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LIBRO VENTESIMOSECONDO
CAPITOLO VI
ОглавлениеDe' Riti della Regia camera
Pure sotto il Regno di Roberto furono compilati i riti della Regia Camera. Questo Tribunale non solo in tempo dell'Imperador Federico II si reggeva dai maestri Razionali, ma anche nel Regno di questi Re angioini. Erano questi Ufficiali di grande autorità, e perciò vediamo i più distinti personaggi di que' tempi impiegati a queste cariche; e dalla Regina Giovanna I furono di maggiori prerogative e privilegi arricchiti. La principal loro incombenza era d'invigilare sopra i diritti e rendite fiscali, costringere i minori Ufficiali come Doganieri, Tesorieri, Credenzieri ed altri, a render ragione della loro amministrazione, ricevere da essi i conti dell'esazioni fatte, e raccogliere il denaro per mandarlo alla Camera del Re. Queste rendite per la maggior parte si cavavano da' dazi, gabelle, dogane, regalie e da altre ragioni fiscali, così antiche come nuove. Nel Regno de' Normanni queste esazioni restringevansi a poco numero, ed erano assai moderate, e particolarmente in tempo del buon Re Guglielmo; ma da poi che l'Imperator Federico I restituì le regalie, che s'erano quasi perdute in Italia, e che tutti gli altri Principi, al di lui esempio, vollero anche restituirle ne' loro Stati, s'accrebbe il di lor numero, e furono più pesanti. Così passato questo Regno dai Normanni a' Svevi, Federico II ve n'impose delle nuove: instituto, che fu poi dagli altri Re suoi successori continuato, come quello che conduceva molto all'abbondanza del loro erario, donde potevano sostenere più grandi eserciti e numerose armate. I Re della casa d'Angiò, ancorchè più volte ne' loro Capitoli promettessero moderarle, e di ridurle secondo erano al tempo del Re Guglielmo il Buono; con tutto ciò, per le lunghe ed ostinate guerre che soffrirono, e particolarmente per quella di Sicilia, non ne fecero nulla, anzi di tempo in tempo più crebbero. Furono per ciò queste ragioni fiscali divise in antiche e nuove.
Dell'antiche, cioè di quelle, che furono prima dall'Imperador Federico II nel Regno di Guglielmo, e suoi successori Normanni, abbiamo che Andrea d'Isernia64 ne formò due Cataloghi: uno se ne legge nelle note, che fece alle Costituzioni del Regno sotto la rubrica de decimis: e l'altro tra i riti della Regia Camera, pure sotto il medesimo titolo65. In poche cose, e sol nell'ordine è l'uno vario dall'altro: ecco il novero, che ne fece nelle Costituzioni.
Jura vetera sunt haec, videlicet
Dohana.
Anchoragium.
Scalaticum.
Glandium, et similium.
Jus Tumuli.
Portus, et Piscaria.
Jus Affidaturae.
Herbagium, Pascua.
Passagium vetus.
Jus Casei, et Olei non est ubique per Regnum.
Ecco l'altro che pose fra i Riti della Camera.
Jura vetera sunt haec
Jus Dohanae.
Jus Anchoragii.
Jus Scolatici, ovvero
Jus Colli.
Jus Tumuli.
Jus Portus, et Piscariae vetus.
Jus Bucceriae vetus.
Jus Affidaturae herbagii, pascuorum, glandium, et similium.
Jus Casei, et Olei, non est ubique per Regnum.
Jus Passagii vetus.
Delle nuove parimente ne abbiamo del medesimo Autore ne' luoghi allegati due cataloghi. Furono queste introdotte da Federico II Principe appo gli Scrittori Guelfi, che scrissero sotto il Regno degli Angioini, riputato tiranno, e che angariasse in cento maniere i suoi sudditi: Andrea d'Isernia sopra gli altri l'ha sempre nelle sue opere malmenato, e dipinto per un crudele, e lo pone per ciò nel fuoco penace dell'Inferno: dice nelle Costituzioni66, che perciò la Chiesa non vuole le decime di queste esazioni, come ingiuste, ed imposte da Federico contro Dio e la giustizia: De illis non vult Ecclesia decimas, tanquam de male oblatis, quae imposita fuerunt per illum contra Deum, et justitiam: per quod videtur ille Federicus quiescere in pice, et non in pace. E nel Rito I sotto il titolo de Jure Tinctoriae, et Celandrae, dicendo che questi dritti come nuovi ed odiosi non doveano stendersi per interpetrazione, ma più tosto restringersi, scrisse: Imposita fuerunt haec ab eo, qui depositus fuit a Regno, et Imperio: poena sua propterea in Inferno crescit semper, sicut poena Arii, ut Augustinus dicit. Ma queste erano vane querele, parole inutili e buttate al vento. S'incolpava, e detestava Federico per avergli introdotti, si declamavano per empj ed ingiusti; ma non per questo i Re Angioini, Roberto istesso, e Carlo suo padre, sotto i quali egli scrivea, gli tralasciarono; anzi Roberto per avergli rigidamente esatti ed accresciuti ne fu imputato d'avarizia.
L'istesso Andrea67, che declamando dice, che la Chiesa nè men per quelli vuol decime, ci racconta, che Filippo Minutolo Arcivescovo di Napoli, mal soddisfatto della convenzione passata col Re Carlo II che si dovessero pagar le decime per le due terze parti, lasciandone una, che si credette poter importare per li nuovi ed illeciti diritti, tornò a moverne litigio, credendo essere stato ingannato; ma dopo un lungo contrasto, essendosi appurato che importava assai meno ciò che gli apparteneva, quando non voleva esigere per li nuovi dazj, i quali importavano somma assai maggiore dei vecchi, e che perciò bisognava restituir grosse somme, niente curandosi più dell'indebita esazione, nè di proseguirla per l'avvenire, pregò il Re che per grazia glie le accordasse, e continuasse ad esigere le due terze parti, come prima; e per togliere ogni scrupolo, il Re acconsentì, che per l'avvenire si pagassero a lui due parti intere; ma che ciò che gli veniva per questo suo dono, dovesse impiegarlo per l'edificio del Duomo di Napoli, e quello finito, se gli dovesse continuare il pagamento con peso di pregare Iddio per l'anime de' suoi genitori, e di dover ergere in quella Chiesa alcuni altari, siccome narra Isernia, che a suo tempo si faceva e si pagava68.
Questi nuovi diritti, secondo il novero, che fa Isernia nelle Costituzioni del Regno, sono:
Nova sunt haec, videlicet
Jus Fundici Ferri.
Azarii. Picis.
Salis.
Jus Staterae, seu Celandrae.
Ponderaturae.
Jus Mensuraturae.
Riae de nove.
Jus Setae. Jus Cambii.
Saponis. Molendini.
Bechariae novae.
Imbarcaturae. Jus Sepi.
Jus Portus, et piscariae novum.
Jus Exiturae.
Jus Decini. Tentoriae.
Jus Marchium.
Jus Balistrarum. Jus Gallae.
Jus Lignaminum non est ubique.
Jus Gabellae auripellis non est ubique per Regnum.
Jus Resinae, seu reficae majoris, et minoris non est ubique, sed Neapoli.
L'altro Catalogo delle medesime, che pose fra i Riti è questo.
Jura nova sunt haec
Jus Fundici.
Jus Ferri.
Jus Azarii.
Jus Picis.
Jus Salis.
Jus Staterae, seu ponderaturae.
Jus Mensuraturae.
Jus Exiturae.
Jus Setae.
Jus Tinctoriae, et Celandrae.
Jus Cambii.
Jus Bucceriae novum.
Jus Imbarcaturae.
Jus Sepi.
Jus Partus, et Piscariae novum.
Jus Decini.
Jus Balistrarum.
Jus Reficae majoris, et minoris.
Jus Marium, saponis, molendini, et gallae, non sunt ubique, sed in Apulea.
Jus Lignaminum, non est ubique.
Jus Gabellae auripellis.
Di tutte queste ragioni fiscali, delle loro esazioni, delle persone che erano obbligate a pagarle, del modo di riceverne conto da' Doganieri, Credenzieri, Gabellotti, ed altri minori Ufficiali, delle loro colpe e difetti nell'amministrazione de' loro pleggi, degl'incanti, che doveano premettersi per gli affitti, e degli escomputi pretesi, e di tutte le quistioni e liti che insorgevano intorno a ciò tra le Parti e 'l Fisco, questo Tribunale della Camera de' Conti n'era il giudice competente. Veniva retto, oltre il Luogotenente del Gran Camerario suo Capo, da' Maestri Razionali, chiamati così, a rationibus quibus praesunt69. Era perciò questo Tribunale nomato Auditorium rationum: poi fa detto Audientia Summaria: e finalmente Camera Summaria70. Accadevano per conseguenza molto spesso de' dubbj intorno a tutte queste cose, ed i M. Razionali li decidevano, e secondo le loro decisioni, da quelle che furono in ogni tempo uniformi e costanti, ne sursero vari Riti e stili di giudicare, e varie norme e regole per potersi in casi simili, in decorso di tempo, valere. Prima d'Andrea d'Isernia questi Riti ed osservanze non si potevano ricavare, se non dai libri del Tribunale, ove erano notati: e poichè a tutti non era facile averne copia o comodità d'osservargli, non erano così universalmente noti e palesi. Furono, egli è vero, alcuni regolamenti a ciò attenenti fatti inserire nelle nostre Costituzioni, come sotto il titolo de Officio Magistrorum Fundicariorum, ed in alcuni altri; ma dice l'istesso Andrea nelle note a questa Costituzione, che gli altri statuti di Federico a ciò riguardanti, erano nelle dogane, nè furono uniti a quel volume delle Costituzioni: Sicut dicunt alia statuta Imperialia, quae sunt in Dohanis, nec sunt redacta in hoc volumine. Questo gravissimo Giureconsulto fu dunque, che trattigli da' registri delle dogane e degli Atti di quel Tribunale, gli compilò, e ridusse in quella forma che ora si leggono. Nè era da sperare che altri avessero potuto con tanta diligenza, ed esattezza por mano a quest'opra, con quanta da lui si fece. Era stato egli creato M. Razionale dal Re Carlo II, e poi visse tale in tutto il tempo che regnò Roberto, che vuol dire 34 altri anni, sin che dalla Regina Giovanna I non fosse innalzato al posto di Luogotenente; onde niuno meglio di lui poteva darci i Riti di questo Tribunale, e compilargli con tanta nettezza e dottrina, con quanta si vede.
Ch'egli ne fosse stato il Compilatore, non è da dubitare: abbiamo veduto per lo confronto fatto dei Cataloghi di queste ragioni fiscali, riconoscer quelli un medesimo Autore. È manifesto ancora da un altro confronto, che può farsi di ciò che scrisse l'istesso Andrea ne' Commentarj de' Feudi sotto il titolo, Quae sint regalia, in § vectigalia, in add. n. 14 e nelle note alla Costituzione suddetta de Officio Magistrorum Fundicariorum, e da ciò che si legge in questi Riti sotto la rubrica de jure fundici71, ove si veggono ripetute ad literam l'istesse parole. Il medesimo Andrea nell'ultimo Rito de jure Dohanae nel fine cita se stesso; si rimette a quel ch'egli medesimo avea scritto in cap. unico, § Sacramentum, de consuet. rect. feud. Ce lo testificano ancora gli Autori suoi coetanei, o che fiorirono non molto dopo lui. Luca di Penna fu suo contemporaneo, perchè fu coetaneo di Bartolo, e quegli attesta, il Compilatore di questi Riti essere stato Andrea72. Goffredo di Gaeta, che nell'anno 1460 come e' dice nel Rito 2 de decimis, compose i Commentarj, ovvero letture sopra i medesimi, passa in più luoghi per cosa fuor d'ogni dubbio che Andrea ne fu l'Autore73. Il medesimo scrissero Liparulo nella di lui vita74, e l'Anonimo75 Autor delle Note a' Riti suddetti. E finalmente a lettere cubitali ciò si legge nel Codice di questi Riti, che si conserva nell'Archivio della Regia Camera, che porta in fronte questo titolo: Ritus Domini Andreae de Isernia super universis juribus Dohanarum, et aliarum Regni Siciliae Gabellarum.
Furono appellati da Andrea questi Riti Jura Imperialia, non perchè l'Imperador Federico nella maniera, che ora si leggono, gli avesse egli fatti compilare, come fece del libro delle nostre Costituzioni; ma perchè alcuni dritti, che si leggono in essi, furono nuovamente da Federico introdotti, e chiamati per ciò jura nova, ovvero Imperialia, a differenza degli antichi, chiamati jura vetera, ch'erano prima di lui nel Regno de' Normanni. Ancorchè Andrea d'Isernia, per privato studio e diligenza, avesse fatta questa Compilazione, non per pubblica autorità, siccome furono da poi fatti compilare i Riti della G. Corte della Vicaria dalla Regina Giovanna II, che per sua Costituzione diede loro forza e vigore; non è però, che i medesimi non abbiano avuta sempre, siccome ritengono ancora oggi, tutta l'esecuzione ed osservanza, e che non abbiano presso noi quel medesimo vigore, che hanno le leggi nostre scritte, come dipendenti da un non mai interrotto stile, e da un antico uso di questo Tribunale76. Egli è vero, che per lo corso poco men di quattro secoli, da che furono compilati, molte cose sono mutate, ed altre cose nuove introdotte, onde di questo Tribunale, oltre i Riti, abbiamo ora anche molti Arresti raccolti dal Reggente de Marinis; nulladimanco in ciò, che per nuova legge non fu mutato, o per contrario uso andato in dimenticanza, han tutta la forza e tutto il lor vigore.
Abbracciò Andrea in questa Compilazione tutti i dritti così antichi, come nuovi di sopra annoverati, divisegli con più distinzione in più rubriche, e collocò sotto ciascuna di esse più o meno Riti, secondo che la copia, o brevità del soggetto richiedeva. Trattò ancora, quasi per appendice, di molte cose appartenenti agli Ufficiali, che hanno l'amministrazione ed esazione de' medesimi, con rubriche separate, come si vede nella rubrica 1, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 34, 35, 36, 37 e 38. Egli è da avvertire che fra questi si leggono alcuni Arresti fatti dai M. Razionali dopo la compilazione fatta da Isernia, e inseriti da poi ne' luoghi adattati al soggetto, com'è l'arresto, che si legge sotto la rubrica 11 de Tracta, fatta a settembre dell'anno 1382 e consimili. In oltre la rubrica 31 ch'è l'ultima, de jure Falangae, seu Falangagii, fu aggiunta dopo la Compilazione d'Isernia; perchè questo nuovo dritto o sia gabella, ch'è membro della Dogana, fu imposto nell'anno 1385 dal Re Carlo III di Durazzo: questo Principe l'impose dalla città di Gaeta insino a Reggio per quanto corre il Mar Tirreno77: da poi Alfonso I d'Aragona nell'anno 1452 lo stese per tutto il Regno, dal fiume Tronto insino a Reggio per quanto corre il Mar Adriatico: tra questi due Mari è collocato il Regno.
Il primo, che dopo un secolo e più anni commentasse questi Riti fu Goffredo di Gaeta figliuolo di Carlo, che fiorì sotto il Re Ladislao e la Regina Giovanna II, in qualità di Avvocato fiscale. Goffredo suo figliuolo emulando le virtù paterne, e calcando le medesime sue pedate, fu gran tempo nel Regno della Regina Giovanna II M. Razionale, da poi dal Re Alfonso I avendo questo Principe al Tribunale della Camera de' Conti aggiunti quattro Presidenti di toga, e due idioti, fu creato Presidente della medesima; la qual carica continuò nel Regno di Ferdinando I infino al tempo di sua morte, che accadde nell'anno 1463 è verisimile che cominciasse questa sua fatica nel Regno d'Alfonso, e la terminasse sotto Ferdinando, già che nel Rito 2 de decimis, dice, che a riguardo del tempo, nel quale egli scrivea, cioè nel 1460 i diritti imposti da Federico non si potevano dir più nuovi, ma antichi, essendo scorsi dal dì della sua deposizione (che la pone nel 1244) ducento e sedici anni. I suoi Commentarj sono dotti, gravi e proprj della materia che si tratta, senza divagarsi in quistioni inutili ed estranee, come allora correva il vizio degli altri Commentatori. Perciò furono dai Professori de' seguenti tempi tenuti in sommo pregio, e riputato l'Autore per uno de' maggiori Giureconsulti de' suoi tempi. Morì egli in Napoli nel 1463 come lo dimostra l'iscrizione del suo sepolcro, che si vede nella chiesa di S. Pietro Martire nella cappella della sua famiglia, ove giace sepolto insieme con Carlo suo Padre.
Dopo il corso d'un altro secolo abbiamo che fossero state fatte quelle note, che si leggono a questi Riti d'un Autore incerto ed Anonimo; poichè s'allegano dal medesimo decreti ed arresti della Camera degli anni 1554, come nel Rito primo de Jure Ponderaturae, del 1565 come nel Rito 14 de Jure Fundici, ed altrove allega molte scritture e consulte di quel Tribunale fatte in questi medesimi tempi. Allega spesso Goffredo di Gaeta, Matteo d'Afflitto, e sovente anche Autori del decimosesto secolo. Queste note sono proprie, dotte ed utilissime, ripiene di molte notizie degli atti del Tribunale, de' suoi arresti, lettere, consulte, carte regali, registri e ogni altro che poteva conducere alla vera intelligenza de' vocaboli, e de' sentimenti di questi Riti e delle mutazioni, aggiunzioni e variazioni ch'erano seguite insino a' suoi tempi, intorno alle nuove imposizioni d'altri diritti e gabelle, e delle loro origini, e progressi ed abusi; tanto che non meriterebbe il suo nome presso i posteri essere rimaso così oscuro e sepolto.
Abbiam veduto poi a dì nostri un altro Commento, ovvero come l'Autor gli chiama, nuove Addizioni su questi Riti, compilato per Cesare Nicolò Pisani Giureconsulto napoletano, il quale nell'anno 1699 insieme co' Commentarj di Gaeta, e note dell'Anonimo, gli diede in Napoli alle stampe. Sono indegne d'esser paragonate, e poste insieme colle fatiche di que' due insigni Giureconsulti; sono piene di cose vane ed inutili, ricolme di quistioni lontane ed estranee di quel che ricercava il soggetto: diffuse e goffe, ed unicamente poste insieme senz'ordine e senza metodo, per far crescere il volume.
64
Andr. in Constit. quanto caeteris, de decimis.
65
Rit. 1 de decimis, etc.
66
Andr. Constit. quanto de caeteris, de decimis.
67
Rit. 2. R. Cam. de decimis.
68
V. Chioccar. de Archiep. Neap. ann. 1288 pag. 188.
69
L. fin. C. si propter pubblicas pensitationes.
70
Auctor, Anonym. in notis Rit. R. C. rub. 36.
71
Rit. 18.
72
Luc. de Penna in l. si tempora. C de fid. instrum. et host. fisc. lib. 10.
73
Goffred. de Gaeta de jure Dohanae, n. 179 et 181 et in rubr. de non positis, aut subtract. in quater. etc. num. 2.
74
Lipar. in vita Andr. vers. Invenimus etiam Andream compilasse, etc.
75
Auth. in annot. ad rubr. 1.
76
Rov. it. decis. 18 n. 4. Galeot. resp. Fiscal. 15 num 5. Philippis diss. Fiscal. 1 n. 147.
77
Annot. in rub. ult. de jure Falangae.