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6 – Perdersi, poi cercarsi più di prima (Realtà)

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Il pomeriggio era freddo, nonostante la primavera fosse già arrivata.

Nicòle giunse con guance e ginocchia arrossate, e il piccolo naso ghiacciato. La sua figura slanciata emerse superba, tra i giochi di luce dei cristalli della porta. Flora rimase abbagliata, ancora una volta, dalla sua leggiadria. Era mancata per una settimana e la donna si era resa conto di quanto l’amasse già.

Padrona del mondo, Nicòle si spogliò del soprabito e della sciarpa bianca. Poi tolse il cappellino di cotone, lasciando scorrere sulle spalle i capelli d’oro. Inondò la casa di sorrisi e di parole senza importanza.

“Niente scuola per domani, niente compiti oggi!” Stabilì, spadroneggiando, che era il pomeriggio adatto per guardare “Il dottor Zivago”. Flora avrebbe voluto piangere, ma non lo fece, né si oppose alla richiesta, l’attendeva da troppo, per non esaudire i desideri della sua piccola “tiranna”. Iniziò a sentire le farfalle nello stomaco, mentre con la mente pregustava le carezze che tanto bramava. Le loro mani avrebbero danzato con le dita, intrecciandosi e respingendosi, come ballerine su un palco. Non riusciva a porre freno al suo desiderio, né a porre un vero freno a quello della ragazza.

Ma da troppo erano in stallo: non poteva continuare così. Flora decise di rompere gli indugi e di giocare le sue carte:

«Vai a fare pipì allora, altrimenti dopo ti seccherà alzarti» le sorrise. «Io intanto vado a preparare il the.»

«Sì, Badrona!» la prese in giro Nicòle.

Mentre Flora armeggiava in cucina, la giovane che si attardava nel bagno gridò:

«Ho una sorpresa, la vuoi vedere?»

«Oh, ohhh!» rilanciò Flora, «le “tue” sorprese non promettono niente di buono al mio destino…»

«E invece sì, guardami!» uscì dal bagno e si mise in mostra. Aveva indosso solo lo spesso maglione a coste. Sotto, invece dei calzettoni, indossava collant neri e velati. Flora ebbe un sobbalzo, nonostante la ragazza tenesse le cosce serrate, era evidente che non indossava le mutandine: un ciuffetto biondo e delicato, schiariva le calze, proprio sull’inguine virginale.

«E guarda, ora» disse Nicòle, con un sorriso che sapeva di giovanile impertinenza. Divaricò i piedi allargando le gambe. Aveva squarciato grossolanamente i collant con le dita, proprio tra le gambe, così le calze facevano da cornice a quello spettacolo mozzafiato.

«È una mia invenzione! Ti piace?» Non attese risposta; tanto sapeva che non sarebbe arrivata. La bocca di Flora si era spalancata per lo stupore e adesso non riusciva a proferire una sola parola.

«Queste mi terranno più calda, starò comodissima. E senza le mutandine, posso fare la pipì facilmente.» Alzò lo sguardo e fissò Flora con aria spavalda, gli occhi di cerbiatta la sfidarono senza pudore. Flora riuscì a distrarre la sua attenzione da quello spettacolo. Col respiro affannoso finse di borbottare qualcosa sui giovani, voltandosi per nascondere il rossore delle gote. Si dedicò tenacemente a filtrare il the e lo versò caldo nelle tazze preferite, poi senza una parola si ritirò di sopra, in camera.

Nicòle si era già sistemata sul divano, accogliente come un'alcova; aveva osato, ma in cuor suo si augurava di non avere esagerato.

Il film era appena iniziato. Dalle scale potè spiare Flora mentre tornava in salotto. Si era cambiata: ora indossava un lungo camicione, stretto sui seni, una specie di stile impero, sotto, infatti, si svasava leggermente e davanti era chiuso coi bottoni. La ragazza notò che non aveva più le calze. “Avrà caldo” pensò tra sé, e provò piacere a quella vista.

Peccati Erotici Delle Italiane, Volume I

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