Читать книгу Sindòn La Misteriosa Sindone Di Torino - Guido Pagliarino - Страница 20

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"Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesú. Egli andò da Pilato e chiese il corpo di Gesú. Allora Pilato ordinò che fosse consegnato. Giuseppe, preso il corpo di Gesú, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò" (Matteo, 27, 57 - 60).

"Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesú. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro" (Marco, 15, 42 - 46).

"C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesú. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato (Luca, 23, 50 - 54).

Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatea, che era discepolo di Gesú, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesú. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesú. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesú e lo avvolsero in bende12 insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque posero Gesú, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino (Giovanni, 19, 38 - 42).

Giovanni ci parla pure del ritrovamento dei lini funerari di Gesú, la mattina della domenica successiva al venerdì della crocifissione, nel sepolcro ormai vuoto ch'era stato di Cristo prima che risorgesse13 :

"Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesú amava14 , e disse loro: 'Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!'. Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti" (Giovanni, 20, 1 - 9).15

Dunque bende?! Non sindone?

Ebbene, avevo detto che avevo lasciato un indizio; precisamente, avevo parlato di traduzione. Se si va all'originale greco, si vede che i due apostoli, oltre al "sudario", fazzoletto funebre che era posto sul capo16 , rinvengono othònia, cioè generici tessuti di lino, al plurale, quindi non bende come risulta nella traduzione italiana del 197417 , che non è alla lettera. Poiché othònia significa generici tessuti di lino, la parola può infatti riferirsi di fatto, essendo parola plurale, a un lenzuolo insieme a un fazzoletto-sudario e a bende18 ; ma di certo non significa precisamente bende. Si noti che gli altri tre evangelisti non ci dicono di quale tessuto fosse la Sindone di Gesú: ci pensa Giovanni che scrive il suo Vangelo per ultimo, tra gli anni 80 e 100, a colmare la lacuna:

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario -che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Se avesse voluto parlare espressamente di bende, Giovanni avrebbe usato non othònia ma keirìai come, nel medesimo Evangelo - Giovanni, 11, 44 -, relativamente alla risurrezione di Lazzaro.

Cenni parastorici alla Sindone fino al 1356 e il primo vero e proprio documento storico in quell’anno

La storia della Sindone dal 1356 in poi (v. parallelamente, infra, la Cronologia) è documentata senza vuoti temporali. Per i secoli precedenti, invece, si tratta soprattutto di tradizione e di ipotesi, oltre che di pochi documenti scritti non decisivi.

Cirillo di Gerusalemme attorno all’anno 340 definisce “testimoni della Risurrezione” la roccia rossa dalle venature bianche del Sepolcro e la Sindone - non dice: bende - che, secondo gli evangelisti sinottici, aveva avvolto Gesù; non informa però se avesse visto personalmente quel telo. Il collegamento con la Sindone di Torino è al riguardo improponibile. Circa duecento anni dopo, siamo verso il 570, un certo Antonino da Piacenza, pellegrino a Gerusalemme, afferma che in questa città si può vedere il “sudarium” che fu in capo a Gesù, precisando che esso è conservato in un monastero presso il Giordano: a parte il fatto che il pellegrino non parla di un’immagine sovra impressa, anche in questo caso non si può pensare al Telo di Torino, anzi nemmeno a una sindone in generale, trattandosi d’un fazzoletto. Non dimentichiamo peraltro quante presunte reliquie circolassero in quei secoli, dai chiodi di Cristo al legno della Croce, dalla lancia di Longino che avrebbe trafitto il costato di Gesù crocifisso a fazzoletti vari con lacrime della Madonna, ad altri resti sacri ancora19 .

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