Читать книгу Un Gregario Solo Al Comando! - E. T. Palwin - Страница 10

​8. Sogno, numero e cabala.

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«Toro Innamorato, adoro vederti correre. Lo farai per me?»

«Elisabeth sei qui? Dio mio grazie! Non sai che incubo.»

«Sono arrabbiata, però.»

«Lo so, ho sbagliato! Perdonami, non succederà più, lo giuro amore!»

«Mi fa rabbia che non hai mai vinto per me!»

«Farò tutto quello che vuoi!»

«Per tuo padre? Perciò non vincevi?»

«Che ne sai di lui?»

Non conosce la sua verità. Per lei è orfano dall'età di 16 anni. Ha raccontato di averli persi in un incidente stradale. Qualcosa non torna. Apre gli occhi. La sua prima bicicletta è appesa in aria, nel buio. Sembra quasi un lampadario. Le ruote corrono nel vuoto e la piccola dinamo manda corrente a intermittenza verso i fanali. Quella luce fioca, illumina a tratti le pareti e quant'altro presente. La stanza gli è familiare. Fatica un po', poi capisce. È quella dei suoi genitori! Ma è uno spettacolo agghiacciante per lui, che ora, in uno specchio laterale, è ragazzino. Un mattatoio all'ora di punta? C'è sangue dappertutto. Sua madre devastata, è riversa sul pavimento! Ha quelle forbici piantate nella schiena. Sono le preferite del papà, parrucchiere. Nella bottega della sua famiglia, quando le agita sapientemente, producono un suono che è una musica disegnata sulle righe del pentagramma di quel pavimento, disposta in ciuffi di capelli che cadono per terra in forma di note ammucchiate casualmente, eppure lo stesso con armonica sapienza. In lontananza la sirena della polizia copre quei ricordi sonori. Si avvicina…

Singhiozzi e pianto di un uomo in ginocchio.

«Papà, tu?»

«Non essere stupido Marcelino, se fossi stato davvero io, non ci sarebbe questo schifo.»

«Che significa?»

«Il diavolo mi ha usato come un vestito. Io non l'avrei detto di Manuel!»

«Papà cosa dici?»

Si gira. Sbarre! Volta lo sguardo. Altre sbarre, soltanto quelle ovunque! Si cerca le mani. Si tocca il viso. È di nuovo adulto.

«Dove siamo papà?»

«Dove sei tu.»

Lo cerca, ma non c'è fisicamente. È solo una voce nella sua testa. Marcelo è rinchiuso in una cella sospesa nel vuoto, fatta di rugginose grate metalliche.

«Non sei mai stato libero.»

«Perché sono qui?»

«Paghiamo per la stessa colpa, figliolo.»

«Amo la lettura e la scrittura, eppure mi hai messo sulla tua biciclettina! Mi hai fatto correre verso i tuoi traguardi! Mi hai tolto mamma! Mi hai costretto a odiati! Come posso essere uguale a te?»

«Perché adesso sai cosa significa sentirsi responsabili della morte di chi ami.»

«Marilisa? Parli di lei?»

Sorge potente la luce del sole! Da svariate direzioni abbaglia tutto fino a dissolvere ogni cosa in un bianco estremo. S'avvicina una mano che gli carezza il viso. Riconosce subito quel tocco gentile. È Marilisa. Quanto gli è mancata. Solo ora questa verità gli abbraccia l'anima. Vorrebbe parlarle, ma a vergogna di sé.

«Anche se mi hai fatto male ti perdono… A una condizione, però!»

Lui inizia a piangere. Non riesce a fermarsi. Si sente sporco e sbagliato!

«Devi venire a riprendermi. Credevo avrei smesso di soffrire sotto al treno, invece ora è peggio di prima!»

Lui la tira a sé e la bacia, ma quelle non sono le sue labbra e si scosta!

«Ti perdono anch'io Marcelo, ma devi vincere per me.»

Marilisa è svanita. Al suo posto c'è Elisabeth. Sono in camera da letto, di fronte la madre, sempre riversa sul pavimento. Però al posto delle forbici le spunta dalla schiena un frammento di forcella. La bicicletta, infatti, non è più appesa in alto. È caduta, frantumandosi! Le schegge sono dappertutto.

«Devi vincere, ma c'è dell'altro.»

«Cosa?»

«Scusati» risponde, indicando quel corpo.

«Mamma» la chiama, avvicinandosi e toccandone un braccio. «Non dovevo raccontarti di papà e di Manuel, perdonami.»

Si alza, lentamente, ma sì, si alza! Si volta. Delusione! Non è la madre. È Gianni Sardena! Ha i graffi e le strisce di sangue del giorno della Stradaccia.

«Scusa ragazzo.»

È pentito, ma lo stesso la guarda, cercandone l'approvazione.

Lei ride forte, sempre di più! È una cosa fastidiosa, stridente, quasi ripugnante.

«Credevi bastasse? Non sei nessuno e non hai più niente.»

«Alejandro, ho lui! Sarò sempre suo padre.»

«Marcelo, Marcelino, questo devi raccontarlo al giardiniere. Ti ascolterà. Lui è sempre disponibile!» lo rimprovera, sorridendo con libidine. «Volevi un figlio, ricordi? Diletta era di quell'altro e questo ti pesava troppo. Però con Marilisa non avete fatto nulla per evitarli e allora ti sei chiesto perché non vi è mai riuscito?»

Si gira… Ora lui ed Elisabeth sono nel laboratorio di analisi. Percorrendo il lungo corridoio color conchiglia, il dottor Damond gli sta andando incontro con i risultati. Si è occupata lei di tutto. È scaltra, senza scrupoli e ottiene sempre quel che vuole. No, è stato manipolato!

Si guarda intorno. Il posto è stravolto dalla presenza di binari e da quella di una biglietteria ferroviaria. La voce del fratellastro annuncia con stravaganza dagli altoparlanti: «L'ultimo treno per raggiungere Marilisa è in partenza dal binario 40. I passeggeri sono pregati di affrettarsi all'imbarco muniti di bicicletta da corsa. Grazie!»

Turbato, osserva il dottore, vicinissimo. Ha in testa un berretto da capostazione. Cerca Elisabeth che adesso ha smarrito la sua bellezza. È una strega! Il suo incantesimo ammaliante è svanito.

«Mio bel toro», dice lei con voce maliarda, «saranno stati tutti gli anni sulla bici, sarà che questo è il tuo destino, ma possibilità di avere figli no, caro. Adesso addio, caro!»

«Caro, caro. Caro!»

Marcelo spalanca gli occhi, questa volta sul serio. È sudato. Il letto di Thomas è vuoto. Sono già tutti a colazione. Il presidente in persona è salito per trascinarlo via di peso, se necessario!

«Finalmente, caro» sussurra sarcastico. «Il nostro numero 40 si è svegliato? Ma sia chiaro, dev'essere pronto alla battaglia.»

Ancora frastornato, si scusa per il contrattempo e lo rassicura che sarà giù in breve. Rimasto solo inizia a prepararsi, ma quel numero lo inquieta, così dalla valigia grande tira fuori un libretto dal titolo “Numerologia onirica”. Contestualizzati i particolari del sogno ne determina il significato: morte in strada!

Alza gli occhi al cielo ripensando agli avvenimenti delle ultime settimane. In particolare alle ultime 24 ore. Sotto sotto è sempre stato consapevole della verità intorno a sé, distogliendo semmai lo sguardo. Ora che non ha più niente, che non ha più nessuno, ed è soltanto pieno di rimorsi e di rimpianti, non può fingere. Gli resta di sperare un'unica cosa nella vita, ma per assurdo è la speranza di morire! Userà questa volontà distruttiva, che già gli avviluppa il cuore e l'anima, per raggiungerla. Anche se il solo pensiero è pazzesco, sente che Marilisa realmente lo aspetta. È deciso: s'ucciderà com'è nato e cresciuto, in sella alla bicicletta, durante la corsa, in strada. Sì 40, morte in strada! Hanno parlato fin troppo chiaro sogno, numero e cabala.

Un Gregario Solo Al Comando!

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