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Xenia l’ospitalità per eccellenza
ОглавлениеMa io amo la delicatezza ed Éros ha ottenuto per me la bellezza e la luce del sole.
Saffo
Saffo, poetessa greca di Lesbo, che ama, gode e soffre le bellezze della natura e delle cose che la circondano, e che potentemente racconta l’amore come tormento e al tempo stesso ragione di vita, luce, respiro, insopprimibile e irrinunciabile, parla di doni quando si riferisce all’ospitalità. Ed è un passaggio eloquente quello dell’Odissea, quando il nostro eroe, travestito da mendicante per non farsi riconoscere da Penelope, sua moglie, le dice che il suo uomo tornerà. Lei, saggia e fedele, risponde: “Magari questa parola, ospite, si compisse: allora presto conosceresti amicizia e molti doni da me”. Sì, xenia è il dono dell’ospitalità.
L’arte dell’ospitalità risale agli antichi greci – la xenia, da xenos, lo straniero al quale era considerato un dovere riservare una degna accoglienza. Ce l’ha insegnata Eschilo, ne Le supplici, la storia delle Danaidi, profughe egiziane che, per sfuggire allo stupro e ai conseguenti matrimoni riparatori, chiesero ospitalità ad Argo. Il re della città, Pelasgo, temeva l’ira degli egiziani, ma l’assemblea cittadina votò per dare accoglienza alle donne. Alla xenia fa riferimento anche Omero, con l’ospitalità riservata dai Feaci a Odisseo, reduce da un naufragio: sfidando l’ira di Poseidone, gli diedero un’imbarcazione per rimettersi in mare. Nell’antica Grecia, più che come un’imposizione, l’ospitalità era intesa come un dovere etico, un valore, un dono che andava sempre ricambiato. L’ospitalità legava le famiglie che l’avevano offerta o ricevuta, anche attraverso lo scambio di simboli come un pezzo di legno o una pietra spezzata, da tramandare di generazione in generazione.
Ospite
Splendida parola è ospite
che non si contenta dell’assolo, si accorda
in virtù dell’affidabilità e dell’affidamento.
Ospite sono io e io sono ospite,
il patto reciproco è all’origine di entrambi
e sarà l’uso a comporre la giusta armonia.
Deciderà lo sguardo sulla soglia della porta,
di chi aprirà la sua casa
e di chi si accingerà ad entrare,
poiché l’ospite è portatore di entrambe le vesti.
È voce di rinnovamento
che richiede una consapevolezza di fondo,
perché avvenga un incontro, quello
che sempre indica la direzione di un movimento
e rivelerà il dono in fine
di aver potuto abitare ognuno la propria veste.
Roberta Dapunt
I versi di Roberta Dapunt, poetessa della Val Badia a me molto cara, ci accompagnano verso la definizione di ospitalità che certo non abbiamo inventato noi albergatori. Gli antichi greci, ancor prima di chiedere al forestiero da dove venisse e come si chiamasse, gli offrivano ospitalità: teatro di questo rapporto era ed è la comunità, nell’accezione più intima e delicata del termine. La comunità nella quale viene offerta vera ospitalità è quella nella quale si agisce con umanità. Nel nostro caso, umanità nei confronti del fornitore, ospitalità, anzi, accoglienza nei confronti di coloro ai quali gli antichi greci non negavano mai la xenia, vale a dire cibo e riparo, soprattutto a chi arrivava da lontano. E ai giorni nostri vale lo stesso discorso: chi bussa alla nostra porta, dietro quella porta vuole trascorrere tempo prezioso, poco importa se arriva su un jet o su un barcone. È grazie alla condivisione di questi valori che il forestiero non sarà mai uno straniero, il lavoratore si sentirà accolto e io, albergatore, essere umano tra gli esseri umani.