Читать книгу Il fallo d'una donna onesta - Enrico Castelnuovo - Страница 5
III.
Оглавление—Dunque mammina no?—ripetè Guido.
Ed ella, alla sua volta, in tono secco, reciso:—Ho detto di no.
Le pareva, e non a torto, che quel titolo desse un'apparenza incestuosa alla loro relazione.
—E allora diremo: Perchè il mio tesoro mi fa il viso duro?
Ella gli passò una mano nei capelli e sorrise.—È una tua fantasia.
—Mi ami sempre?
Spesso egli le faceva questa domanda, ed ella gli rispondeva di sì. Che cosa poteva rispondergli? Che altra scusa aveva se non quella di amarlo? Ma di tratto in tratto l'assaliva il dubbio che non fosse vero, ch'ella non avesse nemmeno questa scusa, l'unica buona.
Oggi ella rispose sospirando:—Pur troppo.
—Perchè pur troppo? Perchè?
—Perchè faccio male, e nel male non si dovrebbe perseverare.
—A me tu hai fatto tanto bene!—egli esclamò, scoccandole un bacio.—Sanguinavo ancora dai morsi di un demone, e adesso son portato sulle ali di un angelo.
A lei spiacevano queste frasi ch'egli pronunciava con enfasi melodrammatica. Si strinse nelle spalle e susurrò:—Che angelo!—Indi soggiunse:—T'ho fatto del bene?… Non come voleva tua madre, a ogni modo… S'ella sapesse!…
—Ti benedirebbe, mia madre.
Ella non replicò. Fors'era vero. Le madri considerano le cose sotto un punto di vista speciale. La Teresa Valdengo aveva fatto dimenticare a Guido di Reana la femmina indegna che lo aveva tenuto prima nelle sue reti; la Teresa gli aveva dato momenti dolcissimi, non gli smungeva la borsa, non gli chiedeva di sposarla, non pretendeva nulla; perchè la madre di Guido non l'avrebbe benedetta? Sì, nel suo inconscio egoismo l'ufficiale aveva côlto nel segno. A lui ella aveva fatto del bene. Che importava a Guido ch'ell'avesse rovinata la propria esistenza? A lui ella aveva fatto del bene. Non era abbastanza?
—A che pensi?—egli disse, vedendola taciturna, concentrata, chiusa in sè stessa.
Ella tentennò la testa.—A niente.
Guido tentò una carezza più ardita.
Ella si ritrasse.—No, no.
Le accadeva talvolta di aver come un risveglio degli antichi pudori; quasi l'illusione che non fosse vero ch'ell'avesse ceduto, ch'ella dovesse ceder di nuovo. Sulle prime, Guido, sconcertato, confuso dall'inattesa ripulsa, non capace ancora di dominare una certa soggezione che quella donna gli ispirava anche dopo il fallo, si atteggiava a un dolore così profondo e sincero, che ella stessa, la Teresa, non tardava ad aprirgli le braccia. Ma, ormai, cresciuta la dimestichezza, sbollita alquanto la passione, di Reana non si turbava per questi vani tentativi di resistenza, e persuaso che la sua amante non lo avrebbe lasciato andar via in collera, faceva l'indifferente, discorreva del più e del meno, intercalando nel suo discorso, senza forse rendersene conto, qualche parola acre, qualche allusione sgradevole…. Oh, così giovane aveva già imparata l'arte di tormentare la persona amata!
—Domani il Colombo esce dall'arsenale—egli disse.
—Ah!—fece la Teresa.
—Verrà ad ancorarsi in bacino, dirimpetto alla Caserma del Sepolcro… Dalla tua finestra lo vedrai benissimo… un po' a sinistra.
La Valdengo abitava un quartierino sulla Riva degli Schiavoni.
—Oh, lo vedrò per poco.
—No, no, il comandante Gerletti non è ancora arrivato, e scommetterei che non si salperà di qui che alla fine del mese… Non parliamo di malinconie adesso, e cerchiamo d'impiegar bene il tempo che ci rimane.
Egli fece di nuovo un movimento per abbracciarla; ella, di nuovo, lo respinse. Stasera egli le pareva così volgare.—Santo Iddio, che non si possa chiacchierare un poco in quiete, da buoni amici?… Via, raccontami qualche cosa.
—Non ho nulla da raccontare—rispose di Reana alzandosi dispettosamente. Prese da uno scaffale un volume legato con rara eleganza, lo portò sulla tavola, e si mise a sfogliarlo. Era un de Musset in edizione di lusso, con le illustrazioni di Bida.
—Anche questo è un regalo?—egli disse.
—Già, quasi tutti quei libri son regali.
—Del tuo conte?
—Di lui e di altri.
—Ma specialmente di lui?
—Specialmente di lui. Che te ne importa?
—M'è antipatico quel Vergalli. Non te n'hai mica a male?
—Non posso impedirti che ti sia antipatico… Ma non trovo cortese il dirmelo… E poi è molto singolare che sia antipatica una persona che non si conosce.
—Lo conosco a forza d'averlo sentito nominare. A ogni modo l'antipatia è istintiva… è reciproca… Giurerei che se il conte Vergalli fosse qui non potrebbe soffrire.
—Sono ipotesi.
—Pretenderesti forse ch'egli non avrebbe avversato il nostro amore?
—Certo che mi parrebbe più strano ch'egli l'avesse approvato.
—Ma che diritto—interruppe con qualche vivacità il sottotenente—che diritto ha quel signor conte di approvare o non approvare la tua condotta?
—Caro mio—replicò la Teresa—il diritto di giudicare i propri simili se lo prendono tutti, anche quelli che non lo avrebbero… E Vergalli lo ha… Ti ripeto ch'è amico mio, il mio migliore amico.
—In tal caso, o presto o tardi il suo bravo predicozzo te lo farà.
—Dovresti essergli riconoscente di non farmelo che tardi.
—Non lo nego… Tuttavia…
—Che c'è ancora?
—Mi trovi sconveniente?
—Ti trovo… curioso fuori di luogo… Ecco…
—Se è così, taccio.
—Parla, andiamo.
—Quel Vergalli… Ma se non vuoi che continui?
—No, no, continua.
—Lo conosci da molto tempo?
Ella sorrise.—Da quindici anni… Quanti ne avevi tu allora?
Guido proseguì imperterrito:—Non è stato mai altro che un amico per te?
—Un amico carissimo. Nient'altro.
—Però ti ha fatto la corte?
—Ha provato per me un'affezione sincera e profonda, che, vivente mio marito di cui egli era intimissimo, ho piuttosto indovinata che scoperta.
—E quando tuo marito morì?
—Mi offerse la sua mano e il suo nome.
—Che non hai accettato.
—No… Avevo già trentacinqu'anni; egli ne aveva più di cinquanta.
Siamo vecchi tutti e due, gli dissi. Restiamo due buoni camerati.
—Egli consentì?
—A malincuore, ma consentì.
—Spererà sempre.
—Non credo.
—E quando è assente ti scrive? Anche adesso ti scrive?
—Sì.
—Sospetta il nostro legame? Cerca distaccarti da me?
La Teresa alzò verso l'ufficiale i suoi occhi limpidi atteggiati a un'espressione di mite rimprovero.—Oh Guido! Tu mi dai un giorno della tua vita, un giorno che non può aver domani, e da me vorresti tutto, il presente, il passato e l'avvenire! Vorresti ch'io ti sacrificassi le mie memorie, le mie amicizie… Non ti basta quello che hai avuto?
Guido si portò le mani alle tempie.—Hai ragione, Teresa… Sono un pazzo, sono un perverso. Dovrei ringraziarti in ginocchio, e invece ti tormento.
—Forse ho avuto torto io—ella riprese—di respingere l'offerta di
Vergalli. Diventando sua moglie avrei avuto una difesa.
—Se ci fossimo incontrati non mi avresti amato?
—Ah, no—ella rispose fieramente. Ma, pensando forse che l'orgoglio era in lei fuori di posto, soggiunse a voce più bassa:—Spero.
—Cattiva! Avresti amato lui… nonostante la sua età?
—Tu dimentichi la mia… In ogni caso confido che un alto senso del dovere mi avrebbe protetta, come mi protesse in gioventù.
—Così bella, così seducente, non hai avuto amanti?
—Inquisitore! Sono stata anch'io corteggiata, insidiata come le altre; ma più fortunata delle altre, o più fredda, ho resistito.
Dopo una breve pausa susurrò con un amaro sorriso:—Ne valeva proprio la pena!
—Per me, per me sei discesa dal tuo piedestallo di santa?—proruppe di Reana cedendo nuovamente all'impeto della passione.—E dover partire! Dover lasciarti!… Vuoi, Teresa, ch'io non parta? Ch'io trovi un pretesto per rimanere accanto a te?
—Bambino!—ella disse.—Mi stimi così poco da presumere ch'io ti consiglierei una viltà, che t'incatenerei alla mia esistenza, che rovinerei la tua carriera?
—Dover lasciarti per tre anni!—ripetè di Reana seguendo il corso dei suoi pensieri—Essere in capo al mondo, e saperti qui circondata da gente che non risparmierà nessun mezzo per strapparti dal mio cuore!
Mentr'egli si sfogava in vane querele, un'infinita tristezza si dipingeva sul volto della Teresa. Ella avrebbe voluto dirgli:—O fanciullo, tu parli della nostra relazione come di cosa che possa sopravvivere a un distacco di tre anni, e un'ora forse dopo che il Colombo sarà uscito dal porto ti ricorderai appena di me, e forse tra pochi mesi, se t'accadrà di dover discorrere di quest'avventura, te ne scuserai con gli amici… Una condiscepola, quasi una coetanea di tua madre!… E intanto, disgraziato, ti crucci all'idea che alcuno prenda il tuo posto e temperi l'acerbità del mio cordoglio… S'io morissi dopo il tuo ultimo bacio, allora sì saresti contento.
Eppure, di mano in mano ch'ella faceva queste riflessioni acerbe, la Teresa sentiva rammollirsi il suo cuore; provava una pietà dolorosa, quasi materna, pel giovinetto che adesso certo l'amava con un trasporto sincero, che pendeva dalle sue labbra, ch'era a vicenda beato e infelice per cagion sua. Nè gli rinfacciava il suo egoismo; non era lui l'egoista; il grande egoista era l'amore. Anch'ella se ne accorgeva talvolta; anch'ella, dopo la sua caduta, era assalita di tratto in tratto dalla febbre dell'annichilimento, della distruzione. V'erano momenti in cui ella capiva le regine, le imperatrici che avevano ucciso i loro amanti, perchè le labbra che le avevano baciate non si posassero su altre labbra, perchè i cuori ch'esse avevano sentito battere sul loro petto non si posassero sopra altri cuori.
Lento lento egli le si avvicinò per di dietro, e chinandosi sopra di lei le sfiorò i capelli.
Con un fremito ella arrovesciò la testa: negli occhi dolci e bellissimi egli lesse il perdono e si chinò ancora di più… Le loro labbra si unirono.