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II.

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Da parecchi mesi Angela Torralba era affaccendata a preparar quella festa che dopo tanta dispersione doveva riunire almeno per un giorno l'intera famiglia. Da parecchi mesi, vegliando parte della notte, cogliendo ogni ritaglio di tempo lasciatole libero dalle occupazioni domestiche e dalle cure filiali ella scriveva lettere su lettere ai fratelli, alle sorelle, alle cognate, ai nipoti. Scriveva a Napoli, a Roma, a Firenze, a Parigi, a Nuova York. Argomentava, discuteva, pregava. — Date questa gioja ai nostri vecchi, date questa gioja a me che ne ho avute così poche nella vita. Fate uno sforzo, fate un sacrifizio. Che il 15 Ottobre vi trovi tutti raccolti quì. Venire a più riprese, gli uni prima, gli altri dopo, non è lo stesso. La festa non si può celebrar che una volta sola, il 15 Ottobre, ch'è appunto il cinquantesimo anniversario del matrimonio. Bisogna che in quel giorno siate tutti insieme a Villarosa, tutti i figliuoli almeno, se non tutti i nipoti... Villarosa è grande abbastanza per contenervi. Ci siamo pur stati nella nostra infanzia, e allora il povero zio Luigi teneva due stanze per sè, e c'era il nostro fratello Manlio, e c'era Mademoiselle Lucie, e nell'autunno non mancavano gli ospiti... A ogni modo, se sarete un po' pigiati, se starete un po' a disagio non ve ne dorrete pensando alla gioja di questa riunione di famiglia, pensando che sarete aggruppati ancora una volta, forse l'ultima volta, intorno al babbo e alla mamma». — E l'Angela insisteva su questo punto, su quest'ultima volta. « — Il babbo è robusto, sì, ma ha ottant'anni, e non s'arrischia solo nemmeno in giardino; la mamma, che ne ha settantaquattro, ne mostra molti di più ed è spesso inchiodata sulla sedia da dolori alle giunture e da gonfiezze alle gambe che Vignoni, nonostante il suo ottimismo, non esclude possano derivare da vizio di circolazione... Vedete bene che non c'è da far troppo assegnamento sull'avvenire.»

Questo, nella corrispondenza dell'Angela, era per dir così, il fondo comune; naturalmente le lettere variavano di tenore secondo le persone a cui erano scritte. Alle osservazioni del fratello Luciano, ammogliato in seconde nozze e stabilito a Parigi, il quale tentava di dimostrarle la grande difficoltà d'impegnarsi a lasciare a data fissa la Banca del suocero di cui egli era gerente, ella replicava: — Sono ragioni inammissibili. In una settimana tu puoi venire, stare e tornare. E io non riuscirò a persuadermi che tu non sia in grado di consacrare una settimana ai tuoi parenti. Viaggi pure ogni momento pei tuoi affari; vai a Londra, vai a Vienna, vai a Berlino... fosti anche in Italia l'altr'anno senza passare per Villarosa (vergogna!) e non potrai far in modo d'aver liberi cinque o sei giorni intorno al 15 d'Ottobre? E sarebbe questa un'eccellente occasione per accompagnare in Italia la tua Julie che abbiamo vista quì solo un paio di volte e le due bimbe che non abbiamo visto mai. Di Tullio non si parla nemmeno; quello non s'è lasciato infranciosare e viene più spesso che può ad abbracciare i nonni e la zia.

A Girolamo, l'uomo politico residente a Roma, il quale avrebbe voluto mutar la data della cerimonia, adducendo certi obblighi assunti co' suoi elettori per l'inaugurazione d'una mostra bovina alla metà di Ottobre, l'Angela replicava infastidita: — Che i buoi e gli elettori anticipino o aspettino. Le ragioni elettorali non devono prevalere alle ragioni domestiche.

Con Cesare ch'ell'aveva tenuto sulle ginocchia ella faceva valere la sua autorità di sorella maggiore. — A te meno che agli altri è lecito di esitare. Tu hai dato un immenso dispiacere al babbo e alla mamma abbandonando l'Italia e l'Europa; tu, se fissi realmente la tua dimora in America, non potrai essere al loro letto di morte; tanto più è necessaria ora la tua presenza; dopo ripasserai l'Oceano, starai forse altri cinque anni senza rivedere la patria. Perchè sono cinqu'anni, cinque lunghi anni dacchè sei partito. Basta, se di là dai mari puoi fare la tua fortuna, se hai trovato costì un'occupazione confacente ai tuoi gusti, finiremo col rassegnarci a saperti così lontano. Ma intanto vieni. Non dubitare di non essere bene accolto. I nostri genitori, poveretti, non hanno più la forza di serbarti rancore. Se non ti scrivono, gli è perchè non iscrivono più a nessuno. Io poi mi faccio una festa della tua venuta. Penso alle lunghe serate autunnali in cui, davanti al caminetto, ci racconterai le tue avventure... Perchè gli altri si tratterranno quì due o tre giorni;... tu ti fermerai almeno un mesetto, non è vero?... Non si traversa l'Oceano per ripartire subito dopo l'arrivo...

Cosa strana, le lettere dirette dall'Angela alle sorelle, pur essendo ugualmente insistenti, avevano un'intonazione meno confidenziale. Si capiva che ne' suoi rapporti con loro c'era stata qualche ombra, si capiva che o per la posizione in cui si trovavano, o per la vita che conducevano, esse avevano allentato, più ancora dei fratelli, il vincolo che le univa alla famiglia, alla casa.

— A te, a tuo marito, se sarà sbarcato in quel tempo, e ai tuoi due figliuoli che allora saranno certo in vacanza, — ella scriveva alla Letizia Alvarez — riservo il quartierino ch'era abitato dallo zio Luigi e ove sei stata anche tu anni fa. Ora è ristaurato e confido che tu non abbia a trovarviti male. Tu e tuo marito avrete la camera con gli stucchi; Max e Fritz si accomoderanno nella biblioteca. È ingombra dagli scaffali, ma due ragazzi che devono avvezzarsi alle cabine dei loro bastimenti non ci baderanno tanto pel sottile. In fine, se porterai la tua cameriera, troveremo un buco anche per lei. Non posso offrirvi pur troppo gli splendidi orizzonti e gli agi della vostra villa di Posilipo; Villarosa è rimasta su per giù quella ch'era ai tempi della nostra infanzia; ma a te almeno i ricordi dell'infanzia la renderanno cara... E vedendo co' tuoi occhi la nostra vita modesta ti persuaderai che la parzialità del povero zio Luigi (parzialità alla quale dal canto mio avrei rinunziato ben volentieri) non ci ha fatto piovere i milioni in casa.

Mentre queste frasi alludevano a una di quelle nefaste questioni d'interesse che, nelle famiglie ricche sopra tutto, aprono sovente ferite insanabili, le lettere che l'Angela dirigeva alla Marialì lasciavano indovinare un antico dissidio derivante da una causa più delicata, più intima.

— Puoi venire con animo tranquillo, Marialì, puoi venire in compagnia di Giulio. Il passato, già tanto lontano per sè, mi par sepolto addirittura nella notte dei tempi. Pensa; dopo il tuo matrimonio (vent'anni fa!) non ci siamo viste che alla sfuggita: a Cremona e ad Aquila dove il babbo era Prefetto; quì a Villarosa tre volte sole, per poche ore. E una di quelle volte, in una ben triste occasione, pei funerali dello zio. Nell'autunno del 1892 che ti ci sei fermata per quindici giorni coi tuoi figliuoli, quasi a farlo apposta, hai approfittato del tempo in cui ero assente, ospite di Luciano. La tua Antonietta la conosco sopra tutto per corrispondenza; gli altri miei nipoti non li conoscerei se non avessi le fotografie. E vivete a Firenze, a poche ore da quì!

Insomma l'Angela Torralba non aveva mai spiegata tanta attività e tanta energia.

Rimasta sola in casa a custodia dei vecchi parenti, zitella a 44 anni e senza speranza di matrimonio, ell'era una di quelle donnette savie e tranquille che sono la provvidenza delle famiglie, e che le famiglie si avvezzano a considerare come esseri sbiaditi e subalterni, liberandosi in questo modo dall'obbligo della gratitudine. I fratelli e le sorelle dicevano: — Quell'Angela manca di ogni charme femminile. Non è da stupirsi se non ha trovato marito. — E i genitori, che dell'Angela avevano bisogno come dell'aria e del pane, ripetevano a sazietà: — Dei nostri sette figliuoli quella è stata la meno favorita dalla natura. È buona, anzi buonissima, ma non ha slancio, non ha brio, non ha vita. Non è stata mai giovine.

Ebbene, come il dottor Vignoni aveva notato, ora l'Angela pareva ringiovanita. E non solo pel suo fervore epistolare, ma per l'assiduità infaticabile con cui ella attendeva a tutti i preparativi necessari per la buona riuscita del suo disegno. Giacchè l'ottener l'assenso di quelli che sarebbero dovuti venire non bastava; bisognava far sì che non si pentissero d'esser venuti, che quella vetusta casa di campagna situata in una pianura disamena, quella Villarosa la quale d'allegro non aveva altro che il nome, non apparisse troppo umile, troppo incomoda, troppo inospitale a gente ormai usa alle raffinatezze delle villeggiature moderne. È certo intanto che se l'invito fosse stato accolto nel senso più largo; se i fratelli e le sorelle si fossero tirati dietro le mogli, i mariti e tutti quanti i figliuoli, sarebbe stato un affar serio il trovar posto per tutti. Ma l'Angela non si confondeva, tra perch'era sicura che più d'uno avrebbe mancato, tra perchè aveva ormai preso i debiti accordi col giardiniere e col fattore, affinchè, in caso estremo, cedessero per pochi giorni le loro abitazioni.

Rivelando a sè stessa qualità organizzatrici fino allora ignorate, ell'aveva compilato tre specie di preventivi: il minimo, il medio, e quello ch'ella chiamava della massima gioja e che, oimè, sarebbe stato anche del massimo disturbo e doveva servir nell'ipotesi che le varie famiglie giungessero in massa. Tante stanze, tanti letti, tante persone di servizio ausiliarie occorrevano nel primo caso, tante nel secondo e tante nel terzo. E com'è naturale, le spese sarebbero state proporzionate al numero degli ospiti.

Questo della spesa era un affar serio, e guai se l'Angela non vi avesse contribuito liberalmente col suo peculio particolare! Perchè il commendatore Ercole Torralba, ex Prefetto, invecchiando, era diventato avaro e si spaventava d'ogni strappo fatto al suo bilancio ordinario. — Non voglio mica morir sulla paglia per solennizzar le mie nozze d'oro — egli aveva dichiarato alla figliuola. Ma ella gli aveva risposto: — Non aver paura. Faremo le cose con giudizio.

E per far le cose con giudizio l'Angela aveva venduto in silenzio una sua cartella di 500 lire di rendita e attingeva a piene mani nella somma che ne aveva ricavata. — Poichè lo zio Luigi mi ha favorita nel suo testamento — ella pensava — è ben giusto che le mie entrate vadano a benefizio dell'intera famiglia.

Nozze d'oro

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