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ULTIMO GIORNO DELL'ANNO 1877.

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Lunedì, 31 dicembre.

Mancano tre ore e l'anno sarà finito. Ho qui sul tavolo tutte le mie memorie. E voglio scrivere. Scrivendo imito il carattere di Lidia, Che cosa voglio scrivere? Nulla di ordinato. Incomincio col rileggere le mie annotazioni del settembre 1876, poi voglio leggere il mio portafogli co' miei sogni di artista (1873-1874-1875): poi la mia lettera a Lidia: poi la sua a me….

Oggi si chiude un anno, un tristissimo anno. Colle speranze, coi ricordi, colle illusioni. Ella mi appartiene quasi, fino all'ultimo minuto di questo anno; domani si apre un anno nuovo, un anno che sarà importante per lei: sento che mi sfugge sempre più, che non è…. che non sarà mai più mia!…(5) Mio Dio, rendila felice!—Io mi illudo sempre nel mio dolore: rileggo la sua lettera, ribacio il suo ritratto, sento nell'animo la sua voce, e sono superbo, contento, felice, ma sogno, sogno: la verità non è ancora entrata nel mio cuore, io non sono persuaso che non la vedrò più! che non ho più diritto a pensare a lei!… Anno tristo, la mia vita è spezzata. Io ero nato per l'amore, per la donna, per la casa, per le sere tranquille, per un bambino, per sperare, per sentire la famiglia a benedire tutte le mie febbri, le mie aspirazioni, le mie malattie: e invece? Io vedo dinnanzi a me giorni e giorni e anni e anni che passeranno, solo conforto: che passeranno…. senza più ambizione di un nome, senza desiderio di una donna, senza coscienza di un'anima, e sempre più col bisogno di una donna! Non voglio più scrivere. Nè so scrivere. Mi inginocchio e prego il suo Dio, quello che ella pregherà per me:—Dio, ho bisogno dì credere! io mi sento buono! io mi sento il cuore!

Quando pensavo a lei, sentivo la fede e Dio! quando mi sentivo squallido e senza speranze, pensavo al suicidio, quasi come a un candido sogno! quando vedevo dei luoghi ameni: dicevo—qui non c'è lei!—quando vedevo delle fanciulle mi sentivo l'anima innondata di pace! quando vedevo dei bimbi, mi venivano le lagrime agli occhi! Mio Dio, al mio corpo nervoso, cupido, febbrile ho negato gli amplessi della femmina nuda; ho impazzito pensando alle voluttà: ho combattuto battaglie ridicole pel mondo, ma supreme e gloriose per chi vuol avere nel pensiero suo il pensiero d'una vergine; mio Dio, il suo ricordo era per me il ricordo di una tua vergine: la sua lettera l'ho letta in un santuario, guardando la bionda testina di due de' tuoi angioli! Guardami! Dimmi tu che non sono ridicolo, amando ancora! Che non lo fui amando in passato! Tu hai detto:—Siate fratelli e sorelle—e non hai detto che gli stranieri, i poveri, gli sventurati non possano fra loro essere fratelli e sorelle. Dinnanzi a mio padre, a mia madre, ai miei amici non ho saputo dire:—Ella è straniera! Ella non ha dote! Ella mangia il pane altrui!—sarebbe stato un delitto di leso decoro questo mio detto. Io fui così fiacco da non parlare, da non combattere parenti e amici e mondo: io tacqui! e sperai in te e in lei!… Mio Dio! Quanti a quest'ora si apparecchiano a godere gli ultimi momenti dell'anno! Io sono ginocchioni, io prego, io voglio pregare, io piango, io sono solo! io non so sperare, nè domandarti per me alcuna cosa per l'anno nuovo!! No, no, che importa a me di quello che mi accadrà? Ma io voglio pregare, voglio sorridere, voglio piangere per lei! Mio Dio:—rendila felice, e fa che ella si ricordi di me e che io sappia qualcosa di lei!

Rileggo i libri delle mie Confidenze. Oh! come sono belle e tranquille! Rileggo le pagine della malattia di Lina e le invocazioni ad Ermanna! Povero mio cuore!… Mio Dio, ti supplico, rendila felice.

Domenica, 27 gennaio.—È una giornata chiara, bella, calduccia. Tutti passeggiano. La si crede una prima festa di primavera. Io sono tanto tristo! Ho aperto le finestre: e mi vengono tutte le memorie della mia convalescenza. Poveri giorni di languide speranze! Giorni in cui mi pareva sempre di sentire l'odore di ghiaia umida misto all'odore delle violette: mi pareva di vedere uno dei viali del giardino non suo un viale che termina a un gruppo di pini dal cortice odoroso…. Oh mesti crepuscoli di Limbiate!—Io non so scrivere ordinatamente.—Ho taciuto tanto. Mi piacerebbe avere qui tante e tante memorie scritte: le rileggerei ora e le troverei belle! Come mi paiono belle queste poche! Eppure in vacanza non ho saputo scrivere: scrivendo mi pareva di rendere troppo concreto il mio dolore, di studiarlo troppo, mi sforzavo a essere indifferente. Quello che di dolorosissimo ho scritto l'ho scritto per Bianchi. Ho perdute le lagrime di quei dì. Vorrei ch'egli mi restituisse le mie lettere. Mi pento gravemente di essermi tanto confidato con lui. Mi capisce? Può capire chi non ha il mio ingegno? Chi non ebbe i miei entusiasmi? Chi non ebbe il mio cuore! Ridicolaggini! Ma io mi sentii potente ed ebbi un giorno delle audacie e una tal coscienza di me, che mi dovetti dire:—Oh sante le mie febbri che mi distinguono dalla folla intorno a me.

In questi giorni mi tornano alla mente i miei auguri per lei. Voglio pensare alla sua felicità. Ella apparecchierà la sua veste bianca! Ella gli scriverà quei mille nonnulla così graziosi, così cari, così confidenti! L'oubli seul sépare! E il mio pensiero?

O mio tranquillo cimitero di Limbiate, ti amo! O miei boschi! o pini!—Purchè io sia tra voi o mi imagini di essere tra voi, il mio cuore si esalta, l'anima mia diventa buona, e nelle speranze di un di e nelle delusioni d'oggi, il mio desiderio è desiderio di pace e di amore, il mio ingegno si sveglia e mi tormenta e mi fa delirare sempre inconcreto, sempre senza via, sempre senza certezza di scopo. O mio cimitero! Ti vedevo tutti i giorni quando pensavo all'amore! Ti ricordo ogni volta che qualche amico ride o qualche femmina sogghigna!—Come si amano i propri dolori!—Il cimitero vecchio non serve più per le tumulazioni: ebbene amo già il nuovo, perchè presento che vi giacerò (non oso dire voglio giacervi): vi sono passato vicino tante volte st'anno guardando ai monti di Como, a Mombello, alla Chiesa dei frati, ai monti che ho contemplato mille volte al tramonto con dolci desideri di avere una casetta là e là.—Amo le strade infangate, le foglie cadute, le campagne brumose, la mestizia della solitudine e il luogo di pace… amo la mia memoria abbandonata, solitaria: mi sento sotterra, sento l'oblio, lo sfacimento…. Ella avrà dei figli, degli amici, la vita!

Mercoledì, 30.—Tutto è vuoto, senza scopo, senza soddisfazioni. Ieri ho visitato il cimitero degli stranieri! Come dormono bene le anime protestanti! «Thy will be done…» Come dormirei bene anch'io!

* * *

Tutto finì. Ecco il vuoto.

* * *

Est quaedam fiere voluptas!

* * *

Mio padre crede che questo sia il libro dei conti.

* * *

Nos joies ressemblent à l'arc-en-ciel, qui a l'aurore nous apparaît au couchant, et vers le soir se montre à l'orient.

* * *

Ogni mio filo che mi lega alla vita è nel passato: ed è solo pel passato e per lei che sento che la vita deve avere uno scopo serio. E solo per lei ho bisogno di credere a Dio, e solo per lei il suo Dio mi dà una mestissima pace e una mestissima fede, quasi una vocazione…. Solo pel passato, mantenendo una dolcissima illusione, io sorrido e studio, e prego Dio e sospiro alle fanciulle e vorrei baciare tutti i bimbi.

Uno solo il mio pensiero—Lidia—ed uno il mio voto—Dio, rendila felice!—Essa è mia sorella. «Notre affection est pure et noble, elle n'a rien de profane, elle peut se raconter à toutes les âmes qui sont bonnes:(6)» ella mi disse, e mi accettò per fratello….

Io solamente son felice quando guardo la sua lettera, il suo ritratto, la mia lettera, quando penso a Limbiate e al cimitero tranquillo….

Desidererei (e voglio scriverlo a' miei parenti) d'esser sepolto a Limbiate.—Desidero di avere sulla mia pietra o croce il solo mio nome e cognome e le sue parole: Tout ce qui finit est si court. Allez toujours.

5 e 6 febbraio.—S'io trovassi un compagno, andrei in Grecia volontario, giacchè qualche garibaldino si muove da Milano. Insegnerei a' miei parenti ed amici ch'io sprezzo la vita!

Leggo Byron. Si è avverato il suo augurio:—«que son coeur se passionne pour ce qui est beau et grand!»—Byron! I miei giorni non sono sciupati: più che il tritume delle Accademie vale il vulcano di Byron. Byron! io sento il mio cuore batter col suo! Che m'importa se vivo solitario? Perdo poco perdendo le ciarle stupidine o pretenziose o vuote dei cosidetti amici che sanno vivere a questo mondo, prendendo le cose come vengono. Perdo nulla, perdendo, la sera, le pettegole scipitaggini di un palchetto di femminucce… Byron! Tu mi rifai il sangue. Tu mi animi. Tu mi ridoni i miei muscoli… Oggi spero indeterminatissimamente, ma spero pel mio avvenire.—Ho veduto mio padre assistere all'anniversarie preci per suo padre.—Mi consolo ricordando, in una passeggiata in campagna, al sole primaverile, le frasi della lettera di Lidia.—Che ancora per le fila provvidenziali di Dio avessimo ad incontrarci?—Oh! possa il mio povero ricordo tormentarti nelle ore delle tue frenetiche voluttà! Sposa sei?—O mio Dio, come io desidero di morire!

19 febbraio.—O mio Dio, sento uno di quegli sconforti, pensando al mio passato!—Come vorrei esser morto! Piango!—Oggi, qui, dai tetti di un terzo piano di povera gente mi giungeva la vocina balbettante di un bambino.—Guardo il suo ritratto. Ma, mio Dio! sento che inavvertitamente caricherei a palla, , una pistola antica, e in questa febbre, inavvertitamente me la accosterei alla fronte…. Amo Lei! Lei! Tutta la mia giornata è per Lei! Studio per Lei, di giorno: studio per Lei, di sera! penso a Lei, di notte!—Penso ch'Ella deve esser felice, e per non turbarla, non mi uccido! Ma chi più mi trattiene? Che mi aspetta?—Che cosa è il mondo per me!—Se potessi viaggiare e viaggiare e stancarmi!—Come passo le sere e le giornate da solo.—Sere di primavera, coll'odore delle violette di Limbiate! Giornate di primavera con una trista, strapotente insidia di voluttà nelle membra!—E voglio esser casto! Chi lo sa? Chi lo sa il mio martirio? Chi lo apprezza?

3 marzo.—È primavera. È domenica. Suonano a distesa le campane. Domani andrò a Limbiate e qualcosa saprò…. Avrò coraggio di domandare di Lei?… Mi spaventa un tristo presentimento dacchè non ha Ella risposto al mio biglietto.

Mio Dio! che vuoto! Non sono stato ad alcun veglione; eppure oggi io mi sento tanto triste, e inquieto e svogliato, come se fossi stato a sciupare la mia notte…. Mi conforta il pensiero che Ella leggerà il mio libro Lagrime e Sorrisi. È donna e lo capirà. Che importa a me del mondo?

6 marzo.—Torno adesso da Limbiate, e subito corro quassù a leggere queste mie memorie, e vorrei scrivere sempre un pensiero, sempre un dolore, sempre un'illusione. Domani, giovedi grasso, quando gli altri godranno, io scriverò, e penserò, e piangerò.

Non ho saputo niente di Lei!

30 marzo.—Il nostro povero cane di Limbiate è ammalato. L'amo perchè è tanto legato alle mie memorie! Nel novembre 1873, quando solo mi addormentavo nella mia stanza fredda gustando le sante, melanconiche, dolcissime mie speranze: il povero cane mi dormiva a' piedi del letto. Quando a cinque ore, al tramonto, io vedevo, fra gli sterpi e le ruine scalcinate della darsena del laghettone, e contemplavo nell'acqua il riflesso roseo del cielo e sentivo la solitudine delle acque e delle tristi pinete, fingendo di trovarmi sulle rive del Mincio, e pensavo sospirando all'amore…. quando là al laghettone, riassumevo la giornata e chiusi i fascicoli di diritto speravo e speravo e speravo!… il povero cane mi era accosto. E, ricordo, ho sorriso a lui, che mi trovava solo, meditabondo, amoroso, a quell'ora, a quel luogo! E credo qualche volta di avere avuto quasi soggezione di lui!… Povero cane, povero amico!…

Tutti i giorni passavo un'ora o due al cimitero e pensavo alla vita, a una fanciulla, ai bimbi, alle sue toilette, ai suoi nonnulla, alle sue scarpine, ai suoi guanti, alle sue moine,—lì fra le croci e le foglie secche col sole pallido e le stradette umide io vivevo! O speranze! o memorie!—Io lavoro: studio il tedesco. Mi avvinghio sempre più al passato. Dove l'avvenire?

31 marzo.—È morto il cane! Povero Chellen! povero amico!…. A poco a poco là s'infrangono gli anelli che mi legano al mio passato…. O mio avvenire! O Lidia, se tu sapessi la mia sensibilità, la mia poesia, le mie lagrime! Mi è caro tutto ciò che nella mia memoria è legato con te… Ma non poteva Dio volere ch'io non li vedessi, ch'io fossi tranquillo, ch'io amassi un'altra fanciulla, ch'io a quest'ora fossi già marito e padre, ch'io fossi felice? Perchè Dio volle diversamente?… Crescono le ardenze delle mie febbri, il corpo freme di bisogni fisiologici, l'anima è sempre la stessa a comprendere la donna, il cuore è gonfio, l'ingegno sente la ricchezza del sentimento e… Se tu sapessi i miei scoraggiamomi!… Il mio passato!… O miei sogni, o mia preghiera, o Dio, o Donna, o Tutto, o Lidia!… O Lidia, come ti amo!—Ma che Dio sia almeno giusto, e faccia sì che il mio pensiero dia anche a te un po' di questi tormenti.

Torno col pensiero al povero cane! Povero amico! sì, caro testimonio di tante mie lagrime, di tanti miei dolori!

Leggo le mie memorie: è il saluto che le scrissi! E piango! Come il cuore è gonfio!—La scienza è vana. Ieri ho ascoltato una grande lezione di Antropologia: la genesi umana: la scimmia! O Lidia, perchè non eri tu a casa mia, in un bel gabinetto, pieno di cose d'arte e di profumi tuoi, bella, mia, sorridente? e perchè io non potevo gittarmi a' tuoi piedi, pregando Dio attraverso Te!

Leggo il mio saluto. Oh se tu potessi piangere, come piango io!… Eppure spero… Ci incontreremo, sarai mia!… Forse incominciano adesso le mie battaglie… Perseveranza, Castità, Fede… Speranza!… Lidia, ti prego in ginocchioni, dalla tua felicità (se ti ricordi di me) mandami un poco di pace! Merito un poco di pace, perchè delle mie idee arrossisco in faccia al mondo: non in faccia a Te, non in faccia a Dio! Leggo il mio saluto…. Saluto eterno!… La mia vita è condannata al tormento di perpetua illusione e di sproporzionato sentimento!…

Torno dal cimitero. Ho visitato il campo degli stranieri: ho letto iscrizioni tedesche e inglesi: Credo sia una buona azione il visitare i poveri morti stranieri.—Come dalla morte a me sgorga il pensiero della vita.—Ho visitato anche la Pinacoteca, adorando le Madonne del quattrocento… Sì, sì, il mio ideale della donna è divino.—Sei maritata? Oh come penso tristamente alle tue gioie frementi di sposa! Amavo meglio, nei mesi scorsi, pensare a' tuoi dolori di vergine!

Quand'io sognavo… la prima volta con te, a Firenze o a Venezia, io promettevo, io giuravo di caderti innanzi ginocchioni, dicendoti qualche mio pensiero delle Lagrime e Sorrisi, piangendo ch'io non fossi abbastanza poeta per te, esultando con tutta l'anima d'avere la coscienza ch'eri un fiore e che io non ero la mano villana che lo toccava.. E t'avrei baciata in fronte e t'avrei detto:—Piangi!

La mia penna è impotente alle povere fantasie del cuore!

1.° aprile.—Vorrei ricordarmi e rischiararmi dei paesaggi carissimi, dei boschi, delle rive, dei cieli… Anima ammalata: sento le donne nei fiori, nelle gemme, nei prati, nei cieli, nei raggi del sole… Non scrivo perchè non so scrivere: le parole che adopero sono parole che hanno tutti nei vocabolari; i sentimenti che mi ammalano sono sentimenti miei, e il mio cuore è diverso da quello degli altri.

Oh come penso! come vedo! come fremo! Ho avuto il tristo dono della fantasia. E come soffro! Ma oh! venga il mio pensiero qualche volta a turbarti!

Ho aperto il mio cassetto: il profumo che ne uscì mi ricordò dolcissimamente il giugno del 74, quando scrivevo le Confidenze, mi illudevo tanto e speravo tanto! Allora mi sentivo una fanciulla: e la mia convalescenza era per me una scusa alla languidezza del mio sentimento….

Crescere in dignità per lei, è lo scopo di questo mio anno. Nel mese scorso, venendo qui, nel mio cassetto presi un foglio di carta e scrissi due versi di Byron: oggi ho scritto due versi di Schiller.—Sogno dolcemente: a Limbiate le mie speranze, le mie certezze, il mio avvenire!—Ma quando sono qui, e vedo i luoghi di tante mie meditazioni, e quando vedo la casetta di….. e quando suona la campanella della chiesa di sotto, e quando vedo il suo giardino, e la finestra dove era affacciata quella sera di settembre, e quando…. oh come sento che tutto è passato! che la mia vita è decisa! che il mio avvenire è spezzato!—Deserto!

Prego la primavera, i fiori, le rondini, i bambini, il sole,

Dio.—Rendetela felice!

E di fronte alla primavera, ai fiori, alle rondini, ai bambini, al sole, a Dio, mi sento innamorato e casto!

Venerdì Santo.—Compiono oggi sei mesi da che… Sei mesi! mezzo anno! A me paiono sei giorni!

O quale sconforto il mio.

Oggi tutte le donne pregano…. Prega per me! Prega Dio che mi faccia morire!…

Morire? imputridire? essere dimenticato? E il mio desiderio, il mio bisogno era la vita, l'amore, la poesia!

Sabbato Santo.—Le campane annunciano che Cristo è risorto. Qual vuoto in me! Ma come potrò io mostrare l'anima mia! a chi?

Martedì, 23 aprile.—Come per certi dispiaceri certi uomini ricorrono ai liquori, pe' miei io ricorro (ricorsi) a Byron, Foscolo, Rousseau, Shakespeare: mi sostengo con questi alcool.—Ora gli abbattimenti, il vuoto…. e quali battaglie!… I miei balocchi antichi cominciano a distrarmi poco poco. Ma perchè forzare la natura?

24, mercoledì.—Ho fatto la comunione. Ieri il prete mi disse di meditare mezz'ora. Ecco come medito…. Per quattr'anni di seguito, quando a primavera andavo alla chiesa per la comunione, io portavo con me il portafogli col tuo nome! Sante illusioni! E quando l'ostia toccava le mie labbra io mi concentravo nel pensiero:—Lidia crede in Dio!—E la comunione del 74, quando ero convalescente? Oh nessuna preparazione di teologo, nessun libro, nessuna madre, poteva rendermi tanto degno di Iddio, quanto la mia speranza e la tua memoria! Santa religione, santa poesia, fede gentile: Vita, Donna e Dio!—Dimenticavo di non esser bello, d'essere ignorante, d'essere timido alla pratica, sentivo Te, speravo, sentivo la fede che è la vita! O vergine, o bionda, o straniera, chi t'avrebbe detto che tu dovevi tanto deliziare e tanto tormentare un'anima italiana. Io italiano? goffo, ridicolo, senz'azioni.

O vergine, o vergine! o Lidia, io ti ringrazio! Quei momenti in cui io pensavo a Te e la tua memoria veniva col pensiero di Dio, erano momenti soavi, pii, forti, si, e non verranno più! O Lidia, o Lidia, o mia sorella, prega per me!—Alcune volte voglio ribellarmi al tuo ricordo, e chiamarti causa d'ogni mio tormento, e odiarti…. Potessi odiarti!… Tu non ti sei manco accorta di me!—La realtà è troppo triste: è meglio l'illusione, la poesia.

Ed oggi?—Vuoto, sconfortato, col solo pensiero che sono brutto e ridicolo!—Senza speranza, senza fede, senza amore,—sono andato alla chiesa…. Ho pensato alla tua comunione di sposa.—Ho sentito come, anch'io, riceverei la mia ultima comunione, a letto, ammalato, moribondo, pensando alle mie Memorie, a Limbiate, al cimitero, dove voglio giacere, al mio libriccino Lagrime e Sorrisi, al mio portafogli, pensando a quelle carte che lascio nel mio scrignetto, al tuo ritratto che cadrà sotto gli occhi di mia madre…. pensando al di che saprai ch'io sono morto!…

Oh io mi sento buono!

Non voglio più annotare!

Maggio, 3.—Guardo il cranio…. e guardo il tuo ritratto. Il tuo ritratto! Ecco la vita, la speranza, l'amore, la Donna, la Fede!

Ed io ancora ho la speranza, la vita, l'amore, la fede per te, per te che non sei più mia!—Piango con dolcissime lagrime.—Mia Lidia, quale scoraggiamento!

Nel teschio vedo la materia: in te lo spirito: in quello il vuoto; in te il pensiero…. In te Dio!

Ho riletto le memorie di quest'anno! Mio Dio, mi vedi? Non so scrivere. Je ne vous oublierai pas, ella scrisse: e nel cassetto mio tengo la sua lettera mezzo aperta per leggere.

* * *

Tento di scriver oggi, 22. Ho veduto Lidia qui a Milano. Da quindici giorni ero abbattuto, stanco, annoiato, avvilito, senza più un pensiero alle cose antiche, senza passione per lo studio del tedesco, indifferente ad Heine e Goethe…. a tutto! Oh come mi erano cari quest'inverno i miei studi di tedesco su nel mio studiolo, quando tentavo di tradurre Lagrime e Sorrisi, e scrivevo, imitando il carattere di Lidia! Eppure guardavo di rado il suo ritratto. E la domenica in Duomo? Sempre, sempre passeggiavo sotto le arcate ricordandomi le espressioni della mia lettera, le espressioni della sua: e pensando che avrei studiato, e che avrei fatto…. In questi giorni studio in Biblioteca: e ogni sera, su nel mio studio, guardo le teste da morto e poi guardo il suo ritratto.

L'ho veduta ieri dopo pranzo alle 7 1/2. Tre volte l'ho veduta. Essa mi ha fissato, si è rivolta, mi ha atteso…. Ed io?

Che farà? È sposa? Era con sua madre? Colla sua tutrice? Ho influito sulla sua vita? Viene da Mantova o da Catanzaro? Va a Catanzaro o forse per sempre in Germania? È felice?

Era pallida.

Ma era proprio lei?

Quando nell'ottobre scorso l'ho vista a Limbiate aveva la faccia rosea sotto il velo.

Ieri era pallida.

Se non fosse stata lei, perchè avrebbe mostrato di accorgersi tanto di me?

Il mio turbamento fu immenso. Poi mi acquietai. Ho dormito sognando dell'incontro. A mattina mi rinacquero mille speranze e pensai a cento ipotesi, mi sentii felice. Sono andato sul corso, in Galleria Vecchia, vicino a Dumolard, in Duomo.—Forse è partita! Per dove? Avrà dormito stanotte? Che avrà pensato?

Dio mio! Dio mio! Ho letto tutta la mia lettera a Lei. Ho schifo delle mie sconce mani. E ho l'anima che sente Dio.

Era lei?—O è tutta mia illusione?-

Da Limbiate potrei saper qualcosa, ma non oso, non oso affrontare nuove emozioni, e forse tristissime!

Stamattina ancora ho sperato. Ma e se fosse a Milano per provvedere il suo corredo da sposa? Doveva sposarsi nel febbraio, mi dissero (a Limbiate).

(Fosse qui per collocarsi nuovamente in qualche casa!)

Quali incertezze! Se mio padre e se mia madre sapessero!

L'incontrerò ancora?

(Non so scrivere).

Ma che cosa vorrebbe adunque l'anima mia! Oh! nella morte ci deve essere una gran pace. Mi ricordo sempre il Suicidio, dramma di Ferrari, e so di voler bene a mia madre! O mamma! o mamma! Come da Te è uscita la mia anima ardente?

E sono brutto e ho dei difetti che mi rendono ridicolo nell'amore.

Sono tormentato, ma mi sento vivo! vivo! vivo! meglio è l'inferno che il nulla.

Ogni speranza di attività, di amore, di avvenire, di vita è in Lei…. E la vedo per l'ultima volta o la rincontrerò?—Tormento di incertezza—Basta! basta: ma come passerò i giorni?

Ma ci vuol altro! Leggere cinque o sei ore al giorno tedesco, è questa la vita? la pratica? la realtà? Ma che cos'è la vita dunque?

Vorrei divenir pazzo per non pensare più.

Un'anima che ama, in un corpo nervoso è tale tormento che gli uomini serii non sapranno mai,

A che scrivere?

E se questa Provvidenza che io bestemmio mi preparasse la felicità? se?…—Se lei potesse entrare in casa mia? Se sua madre o la sua tutrice….

Sogni! sogni inutili.

Sei brutto e sei tormentato: e sarai brutto e sarai tormentato: ecco l'unica verità. Ti morirà la mamma, e che farai? Ti morirà il padre, e che farai?—Resterai solo a far la vita dell'ortica—solo—o con un fratello che ebbe aspirazioni diverse dalle tue.—Solo senza illusioni, senza egoismo e senza virtù proficue agli altri, solo e sempre memore che hai amato hai amato, hai amato. Allora leggerò queste note?

22, dopopranzo.—O suicidio! o suicidio! Ecco un orribile momento!

7 agosto.—A che cosa è attaccata la mia speranza? Tutto quello che ho sofferto in quattr'anni! Come ho bisogno d'esser felice! E come amo Te sola!

20 agosto, giovedì.—Compie oggi l'anno. Come avevo deciso di uccidermi?—Andrò a Parigi: ma l'anima mia è a Limbiate: a Limbiate la mia illusione!

O Lidia, come ti amo!

23 agosto.—Andrò a Parigi. Mio padre oggi mi ha dato i denari. Rimasi avvilito:—Che cosa ho fatto per meritarmeli?

O Lidia, penso malvolontieri al viaggio. Mi pare che Tu debba ancora essere a Limbiate.

Limbiate, 8 ottobre 1878. Martedì.

So che il suo matrimonio è andato in fumo, perchè lo zio le negò il consenso…. Che parte ho avuto io in quell'animo?—Che deserto! È vuoto quel palazzo, e piove, e mi ritiro (santa illusione) a scrivere un po' di tedesco e di inglese, pensando a Lei…. E Lei penserà a me?

Spero sempre: e benedico le mie melanconie. Mi illudo che Ella capiti a Milano, ch'io la riveda, ch'io… O Ella ha l'anima mia: ella leggerà i miei pensieri. Potrà sprezzarmi?

Domenica, 24 novembre 1878.—Sono a Milano, da quasi una settimana: e come mi sento triste! Sempre il tuo pensiero, o Lidia! Come all'anima mia abbisogna la tua! Come mi sento bisogno di amare, di credere, di sperare!—Un amico mi ha domandato se sono divenuto filosofo, anch'io. Sì, ho risposto, ed ho riso.

Filosofo gaudente e indifferente? Filosofo?—Ohimè, come mi diventa indifferente l'idea del suicidio!

Oh gli amici non mi comprendono! Sono anime piccine: Sono corpi oscuri:—Sono mezze creature.—Come desidero di morire! Oh mia madre, come ti voglio bene! Ma perchè hai soccorso sì poco all'anima mia!

18 dicembre.—O mio avvenire! Mi si presentano sogni, e imagini e speranze, con una evidenza e una serietà di particolari che quasi mi illudo… e sogni e imagini e speranze si fondano su di Te. Da tre mesi e mezzo, non ho più guardato il Tuo ritratto, o mia vergine, e mi sforzo a ricordarti tutta, coll'anima!

Tre grandi illusioni sono il mio grande tormento: tre grandi illusioni nella vita di un giovine bennato, Dio—la Donna—l'Arte.

Mi sento solo—e la notte mi turba con mille paure.

Un altro pensiero che pareva sopito da tanto tempo risorge a infastidirmi nell'amor proprio,—ma non scrivo; su queste pagine, consacrate al Tuo nome, o Lidia, non scriverò nessun altro nome di donna.

Martedì, 24.—Ecco un'ora triste!—Ieri sono stato fra la gente, ho visto dei giovinotti eleganti; delle belle signore.—Non so scrivere:—i sogni mi perseguitano con maliarda voluttà. Che ho provato io della vita? Nulla e mi sento stanco, vecchio, senza speranze, e senza scopo.

Oh qual bisogno d'esser felice!

Ma a che tradurre Byron? a che tradurre Heine? Byron e Heine hanno vissuto: ecco la poesia.

Ho ingegno sì o no? E che cosa faccio?

O come desidero di morire!

Rileggo un poco del mio Tintoretto! O che giorni erano quelli in cui scrivevo quelle scene, appena guarito dal tifo! Che vita! che speranze! che amore! Come mi sentivo artista, buono, solitario!—Sono scorsi già quattro anni. Quattro anni! E come sono io oggi?—Oh! leggo, leggo alcune scene.—E ricordo quello che mi dissero Marenco, Lombardi, Ferrari.—Oh come ho bisogno di risvegliarmi, di risvegliarmi alla vita, e dire ho la donna, e le gioie dell'Arte!

Ma è un sogno. E desidero di morire.

—L'anima mia che è?

Oh! s'io morissi! Ma s'io morissi, le fanciulle continuerebbero a prendere marito.

Mi è pure uscita una triste parola.—Oh la donna! valgono tanti tormenti dell'anima per lei?

La donna! avessi ascese le scale del lupanare, quando, a diciott'anni mi vennero le prime melanconie, e correvo tutti i giorni a pregare Dio, e non per me! Ah! ero troppo stupido!

Ma uno scopo ci dev'essere all'attività; alle febbri della mia età. Non sono nato per i divertimenti, non per lo studio, non per la gloria—oh potessi fare il bene, sì, e obliarmi nel beneficare chi soffre. Unico scopo, la carità.

31 dicembre 1878.—Ultimo giorno di un anno inutile nella mia vita.—Ho studiato l'inglese e il tedesco: ho letto molto: ora leggo molto, e con un ordine. Voglio farmi un'idea netta della letteratura del nostro secolo, e passo le giornate al tavolo colle grammatiche, e alla biblioteca con Monti e Manzoni e—sono sempre scoraggiato.

1° gennaio 1879.—È passato anche il 78!

E Lidia ove sarà? che farà? Si ricorderà di me? Ho riletto tutte queste memorie. Ho sperato sempre e spero ancora.

3 gennaio.—Oh se potessi andare a Venezia! E le conseguenze? E mio padre?

Perchè Lidia non si è maritata?—Non ho ancora aperto la busta del suo biglietto, ma ho intravisto…. Nemmeno il carattere della carta da visita è cambiato. Dunque non ha aggiunto nessun nome al suo…. E se avessi intravvisto male? Vorrei vedere subito.—No,—domani.—E in quante speranze mi perdo!

Si era un po' assopita l'anima mia. Perchè torno a svegliarmi? e sento tanto tormento di incertezze e di speranze?—Vorrei.

5 gennaio.—A che studiare? È una bellissima giornata: sole, luce, vento sciroccale: l'atmosfera nettissima: suonano campane e campanone; la ballerina si affaccia al balcone discinta e canta a squarciagola…. e senza sentimento! Oh la vita!—Io sono nè triste, nè allegro: sono nervoso, impaziente.

E penso.—Io ho mandato a Lidia il mio biglietto di visita senza una mia parola, senza il mio indirizzo—e Lei mi manda gli auguri e scrive il suo indirizzo…. Il suo indirizzo non è un invito a scriverle? O forse avrà bisogno di una parola amica?—Ed io tacerò se è dovere.—Ma c'è un altro dovere….—Ma se è destino?—Stamane pensai agli amici, ai parenti, al mondo, e mi spaventai….

Quali incertezze!

6 gennaio.—O Lidia! (scrivo dalla Biblioteca di Brera: è mezzogiorno, suonano le campane: e mi pare di essere in una città di provincia, e mi faccio triste, per gustare quella melanconia che avrai gustato Tu tante volte a Mantova e a Venezia! Questa estate, qui, le campane mi avevano il suono delle campane di Limbiate, e sospiravo!) O Lidia, ho qui il biglietto che mi spedisti Tu ieri da Venezia, in ricambio…. La busta non l'ho ancora aperta: e tutt'oggi non l'aprirò, gusto questa incertezza. Oh sono felice!—A Limbiate non sapevo più nulla di te: a Milano nulla. Quattro mesi erano scorsi: potevi esser morta. Io affidai al caso (no, no, a Dio!) il mio biglietto di visita per te…. Così era lontano dal credere che tu lo ricevessi!—E l'hai ricevuto! Oh qual gioia per me avere una busta scritta da Te…. e dico nel mio cuore, scrivendo il mio nome, avrà pur dovuto, fosse solo per un minuto, pensare a me!—Una volta ho ricevuto il tuo ritratto (10 ottobre 1877): una seconda volta la tua lunga lettera (23 ottobre 1877): ed ora un tuo biglietto…. avrà qualche frase? l'indirizzo? la data?—Non so! Non apro la busta: ma mi sento felice.—Rispondendo al mio biglietto mi hai dato una gran prova di stima…. potevi lasciarmi supporre di non aver ricevuto il mio…. Ma a che ragionare? Mi sento felice.—Nell'ultimo giorno dell'anno 1878, io ruppi i suggelli a certe mie carte, e rilessi, rilessi le mie annotazioni! Trovai una grande disperazione e una grande speranza—anche quando ero certo che Tu eri la moglie di un altro.—Ed ora lo sei? Se il tuo biglietto portasse un altro cognome?-

O Lidia! Lidia! a che studiare? quando si è così felici nell'amore santamente?—Oh come ti amo! E come spero? Dio può ingannarmi? Dio ha fissato che tu sii la mia donna! senza confidenza, senza speranza, ho gettato in buca il mio biglietto… ed oggi… oh non l'aspettavo più il Tuo!—Col tuo biglietto sul cuore, volli entrare nella Chiesa di San Marco a osservare le sculture antiche e fingevo d'essere a Venezia, poi sono andato al Duomo.—Sotto le arcate del Duomo, l'inverno scorso, ho sperato e temuto mille volte d'incontrarti col tuo sposo; sotto quelle arcate ho ricordato tutte le domeniche le espressioni della Tua lettera, e ho cercato di tradurle in inglese e in tedesco (soave illusione!); sotto quelle arcate Ti cercai più giorni nell'estate, dopo che t'avevo vista a Milano… Rileggendo le memorie del 1878 mi dicevo:—Ma come speravo ancora?

Sento che un giorno rileggeremo insieme queste annotazioni, e saremo contenti, e pregheremo Iddio, sento che la castità e la mia vita ritirata non sono un castigo per me, sono un voto, una preparazione… O Lidia, mi inganno? E allora che cosa è della mia vita? Ho già 27 anni! E sento tanto bisogno d'avere al mio fianco una donna, una giovane, una sorella, una vergine! I miei anni passano! Io spero, spero, o Lidia, spero.

Che importa se per quattro anni Tu non hai risposto al mio amore: Mi hai amato, quando Ti dichiarai: «Siate felice!» e avrai cominciato ad amarmi dopo l'addio.

Oh! se sono derivate a Te sventure, io dico: «benedette sventure se possono farti ricordare di me e potessi io un giorno farti dimenticare le sventure che hai avuto e rifarti con me una vita nuova, tranquilla, anche nella nostra età matura!»

Quale incertezza!—Oh spero, e sento che Dio mi vede… Vorrei andare al Santuario di Saronno, e là affisandomi in quei due angioli purissimi di Gaudenzio che ho tanto amato, là aprire la busta e leggere il suo Nome. Così nel 1877 ho letto la sua lettera: in faccia a Dio, nella quiete, nell'ombra, nella poesia santa di un sacrario antico!—Lontano dagli amici che ridono!

Senz'aprire la busta ho voluto spiare mettendola su un vetro della finestra quello ci fosse scritto sul biglietto. C'è l'indirizzo suo… gli auguri.

Mi sento triste—Le scriverò? Uscirò dall'incertezza? Oh s'io fossi libero della mia volontà che cosa Le scriverei!—Mi viene in mente di far stampare dei pensieri, e mandarli a Lei,—E poi?—Quale tormento!

7 gennaio 1879.—Imparare una lingua difficilissima, come la tedesca, per far sentire a una fanciulla tedesca le note di un suo grande poeta (note piene di religione e di amore di patria) è un pensiero che non sarebbe venuto in capo a due su mille innamorati nel mio caso. Oh che dico?—Darle una speranza o un addio con voce dignitosa, con sì faticosa costanza, con sì nobile poesia! Mi accingerei con fiducia e lavorerei anche cinque ore al giorno, per un anno, se sapessi…. Ma in queste incertezze!

Piuttosto che vivere così combattuto desidero morire e desidero che queste mie memorie tutte siano lette da mio padre e da mia madre.

Tarsis e Ricci sono morti giovani. Oh che darebbero i loro genitori per farli rivivere? E come tutto diventa santo dopo la nostra morte!—E i miei desideri, che sono santissimi ora, diverrebbero una religione di memorie sulla mia tomba. O mia vergine, come io ho sentito l'amore puro, nobile, felice! Oh! come io ho bisogno di Iddio.

10 gennaio.—Quali incertezze sempre! Ieri sera ero deciso a mandarle il Tintoretto—quel Tintoretto che ho tanto amato!—E come mi spaventa il giudizio del mondo!

Ah potessi essere egoista e avere i mezzi di esserlo con i fatti! Essere egoista, osceno, pigro, poltrone, ghiotto, e consumare il cervello coi vizî, non coi pensieri nobili—Ma che faccio infine?—Ho riletto il mio Tintoretto e sono mestissimo! Quante illusioni e quanto amore!

11 gennaio.—Come mi spaventa il mondo! E chi è questo mondo?… Oh come sto meglio nella solitudine di Limbiate! dove non sento nemmeno questi nomi!? E il mondo dopo aver ciarlato una settimana, s'annoia, e cerca un nuovo pettegolezzo: e ad esso si dovrebbe sacrificare tutta una vita?—Ma perchè questi pensieri, con tanta evidenza?—O Lidia, come stanotte ho vegliato penosamente! Ho pensato al mio avvenire. Sono stanco di studiare, così, senza uno scopo. Eppure quando a teatro sento qualche bella cosa, santa, morale, scritta coll'anima e col cuore, mi dico:—Mi sento anch'io chiamato a fare del bene? Sì, e bene!—Bisogna combattere la nuova letteratura da postribolo. Ho pensato a fare pratica di notaio o di avvocato, e fare gli esami. Ma che carriera sarebbe per me?—Oh che tormento! E che cosa faccio?—Da un poco di giorni penso seriamente di parlare al Parravicini e farmi da lui occupare nella Congregazione di Carità. Almeno fare un po' di bene! giacchè non posso essere egoista!—Che faccio? Che farò?—Studio, studio, mi occupo a leggere operone e non elzevir, riconduco il mio pensiero al grande, al bello, al dignitoso. Ma mi annoio anche! Non ho una parola gentile che mi aiuti!

13 gennaio.—Mio Dio! come veglio penosamente la notte! Perchè questo strazio? Amo quella vergine, e sento la vita de' miei ventisette anni, vita ribollente, immensa, condensata, perchè non l'ho mai sfogata colle tremende voluttà della carne.—Amo! e devo reprimere tutto in me: e sperare, sperare vagamente, sperare…. È ben tristo quello che io penso.

No, no, non mi sento creato per questa vita nulla che conduco! no, no, no, non mi seducono le scettiche prospettive di una vita negli anni venturi… no, no!

Io amo come Dio vuole che alla mia età si ami. Io amo come la

Natura vuole che con un viscere che si chiama cuore l'uomo ami.

Una donna! un bambino!—Ecco il sogno del poeta, del credente, dell'artista, del felice, dell'infelice… dell'uomo!—Che importa a me della filosofia, di Iddio!—ammetto i bisogni della terra, e di questi bisogni faccio un tesoro di religione, una filosofia contro cui non si può lottare, un Dio che non è in cielo nè in chiesa, ma è un Dio—Amore!

* * *

—No, non sono pazzo: sono infelice, giacchè lo studio accresce i miei dolori, mi crea sempre nuove speranze che diventano sempre nuove illusioni e poi sempre nuove delusioni, giacchè non posso essere egoista come i giovani ricchi e eleganti, giacchè, coll'anima mia d'amante e col mio cuore di poeta, non potrò fare mai una carriera seria,—voglio provare a fare il bene colla mano, voglio entrare nella Congregazione di Carità, e vedere le vere miserie della folla, e soccorrerle forse anche co' miei denari! Sì, il bene!

Io mi tormento; ma ecco sento una calma, una fiducia, una speranza;—mi inginocchio….

Mio Dio! perchè mi arrabbatto tanto? Tu forse hai già preparato tutto il mio avvenire nella Tua Bontà; mi vedesti! mi vedi! mi vedrai! Io so nulla e Tu sai tutto! Io bestemmio e Tu sei e mi perdoni! O santa fiducia! Chi sa le tua fila, o Dio? E mia madre Ti prega? Che Ti dice? E Tu la ascolti? Ed io sarò felice? O Dio, io leggo il tuo Vangelo e sento che se i miei pensieri non si conformano alle sciocchezze del mondo, si accordano co' tuoi precetti santi,—io sento la gioia di amare coll'anima e d'essere casto!—E, se vuoi, fammi pure morire… morire casto, tranquillo, pensando al mio cimitero di Limbiate, alle mie soavi speranze di vita che mi lusingavano un giorno, e alla placida certezza di riposo che avrò sotterra: Oh io mi sento buono!—Sai, ho sempre pensato a Lidia davanti a quel cimitero: era un cattivo augurio o un buon augurio? Ma che volevo? che voglio? La pace!

Come ho vergogna, in faccia a mio padre, di non avere una carriera seria!

La mia vita in sei anni fu eterna e brevissima, felicissima e infelicissima: speranze, scoraggiamenti, voli, cadute a precipizio: certezze, febbri, languori, tormenti… chi può dire? oblio, anche oblio! deliri, pazzie nei sogni, nei desideri: e santa castità, e santìssimi, rossori! O Dio! ma un solo il voto: quando, febbrile, crudele, briaco, promettevo a me stesso di gettarmi fra le braccia di una femmina qualunque, e di raccontarle i miei dolori, per farmi almeno deridere da lei, per istigarmi, per istigarla, quando… No! no! «Avrai dei figli da guardare negli occhi» mi diceva una voce segreta… e sentivo che ancora al mondo c'è mia madre, e forse lei, la mia vergine!

Rileggo la lettera di Lidia! «Aimons! c'est le bonheur suprème que l'amour et j'ai aimé plusieurs fois dans ma vie avec une telle exaltation, un tel transport que j'aurais peut-étre été capable de tout sacrifier pour des personnes qui maintenant m'ont déjà oubliées!—J'ai senti en moi un besoin profond d'amour et de sacrifice! oh combien j'ai souffert quelquefois de n'avoir reçu une nature ardente!»

* * *

Torno adesso dalla Pretura. Mio Dio! Come mi spaventa il mondo reale, il mondo della prosa, dei bisogni, degli affari.—E mi chiudo nel mio studiolo: apro il mobiletto…. Oh mondo delle mie illusioni, della mia poesia, del mio cuore! Come mi sento felice!

Leggo la mia lettera a Lidia! Non è un affare, no, ma per me decide della vita nel futuro! Come sono contento d'avere espresso le mie idee, i miei cari tormenti.—Rileggerà Ella la mia lettera? E penserà?—Et croyez-moi bien je n'oublierai jamais ce que vous avez été et ce que vous vouliez être pour moi!

21 gennajo.—Cinque anni fa, come oggi, mi posi a letto. Se fossi morto?… Io sarei in pace, ma Ella non avrebbe avuto Lagrime e Sorrisi, e la mia lettera…. Mi conosce? Penserà a me? Al male che mi ha fatto?

25 gennajo.—Conosco pochissimi romanzi: e li ho letti assai tardi: a venticinque e ventisei anni non hanno lasciato traccia su me, li leggevo, come li avrebbe letti un presidente di Tribunale. Leggendo Young, Foscolo, Leopardi, Goëthe, Byron, Heine, Rousseau… dicevo a me stesso «che teste bizzarre!» e pensavo: è più utile un ingegnere che un poeta pazzo. Oh lo dico francamente: le letture non hanno esercitato nessuna influenza su me.—Leggevo per esercizio di lingua francese, inglese e tedesca.—Se un autore ha avuto influenza su me è Aleardi, e, vedete, Aleardi non può far male!

Deciditi, sciocco! Chiudi in una busta tutte queste memorie: suggella, come si chiude una pietra di tomba; e non pensare più al passato: gettati nella vita! già troppi anni sono passati e fra pochi altri incomincerai ad esser già vecchio! Nella vita!—Oh se potessi viaggiare! E perchè? Chi mi strapperebbe il cuore e il cervello? L'orgia? la femmina?… Ah! alcune volte lo dico a Dio: se rinascessi, fammi nascere donnaccia volgare e venduta, e fammi conoscere tutte le crudeltà della libidine!—Potessi gettarmi nella vita!

Si ha tanta affezione ai propri dolori, alle proprie illusioni, alle speranze, quando una vergine nel giorno del sacrificio immenso ci dice: Conosco che il nostro affetto è puro, è nobile—ho per voi una confidenza di sorella—non dimenticherò mai quello che voi siete stato e quello che volevate essere per me.—E sono dolori, illusioni, speranze che hanno consacrato sei anni e sei anni della giovinezza, sei anni dai ventidue ai ventotto anni.—Ah se sul cuore si potesse porre una pietra come su una tomba! Ma anche pei morti si spera la resurrezione!

25 gennajo.—Oh mie memorie di Limbiate, come mi tornate davanti alla mente, carissime e meste! E voi tranquille pinete, tranquillissime mura, squallide croci, mi ricordate il mondo della mia ardentissima vita. Come vi amo! Come vorrei rivedervi una giornata triste! Oh memorie dolci e piene di speranze, della mia malattia e della mia convalescenza! Il piccolo portafogli l'avevo sotto il mio guanciale: quando i miei parenti erano a pranzo, mi tiravo su a sedere sul letto, prendevo il portafogli, lo aprivo, leggevo il tuo nome e lo baciavo. E i miei libri francesi? Raphael et les confidences? E il primo lampeggiarmi alla mente l'idea che della vita del Tintoretto si potesse fare un dramma, e con quel dramma potessi conquistare un nome, e col nome, un avvenire? E il piacere di trovarmi ingentilito dalla malattia? E la soddisfazione di dire: «Mia madre sa che ho sofferto?» E le trepidazioni, le incertezze?

26 gennajo. È una domenica calduccia, sciroccale, umida. Apro la finestra.—Ho trovato uno schizzo dal vero fatto a Limbiate probabilmente nel 1863 o 1864: lo amo!

31 gennajo.—Il tempo si è fatto triste. È inverno.

Quali incertezze!

Se fosse qui vicino ardirei parlarle? No: sono troppo villano di corpo.

Compero armi antiche: getto denaro e vorrei gettarne di più. Ed

Ella lavora per guadagnare.

2 febbrajo.—Jeri sera ho offeso, villanamente offeso, un mio amico. Lidia, perdonami! Ma così contraffatto, e incerto come sono io, il mio carattere può essere riflessivo e paziente? E i miei nervi?

Sera.—Sono tranquillo, anzi sono lieto. Sono tre anni di vita riassunti in quei drammi e in quelle epigrafi (1874-75-77). E che? Non temo? Dio mi vede nell'anima.

7 febbrajo.—«Je remercie l'ami de se souvenir de moi et l'auteur de me juger digne de l'apprécier: à tous deux je serre affectueusement la main.(7)»

O Tintoretto, quanto mi costi! O Byron, o Goëthe, per leggervi ho speso un anno di fatiche e di illusioni e di delusioni!—L'amico si ricorderà sempre di voi.

Questo amico che ha votato alla solitudine e allo studio gli anni più belli e più ardenti della sua giovinezza, colla sola gentile confidenza in Dio che un'anima di sorella ci poteva essere, la quale conoscesse le religioni del suo affetto e le febbri del suo povero ingegno, questo amico, qualunque sieno le circostanze della sua vita e della Vostra, vi ricorderà sempre. E vi prego di una cosa sola:—in quei giorni almeno in cui tutti per abitudine mandano un loro biglietto di visita ai conoscenti, per un mesto pensiero Voi non vogliate essergli avara del Vostro, perchè almeno egli sappia che Voi siete ancora a questo mondo e dove siete. Se poi verrà il giorno in cui al vostro biglietto vedesse aggiunto un altro, l'amico dirà:—Che essi siano felici!—e state sicuri, la sua preghiera a Dio sarà senza rossore, senza rimorso, senza un pensiero mondano, perchè incomincierà coi vostri nomi e finirà coll'augurio che si fa sulla culla degli innocenti (8 febbrajo 1879).

11 febbrajo.—Povero illuso! Aspetto ancora una lettera!

Comme une étoile dans la nuit!

14 febbrajo.—Una lettera di Lidia! Che spavento! Ella è infelice e si confida in me. Vuole consolazioni da me?

Che le dirò? Che posso fare?

È giunto il momento che in sei anni ho sospirato.

Essa è libera, è infelice,—è povera,—e si volge a me. Ed io?

Ella mi ama! sarà mia?

Etant pauvre il faut que je travaille(8).

Lidia, l'anno scorso, in febbrajo, io ti credevo sposa a un altro. Quest'anno in febbraio, Tu ricorri a me per avere conforti! O Lidia, come io saprei farti dimenticare quello che hai sofferto! Io che ho sofferto sei anni! e soffrivo quando tu non sapevi di me!

Forse Dio ha già stabilito tutto. L'ho sempre sentita questa profonda confidenza, anche quando ti credevo sposa a un altro.—Lidia, sei mia, sarai mia. Mi voto a te.

Se Ella venisse a Milano?

O mia Lidia, sono felice! Potessi vederti qui, nella mia casa!—Ti scriverò, come si scrive a una sorella.—È destino, no, è volere d'Iddio che noi abbiamo a trovarci, fosse pure fra dieci, fra venti anni! Ma ella è povera…. e vivrà? O Dio, sento una profonda fede in Te, l'ho sempre sentita anche nella disperazione, ho fede! e Tu mi dai la speranza!

Povera ragazza! Sono io un infame, che la illusi? No: Dio mi vede. È Dio che ha disposto che io debba essere a Lei un fratello, un consolatore. Oh come mi sono meritato questo affetto di sorella!

«Etant pauvre il faut que je travaille.» Ecco perchè Ti sposerei: per lavorare insieme, per darti gli agi di una discreta posizione: ecco perchè Ti vorrei mia…

16, domenica.—-Ho letto un po' dell'Ugo. La mia vita la sfogavo in quei tormenti drammatici! Chi può capire la potenza di certe mie pagine?

17 febbrajo.—Come sono felice! Io amo e sono amato! O Lidia, l'anno scorso, di questi giorni, chi me lo avrebbe detto? Ma sentivo che l'anime nostre dovevano incontrarsi!

Jeri ho adorato la Madonna della nostra Pinacoteca fingendo ch'Ella fosse con me, con me felice, sorella, vergine!—Come sono felice! Sento di vivere! Sì, e parlo in casa, e fuori di casa, pel primo, mi intrattengo coi conoscenti, parlo, rido, non abbasso gli occhi…. Vivo! o Lidia, da quella prima sera che ti vidi a Limbiate ad oggi come ti ho sempre amato! ma quale scoraggiamento nel pensare «Mi amerà lei? o almeno si ricorderà di me?» Forse Ti ero indifferente!—Ma in questi giorni mi ami! mi ami!

O mamma, come sono felice!

Come Ti amo! Ma ricomincia il tormento:—Come farmi una strada?—come lavorare a prepararmi un avvenire?

Io sono poeta!

18 martedì.—Jeri sera come fui melanconico e scoraggiato! Come farmi una strada?

19 febbrajo.Etant pauvre il faut que je travaille.—Come mi addolorano queste parole! In casa si discorre di comperare carrozze. In sei anni io credo che ventiquattro mila lire si sono spese per questo inutile lusso. E tu lavori!

Jeri sono stato a passeggiare verso Limbiate, per sentirmi felice, per dire—là, là, un giorno ci troveremo e Ti condurrò in quei luoghi ove io ho pensato a Te e ho pianto!—Si vedevano i bei monti! Entrai nel cimitero di Porta Comasina per dedicare un mesto pensiero alle mie sorelle.

Come sentii la vita! Come pensai a Te! Come Ti volli mia, al mio braccio sorridente fra le croci, melanconica per quanto hai sofferto, fidente pel bene che Ti farò io!—Dio ci ha destinati!

Jeri avevo pensato tanto! E a sera un papà mi fa mille complimenti, per introdurmi nel palco di sua figlia. Combinazione! in quel palco, tante sere fa, sedeva una ragazza che somigliava a Lidia, ed io, pensando a Lidia, ho guardato con molta insistenza. La figlia del signor F. si credette d'essere l'oggetto di tanta mia attenzione, e cominciò da quella sera a guardarmi.—Oh come sarebbe felice mia madre!

* * *

Lidia, sono venuti per voi i giorni dello sconforto! cara, l'anima mia vi trova e vi dice—Coraggio!—l'anima sicura è ardente in Dio. È dovere il mio, e l'adempio in nome di quanto di più puro avete nella memoria della vostra vita, di quanto di più sacro sentite in fondo al cuore, fra i tesori della vostra fede religiosa, che è la mia. Un anno fa, voi mi avete scritto che credevate all'affetto nobile, puro, bello, quand'io mi sentivo tanto felice di sapervi felicissima: in quest'ora in cui ringrazio Dio che la mia povera voce possa giungere a un'anima sconsolata, in questa ora vi dico che Voi non avevate offerta la carità del vostro affetto ad un floscio che volesse raccosciarsi sui gradini del vostro altare e che sempre volesse tendervi la mano elemosinando l'obolo della vostra contentezza. Voi avete avuto allora e avete oggi la confidenza di una sorella: ed io, state sicura, so quale immenso e delicatissimo dovere mi dia questa massima parentela di rispetto e di affezione. Voi credete? Io ho avuto due sorelle, ma esse mi sono morte assai presto, bambine ancora: ma ancora le sento intorno a me, cresciute con me, pietose di me e le invoco, e le voglio, e ne bacio i biondi capegli, e le amo, e arrossisco di non essere nè bello nè gentile, ma le amo, tremando e inginocchiandomi, le amo! Ed esse mi dicono:—Siamo deboli, siamo fiori, siamo profumi, siamo memorie, siamo angioli! Siamo sorelle, siamo vergini!—Voi credete! Queste parole per me sono la più possente religione, quella che non si insegna dalle madri nelle nostre preghiere da fanciulli, quella che non ho trovato davanti agli altari della indulgenza, quella che non ho cercato alla scienza e quella che, vizioso e scettico e rachitico, il mondo irride. Una religione celata in fondo all'anima, colle più tremende battaglie alla materia, colle più arcane gioie dello spirito, piena di misteri, di fede, di speranza, senza esame, senza egoismo, colla gran voce della natura che ci vuole buoni, con Iddio che ci vuole infelici!

Ed è in nome di questa religione che non può offender voi nella vostra memoria nè nelle vostre speranze, ch'io vi dico:—Sorella, coraggio! Se le mie parole, disperse alla folla, mi tormentavano tanto, se le mie fatiche non aprirono mai una via, se le mie speranze d'Arte sono cadute, Dio è stato buono, ha voluto darmi le delusioni e i dolori, per darmi un segno della religione del sentimento, ha voluto togliermi ogni coraggio, per darmi poi la fede perchè io ripetessi a un'anima queste parole e con sicurezza.—Coraggio!—-Se mi apparecchia un avvenire sa che c'è quest'anima a benedirmi, a pregare per me. E a Dio mi sono sempre confidato così:—Ella non mi ha fatto male e desiderando sempre che Tu la rendessi felice, io non mi sentivo mai egoista! Ella fu un gentile ideale che mi rifulse nella mestizia di una vita arida e senza scopo: mi accompagnò nella solitudine e negli studi: forse non dimenticò…. Se la mia voce può farvi del bene, Lidia, se questa parola coraggio non vi suona banale da me, se l'espandervi vi sgroppa l'affanno dei giorni tristi, ricordatevi che non siete sola sulla terra, che io vi pongo tra le visioni più pure delle mie ore tranquille, e ardenti, che io credo in Dio e in Voi, che anche le vostre lagrime mi sono care, ch'io credo in Dio ed amo l'amoroso ideale della dolcissima Maria.

Storia di un'anima

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