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I.

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Anche quella sera, forse per la centesima volta, la Teresa Valdengo, sola nel suo salottino verde, rilesse la lettera, vecchia di circa due mesi, della sua amica Maria di Reana.

Cara Teresa mia,

Ci scriviamo di rado, ma ci vogliamo sempre bene, non è vero! Abbiamo passato tanti anni insieme, abbiamo avuto tanti sogni e tanti pensieri comuni, che, a dispetto della lontananza e del tempo, possiamo sempre fare assegnamento l'una sull'altra. Oggi son io che faccio assegnamento su te.

Mio figlio Guido, il piccolo Guido, sai, quello che quasi ventidue anni or sono hai visto in fasce, e che molto più tardi, quando ci siamo incontrate in Toscana, hai visitato meco nell'Accademia navale di Livorno, oggi, sottotenente di vascello, sta per intraprendere un viaggio di circumnavigazione sul Cristoforo Colombo. Egli viene ora a raggiungere il suo bastimento che uscirà a giorni dall'arsenale di Venezia e partirà fra tre o quattro settimane.

Guido si presenterà a te, naturalmente, e tu stenterai a riconoscerlo, perchè il bimbo esile, perchè il ragazzo sgraziato è divenuto, non è vanteria materna, un bel giovinotto alto, agile, ben proporzionato di membra, con due occhi che splendono, e una bocca che può ridere fin che vuole, tanto ci guadagna a mostrare i suoi denti, bianchi come l'avorio.

Il male si è che, adesso, Guido ride poco. Ha troncato appena, e Dio lo sa con che sforzo e con che difficoltà, una tresca indegna di lui, ma non ha ancora cacciato interamente dalla sua memoria la triste femmina ch'era riuscita a dominargli l'anima e i sensi. Il giro del mondo, e l'ho spinto io stessa a chieder l'imbarco sul Colombo, lo guarirà senza dubbio. Però io ho sempre paura d'una ricaduta in queste settimane ch'egli passa a Venezia. Quella donna perversa è capacissima di tendergli insidie anche costì. Non è di quelle che si sposino e non credo ch'ella aspiri a tanto, nè temo che Guido si lasci indurre a uno sproposito di quella fatta; comunque sia, non sono tranquilla. Mi occorre che qualcheduno vegli sul mio figliuolo, lo assista di savi consigli, lo conforti di quella benevolenza di cui egli, grande e grosso qual'è, ha bisogno come un fanciullo. A Venezia, pare impossibile, io non ho più altri che te: parenti, amici, conoscenti, son tutti o morti, o dispersi pel mondo. Ma se pur ci fossero tutti, a nessuno ricorrerei con la fiducia con la quale ricorro alla mia cara Teresa. Non ti dico che tu potresti essere la madre di Guido; hai tre anni meno di me, e io mi son maritata così presto! Per avere oggi un pezzo di giovinetto simile avresti dovuto partorirlo a meno di sedici anni! A ogni modo, per lui tu sei un'anziana, e la tua proverbiale saggezza compensa quello che ti può mancar per l'età. La savia Teresa, si diceva quand'eravamo ragazze. E, dopo sposata, la tua riputazione di saviezza non fece che accrescersi. Ne ho sentite, anche lontana, delle storie pepate di codeste vostre signore, dame e pedine. Di te non ho mai sentito parlare che col più profondo rispetto. Donna Teresa Valdengo—esclamava sere fa il comandante Altini che ti ha conosciuta—è una delle poche su cui non si eserciti la maldicenza del caffè Florian. E sì che una vedova è esposta a tutte le tentazioni.—Soggiungeva poi, il comandante, che sei sempre bellina, che sei colta, che hai tanto spirito, e che non si capisce perchè tu non riprenda marito. C'è un conte, dicono, brava persona, ricco, che tu stimi assai e che ti vorrebbe sposare. O perchè non accetti? Che una resti vedova quando ha cinque figliuoli come me, si capisce. Ma tu, così sola, perchè non pensi, prima che sia troppo tardi, a rifarti una famiglia?… A proposito, come sta tuo zio, il console? Non abitate più nella medesima casa?

Basta, son digressioni inutili. Ti raccomando il mio tenente. È un malato di cui ti affido la cura. Egli è già preparato ai tuoi sermoni, e, d'indole espansiva com'è, non dubito che si stimerà felice d'avere in te un catechista e una confidente. Soggiungo poi in gran segretezza, e di questo non parlare a Guido se non te ne parla egli pel primo, che in famiglia s'accarezza l'idea di fargli sposare una seconda cugina, una Del Monte che adesso ha le sottane corte ma che quando Guido sarà tornato dal suo viaggio (starà assente tre anni, pur troppo) sarà ormai in età da marito. La bimba è un vero bottoncino di rosa, ha trecentomila lire di dote che non guastano, e io scommetterei che, nonostante le sottane corte, ella è già innamorata fin sopra gli occhi del mio ufficialetto.

Buondì, Teresa mia, leggi con pazienza questa lunga tiritera e scusa la seccatura che ti do.

Un tenero abbraccio

dalla tua MARIA.

PS. Pare che, il Colombo non essendo ancora in caso di uscire dall'arsenale, mio figlio ritarderà di qualche giorno la sua partenza per Venezia. Non importa; metto ugualmente questa lettera alla posta. Già confido che il ritardo sarà piccolo e che tu ti troverai in città all'arrivo del mio marinaio.

La Teresa Valdengo piegò i due foglietti vergati in una calligrafia fina e minuta e spiranti un acuto profumo di patchouli, li ricacciò entro la busta ch'ella teneva sulle ginocchia e ripose ogni cosa in un cassetto della sua scrivania. Poi, con la testa arrovesciata sulla spalliera della seggiola, con le mani conserte in grembo, s'abbandonò ai pensieri, assai più tristi che lieti, che già da quindici giorni non le lasciavano tregua. Quindici giorni! Erano passati come un lampo, e il tempo che li aveva preceduti sembrava lontano d'un secolo. La pace soave dell'anima, la tranquilla sicurezza di chi può tenere la fronte alta in mezzo a una società leggera e corrotta, il rispetto di sè, la compiacenza d'essersi meritata l'affezione nobile e pura di un uomo superiore, tutto era dileguato, tutto viveva appena nel mondo delle memorie e dei sogni. Ed ella stessa, la Teresa, viveva in una specie di dormiveglia, che lasciava sussistere in lei la coscienza del vero, pur togliendole la forza di scuotere l'inerzia della volontà. O che sarebbe di lei quando si fosse destata interamente?

Non cercava giustificarsi; sentiva bensì che uno strano concorso di circostanze aveva cospirato a' suoi danni. Il suo fido amico conte Mario Vergalli era partito per un viaggio pochi giorni prima che Guido di Reana giungesse; poche settimane prima era morto il dottor Pozzi, il vecchio medico che la conosceva da bambina e pranzava da lei un dì sì un dì no; le varie signore della società che l'ufficiale avrebbe potuto frequentare e che, così volentieri, si sarebbero incaricate di distrarlo, avevano preso il volo per la campagna; ella invece, per certi ristauri nella sua villa di Mogliano presso Treviso, era stata costretta a prolungare il suo soggiorno in città… Era sola, indifesa…

Una scampanellata la fece trasalire.—Chi sarà?—Indi ella sorrise malinconicamente della sua ingenua domanda. Chi poteva essere fuori che lui? Chi altri veniva adesso in casa sua? Troppo spesso ci veniva, senza riguardo per la gente, senza riguardo per la servitù, ed ella ogni volta era tentata di dirglielo, era tentata di accoglierlo meno bene, di riacquistare la piena padronanza di sè. Belle risoluzioni che restavano inadempiute. A che pro dargli un dispiacere? A che pro resistere… ora?

Il fallo d'una donna onesta

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