Читать книгу Un Gregario Solo Al Comando! - E. T. Palwin - Страница 6

​4. La Stradaccia.

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Per molti aspetti il Team Astrale è collocato in una posizione strategica. Appena fuori città, possiede uffici societari e cuore dell'impianto sportivo in quello che fu il casale di famiglia del suo presidente e fondatore. Ben 30 ettari a un'altitudine di 473 metri che ospitano anche laboratori, magazzini, palestre, ecc., ecc.. Di recente costruzione un velodromo di 250 metri. Nei dintorni solo un paio di tenute agricole affette da pigrizia. Nel complesso un luogo che garantisce tranquillità e aria pulita. Qui, le strade di servizio esterne sono spesso utilizzate per i loro allenamenti. In particolare, a 1000 metri c'è una strada extraurbana secondaria considerata “speciale”. Composta da un'unica carreggiata, con una sola corsia per senso di marcia, se imboccata a sinistra, sale in cima al Monte Ovarolo, mentre nella direzione opposta scende al mare. In tutto 25 km che inglobano il meglio di una tappa ciclistica. Dal punto più basso, ossia la piccola marina di Fiumarola, si va su per 6 km, tra tornanti in successione con pendenze fino al 12%; segue un tratto in piano di 5 km, buono per allunghi e simulazioni di arrivo in volata; saliscendi per 2 km ad altezza velodromo; e infine su, fino in cima, per altri 12 km d'infernale salita, tra curve e controcurve, pendenza media del 14% con punta massima del 25, dall'ultimo tratto pianeggiante un dislivello di 1216 metri, per complessivi 1689 metri dal livello del mare. A percorso invertito altrettante discese mozzafiato! A causa delle caratteristiche estreme nota come “la Stradaccia”, dal punto di vista ciclistico ha un'altra invidiabile dote: è sempre deserta, essendovi nelle vicinanze percorsi più agevoli e meglio serviti. Nondimeno, ancora qualche mese e lo scenario potrebbe mutare in maniera drastica. Seppur da confermare, infatti, si rincorrono voci insistenti che la vedono presente in una delle tappe italiane del prossimo Gran Giro d'Europa.

«Ricapitolo, poi Max darà il via» sostiene Lanfranco Astrale, ammiccando al Toro, a conferma della loro scommessa.

Non ha perso certo tempo. Mobilitata la propria macchina organizzativa ha pianificato un percorso di 100 km.

Riuniti sulla linea di partenza del velodromo: Sardena, Guzzi, South, Giansante, Papis e naturalmente Valmontedo, aggiunge: «Si inizia con 84 giri di pista, poi, si va sulla Stradaccia. Lì si scende verso Fiumarola e in fondo alla marina si gira intorno all'obelisco della piazzetta da dove si risale verso l'Ovarolo. In cima al Belvedere Nardone, percorsa la rotonda, si torna giù. Di nuovo intorno all'obelisco del lungomare per poi risalire, ma questa volta, solo fino alla deviazione che riporta qui. Gli ultimi 5 giri nel velodromo e avremo il vincitore!»

Gianni Sardena annuisce più volte. Magro, belloccio, lunghe leve, moro con un ciuffo tinto di biondo, ha il vizio di mangiare le unghie prima del via.

«La pista, cari miei, misura 250 metri, così per gli ultimi 5 giri bastano giusto 2 minuti» tiene a rimarcare.

«Ottima idea» commenta Procopio. «Così si vedrà a occhio se c'è il distacco.»

«Bem, obrigado. Bene.»

Marcelo tiene per sé ogni ovvia considerazione. Sa che si è pensato a quel tratto di estrema salita per favorire il suo giovane rivale, devastante in quel contesto. Il finale, poi, è studiato per privarlo d'ogni residua speranza. È chiaro: lo si vuol vedere finire corsa e carriera secondo consuetudine… A mo' di passeggiata! In effetti dovesse scalare l'Ovarolo senza accusare distacco, per piombare nello sconforto più assoluto gli basterà non essere da solo nel velodromo. Ciò sarà l'evidenza di un surplus al di sotto dei 2 minuti oggetto di scommessa!

Ebbene adesso è lì, con addosso lo sguardo incalzante del giovane quintetto. Si sente più che mai vecchio e solo. Non si è mai preoccupato delle vittorie personali, cercando d'essere un punto saldo per la squadra. Già, un ciclista di valore anziché di successo. Ora è tutto cambiato, poiché il tavolo da gioco è stato capovolto! Sono in tanti e lui da solo. Faranno gruppo, come egli stesso ha insegnato. Così facendo, ogni possibile attacco fallirà sul nascere. Dunque serve qualcosa di mai visto. Il toro dovrà morire, pur in apparenza. In un attimo decide che non si vedrà alcuna locomotiva bovina a spingerli, indirizzarli e a sfiancarsi per il bene comune. Sì, perché se all'arrivo vorrà presentarsi in testa, prima di tutto dovrà dimostrare di averne una.

«Bicicleta, esposa, filhos...» Non termina quel mantra ed è già questa una novità assoluta. Il toro sta cadendo in catalessi.

Tuttavia ci vuole dell'altro. Serve una visione, una favola dal cielo, un segno tracciato nell'azzurro che dall'alba ha conosciuto solo splendido sereno. E allora, nuvole alla deriva, correndo dal mare, rispondono presente. Si accalcano e si spingono in un tuoneggiar la carica in lontananza! L'aria nei polmoni è elettrica. Presto piangeranno la sua azione. Lo avverte nell'anima: loro saggeranno il temporale, lui godrà del successivo arcobaleno.

Tutto è pronto. Mentre il presidente bisbiglia nell'orecchio del favorito, per contro Max si rivolge alla vittima designata: «Non aver paura di usare il tuo coraggio. Oggi nessun gregario…»

Lanfranco Astrale si fa da parte. Si può iniziare.

«Pronti, partenza e... Via!» comanda il direttore.

Presa velocità i ragazzi si guardano intorno, come avessero perso il nord della bussola. Dietro a tutti, lui è seminascosto, in attesa che dettino l'andatura. Veloce o lenta li tallonerà. Solo in caso di fuga individuale, come uno squalo assassino, emergerà dal fondo, inseguendone l'odore adrenalinico del sangue.

«Vamos laaah!» grida, forzando la reazione istintiva del rivale più atteso. «O que, paura de me Giani?»

«Aspetta, spegni i razzi!» urla inascoltato Giansante, al primo veemente tentativo d'allungo di questo. Il compagno, infatti, già al giro numero 4 è partito come un indemoniato. Di nuovo uno scatto furioso al giro 13. Poi riprova al numero 25, 49 e 64, e ancora un'ultima disperata volta al giro 71, ma senza successo. La loro giovane punta di diamante è stata ripresa ogni volta con apparente facilità. In quel circuito ovale, fatto girone dell'inferno, tentando di scrollarsi di dosso il Vecchio Ciclista, ha finito per doppiare gli altri. Neppure ci ha fatto caso, tanta la foga messa in tutti quegli scatti ripetuti, condotti a perdifiato e privi di logica. Ritrovatisi in fila indiana, e abbandonata l'intenzione di staccare un Valmontedo nuovo e irriconoscibile, per una dozzina di giri, Sardena si consegna all'inerzia del passo altrui, incamerando ossigeno prezioso. Nondimeno nella penultima curva parabolica dell'ultimo giro, appena prima del rettilineo, sorpresa! Riecco la carica del toro, che tornato dal suo stato di morte apparente, si fonde con lo squalo, così da ottenere un mix sovrannaturale di forza e spietato istinto predatorio. Scatta avanti 7 metri, poi, oltre il traguardo intermedio del giro 84, come stabilito nel pregara, imbocca l'uscita, dirigendosi fuori dal complesso sportivo, verso la Stradaccia. Di lì, svolta a destra, prendendo la direzione del mare, dove incombenti nuvoloni neri, troneggiano, tuoneggiando sempre più insistenti.

Come svegliatosi di soprassalto da un sogno nebuloso, pur confuso, il ragazzo gli è rimasto vicino. I compagni d'avventura hanno continuato a girare in pista, lasciandolo solo col nemico? Impiega qualche minuto prima di realizzare che in verità è stato lui a lasciarli indietro, correndo soltanto per sé.

«Ho fatto un casino» ammette amareggiato.

Riflettendo, capisce che rallentare per aspettarli, servirebbe solo a lasciare via libera all'avversario. No, sono professionisti: sapranno riportarsi sulla testa della corsa.

Frattanto, due splendide ePrixus bianche, con stampigliati su cofano e sportelli i loghi di vari sponsor e più in grande dello stesso Team Astrale, e con sul tetto rastrelliere portabici color arancio, caricate con una singola bicicletta di scorta per ciascun mezzo, procedono lungo il percorso stabilito, rispettivamente 30 metri avanti e dietro i fuggitivi. Nella prima in avanscoperta, che avanza con l'inconfondibile fruscio elettrico, il conducente e il direttore si accertano che non si presentino ostacoli o insidie per i corridori. A chiudere l'esiguo corteo, l'altra vettura con a bordo il presidente che borbotta: «Ha spinto dall'inizio per colpa della mia “carota”.»

Prossimi al mare, ma ancora in discesa, Max si sporge dal finestrino, precipitoso! In piena traiettoria c'è una buca larga e profonda. Con ampi e vistosi gesti, richiama l'attenzione del Toro che sopraggiungendo, di rimando, fa segno d'aver visto.

In quel tratto l'andatura è sostenuta, così nonostante l'aspetti, evita l'ostacolo per pochi centimetri. Gianni neppure s'accorge dello scampato pericolo. Imparata la lezione, più che guardarsi attorno, si preoccupa di avanzare come fosse un tutt'uno con l'uruguaiano.

Scattare, rallentare, andar di qui o di là, non fa differenza. Sta optando per una strategia diversa rispetto al velodromo: stare alla ruota, farsi portare e attendere gli ultimi chilometri per la beffa conclusiva, oppure no, che arrivargli a ridosso basterebbe per saperlo ugualmente sconfitto.

Sul lungomare di Fiumarola, girato intorno all'obelisco della piazzetta, vedono venirsi incontro gli inseguitori. Il loro gap è di circa 800 metri. Il campioncino prende male la notizia. Piuttosto che recuperare, Davide, Eric, Mirko e Leon hanno perso terreno.

Per circa mezz'ora, restando in scia, rimugina sul pasticcio combinato nel velodromo. Quando mancano 50 km al termine, feroce, si lancia in un nuovo attacco, ma questa volta in salita, la sua specialità! Qui, né il toro, né l'alter ego squalo, mostrano la reazione convincente vista da principio. Sull'Ovarolo il distacco è impietoso: 57 secondi!

Da quando ne ha memoria, Valmontedo è stato limitato dalla squadra al ruolo di comprimario. Paradossalmente, questo lo ha fatto sentire libero. Si è potuto spendere senza assilli, sollevato dall'ansia del traguardo verso cui presentarsi per un giudizio di insieme. Tuttavia, ora che è padrone di correre soltanto per sé, vede emergere dubbi e incertezze. Fin dove potrà spingersi e qual è il limite oltre cui crollerà?

«Elisabeth vai perder!» grida sull'ali del vento della montagna, giunto all'ultima spinta di pedale, la più dolorosa in cima a quella salita infernale. «Eu te perco, eu perco tudo!»

Preda dell'angoscia di mancare l'arrivo più importante, inizia a forzare con la violenza del vulcano, poiché la discesa, appena sopraggiunta, già lo invita a non disperare oltre. È il terrore di perderla, che alimenta la paura della vera solitudine, che si getta nell'amore per quei figli, che sfocia nella passione immensa per questo sport, che paventa la delusione della sconfitta in questa gara, che si fa rabbia per quanto accade ora, che genera nuovo terrore, cosicché tutto ricominci con nuova forza ciclica, eruttiva, ciclonica e distruttiva che è altro terrore fattosi paura; la paura, amore; l'amore, passione; la passione, delusione; la delusione, rabbia e ancora questa rabbia, altro terrore, che di nuovo muove lava incandescente nel suo cuore possente e temerario, fuggito per un giorno soltanto al destino d'eterno gregario.

Scagliato in basso dai muscoli in fiamme, è un dardo sapiente che schiva muretti in successione, graffiando l'asfalto a colpi di pedale.

«Piuttosto la morte!» stride l'uomo, sfidando gravità e istinto di sopravvivenza, quale archetto impazzito su di un violino a due ruote.

«Non mi starai davanti!» scrive a ogni curva con la gomma di ambo i tubolari bollenti, affamati di una vittoria fin lì sconosciuta.

Ripreso l'avversario, e perfino superato di slancio, ora sfida la tempesta di pioggia e fulmini che, dal mare, già morde terra.

Tuttavia, Gianni non ha smesso di combattere. L'agonismo gli ha insegnato che la vera sconfitta sta nel non reagire. Così lotta e soffre, ma infine riesce a riaccodarsi. Qui comprende di avere la gara in pugno. Volendo potrà attaccare nel finale, oppure no, ché entro due minuti di ritardo, avrà perso quella battaglia, ma vinto la guerra!

Il mare s'approssima. Inizia l'ultima discesa.

«Sei venuto giù come un pazzo. Volevi ammazzarti?» chiede il ragazzo, ricurvo e affannato. «Sai perché uno si suicida?»

Nessuna risposta, ma neppure l'aspettava.

«Non è perché si vuol morire. Chi vorrebbe fermare la propria vita? No, è per fermare il dolore nella vita!»

Un tuono sembra legittimare quelle parole.

«Soffri il mio passo quando parto, vero?»

Il ritmo è leggermente calato. Basta la pendenza a garantire una velocità più che ragionevole. Presto l'ultima salita detterà la propria legge. Non sarà quella proibitiva dell'Ovarolo, ma è vero: quando la strada va su, lo soffre!

«Invece», continua Gianni, «io sono dove vorrei essere. Anzi, ricordami di ringraziarti dopo!»

Cosa vuole davvero? Ovvio, tenta di distrarlo! Forse spera nel rientro dei suoi. Lui lo ascolta senza perdere la concentrazione. Sa che presto una distrazione potrebbe essergli fatale.

«Gratie por cosa?» chiede curioso, ma anche per ricambiare l'astuzia insita in quelle futili chiacchiere.

«Perché correndo insieme soffro la metà e intanto lo spirito si tempra! Inoltre hai sempre cose nuove da insegnarmi, come nel velodromo, quando ho fatto la figura dello stupido. Sai? Prima di partire il presidente si è raccomandato. Scusa, ma dovrò vincere per forza. Così, scuola finita! Io mi diplomo e tu vai in pensione, oppure pensi di avere altre lezioni da darmi?» un colpo di tosse nasconde una risata. «Sono sicuro che tra vent'anni mi ricorderò di noi, qui, oggi, mentre diamo tutto, spalla a spalla. Non della vittoria facile che avrò tra poco...»

Marcelo non ha conti in sospeso con il ragazzo. Piuttosto ne apprezza le doti: intelligente, appassionato, voglioso di maturare e soprattutto capace di soffrire e lottare come pochi altri. Forse un po' ingenuo, immaturo nella gestione delle forze, avventato tatticamente e troppo sbruffone, quando sarebbe meglio restare concentrati. Ma, alla fine, non è questo il tratto autografo di chi si firma gioventù?

Approdato al Team Astrale, da principio si erano frequentati. Dopo gli allenamenti, Gianni era stato spesso ospite gradito in casa Valmontedo. Tuttavia, un giorno, senza dare spiegazioni, Elisabeth aveva preteso che lui non lo invitasse più, limitandosi all'essenziale anche sul lavoro. In pratica bandito dalla loro vita senza un perché. Che fosse stato per la gelosia di un rapporto fatto di eccessiva complicità maschile? Oppure per la passione ciclistica dilagata senza controllo, proprio in quel periodo? Quale che fosse il motivo, pur con dispiacere, e senza porsi domande, l'aveva accontentata. Lui accontentava sempre Elisabeth.

Sì, lui accontenta sempre tutti! Gianni chiede un'altra lezione? Ok! Sua moglie vuole che lui continui a essere un corridore a dispetto dell'età e quindi, implicitamente, vuole una vittoria con 2 minuti di vantaggio? Ok! Max vuole che si dimostri più di un semplice gregario? Ok! Il presidente desidera vincere una facile scommessa, o di poter disporre nel prossimo Gran Giro di un Vecchio Ciclista ancora credibile? Ok, ma adesso anche lui, che ha sempre dato e mai chiesto, pretende qualcosa! Sì, che il "toro nell'arena" trovi una via di fuga; che il suo matrimonio possa proseguire anche domani; e infine che all'animo spietato dello squalo sia data libertà di cacciare nel proprio spazioso mare d'innata crudeltà! Ok. Ok a tutti!

Dopo l'ennesimo tuono ravvicinato, arriva la pioggia, fitta e a tratti violenta.

Mentre l'asfalto bagnato corre sotto, da ambo i lati della bici, in basso, Marcelo verifica che le tacchette in metallo, applicate alle suole, lì per consentire l'aggancio delle scarpe da corsa ai pedali, risultino ben innestate. È tutto in ordine, così a meno di una torsione che le sgancerebbe, l'uomo e la bicicletta saranno uniti, come fossero un corpo solo.

Nessun dubbio. Adesso toro e squalo possono garantire forza bruta e spietatezza in quantità eccezionali. Dunque parte l'ultima carica, la più furiosa e senza scrupoli di sempre! Come previsto, quello gli si mette alla ruota, testa bassa, dando il massimo pur di non perdere contatto. Frattanto il direttore Procopio, sempre vigile in avanscoperta, nel punto della prima volta, fa segnalare l'imminente criticità! Nello specifico, a causa della forte pioggia, chiede all'autista di azionare le frecce e di attaccarsi al clacson!

Stavolta, però, con freddezza inaudita, mantiene immutata la traiettoria. Appena prima dell'ampia buca, ventre basso e scarpe tecniche ferme in parallelo, alla stessa altezza, spicca un balzo perentorio! Strappa verso l'alto sia manubrio che pedali. Ottiene il sorprendente risultato di sollevarsi di un paio di centimetri dal suolo. Una cosa da poco? No, ché con quest'inatteso sotterfugio riesce a sorvolare lo sprofondo, tutto a scapito dell'inseguitore, passivo! Questo, senza il tempo per reagire, cade, impuntandosi e spaccando di netto cerchione e forcella anteriori. Poi, d'inerzia, con la parte posteriore della bici, prosegue andando a disegnare un drammatico semicerchio per aria, chiuso dal rovinare al suolo di carne e materiali! Di lì, striscia alcuni metri, avvitandosi in un confuso garbuglio. Tutto si conclude sotto al guardrail di destra, da incastrato e vinto!

L'altra ePrixus, che lo raggiunge con prontezza, ne certifica la sconfitta.

Poco dopo, con fare trionfante, Marcelo risale, ormai lanciato verso un'affermazione scontata. Vede un capannello di persone inzuppate fradice, tra cui Astrale, Procopio, Giansante e gli altri tre suoi compagni. Sono tutti intorno ad un Sardena stracciato, indolenzito e barcollante. Considerata la violenza dell'incidente, il suo stato di salute è accettabile. L'orgoglio, piuttosto, ha subito gravi lesioni!

Le biciclette, compresa quella devastata di Gianni, sono state già posizionate sulle apposite rastrelliere. Il presidente fa segno di fermarsi. Dovrà fare altrettanto con la sua!

«Basta così, demonio d'un uruguaiano!» afferma stizzito. «Ha dimostrato di volere e soprattutto di valere un posto in squadra. Questa determinazione sarà garanzia di successo per il nostro capitano!»

Di nuovo ha mancato di tagliare per primo il traguardo. Oggi, però, è andata peggio del solito. Gli è stata negata la possibilità di raggiungerlo come di consueto: a mo' di passeggiata...

Un Gregario Solo Al Comando!

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