse che no.

Aspettava un ordine, uno qualsiasi. Non voleva lasciare quella stanza, però. Quindi, ondeggiò ancora una volta. Nel dubbio, meglio essere sicuri.

“Un po’ oscurantista, questa mancanza di sadismo,” commentò Gene. “Ma starai sicuramente morendo dalla voglia.”

E afferrò il cazzo duro dello Schiavo. Quello venne subito. I tremori di dolore mascherati da esperti lamenti di piacere. Gene sembrò cascarci. Alla fine, non era poi chissà quanto diverso dagli altri.

“Va bene,” disse, poi. “Allora, le palle, le tagliamo al novellino. Okay?”

Alon s’irrigidì. Sapeva perfettamente a quale novellino si stesse riferendo.

“E se fosse già col suo protettore?” domandò la Bestia, con tutta la nonchalance di cui era capace.

Poi, aggiunse, “Se volete, Padrone, potete tagliare me.”

Era estremo, ma doveva assolutamente tenere tutti loro lontano da Ad. Alla finfine, che caspio erano un paio di testicoli? Poteva vivere senza.

“Oh, non è che faccia differenza -per me- chi tagliare,” disse. “Ma che ti prende, però? Prima non vuoi, poi vuoi. Io boh.”

Alon era esausto. Mentalmente esausto. Quel Padrone lo stava portando al manicomio. Ma doveva tentarle tutte.

“Padrone, col dovuto rispetto, quel novellino non sa proprio com’è che si scopa!”

“Gli insegneremo.”

“Ma sarà noioso!”

“E chi è che non è noioso, di grazia?” rispose Gene. “Sarà comunque molto piacevole, da guardare.”

“Dopo il primo utilizzo, non sarà più così bello.”

“Vedremo. Se non ci piace, lo butteremo via. Dovrò dire ad Aletta di accendere la cinepresa, al ballo. Sarai ripreso, mentre lo punirai. Sarà un bel film, degno di Kubrik.”

“Il Padrone non sarà presente di persona?”

“No, ho un affare urgente. Proprio a quell’ora. E, detto tra noi, dubito Stine riesca a trovare questo novellino. Fa tanto il macho, ma non vale nulla.”

“Cosa devo fare, quindi, Padrone? Per non rovinare tutto?”

“Oh, non saprei,” sospirò Gene. “Chiunque sia, scopatelo a sangue. O qualcosa del genere. Pisciagli addosso. Meglio! Pisciagli in bocca, mentre te lo succhia!”

Poi, fece schioccare la lingua.

“Potresti buttargli giù i denti. E prenderlo a calci nelle palle. Le solite cose, insomma,” terminò Gene.

Sì, le solite cose trite e ritrite. Di nuovo, non così diverso.

“Vi ringrazio, Signore,” disse Alon, comunque, senza la minima intenzione di mettere in pratica quei consigli.

“Figurati. E ricordati di raccoglierti i capelli. Voglio vedere i tuoi occhi, durante l’opera.”

“Sarà fatto, Padrone.”

Solo Per Uno Schiavo

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