Читать книгу Il Sorriso Perfetto - Блейк Пирс - Страница 9

CAPITOLO TRE

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L’agente si stava comportando da vero stronzo. Tutto ciò che Jessie voleva fare era un po’ di jogging. L’uomo continuava a usare la frase ‘non raccomandabile’, il cui vero significato era ‘non permesso’. Indicò il tapis roulant che c’era in un angolo del salotto, come se quella fosse la soluzione a tutti i suoi problemi.

“Ma ho bisogno di aria fresca,” disse Jessie, sapendo di avere una voce che rasentava il piagnucolio.

L’agente, che conosceva solo come Murph, non era un tipo particolarmente loquace, cosa frustrante, dato che si trattava della guardia principale che prestava servizio lì. Basso e magro, con i capelli castano chiaro che sembrava regolare settimanalmente, era palesemente intenzionato ad evitare il più possibile la conversazione. Come a darne prova, indicò con un cenno il cortile sul retro. Jessie cercò di ricordare se fosse uno degli agenti assassinati nel suo incubo della notte precedente, e in parte quasi lo desiderava.

La verità era che non aveva davvero solo bisogno di una corsa o di un po’ di aria fresca. Voleva fare un altro giro negli ospedali della zona per vedere se vi si fosse presentato qualcuno che potesse corrispondere alla descrizione di suo padre, dopo l’ultima volta che aveva controllato, prima di essere rinchiusa in quella casa di sicurezza. Il suo collega, il detective Ryan Hernandez, avrebbe dovuto tenerla aggiornata su questo, ma dato che ultimamente non era riuscita a mettersi in contatto con nessuno, lui compreso, non aveva idea se avesse avuto o meno successo nell’impresa.

Jessie era piuttosto sicura che l’agente federale fosse a conoscenza delle sue reali intenzioni, ma questo non serviva a limare la sua irritazione. Stava dando di matto, così imprigionata in quella casa. E anche se sapeva che la tenevano lì per sua personale protezione, aveva raggiunto i limiti della sua pazienza, soprattutto dopo il sogno della scorsa notte. Decise che qualcosa doveva cambiare. E c’era un solo modo perché questo accadesse.

“Voglio vedere il capitano Decker,” disse con fermezza.

L’agente parve riluttante a rispondere, sperando forse di ignorare quella richiesta come aveva fatto con le altre. Ma ovviamente non poteva. Jessie non poteva costringerli a permetterle di andare a fare una passeggiata o a fare un salto al negozio di alimentari. Ma se faceva richiesta formale per vedere il suo capo, e la cosa poteva essere disposta con facilità, il servizio non poteva rifiutarglielo.

Lentamente e con volto accigliato l’agente alzò una mano e parlò nel dispositivo di comunicazione che teneva attaccato al polso.

“Ghiandaia loquace richiede una seduta autorizzata. Avvisare prego.”

Mentre Jessie aspettava la risposta, rimase in silenzio, decidendo di non commentare il nome in codice non proprio gradito che le avevano assegnato.

*

Novanta minuti dopo si trovava seduta in una piccola sala riunioni in un angolo tranquillo della Stazione di Polizia nel centro di Los Angeles, in attesa che il capitano Decker la raggiungesse. L’agente federale di nome Murph, che l’aveva accompagnata lì da casa sua, stava in fondo alla stanza, chiaramente ancora scocciato di doversi trovare lì.

La procedura per arrivare a quel luogo, generalmente noto come Stazione Centrale, era stata complessa. Dopo aver ricevuto autorizzazione formale per il viaggio da parte di Corcoran, si era dovuto mettere insieme un team e scegliere un percorso. Buona parte della cosa era stata preventivamente programmata, ma si dovevano selezionare le scelte definitive.

Diedero a Jessie istruzioni di indossare una parrucca e un berretto infilato in testa e tirato fino agli occhi. Poi il veicolo, guidato da un agente di nome Toomey, con Murph nel sedile del passeggero, era partito. Una seconda auto, con due altri agenti a bordo, seguiva a distanza. Due ulteriori agenti erano rimasti alla casa per tenerla in sicurezza.

Anche se era metà mattina e il traffico era praticamente leggero, con tutte le doppie svolte e le inversioni di marcia, c’erano voluti quarantacinque minuti ad arrivare. Una volta giunti alla stazione, l’auto era entrata nel garage ed erano dovuto restare tutti lì fino all’avviso di via libera da parte di due poliziotti, che non avevano idea di quello che stavano facendo, se non che stavano seguendo ‘ordini dall’alto’.

Solo allora Jessie era stata condotta attraverso un ingresso laterale, sempre con parrucca e berretto in testa, e un enorme giubbotto con il colletto tirato su del tutto per mascherare la sua effettiva stazza e il collo, che avrebbe potuto rivelare il suo sesso. Fu trattenuta in diversi punti, aspettando ogni volta che i corridoi si facessero sgomberi per poterla far passare.

Quando finalmente era arrivata alla sala riunioni, Murph l’aveva seguita dentro, mentre Toomey era rimasto di guardia alla porta. Dato che Toomey era sul metro e novantacinque e pesava probabilmente cento chili, con la testa completamente rasata e un perenno cipiglio in volto, Jessie dubitava che qualcuno avrebbe tentato di entrare senza permesso. Uno dei restanti agenti federali aspettava fuori dall’ingresso, nel passaggio che conduceva dal garage all’edificio, e il quarto percorreva lentamente il perimetro dell’edificio in auto, tenendo d’occhio la situazione e controllando che non ci fosse niente di insolito.

Jessie cacciò giù il senso di colpa per essere la causa di tutto quel procedimento. Sapeva di aver appena speso probabilmente migliaia di dollari dal denaro dei contribuenti statali, per una richiesta petulante. Ma c’era di più. Se fosse riuscita a portare il capitano Decker ad appoggiarla nel suo piano, il costo di quel breve tragitto in auto avrebbe potuto essere più che ripagato. Ma prima doveva convincerlo.

“Sai,” disse Murphy sottovoce dall’angolo in cui si trovava, parlando per la prima volta da quando erano entrati nella stanza. “Stiamo davvero tentando di tenerti al sicuro. Non sei tenuta a metterci i bastoni tra le ruote in ogni cosa che facciamo.”

“Non sto tentando di mettervi i bastoni tra le ruote,” insistette Jessie. “Sto cercando di dare una mano. E nonostante quello che il tuo capo possa pensare, sono in un’ottima posizione per farlo.”

“Cosa intendi dire?” chiese l’uomo mentre la porta della stanza si apriva e il capitano Decker entrava.

“Stai per scoprirlo,” gli promise Jessie.

Il capitano Decker, che sembrava senza fiato e infastidito, le lanciò un’occhiataccia. Non ancora sessantenne, ma dall’aspetto ben più vissuto, il capitano della Stazione Centrale era alto e magro, con solo pochi ciuffi di capelli su un’altrimenti totale calvizie. Il suo volto era solcato da rughe sviluppate in anni di lavoro stressante. Il naso appuntito e gli occhi piccoli e tondi le ricordavano un uccello sempre a caccia di una possibile preda.

“Tutto bene, capitano?” gli chiese Jessie. “Sembra che sia venuto qui di corsa.”

“Quando ti dicono che la tua profiler forense, che dovrebbe essere nascosta sotto l’ala della protezione testimoni, è in fondo al corridoio, ti viene da camminare con passo un po’ affrettato. Vorrebbe dirmi cosa c’è di così importante da obbligarmi a venire in questo angolo della stazione dimenticato da Dio, dove c’è più amianto che ossigeno nell’aria?”

Con la coda dell’occhio, Jessie scorse Murph che, a disagio, spostava il peso da un piede all’altro. Sorrise tra sé e sé. L’uomo ancora non conosceva il dono che Decker aveva per le esagerazioni.

“Assolutamente signore. Ma prima di farlo, posso chiederle come vanno le cose con la ricerca di… tutti?”

Decker sospirò pesantemente. Per un secondo parve potesse non rispondere, ma alla fine si accomodò sulla sedia di fronte a lei e parlò.

“Non particolarmente bene, a dire il vero,” ammise. “Sa che il primo giorno abbiamo catturato un fuggitivo del DNR, Jackson. Ne abbiamo preso un altro, Gimbel, un paio di giorni dopo. Ma da allora, nonostante le decine di piste credibili, non abbiamo avuto nessuna fortuna nel trovare gli altri due, né Crutchfield, né Cortez.”

“Pensa che siano tutti insieme?” chiese Jessie, già sapendo che per il servizio federale la risposta era no.

“No. Abbiamo visti i video della sorveglianza di Stokes e De La Rosa vicino all’ospedale quando sono evasi, ed erano ciascuno per la propria strada. Non abbiamo trovato nessun video di Crutchfield e Cortez, ma la teoria di lavoro è che siano ancora insieme.”

“Mmm,” disse Jessie. “Se solo aveste una specie di risorsa umana che abbia familiarità con entrambi gli uomini e potesse offrire degli indizi sui loro probabili schemi comportamentali.”

Il sarcasmo, pienamente intenzionale, le uscì dalle labbra senza sforzo. Decker quasi non sbatté le palpebre.

“E se solo questa risorsa non fosse il bersaglio dell’uomo con cui lei ha familiarità, potremmo anche approfittare di tali conoscenze,” le rispose.

Si fissarono in silenzio per un momento, nessuno dei due propenso a concedere la vittoria all’altro. Jessie alla fine cedette, decidendo che alienare l’uomo della cui autorizzazione aveva bisogno non era una mossa consigliata.

“E Xander Thurman? Un po’ di fortuna in più con lui?”

“No. È completamente svanito dal radar.”

“Anche con tutte quelle ferite?”

“Stiamo monitorando da allora ogni ospedale, pronto soccorso e clinica privata. Abbiamo inviato delle allerte addirittura ai veterinari. Non abbiamo trovato nulla.”

“Allora questo significa una di due cose,” concluse Jessie. “O ha accesso a qualcun altro che abbia conoscenze mediche, o qualcuno in uno di questi posti sta mentendo, magari perché minacciato. È impossibile che si sia potuto riprendere da quelle ferite senza alcun aiuto. Non ci credo.”

“Ne sono consapevole, signorina Hunt. Ma queste sono le informazioni che abbiamo al momento.”

“E se ne aveste di più?” chiese Jessie.

“Cosa intende dire?” domandò Decker.

“So come opera, proprio come so come opera Crutchfield. Crimini che potrebbero apparire non degni di nota agli occhi della maggior parte dei detective, io li potrei collegare a uno di loro. Se potessi controllare la cartella di un caso recente e investigare sulle piste più promettenti, magari potremmo trovare qualcosa.”

Dal fondo della stanza, Murph prese la parola.

“Mi sembra una mossa poco saggia.”

Jessie era felice di sentirglielo dire. Niente istigava Decker più di un collega esterno che offriva il proprio consiglio non richiesto. Portarlo a vedere l’agente federale come un intruso poteva solo esserle di aiuto. Mentre vedeva il suo capo accigliarsi, Jessie rimase in silenzio, permettendo alla dinamica di mettersi in azione.

“Cos’aveva esattamente in testa?” le chiese Decker a denti stretti.

Jessie non aspetto che cambiasse idea.

“Potrei dare un’occhiata ad aggressioni e omicidi violenti delle ultime settimane per vedere se in qualcuno di questi ci siano i tratti caratteristici dei due assassini. Se troviamo qualcosa che combacia, potrei seguire le piste più promettenti.”

Decker rimase seduto in silenzio, apparentemente considerando l’idea. Murph però non rimase zitto.

“Non può prendere veramente in considerazione una cosa del genere dopo tutti gli sforzi fatti dal Servizio Federale per darle una casa sicura.”

Ti prego, continua a discutere. Ti stai scavando la tomba.

Decker pareva profondamente combattuto, alle prese con una guerra interiore contro se stesso. Era chiaro che, nonostante la sua irritazione nei confronti di Murph, aveva l’impressione che l’uomo stesse dicendo delle cose sensate. Ma Jessie vedeva anche che c’era qualcos’altro che gli ronzava in testa, qualcosa di cui lei apparentemente non era al corrente.

“Il fatto è questo,” disse alla fine. “Come ho già detto, abbiamo un sacco di piste, forse troppe. Solo tentare di districarsi in mezzo ad esse è stata una sfida. Abbiamo ingaggiato il dipartimento dello sceriffo e altri dipartimenti di polizia vicini. Anche l’FBI si è inserita, offrendo qualche agente su casi ritenuti da loro rilevanti. Adesso siamo davvero dannatamente sovraccarichi. Non è che gli altri criminali si siano presi una vacanza perché noi abbiamo cinque psicopatici in più a piede libero. C’è stato il colpo di una gang due giorni fa. Qualcuno sta lasciando aghi di siringa nei parchi giochi della zona. Il tuo vecchio amico Hernandez è immerso in un triplo omicidio che oggi lo vede al Topanga Canyon. E, ah, comunque siamo alla seconda settimana di un’enorme epidemia di morbillo.”

“Cosa sta dicendo, capitano?” chiese Murph. Per la prima volta, Jessie pensò di poter percepire una sfumatura di rassegnazione nella sua voce.

Decker alla fine rivelò il segreto che si era tenuto dentro fino a quel punto.

“C’è effettivamente un caso che è capitato la scorsa notte e per cui penso lei potrebbe rivelarsi utile, Hunt. È successo a Studio City, quindi se ne sta occupando la stazione di Hollywood nord. Ma l’FBI si è interessata e ha ingaggiato un agente per darci un’occhiata. Pensavo di metterla in coppia con lui.”

“Di che caso si tratta?” chiese Jessie, contenendo la voce nonostante l’eccitazione che le cresceva dallo stomaco.

“Un accoltellamento, piuttosto raccapricciante. Nessun movente né alcun sospettato per il momento. Ma tutti e due i tuoi amici sono fan dei coltelli, giusto?”

“È vero,” confermò Jessie.

“Potrebbe non avere niente a che fare,” continuò Decker, “ma è la prima aggressione in cui mi imbatto e che sembra combaciare con il profilo.”

“Quindi ha in programma di farla rientrare in campo?” chiese Murph, anche se già sapeva la risposta.

“Beh, immagino che con un agente dell’FBI come partner e diversi agenti federali che vigilano su di lei, dovrebbe essere al sicuro. È una considerazione scorretta?”

“Capitano Decker,” rispose Murph con tono neutro. “Il generale punto di vista del Servizio Federale è che nessun protetto sia mai veramente al sicuro. E la mia personale opinione è che mettere questa testimone sotto protezione sul campo, direttamente a investigare su un omicidio potenzialmente commesso da una delle persone da cui stiamo cercando di proteggerla, sia singolarmente insicuro.”

“Ma,” intervenne Jessie, finalmente pronta a tirare fuori il suo asso nella manica, “non è realmente peggio dello stato attuale. Ormai da quasi due settimane sono stata sotto protezione. Ma nessuno ha scoperto nulla sugli uomini che mi danno la caccia, che possa cambiare tale stato attuale. La cosa sta diventando un costo per la città, per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles e per il Servizio Federale, senza nessun risultato in vista. Per il modo in cui stanno andando le cose, potrei davvero trovarmi a dover assumere una nuova identità… per la seconda volta in vita mia!”

“Noi non la vediamo…” iniziò Murph.

“La prego di lasciarmi finire, agente,” lo interruppe Jessie, la sua voce ora priva di ogni traccia di sarcasmo o impertinenza. “Questa cosa deve finire. Faccio incubi ogni notte dove i miei protettori vengono assassinati. Salto per ogni rumore inaspettato e mi irrigidisco per ogni movimento improvviso. Sono una prigioniera in quella casa, anche se non ho fatto niente di sbagliato. Non è così che voglio vivere. Preferisco tentare di catturare questi uomini e finire morta, piuttosto che passare il resto dei miei giorni vivendo nella paura. Ho le abilità e le conoscenze per trovarli entrambi. Permettetemi di fare buon uso delle mie competenze. Non è una richiesta irragionevole.”

Decker e Murph si scambiarono un’occhiata. Dopo quella che parve un’eternità, l’agente federale parlò.

“Ne discuterò con Corcoran,” disse, poi aggiunse: “se accetterà certi termini.”

“Quali termini?” chiese Jessie, anche se era disposta ad accettare praticamente tutto a questo punto.

“La sua squadra di protezione rimane con lei tutto il tempo, nessun tentativo di seminarla. Lei continua a passare le notti nella casa messa in sicurezza. Lei accetta tutte le precauzioni di sicurezza sul campo, anche le manovre evasive che potrebbe considerare eccessive. Lei si sottopone al giudizio dei federali in qualsiasi scenario, indipendentemente da quanto eccessivamente cauta lei reputi la cosa. Se le diciamo di andarsene, lei se ne va, senza obiezioni. Può accettare questi termini, signorina Hunt?”

“Sì,” rispose lei senza esitazione, che accettasse realmente di aderirvi o meno.

“Allora, in attesa di autorizzazione da parte del mio superiore, potete procedere.”

Jessie guardò Decker, che pareva essere impegnato a contenere un sorriso.

“Vuole conoscere il suo collega temporaneo?” le chiese.

Il Sorriso Perfetto

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