Читать книгу La pergamena distrutta - Virginia Mulazzi - Страница 10
VI.
ОглавлениеSul cadere dello stesso giorno, in cui il duca ed il conte si recavano al castello di donna Livia per fini diversi, donna Maria passeggiava sola nel giardino del palazzo.
La passeggiata aveva certamente uno scopo; perchè l'affascinante bionda camminava rapidamente, e non si arrestò che dinanzi un rustico padiglione, situato in fondo al giardino istesso. Entrò in una stanza terrena di quel fabbricato, la cui finestra dava su di una via isolata e deserta. Donna Maria sedette sopra un rozzo sgabello di legno: attesa un poco, indi si alzò: guardò dalla finestra, e:—Non viene ancora, disse tra sè. Ma, a che mi lagno? Non gli ho io fatto raccomandare di aspettar la notte? Mio fratello è sì violento, esigente, bizzarro, che, se mi sorprendesse in colloquio con un cavaliere, sarebbe capace di un eccesso… Ma egli è assente…. Ah! lo comprendevo bene: sapevo di non arrischiarmi troppo, dando al principe un appuntamento… Ero sicura che don Francesco si sarebbe recato al castello, onde sorprendere la sua cara sposa col cavaliere!… Chi sa che cosa può accadere?… Ma ecco il principe: e non è ancor notte fatta…. Ora temo quasi sia troppo presto…
Guardò intorno a sè. Ma nessuno mi vede, pensò.
Quasi subito un giovane gentiluomo entrò dalla finestra, che potè facilmente scavalcare.
Era desso il principe degli Alberi, colui che donna Rosalia amava con tanta passione. Era piccolo, bruno, delicato; con un certo che di languido nella fisonomia assai più dolce e gentile di quanto addicasi ad un uomo.
Donna Maria lo salutò con un sorriso molto espressivo, e gli porse la mano, ch'ei baciò con trasporto.
—Finalmente! esclamò il giovine, vi trovo sola: posso dirvi finalmente, lungi da ogni sguardo importuno, quanto vi amo!
La sorella del duca ascoltava coll'aria di una donna che è certissima del suo potere, e che si tiene egualmente certa non si possa mai eccedere nell'adorarla.
Dagli sguardi, che il principe fissava in lei, era facile comprendere che quella fanciulla era tutto per lui… Se donna Rosalia lo avesse veduto in quell'istante, non avrebbe più conservato la menoma lusinga! Si sarebbe sentita trafiggere il cuore da una mortale ferita.
—Vedendovi, diceva egli a donna Maria, trovandomi solo con voi, mi illudo: mi sembra che la felicità, di cui godo, debba essere duratura; che nulla al mondo possa aver forza bastante per farla cessare, per costringermi ad allontanarmi da voi!
Ella sorrise ancora.
—Speriamo, rispose.
—Oh certamente! Se non sperassi farvi mia, non potrei vivere…. E pensare che devo differire a chiedere la vostra mano! Credete che tale dilazione dovrà esser lunga?
—Di qualche mese almeno.
—Quale fatalità!
—Ne soffro al pari di voi, principe,—disse donna Maria, alzando al cielo i begli occhi, nei quali sembrava fremere una viva passione, repressa soltanto dall'onore e dalla modestia.
Il giovane la contemplava estatico agli ultimi chiarori del giorno; sembrava che volesse prolungarli col desiderio, ed impedire alle tenebre di avvolgere quella seducente bellezza.
Certo, se egli aveva dei rimproveri ad indirizzarsi sulla sua condotta passata, se il pensiero di donna Rosalia poteva cagionargli rimorsi; rimproveri e rimorsi dovevano essere ben leggieri.
E forse non sospettava nemmeno le lagrime amare che la sua incostanza faceva scorrere in quegli stessi istanti.
Ah! perchè si può impunemente distruggere la felicità di una persona, senza che tal colpa, la quale molte volte ha conseguenze più funeste di un delitto, venga punita?—Ma non è infamia mancare a promesse che talora un uomo, talora una donna ebbero l'ingenuità, la sciocchezza di credere sacre…. È invece cosa naturalissima!… Non è crudeltà dimenticare d'aver pronunciate parole che forse s'impressero a caratteri indelebili nella mente, nel cuore di chi non si vuole, non si può più amare; è soltanto cedere alla natura che spinge verso un altro oggetto; il quale, simile al sole, che oscura co' suoi fulgidi raggi le faci trovate talvolta al mattino, fa impallidire ogni altra immagine.
E coloro, che agiscono in tal modo, credono in buona fede di non far gran male.
Il principe, per esempio, mentre stava contemplando donna Maria, non si preoccupava molto di tutto questo: è vero ch'egli aveva a scusa una passione più forte della sua ragione, che lo conduceva, che lo trascinava: ma bastava ciò?…
—Credeva, proseguiva egli, aver trovato un mezzo per affrettare il compimento de' miei voti.
—E qual mezzo?
—Non so se devo parlarvene: esso non è riescito.
—Comunicatemelo egualmente.
—Già da molti giorni non potevo vedervi, e ciò mi addolorava assai; questa privazione mi rendeva più crudele l'idea del contrattempo che tanto mi affligge. Pensai che facendo parlare al duca da qualcheduno della vostra famiglia mi avrebbe giovato, e m'indirizzai al conte di San Giorgio.
—A lui?
—Sì.
Donna Maria parve riflettere.
—E che vi rispose? domandò poi.
—Mi disse ch'ei non ha alcuna influenza su don Francesco, e mi consigliò a chiedergli direttamente la vostra mano, quando lo giudicherò conveniente.
—Ah, egli vi disse questo?
E donna Maria si volse: aprì una piccola lanterna che stava in un angolo della stanza, e chiuse le pesanti imposte della finestra, onde nessuno potesse scorgere il lume dalla via.
Dopo un istante il principe continuò:
—Compresi che il conte non voleva forse adoperarsi per noi: però anche senza il suo concorso….
Donna Maria lo interruppe:
—Quel concorso non ci sarebbe stato di grande utilità.
—È dunque vero che il duca non si sarebbe lasciato persuadere da lui?
—È verissimo: ed è forse meglio ch'egli abbia rifiutato.
Ed intanto pensava alla scena che forse avveniva al castello, e che ella stessa aveva preparata. Ma ad un tratto una subita riflessione venne a turbarla grandemente… Il principe aveva parlato al cavaliere di Malta… E se fosse stato per comunicar ciò alla duchessa che il conte…. Ella aveva udito dell'abboccamento; ma qualche parola appena, mentre stava nascosta dietro una portiera… E se il duca riconoscesse infondate le sue accuse?… Ei, che già le aveva proibito dubitare di donna Livia!… Oimè! pensava; avrei fatto una bella cosa!… Qual sarebbe la sua collera!… Egli, così violento, brutale!… Oh bene! gli dirò chiaro che acconsento a serbare il segreto rilevato da nostro padre, a condizione soltanto ch'ei mi lasci sposar presto il principe.
Quest'ultima idea la rassicurò alquanto, e si rivolse sorridente al giovane.
—Quali pensieri vi occupano, donna Maria? chiese egli. Nei vostri begli occhi mi parve leggere come dell'inquietudine, e…
Ella non lo lasciò terminare.
—Nulla, disse: pensavo che faceste male ad agire senza consultarmi: vi avrei risparmiato un inutile passo.
—Purchè tal passo non ci riesca dannoso, che m'importa di averlo sprecato? Tutto è per me indifferente fuorchè il nostro amore.
—Sì; ma bisogna condurci con prudenza.
Prudenza!… Questa parola, proferita freddissimamente da donna Maria, fece sull'innamorato principe l'effetto d'un pezzo di ghiaccio sul fuoco.
La giovane nel pronunciarla non aveva pensato che alla collera di don Francesco, provocata forse inconsultamente da lei, e non si era lasciata trasportare dall'entusiasmo del suo innamorato, come aveva finto sino ad allora.
—Ah! mormorò il giovine tristamente; voi non mi amate, come io vi amo, donna Maria.
Ella comprese tosto l'errore commesso, e con una adorabile languidezza:
—Non vi amo, disse, perchè tremo per voi? Perchè pavento che qualche passo troppo azzardoso possa suscitare nuovi ostacoli alle nostre nozze?… Impedirle forse?… E voi potete dirmi che non vi amo?
—Perdonate! esclamò il principe.
—Non dubiterete più di me? gli chiese donna Maria con accento incantevole.
—Mai più: lo giuro.
—Bene, allora ascoltatemi, e lasciate che io vi dica come dovrete contenervi.
—Sì, consigliatemi voi, donna Maria: che farò per ottenere l'assenso del duca?
—Fate quanto vi disse il cavaliere di Malta.
—Voi credete dunque che il suo consiglio sia buono?
—Sì, sì.
—E quando dovrò porlo ad effetto?
—Ve ne avviserò io.
—Non sarà mai tanto presto quanto lo desidero.
—Ma, caro principe, bisogna concedere un ritardo un po' lungo per la morte di mio padre.
—È vero!
Vi fu un momento di silenzio, dopo cui il giovine disse a donna Maria:
—E potrò almeno qualche volta vedervi ancora…. sola…. come… stasera?
—Sola non so.
—Ma la duchessa è al castello: per qualche tempo senza dubbio vi rimarrà.
—Sì; ma io non avrò gran libertà egualmente: poi potrebbero sorgere accidenti impreveduti, che affrettassero il ritorno di donna Livia,—aggiunse con una esitazione che sembrava oscillare tra il timore e la speranza.
—Come?
—Che volete? Temo sempre.
Queste ultime parole, pronunciate con dolcissima espressione, incantarono il principe.
—Non so, disse, se dovrò cessare le visite che facevo in palazzo di tanto in tanto, vivente vostro padre.
—Vedremo. Se fosse necessario un tal sacrificio, aggiunse ella sospirando, esso costerebbe a me non meno che a voi.
In quel momento l'essere più diffidente avrebbe giurato che donna
Maria diceva il vero: sì grande è l'ascendente di un vago volto.
Come adunque non l'avrebbe creduto il principe, che l'adorava?… Aveva errato nell'amare quella fanciulla d'indole più che perversa, sopratutto se per lei aveva tradito un'altra; ma ora, come presumere ch'ei si arrestasse? Chi saprebbe farlo su un delizioso pendío cosparso di fiori, ai piedi del quale non scorge il precipizio in cui può cadere?
Donna Maria non ingannava intieramente il suo innamorato però: per esempio, quando diceva soffrire del ritardo, degli ostacoli forse, che la morte del padre aveva suscitato alle loro nozze, era nel vero. Mai ella avrebbe trovato un miglior partito del principe!… Era avida di libertà, di piaceri, di dominio!
Ogni suo voto sarebbe stato soddisfatto, appena fosse sposa di lui.
Affezioni simili non datano dal dì d'oggi, benchè la educazione diversa, i diversi costumi potessero renderle assai più rare in quel tempo.
Donna Maria aveva dunque in sè degli elementi preziosi di progresso: perchè ogni sua parola, ogni sorriso, ogni sguardo era calcolato, gettato per fare effetto.
E con questi difetti, o qualità, come si vorrà chiamarle, cattivava intieramente il principe.
—Oimè! il tempo di separarci è venuto, gli disse ella.
—Che! di già? Mi sembra sì poco che son qui presso di voi, cara donna
Maria!
—A me pure; ma…
—Il duca non è assente? Non siete voi libera per qualche ora?
—Ei non mi disse quanto sarebbe durata la sua assenza. Seppi a caso che doveva partire… Una passeggiata a cavallo può durare anche pochissimo.
—Ah sì! avete ragione: mi converrà lasciarvi. Al suo ritorno don Francesco potrebbe chiedere di voi… Ma non temete l'indiscrezione di qualche servo?
—Non temo; perchè mi vedono molte volte passeggiare in giardino, quantunque sia nel verno. Poi ho una delle mie donne, che mi è intieramente devota, quella che impiegai sempre per comunicare con voi…. Fu dessa che, sotto un suo particolare pretesto, ottenne dal giardiniere la chiave di questa stanza. Ora ella veglia qui presso.
—Addio dunque, donna Maria: rammentatevi di me.
—Potete voi dirmelo?
—Chè non mi è dato rattenere il tempo?
—Vedete, caro principe: la notte è già discesa: partite; addio.
Il giovane dovette rassegnarsi: e dopo qualche altra parola di commiato piena di passione, si allontanò colle più grandi precauzioni.
La notte era discesa infatti, e donna Maria non indugiò a rientrare.
Era agitata. Ormai si teneva sicurissima, è vero, d'aver affascinato il principe in modo, che ei non potesse più sfuggirle. Quel primo colloquio, avuto con lui da sola a solo, ne la accertava: per questo pensava meno al giovane di quanto lo avesse fatto prima di recarsi all'appuntamento.
Ma altri timori le impedivano gioire intieramente del suo trionfo. Il duca adirato le passava dinanzi come un fantasma terribile. Una sola persona, lo sapeva, poteva farsi perdonare da lui; ed era quella persona appunto, ch'ella aveva accusata. Le restava minacciare il duca di rivelare il segreto del padre; ma questo pensiero, che dapprima l'aveva rassicurata, non le infondeva più tanto coraggio.
Ella non potrebbe egualmente forse salvarsi da una esplosione di collera.
«Ma a che temer tanto? dicevasi poi, aggiungendo, come sempre accade, nuove riflessioni alle antiche…. Io posso sostenere arditamente, se don Francesco mi rimprovera, che credevo esser nel vero…. D'altronde gli dirò che intendevo parlare del cavaliere soltanto, non di donna Livia…. Poi, chi sa!… Se il duca avesse sorpreso una sola frase equivoca, allora!… Sì, ciò basterebbe a renderlo furioso, e spingerlo ad un eccesso.
»E mia sorella? Oh avrà bel fare!… Il principe ama me sola…. di questo non voglio più preoccuparmi; non devo nemmeno parlargli di lei…. no; non voglio mostrare di temer donna Rosalia.»
Qualche momento dopo, donna Maria era seduta tranquillamente dinanzi al camino in una sala di riunione. Attendeva il ritorno del duca con viva ansietà.
Molte volte aveva già chiesto di lui alla fidata camerista, che erasi guadagnata colla promessa di condurla seco e di migliorarne la condizione, quando ella sposerebbe il principe degli Alberi.
Ma il duca non era ancor ritornato.
Eppure le stelle già da qualche tempo brillavano in cielo.
«Mi sembra ch'egli indugi, pensava donna Maria: che sarà mai avvenuto? Si sarebbe egli già pacificato con donna Livia?… Ma il castello è lontano una buona lega dalla città…. Andare, venire, fermarsi…. vi vuole il suo tempo!»
Poi, vedendo entrare la camerista senza che l'avesse chiamata:
—Ebbene? le domandò.
—Il signor duca è ritornato, rispose l'interrogata.
—Viene qui?
—No: è già salito nel suo appartamento, e vi si è rinchiuso.
Donna Maria si alzò.
—Accompagnami alle mie stanze, disse alla camerista, che la seguì in silenzio.
Era collera verso di lei, o verso la moglie, che faceva desiderare al duca di essere solo?
Donna Maria se lo chiedeva con qualche timore.