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Genova, saudade e spleen
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Aperitivo in centro

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Il mio cuore è una sedia vuota

dove nessuno si vuol sedere

e il cervello una spugna fradicia

che gli angeli strizzano nel tuo bicchiere

E quel tuo sguardo d’ossidiana rovente

che ti scivola lungo il naso fino a farsi bacio

e più giù, fino alle nostre ginocchia

che si toccano, si evitano

scambiandosi desideri d’ossa e sinoviti

Aperitivo in centro

e non so che cosa dire

Tavolino, piattini, seni sotto il maglione, orlo di bicchieri:

è un delirio di rotondità che sfugge

e falena sbatte contro i vetri del tuo silenzio

La strada balla veloce sulla coda dei nostri occhi

Le dita sono ganci per appendere i tuoi sorrisi

Dammi una parola da incorniciare stasera sopra il mio letto

ché è stufo, sai,

delle lacrime di madonne

e dello stillicidio di stigmate perenni

Dammi i tuoi piedi

e magari sdoppiali

così che li possa far calzare al tavolo di cucina

e baciarli ad ogni prima colazione

inginocchiandomi in orazione laica e carnale

Oppure alzati, andiamo.

Apri quel compasso abbronzato

che fu usato per tracciare l’equatore

Contro il tramonto

il tuo profilo nero

s’intreccia con la stenografia delle cime di colline

e ogni tuo passo è un punto esclamativo.

Lasciami essere camicia

sotto il ferro rosso della tua lingua

Lasciami essere mare

per le tue mani seppie

gonfie d’inchiostro e certezze

E questa notte ascolterò il gioco d’arpa dei tuoi piedi sottili

tra le lenzuola e le fiamme

e chiuderò i tuoi palmi

dopo averci letto

l’ultimo indimenticabile capitolo

della mia giornata.

Lascia che sia io ad aprire la porta dei tuoi sogni

prima di posare

i miei occhi sul comodino

e il mondo sulle spalle di Atlante.


Генуя Хандрящая

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