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1 Premessa

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La rivoluzione digitale ha determinato importanti novità nella produzione e nella ricezione di testi, scritti e orali. Le novità sono state il risultato dapprima della diffusione dei personal computer e poi, con importanti cambiamenti nelle pratiche di lettura e scrittura, dello sviluppo della connessione in mobilità e della conseguente diffusione degli smartphone, avvenuta da non più di un ventennio.

Se si prescinde da alcuni accenni alle nuove tecnologie presenti negli ultimi lavori dei due autori, su cui torneremo più avanti, il modello di Koch/Oesterreicher (1985; 1990/22011; 2007)1 rimane inevitabilmente al di qua della rivoluzione digitale. Come è noto, il modello ha un impianto complessivo assai articolato che prevede una prima distinzione su due dimensioni: quella attinente il Medium (dimensione ‘mediale’), basata sulla netta contrapposizione ‘fonico’ vs. ‘grafico’, e quella, forse più nota in Italia, attinente la Konzeption, cioè la concezione globale del testo (dimensione ‘concezionale’), basata sulla contrapposizione ‘vicinanza’ (Nähe) vs. ‘distanza’ (Distanz) comunicative, intese come poli opposti di un continuum. Proprio la natura non binaria, pragmatica e interlinguistica di questa seconda parte rende il modello abbastanza duttile per trattare fenomeni di organizzazione della comunicazione mediata elettronicamente (EMC)2 e per comprendere il circuito di produzione/comunicazione di testi spesso ibridi come quelli digitali. Un aggiornamento o una rivisitazione del modello a oltre trent’anni dalla sua prima formulazione (Koch/Oesterreicher 1985) è tuttavia auspicabile e necessario, sia per quanto riguarda alcuni parametri fondamentali, alcuni dei quali inevitabilmente assenti nell’impianto originale, sia per quanto riguarda il ripensamento delle nozioni stesse di ‘parlato’ prototipico e di ‘scritto’ prototipico, dalla cui tradizionale contrapposizione scaturiva inizialmente anche il modello complessivo. Siamo, per fare solo un esempio, oggi assai più attenti e consapevoli anche rispetto al diverso tipo e grado di multimodalità e pluricanalità che non solo i diversi generi di parlato ma anche di scritto in misura maggiore o minore normalmente comportano (cf. Kress 2010; Jucker/Dürscheid 2012, 45; Voghera 2017).

La quantità e la qualità delle novità è tale, insomma, da suggerire di rivedere e approfondire non solo alcuni parametri della parte concezionale ma soprattutto di ripensare in maniera più articolata anche il côté mediale del modello originario, ed è quello che proveremo a fare in questo lavoro, dopo una rapida sintesi sulle principali caratteristiche delle scritture digitali e sulla situazione italiana rispetto ai modelli (o all’assenza di veri e propri ‘modelli’) alternativi a quello di Koch e Oesterreicher. Ciò ci consentirà di osservare come alcune forme di organizzazione del testo che la EMC consente mettano in crisi non solo le procedure tradizionalmente usate per distinguere la modalità scritta da quella parlata, ma anche la nota distinzione concettuale tra testi intesi in quanto ‘prodotti’ e discorsi in quanto ‘processi’ (cf. Palermo 2013, 21–23; Calaresu 2015a, 43–45). Si tratta di cambiamenti particolarmente visibili soprattutto nelle conversazioni scritte semi-sincrone della EMC. Su queste, tenendo conto sia del processo di produzione che di ricezione, concentreremo maggiormente la nostra attenzione. L’odierna EMC e più in generale il web consentono infatti per la prima volta di rendere esplicita e dunque visibile la discontinuità o non sequenzialità (peraltro già possibile anche in ambiente cartaceo) non solo della produzione, ma anche e soprattutto della fruizione. La produzione scritta di testi, sia mono- che multimodali, procede infatti necessariamente un pezzo per volta, non così la ricezione, che implica in modo crescente la sovrapposizione e la gestione di operazioni multiple di lettura (per es., più schede aperte) – si pensi al multi-tasking, e alla sua ulteriore deriva che è il multi-slacking, cioè l’abitudine di tenere aperti e seguire contemporaneamente più programmi, app e file, spesso impegnando contemporaneamente anche l’ascolto insieme alla lettura visiva di materiali testuali diversi. Chiuderemo infine il lavoro riprendendo, alla luce di quanto discusso, la questione della ‘simulazione’ del parlato nella scrittura, che – ricordiamolo – è una di quelle situazioni ritenute ‘ibride’ dal punto di vista mediale (per es. il cosiddetto parlato-grafico) in ragione delle cui particolarità linguistico-testuali Koch e Oesterreicher elaborarono il loro modello mettendo in campo la dimensione ‘concezionale’ attraverso parametri e concetti, all’epoca relativamente inediti, come ‘vicinanza’ e ‘distanza’ comunicative.

Was bleibt von kommunikativer Nähe und Distanz?

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