Читать книгу Compendio di psicologia - Wilhelm Max Wundt - Страница 14
Оглавление20a. Vi fu chi dal carattere più originario delle determinazioni linguistiche per le suddette sei qualità delle sensazioni volle argomentare che esse siano qualità fondamentali del senso della vista, e che ogni altra qualità sia composta di quelle o di alcune di quelle. Epperò il grigio fu detto una sensazione mista di nero e bianco, il violetto e il rosso-porpora di bleu e rosso, e così via; ma non è psicologicamente esatto indicare una sensazione luminosa qualsiasi come un composto a paragone di un’altra. Grigio è tanto una sensazione semplice quanto bianco o nero; arancio, purpureo-rosso ecc., sono proprio sensazioni semplici alla stessa guisa che rosso, giallo ecc.; e qualsiasi grado di saturazione che collochiamo nel sistema tra un colore puro e bianco, non è in alcun modo una sensazione composta. La natura chiusa e intimamente connessa del sistema di sensazione, porta di necessità che la lingua, cui è impossibile creare un numero indefinito di espressioni, colga alcune differenze specialmente decise, in base alle quali poi sono ordinate tutte le altre sensazioni. La scelta di nero e bianco come punti d’orientazione per la serie acromatica si spiega senz’altro, indicando esse le differenze massime. Quando esse sono date, tutte le altre sensazioni acromatiche devono essere apprese come sensazioni di transizione tra quelle, a causa dell’interposizione continua di queste differenze per tutti i possibili gradi di chiarore. Egualmente succede per le sensazioni cromatiche, solo che qui due differenze assolutamente massime non potevano immediatamente essere scelte a causa della natura in sè ricorrente nella linea dei colori, ma ancora altri motivi, oltre alla sufficiente differenza qualitativa, dovevano decidere per la scelta dei colori fondamentali. E tali motivi possono essere stati la frequenza e la forza sentimentale di certi stimoli luminosi fondati sulle condizioni naturali dell’esistenza umana. Il rosso del sangue, il verde della vegetazione, il bleu del cielo, il giallo delle stelle, che tali appaiono in contrasto al bleu del cielo, potrebbero essere stati la prima spinta alla scelta di certe determinazioni dei colori. Imperocchè la lingua non chiama gli oggetti secondo le sensazioni, ma all’opposto le sensazioni secondo gli oggetti che le determinano. Se certi colori fondamentali furono una volta fissati in tal modo, tutti gli altri colori dovettero apparire come toni intermedi. La differenza dei colori fondamentali e di transizione è fondata con ogni probabilità solo su condizioni esterne; se queste condizioni fossero state diverse, il rosso, ad es., sarebbe stato percepito quale passaggio tra porpora e aranciato, allo stesso modo che noi ora ordiniamo l’aranciato come colore di passaggio tra il rosso e il giallo[9].
21. Le proprietà del sistema delle sensazioni di luce che più sopra abbiamo descritte, sono di tal natura da far fin dal principio pensare a un rapporto tra le stesse proprietà psicologiche e i processi oggettivi della stimolazione luminosa essenzialmente diverso da quello che ci offrono i sistemi di sensazione fin qui considerati, sovratutto i sistemi del senso generale o del senso dell’udito. Evidentissima è per questo rispetto la diversità dal sistema delle sensazioni di suono. In questo il principio del parallelismo tra sensazione e stimolo (pag. 36) non vale solo pel processo d’eccitazione fisiologica, ma anche in largo senso pel processo fisico. Infatti nel sistema delle sensazioni di suono alle forme semplici o composte delle vibrazioni sonore corrisponde rispettivamente una sensazione semplice o una moltiplicità di sensazioni semplici, e colla forza delle vibrazioni varia continuamente l’intensità delle sensazioni e colla velocità di quelle la qualità di queste; cosicchè la differenza soggettiva delle sensazioni aumenta in ambedue le direzioni colla crescente differenza degli stimoli fisici oggettivi. Le sensazioni luminose presentano invece una relazione tutt’affatto diversa. Come il suono oggettivo, anche la luce oggettiva consiste in movimenti vibratori di un mezzo qualsiasi. Tali movimenti, se non conosciamo nella loro intima costituzione, sappiamo, per le indagini fisiche d’interferenza, consistere di molte piccole e rapide onde, cosicchè quelle vibrazioni che vengono sentite come luce, stanno tra le lunghezze dell’onde da 688 a 393 milionesime parti di un millimetro e tra le velocità da 450 a 790 bilioni di vibrazioni al secondo. Ora anche qui a vibrazioni semplici, ad es., a vibrazioni di eguale lunghezza, corrispondono sensazioni semplici, e anche qui colla lunghezza e velocità della vibrazione varia continuamente la qualità della sensazione; alle onde più lunghe e più lente corrisponde il rosso, alle più brevi e rapide il violetto e fra questi tutte le altre gradazioni di colore si dispongono in un continuo, conforme alla lunghezza dell’onda. Ma già qui si presenta una differenza essenziale, imperocchè i colori più diversi fra loro per lunghezza di onda, rosso e violetto, sono più affini nella sensazione che gl’intermedi[10]. Oltre a ciò si aggiunge ancora che: 1) ogni pura variazione d’intensità (di ampiezza) delle vibrazioni fisiche della luce è soggettivamente sentita quale variazione al tempo stesso d’intensità e di qualità; come lo dimostra il modo di comportarsi già esaminato delle sensazioni di chiarore. 2) Ogni luce composta di vibrazioni diverse è sentita semplice, allo stesso modo che la luce oggettivamente semplice, consistente di un solo grado di vibrazione; come per l’appunto tosto risalta dalla comparazione soggettiva delle sensazioni acromatiche colle cromatiche. Conseguenza del primo di questi fatti è che la luce fisicamente semplice può provocare sensazioni non solo cromatiche, ma anche acromatiche, poichè nell’ampiezza massima delle vibrazioni si avvicina al bianco e nella minima passa al nero. La qualità della sensazione acromatica ammette quindi più di una spiegazione, poichè essa può essere prodotta così da variazione intensiva della luce oggettiva, come dalla mescolanza di semplici vibrazioni luminose che abbiano diversa lunghezza d’onda. Solo che nel primo caso colla variazione intensiva è sempre connessa una variazione del grado di chiarore, mentre questa può rimanere invariata nel secondo caso, cioè nella mescolanza.
22. Anche se il grado di chiarore delle sensazioni è mantenuto costante, la sensazione acromatica ammette pur sempre più di una interpretazione. Una sensazione pura di chiarore di una data intensità è determinata non solo da una mescolanza di tutti i gradi di vibrazioni contenuti nella luce solare come, ad es., nella solita luce diurna, ma anche dalla mescolanza in opportuno rapporto di due di essi, e precisamente di quelli che corrispondono a due sensazioni soggettivamente diversissime tra loro, i colori contrari. E poichè le mescolanze oggettive dei colori contrari suscitano la sensazione di bianco, questi colori sono detti colori d’integrazione o complementari. Rosso dello spettro e verde bleu, aranciato e bleu cielo, giallo e indaco bleu ecc. sono al tempo stesso colori contrari e complementari.
Come la sensazione acromatica, così anche ogni singola sensazione cromatica ammette più spiegazioni, ma in numero più limitato. Mescolando due colori oggettivi che stiano, nel cerchio dei colori, più vicini fra loro dei colori contrari, si ottiene una mescolanza non bianca, ma colorata e precisamente di quel colore che anche nella serie dei colori oggettivamente semplici, corrisponde alla sensazione dei colori intermedii. Quindi, se i colori mescolati si avvicinano ai colori contrari, la saturazione del colore risultante resta assai diminuita; ma se essi si accostano assai più tra loro, questa diminuzione non è percettibile e in questo caso il colore composto e il colore semplice sono per lo più sentiti come soggettivamente eguali. Così noi, ad es., non possiamo assolutamente distinguere l’aranciato dello spettro da una composizione di raggi rossi e gialli. Ed essendo possibile per tal modo ottenere tutti i colori che nel cerchio cromatico stanno tra rosso e verde, con una mescolanza di rosso e verde; quelli che stanno tra verde e violetto, con una mescolanza di verde e violetto; e finalmente anche quel colore che non è contenuto nello spettro solare, la porpora, con una mescolanza di rosso e violetto; tutta la serie dei toni cromatici possibili nelle sensazioni, può essere derivata da tre soli colori oggettivi. Mediante questi stessi tre colori ci è dato anche ricostituire il bianco in tutti i suoi gradi di passaggio; imperocchè la composizione di rosso e violetto dà la porpora, la quale è il colore complementare di verde; il bianco ottenuto dalla mescolanza di porpora e verde, se esso viene aggiunto a un singolo colore in diversi rapporti quantitativi, dà con questo i diversi gradi di saturazione.
23. I tre colori, che sono in tal modo usati per la costruzione di tutto il sistema delle sensazioni luminose sono detti colori fondamentali. Se vogliamo esprimere il loro valore nel sistema dei gradi di saturazione, possiamo servirci a rappresentare questo sistema, in luogo del cerchio che si riferisce solo ai rapporti psicologici, di un triangolo. Mediante questa figura il significato dei tre colori fondamentali è messo in risalto, occupando essi i tre angoli del triangolo sui lati del quale, proprio come sulla circonferenza del cerchio cromatico, vengono riportati i toni dei colori nel massimo di saturazione, mentre i restanti gradi di saturazione nei loro passaggi al bianco, che sta nel mezzo della superficie del triangolo, sono disposti nei punti della superficie. Del resto tre colori qualsivogliano potrebbero essere scelti come colori fondamentali, quando essi si trovino a distanza opportuna. I sunnominati rosso, verde e violetto rispondono praticamente allo scopo per questo solo, che in primo luogo si evita che uno dei tre componenti corrisponda a una sensazione di colore, la quale non possa essere prodotta da una luce oggettivamente semplice, corrisponda cioè alla porpora; e perchè in secondo luogo la sensazione al principio e alla fine dello spettro varia più lentamente colla durata delle vibrazioni; così che, se i colori estremi dello spettro sono compresi fra i colori fondamentali, il colore che risulta da una mescolanza di due colori tra loro vicini, è nella sensazione prossimo al colore oggettivamente semplice che sta fra quelli[11].
24. Dalle condizioni più sopra dimostrate(3) della stimolazione fisiologica appare chiaro che, come pur risulta dai fatti fin qui considerati, nel sistema delle sensazioni luminose non esiste una relazione univoca tra le sensazioni e gli stimoli fisici. Se il senso della vista deve annoverarsi fra i sensi chimici, una tale relazione potrà essere soltanto tra i processi fotochimici nella retina e le sensazioni. Ma poichè, come è noto, speci diverse di azioni fisiche luminose producono analoghe decomposizioni chimiche, è generalmente facile il comprendere come le sensazioni luminose debbano prestarsi a interpretazioni molteplici. In base al principio del parallelismo tra le differenze della sensazione e quelle dell’eccitamento fisiologico (pag. 36) si potrebbe ritenere che diversi stimoli fisici, i quali presentino le stesse sensazioni, determinino anche la stessa eccitazione fotochimica nella retina; che siano quindi tante speci e gradi di processi fotochimici, quante sono le speci e i gradi di sensazione che noi possiamo distinguere. Su questa conclusione infatti si basa ciò che noi sappiamo intorno ai sostrati fisiologici delle sensazioni luminose, non avendo l’indagine dei processi fisiologici della stimolazione luminosa condotto fino ad ora a un risultato più lontano di questo: che l’eccitazione è con ogni probabilità un processo chimico.
25. Coll’ipotesi che la stimolazione luminosa si fondi su processi chimici della retina, si può anche spiegare la persistenza relativamente lunga della sensazione, dopo che è cessata l’eccitazione (pag. 33). Questa persistenza essendo riferita all’oggetto considerato come stimolo, è detta l’immagine consecutiva dell’impressione. L’immagine consecutiva appare prima colle proprietà di chiarore o di colore eguali allo stimolo; epperò bianca per oggetti bianchi, nera per neri e colorata nello stesso colore per colorati (immagine positiva o di egual colore); ma dopo breve tempo essa passa per le impressioni acromatiche nel chiarore contrario, bianco in nero, nero in bianco; per le cromatiche nel colore contrario o complementare (immagine consecutiva negativa o complementare). Quando agiscano all’oscuro stimoli luminosi di breve durata, è possibile che questo passaggio si ripeta più volte; all’immagine negativa segue di nuovo una positiva e così via, di modo che si dà un oscillare delle sensazioni fra le due fasi d’immagine consecutiva. L’immagine positiva può semplicemente essere ricondotta al fatto che la decomposizione fotochimica prodotta da una specie qualsiasi di luce, perdura ancora un breve tempo dopo l’azione della luce. L’immagine negativa o complementare può essere derivata da ciò, che ogni decomposizione prodotta in una certa direzione lascia addietro una distruzione parziale di quelle sostanze sensibili alla luce che prime subiscono quell’effetto. In questo caso gli stessi processi fotochimici, perdurando l’eccitazione retinica, devono variare in senso corrispondente.
26. Coll’immagini consecutive, positiva o negativa, stanno probabilmente in istretto rapporto, fenomeni d’induzione di luce e di colore. Essi consistono in ciò, che nel giro di una qualsiasi impressione luminosa sorgono contemporaneamente eccitamenti di natura eguale ed opposta. Il primo di questi fenomeni, l’induzione positiva di luce, è il più raro; si osserva specialmente quando una parte della retina è eccitata e la parte confinante è molto oscura; pare allora che l’eccitamento luminoso o cromatico irradi la parte rimasta oscura. In tutti gli altri casi si ha l’effetto d’induzione contraria o negativa, pel quale una superficie bianca pare circondata da un orlo oscuro, una oscura da un orlo chiaro, una colorata da un orlo del colore complementare. Tutti questi fenomeni sono del resto accompagnati da processi psicologici di contrasto, i quali corrispondono al principio generale che più innanzi tratteremo (§ 17, 11), del risalto dei contrari; ma di solito l’effetto complessivo di tali influenze fisiologiche e psicologiche, è senz’altro detto “contrasto„. Questa confusione è bensì giustificata, sino ad un certo grado, specialmente dall’inseparabilità dei due fattori; ma sarebbe ben più opportuno chiamare eccitamento indotto esclusivamente il fattore fisiologico e riservare la determinazione di contrasto a quel fattore psicologico, il quale corrisponde appunto al risalto dei contrari; risalto che si dimostra anche in altri campi, specialmente nelle rappresentazioni di spazio, di tempo e nei sentimenti. L’induzione luminosa o colorata nel puro senso fisiologico consiste probabilmente in una specie d’irradiazione negativa della stimolazione, perocchè essa non si propaga colla sua propria qualità immediatamente nelle parti circostanti al punto eccitato, come nel caso dell’induzione positiva, ma determina un eccitamento di natura contraria. È possibile che questa irradiazione negativa abbia la sua ragione in ciò che le sostanze fotochimiche di una parte della retina consumate nell’eccitazione, siano in parte reintegrate per un’affluenza dalle parti circostanti, cosicchè un’impressione luminosa su queste parti circostanti deve agire allo stesso modo, che per l’immagini consecutive lo stimolo sulle stesse parti prima eccitate (25). In appoggio a questo rapporto coi fenomeni dell’immagine consecutiva sta anche il fatto che, come in questa, l’effetto cresce coll’intensità degli stimoli luminosi. Quindi questa induzione fisiologica di luce si differenzia essenzialmente da quei fenomeni psicologici di contrasto, coi quali essa viene abitualmente confusa, e sui quali noi ritorneremo nell’interpretazione generale dei processi di contrasto (§ 17, 10).
26a. Posto il principio del parallelismo fra la sensazione e il processo fisiologico d’eccitamento come base delle nostre ipotesi sui processi che hanno luogo nella retina, ne seguirà necessariamente che alla relativa indipendenza delle sensazioni acromatiche nel loro rapporto colle sensazioni cromatiche, dovrà corrispondere una dipendenza analoga pei processi fotochimici. Innanzi tutto possiamo spiegare nel modo più naturale due fatti, dei quali l’uno appartiene al sistema soggettivo delle sensazioni luminose, l’altro ai fenomeni della mescolanza oggettiva dei colori. Il primo consiste nella tendenza che ha ogni sensazione colorata, quando aumenti o diminuisca il grado di chiarore, a passare in una sensazione acromatica. Facilissima riesce la spiegazione di questa tendenza, se si ammette che ogni eccitazione di colore è fisiologicamente composta di due parti distinte, delle quali l’una corrisponde alla sensazione cromatica, l’altra all’acromatica. Con ciò si può mettere in relazione l’altra condizione, che, per un certo stimolo d’intensità media, l’elemento d’eccitazione colorata è relativamente fortissimo, mentre per valori di stimolo più grandi o più piccoli sempre più prepondera l’elemento acromatico. Il secondo di questi due fatti consiste in ciò, che ogni qual volta due colori contrari qualsivogliano siano tra loro complementari, cioè mescolati in opportuni rapporti quantitativi, producono una sensazione acromatica. Questo fatto riesce facilmente comprensibile, se si ammette che i colori contrari, i quali soggettivamente sono le differenze massime della sensazione, oggettivamente rappresentino processi fotochimici che si neutralizzano. Che in conseguenza di questa neutralizzazione sorga l’eccitamento acromatico, risulterà pure assai chiaro dall’ipotesi, che quell’eccitamento si accompagni sin dal principio ad ogni stimolazione colorata, e che però rimanga solo, tosto che contrari eccitamenti colorati si elidano fra loro. Questa ipotesi di un’indipendenza relativa dei due processi fotochimici delle sensazioni, acromatica e cromatica, è confermata dall’esistenza di uno stato anormale del senso della vista, talora innato, talora prodotto da processi patologici della retina, la totale cecità ai colori. Infatti in questa anomalia, per la quale ogni eccitazione luminosa è sentita o su tutta la retina o su alcune parti di essa, come chiarore puro, senza che sia frammischiato alcun colore, abbiamo la dimostrazione che l’eccitazione colorata e acromatica sono due processi fisiologici tutt’affatto distinguibili.
Se noi usiamo della stessa veduta nel considerare il secondo processo che avviene nella retina, quello dell’eccitazione colorata, incontriamo anche qui due fatti analoghi. Il primo consiste in ciò, che due colori, i quali distino fra loro di un tratto limitato, danno luogo a un colore composto, che è eguale al colore semplice che sta fra essi. Questo fatto indica che l’eccitazione colorata è un processo il quale non varia collo stimolo fisico in modo continuo, come l’eccitazione sonora, ma in piccoli gradi, e si comporta precisamente così che questa variazione nel rosso e nel violetto, ad es., procede in grado maggiore che nel verde, perchè qui, in mescolanze di colori abbastanza vicine, si fanno già sentire le influenze complementari. Tale variazione graduale del processo corrisponde alla natura chimica di esso, poichè decomposizioni e composizioni chimiche devono sempre essere riferite a gruppi di atomi o molecole. Il secondo fatto consiste in ciò, che alcuni colori corrispondenti ad una maggior differenza d’eccitazione hanno nel tempo stesso soggettivamente, come colori contrari, il significato di differenze massime, e oggettivamente, come colori complementari, il significato di processi neutralizzantisi. Processi chimici possono neutralizzarsi solo quando siano di opposta natura. Due eccitazioni luminose complementari si comportano fra loro quindi in modo analogo ai processi dell’eccitazione chiara ed oscura che agiscono in senso contrario nell’eccitazione acromatica. Tuttavia qui si danno due differenze essenziali. In primo luogo una tale antitesi nell’eccitazione cromatica esiste non una sol volta, ma per ogni colore distinguibile nella sensazione, cosicchè ciascuno dei gradi dell’eccitazione cromatica fotochimica, che dobbiamo ammettere secondo i risultati della mescolanza di colori affini, possiede anche un certo grado di azione complementare. In secondo luogo i colori contrari costituiscono i massimi della differenza soggettiva delle sensazioni, fra i quali hanno luogo neutralizzazioni della differenza se da ciascuno di questi colori contrari, si procede non solo in una direzione, come per bianco e nero, ma in due fra loro opposte; in modo corrispondente è possibile elidere anche oggettivamente nelle due stesse direzioni l’azione complementare dei colori contrari. Come dal complementarismo dei colori contrari si conchiuse all’opposizione dei corrispondenti processi chimici, con egual diritto da quella bilaterale neutralizzazione si può conchiudere che al ritorno della linea dei colori nel suo punto di partenza corrisponde un ritorno di processi affini. L’intero processo dell’eccitazione cromatica, quale si compie nella variazione continua delle lunghezze dell’onde della luce oggettiva, cominciando dal rosso estremo e terminando da ultimo, dopo aver oltrepassato il violetto, per l’aggiunta delle mescolanze di porpora, al punto di partenza; dev’essere concepito, come una serie indeterminatamente grande di processi fotochimici. Questi costituiscono insieme un processo circolare in sè chiuso, nel quale ad ogni grado corrisponde un grado contrario che neutralizza il primo, e a questo due passaggi in direzioni opposte.
Nulla noi sappiamo del numero dei gradi fotochimici, che sono complessivamente presenti in questo processo circolare. I tentativi più volte fatti di ridurre tutte le sensazioni di colore al più piccolo numero possibile di tali gradi, mancano di sufficiente fondamento. O i risultati della mescolanza fisica dei colori sono in essi riconosciuti senz’altro come processi fisiologici: come nell’ipotesi dei tre colori fondamentali, rosso, verde, violetto, dalla diversa mescolanza dei quali devono derivare tutte le sensazioni luminose, anche le acromatiche (ipotesi di Young-Helmholtz); oppure si parte dall’ipotesi psicologicamente insostenibile, che le denominazioni dei colori siano sorte non dall’influenza di certi oggetti esterni, ma dal reale significato delle sensazioni corrispondenti (vedi sopra pag. 50); si ammette che, dati quattro colori fondamentali, le due copie di contrari, rosso e verde, giallo e bleu, siano i sostrati delle sensazioni di colore, alle quali per le sensazioni pure di chiarore si contrappone un’altra copia di contrari, nero e bianco; mentre tutte le altre sensazioni di luce, come grigio, aranciato, violetto, ecc., sono per determinazione soggettiva e oggettiva sensazioni composte (ipotesi di Hering). In appoggio così della prima come della seconda ipotesi, si sono portati innanzi i casi non rari di parziale cecità ai colori. I sostenitori dei tre colori fondamentali affermavano che tutti questi casi dovessero essere ricondotti alla mancanza della sensazione o di rosso o di verde, o talora anche di ambedue. I sostenitori dei quattro colori fondamentali opinavano che la parziale cecità ai colori si riferisse sempre a due dei colori fondamentali che stanno fra loro in contrapposizione, epperò o cecità per il rosso e il verde, o per il giallo ed il bleu. Un esame spregiudicato dei ciechi ai colori non conferma nessuna di queste affermazioni. Se la teoria dei tre colori fondamentali non è in grado di spiegare la totale cecità ai colori, contro la teoria dei quattro colori stanno i casi di cecità per il solo rosso o per il solo verde. Ambedue le ipotesi poi non rispondono ai casi non dubbi, nei quali specialmente alcune parti dello spettro, che non corrispondono a nessuno dei tre o dei quattro colori presi come fondamentali, sono vedute come acromatiche. L’unica cosa che si può dire allo stato delle nostre cognizioni si è, che ogni sensazione luminosa si basa verosimilmente sulla connessione di due processi fotochimici: di uno acromatico, il quale risulta alla sua volta di una decomposizione preponderante in una intensità piuttosto forte di luce, e di una restituzione che predomina in una luce più debole: e di un processo cromatico, il quale varia così gradatamente, che la serie complessiva delle decomposizioni fotochimiche costituisce un processo circolare, nel quale i prodotti della decomposizione di due gradi posti in una distanza relativamente grandissima, si neutralizzano a vicenda[12].
Le diverse modificazioni che si osservano nella retina ancor viva in seguito all’azione luminosa, vengono in appoggio alla teoria di un processo fotochimico: così il lento passaggio allo stato incolore della sostanza rossa, che si vede nella retina non illuminata (imbiancamento della porpora visiva) e i microscopici passaggi del protoplasma pigmentato fra gli elementi senzienti, i bastoncini e i coni; infine le variazioni di forma degli stessi coni e bastoncini. I tentativi di collegare questi fenomeni ad una teoria fisiologica dell’eccitazione luminosa sono decisamente prematuri. È assai verosimile che colla differenza di forma dei due elementi, dei coni e dei bastoncini, si connettano anche differenze di funzione. Poichè precisamente il centro della retina, che è la regione della vista diretta dell’uomo, contiene soli coni, mentre nelle parti laterali predominano i bastoncini; e poichè inoltre nella parte centrale, dove del resto manca la porpora visiva, la distinzione dei colori è assai più completa che nelle regioni laterali, le quali sono d’altra parte più sensibili ai gradi di chiarore; vien naturale il supporre che queste differenze si connettano colle proprietà fotochimiche dei coni e dei bastoncini. Ma anche qui manca ancora la dimostrazione.