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§ 2. — Gl’indirizzi generali della psicologia.

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Indice

1. La concezione della psicologia, come scienza empirica[2] che non ha per oggetto uno speciale contenuto dell’esperienza, ma il contenuto immediato di ogni esperienza, è di origine moderna. Contro di essa stanno ancora teorie nella scienza contemporanea, che in generale si possono considerare come una sopravvivenza di anteriori gradi di sviluppo e che sempre lottano fra loro secondo il posto che assegnano alla psicologia rispetto alla filosofia e alle altre scienze. I due principali indirizzi della psicologia, che si distinguono in relazione alle due più diffuse definizioni psicologiche più sopra spiegate, sono: il metafisico e l’empirico. Ma ambedue alla loro volta presentano un buon numero di indirizzi speciali.

La psicologia metafisica dà generalmente un valore minimo all’analisi empirica, e alla causate connessione dei processi psichici. Considerando essa la psicologia parte della filosofia metafisica, suo intento principale è di giungere a una determinazione dell’“essere dell’anima„, la quale si accordi colla complessa concezione universa del sistema metafisico, in cui rientra la psicologia. Posto il concetto metafisico dell’anima, si cerca da questo derivare il vero contenuto dell’esperienza psicologica. Il carattere, per cui la psicologia metafisica si differenzia dall’empirica, è, che quella non deriva i processi psichici da altri processi psichici, ma da un sostrato tutt’affatto diverso, o dagli atti di una speciale sostanza animica o dalla proprietà e dai processi della materia. E secondo la natura attribuita a questo sostrato la psicologia metafisica dà luogo a due indirizzi. La psicologia spiritualistica considera i processi psichici come effetti di una speciale sostanza psichica, la quale è ritenuta o essenzialmente diversa dalla materia (sistema dualistico), o a questa di natura affine (sistema monistico o monadologico). La tendenza metafisica che è a base della psicologia spiritualistica, sta nell’ ipotesi di un’essenza soprannaturale dell’anima e nello sforzo di conciliare questa ipotesi coll’altra dell’immortalità, cui talora si collega anche l’ipotesi più spinta di una preesistenza. La psicologia materialistica riconduce i processi psichici allo stesso sostrato materiale che la scienza della natura pone ipoteticamente a spiegazione, dei fenomeni naturali. Secondo questa psicologia i processi psichici sono, come i processi fisici della vita, legati ad aggruppamenti di elementi materiali; aggruppamenti che sorgono durante la vita individuale, e col finire di questa si dissolvono. La tendenza metafisica di questa psicologia sta nella negazione dell’essenza soprannaturale dell’anima, affermata invece dalla psicologia spiritualistica. Ma con questa si identifica, in quanto non cerca l’interpretazione dell’esperienza psicologica in sè stessa, ma vuole derivarla da processi ipotetici di un sostrato metafisico.

2. Dalla lotta contro quest’ultimo indirizzo è nata la psicologia empirica. Essa dove è conseguentemente svolta, si sforza di ricondurre i processi psichici a concetti che sono direttamente desunti dalla connessione di questi processi, o di giovarsi di processi ben determinati e semplici per derivare dal loro cooperare altri processi più complessi. Le basi di una tale interpretazione possono essere molteplici e però anche la psicologia empirica dà luogo a diversi indirizzi, i quali si possono generalmente distinguere per due ragioni. La prima si riferisce al rapporto della esperienza interna all’esterna e alla posizione che le due scienze sperimentali, la scienza della natura e la psicologia, prendono l’una rispetto all’altra. La seconda si riferisce ai fatti o ai concetti loro, dai quali si prendono le mosse per l’interpretazione dei processi. Ogni trattazione concreta della psicologia empirica rappresenta nello stesso tempo un indirizzo della prima e uno della seconda maniera.

3. Secondo questa concezione generale della natura dell’esperienza psicologica stanno in opposizione quelle due tendenze psicologiche, delle quali già si trattò più sopra (§ 1) a causa della loro importanza decisiva per la determinazione del còmpito della psicologia: la psicologia del senso interno, e la psicologia come scienza dell’esperienza immediata. La prima, tratta i processi psichici come contenuti di un dominio speciale dell’esperienza, coordinato all’esperienza naturale fornitaci dai sensi esterni, ma da essa assolutamente diverso. La seconda non riconosce una differenza reale fra l’esperienza interna e l’esterna, ma vede tale distinzione solo nella diversità dei punti di vista, dai quali quell’esperienza, unica in sè stessa, viene considerata.

Di queste due forme della psicologia empirica la prima è la più antica. Essa è sorta dall’aspirazione di affermare l’indipendenza, dell’osservazione psicologica contro le usurpazioni della filosofia della natura. E poichè essa per la sua tendenza vuole coordinate la scienza della natura e la psicologia, crede essere gli eguali diritti di queste due scienze fondati innanzi tutto sulla generale diversità dei loro oggetti e delle forme della percezione di questi oggetti. Questa veduta ha influito in doppio senso sulla psicologia empirica: in primo luogo perchè favorì l’opinione che la psicologia abbia bensì a servirsi di metodi empirici, ma questi siano, come i dati dell’esperienza psicologica, fondamentalmente diversi da quelli della scienza della natura; in secondo luogo perchè essa si sforzò di stabilire qualche nesso fra quei domini dell’esperienza, già presunti diversi. Sotto il primo rispetto, la psicologia del senso interno fu appunto quella che coltivò il metodo della pura introspezione (§ 3, 2). Per la seconda considerazione, l’opinione di una differenza fra i dati fisici e psichici della esperienza ricondusse dì necessità alla psicologia metafisica. Infatti da questo punto di vista, per la natura stessa della cosa, le relazioni dell’esperienza interna all’esterna o i così detti “rapporti tra il corpo e l’anima„ potevano essere spiegati solo mediante ipotetici principi metafisici. Tali principi metafisici non potevano far a meno di influire anche sulla ricerca psicologica, sì che essa fu inquinata di sussidiarie ipotesi metafisiche.

4. Dalla psicologia del senso interno si distingue essenzialmente quella concezione, che definisce la psicologia come “scienza dell’esperienza immediata„. Questa infatti, ritenendo essere l’esperienza interna ed esterna non parti diverse, ma diversi modi di considerare una sola e medesima esperienza, non può riconoscere una precipua differenza fra i metodi della psicologia e della scienza naturale. Questo indirizzo psicologico ha prima di tutto cercato di stabilire i metodi sperimentali che devono compiere un’analisi esatta dei processi psichici; analisi che, tenuto conto del mutato punto di vista, è analoga a quella di cui le scienze naturali fanno uso nella spiegazione dei fenomeni della natura. Di più questo indirizzo mostra che le singole scienze dello spirito, le quali hanno ad oggetto i processi psichici concreti o le creazioni psichiche, si trovano tutte sul medesimo terreno di una scientifica considerazione dei dati immediati dell’esperienza e dei loro rapporti coi soggetti agenti. Donde, come conseguenza necessaria, l’analisi psicologica dei prodotti più generali dello spirito: la lingua, le rappresentazioni mitologiche, le norme dei costumi, dev’essere considerata come un sussidio all’intelligenza dei processi psichici più complessi. Questa concezione sta pertanto, riguardo al metodo, in più stretto rapporto con altre scienze: come psicologia sperimentale colle scienze naturali, come psicologia sociale[3] colle più speciali scienze dello spirito.

Finalmente, considerando in tal modo la psicologia, si viene ad eliminare completamente la questione sui rapporti degli oggetti psichici ai fisici. Ambedue non sono veramente oggetti diversi, ma uno stesso contenuto, il quale è considerato una volta nella ricerca della scienza naturale mediante l’astrazione del soggetto, e l’altra nella ricerca psicologica in relazione alla sua costituzione immediata e ne’ suoi rapporti totali al soggetto. Tutte le ipotesi metafisiche sulle relazioni intercedenti fra gli oggetti psichici e fisici, sono, considerate da questo punto di vista, soluzioni di un problema che si agita attorno ad una questione falsamente posta. Se la psicologia deve nella connessione dei processi psichici, in quanto questi sono dati immediati dell’esperienza, rifuggire dal soccorso di ipotesi metafisiche, essa può nondimeno — poichè esperienza esterna ed interna sono due punti di vista integratisi a vicenda di una sola od identica esperienza — ritornare, sovratutto dove la connessione dei fenomeni psichici presenta lacune, a considerare fisicamente gli stessi processi, per vedere se mediante questo nuovo punto di vista, diverso e preso dalla scienza naturale, si possa ristabilire quella continuità che si credeva mancasse. Il medesimo varrà poi, ma in senso inverso, anche per quelle lacune che si presentano nella catena delle nostre conoscenze fisiologiche, potendo questa venir completata con anelli, fornitici da una trattazione dell’esperienza dal punto di vista puramente psicologico. Sulla base di una tale concezione, che pone le due forme di conoscenza nel loro giusto rapporto, è possibile che non soltanto la psicologia porti a piena esecuzione il proposito di essere scienza sperimentale, ma che anche la fisiologia diventi vera scienza sussidiaria della psicologia; come dall’altra parte la psicologia è con eguale diritto una scienza sussidiaria della fisiologia.

5. Riguardo alla seconda delle suaccennate (2) partizioni fondamentali, cioè riguardo ai fatti o concetti posti a base della ricerca psicologica, si possono ancora distinguere due indirizzi della psicologia empirica, i quali sono, generalmente parlando, due gradi di sviluppo successivi della interpretazione psicologica. Il primo corrisponde ad una tendenza descrittiva, il secondo ad una esplicativa. Quando si cercò di distinguere, descrivendo, i vari processi psichici, sorse la necessità di una opportuna classificazione di essi. Si formarono così i concetti generali, sotto i quali vennero ad ordinarsi i diversi processi, e si cercò soddisfare al bisogno d’interpretare il caso singolo, riferendo le parti di un processo complesso a concetti generali applicabili ad esse. Tali concetti sono ad es. sensazione, conoscenza, attenzione, memoria, immaginazione, intelletto, volontà, ecc. Essi corrispondono ai concetti fisici generali nati dall’immediata cognizione dei fenomeni naturali, come peso, calore, suono, luce, ecc. Se quelli al pari di questi, possono servire ad un primo ordinamento dei fatti, non giovano però affatto a darne la spiegazione. Nondimeno la psicologia empirica si è resa più volte colpevole di questa confusione, e appunto in questo senso la psicologia delle facoltà considerava ogni specie come potenze o facoltà della psiche, sotto la cui attività varia o comune essa riconduceva tutti i processi psichici.

6. Una trattazione esplicative, che si contrappone alla psicologia descrittiva delle facoltà, è costretta, quando si attenga veramente al lato empirico, a porre a base delle sue interpretazioni fatti determinati, che appartengono per sè stessi all’esperienza psichica. E potendo questi fatti essere presi da ordini diversi di processi psichici, la trattazione esplicativa presenta di nuovo due indirizzi, corrispondenti ai due fattori che prendono parte alla formazione dell’esperienza immediata: l’oggetto e il soggetto. Quando si dà maggior valore all’oggetto dell’esperienza immediata, nasce la psicologia intellettualistica, che cerca derivare tutti i processi psichici, anche i sentimenti soggettivi, gl’impulsi, i primi movimenti della volontà dalle rappresentazioni, o, come anche queste possono essere dette, a causa della loro importanza per la conoscenza oggettiva, dai processi intellettivi. Se all’opposto si dà valore principale al modo in cui l’esperienza immediata sorge nel soggetto, allora nasce un indirizzo, il quale accorda ai moti soggettivi, che non si riferiscono ad oggetti esterni, un posto egualmente importante che alle rappresentazioni. Questa psicologia può essere detta psicologia volontaristica, a causa dell’importanza che essa riconosce ai processi della volontà fra tutti i processi soggettivi.

Fra i due indirizzi della psicologia empirica (3), che si distinguono per la generale concezione dell’esperienza interna, la psicologia del senso interno è quella che tende anche all’intellettualismo. Essa infatti, essendo il senso interno paragonato ai sensi esterni, considera principalmente quei dati psichici dell’esperienza, che sono offerti quali oggetti al senso interno, allo stesso modo che gli oggetti naturali ai sensi esterni. La natura di oggetti si crede d’altra parte possa essere attribuita, fra tutti i dati dell’esperienza, soltanto alle rappresentazioni, e precisamente perchè esse vengono considerate proprio come immagini degli oggetti che stando fuori di noi, ci sono dati dai sensi esterni. Quindi le rappresentazioni sono ritenute i soli oggetti reali del senso interno, mentre tutti quei processi che non possono essere riferiti ad oggetti esterni, come ad es. i sentimenti, sono indicati o quali rappresentazioni non chiare, o quali rappresentazioni che si riferiscono al nostro corpo, o finalmente quali effetti prodotti da combinazioni di rappresentazioni.

Mentre la psicologia del senso interno si collega all’intellettualismo, la psicologia dell’esperienza immediata si avvicina al volontarismo. Dacchè questa riconosce essere un còmpito capitale della psicologia la ricerca dell’origine soggettiva di ogni esperienza, è facile comprendere che nell’analisi di quest’origine l’attenzione dev’essere sovratutto diretta su quei fattori dell’esperienza, dai quali fa astrazione la scienza della natura.

7. La psicologia intellettualistica nel corso del suo sviluppo ha di nuovo dato luogo a due speciali indirizzi empirici. O i processi logici del giudicare o del concludere furono considerati come le forme tipiche fondamentali di ogni fatto psichico, o furono ritenute tali certe combinazioni di rappresentazioni successive di memoria, prevalenti sulle altre a causa della loro frequenza, le cosidette associazioni delle rappresentazioni. La prima tendenza, la logica, è in istretta parentela colla interpretazione psicologica volgare; essa è la più antica, ma nondimeno in parte si è conservata ancora sino in questi ultimi tempi. La teoria della associazione è sorta dall’empirismo filosofico del secolo scorso. Queste due tendenze sono fra loro contrarie, volendo la teoria logica ricondurre le complessità di fenomeni psichici a forme più alte di processi intellettuali, e l’associazionistica invece a forme inferiori o, come oggi si suol dire, semplici. Ma ambedue per la loro unilateralità falliscono egualmente; non solo perchè nè l’una nè l’altra riesce coi propri principi a spiegare i processi sentimentali e volitivi, ma anche perchè questi principi non riescono neppure a una piena interpretazione dei processi intellettivi.

8. L’unione della psicologia del senso interno colla concezione intellettualistica ha ancora portato a un principio particolare, che molte volte è stato fatale per il modo di concepire i fatti psicologici. Esso consiste nella falsa sostanzializzazione[4] intellettualistica delle rappresentazioni. Quando noi non ammettiamo solo un’analogia tra gli oggetti del cosidetto senso interno e gli oggetti del senso esterno, ma anche consideriamo i primi come imagini dei secondi; siamo indotti a trasportare quelle proprietà, che la scienza naturale attribuisce agli oggetti del mondo esterno, anche agli oggetti immediati del senso interno, cioè alle rappresentazioni. E pertanto si ammette, che le rappresentazioni, proprio come le cose esterne cui sono da noi riferite, siano oggetti relativamente persistenti, i quali possano svanire dalla coscienza e poi di nuovo in essa entrare. Le rappresentazioni senza dubbio devono essere da noi percepite ora più forti e chiare, ora più deboli e confuse, a seconda che il senso interno venga o no rafforzato dal senso esterno, e a seconda dell’attenzione che ad esse prestiamo; ma nel complesso rimangono immutate riguardo alla loro natura qualitativa.

9. La psicologia volontaristica è in tutto quest’ordine di fatti in piena antitesi coll’intellettualistica. Mentre questa è costretta ad ammettere un senso interno con oggetti speciali della percezione interna, quella è legata alla veduta, che l’esperienza interna si identifica coll’esperienza immediata. E poichè il contenuto dell’esperienza psicologica consiste secondo questa concezione, non di una somma di oggetti, che sono dati al soggetto, ma di tutto quanto compone il processo dell’esperienza, cioè degli atti del soggetto stesso presi nella loro proprietà immediata, che non è stata mutata da nessuna astrazione e riflessione; il contenuto dell’esperienza psicologica è di necessità considerato come una connessione di processi.

Questo concetto del processo esclude la natura sostanziale e però anche più o meno persistente dei dati psichici dell’esperienza. I fatti psichici sono avvenimenti e non cose; essi scorrono come tutti gli avvenimenti nel tempo e non sono mai in un dato momento gli stessi che nel momento antecedente. In questo senso i processi del volere hanno un valore tipico, importantissimo per la intelligenza di tutti gli altri processi psichici. La psicologia volontaristica non afferma affatto che il volere sia la sola forma realmente esistente del processo psichico, ma essa afferma soltanto che il volere, coi sentimenti e colle emozioni a lui strettamente connesse, costituisce una parte dell’esperienza psichica, altrettanto necessaria quanto le sensazioni e le rappresentazioni; di più afferma che sull’analogia del processo volitivo debba interpretarsi ogni altro processo psichico; cioè quale un fatto che sempre muta nel tempo, e non quale una somma di oggetti persistenti, come per lo più l’intellettualismo ammette, in conseguenza del falso riferimento che esso fa delle proprietà da noi poste negli oggetti esterni, alle rappresentazioni degli oggetti stessi. Quando si riconosce l’immediata realtà dell’esperienza psicologica, lo studio dì derivare determinate parti del processo psichico da altre che da quello specificamente differiscono, resta senz’altro escluso; così pure i conati della psicologia metafisica di ricondurre l’esperienza interna a processi immaginari da essa diversi di un ipotetico sostrato metafisico, stanno in contraddizione col vero còmpito reale della psicologia. Questo còmpito, poichè si riferisce all’esperienza immediata, si collega sin dal principio col presupposto che ogni dato psichico dell’esperienza contiene nello stesso tempo fattori oggettivi e soggettivi; questi si devono pur sempre considerare come distinti da un’astrazione arbitraria e non come processi realmente diversi. Infatti l’osservazione c’insegna che non si danno rappresentazioni, le quali non sveglino in noi sentimenti ed impulsi di diversa intensità, come pure non è possibile un processo sentimentale o volitivo, che non si riferisca ad un oggetto rappresentato.

10. I principi direttivi della fondamentale concezione psicologica, che dobbiamo in seguito mantenere fissi, possono essere riassunti nelle tre proposizioni seguenti:

1. L’esperienza interna o psicologica non è alcun dominio speciale dell’esperienza diverso dagli altri, ma essa è veramente l’esperienza immediata.

2. Quest’esperienza immediata non è un contenuto quiescente, ma una connessione di processi; essa non consiste di oggetti, ma di processi, cioè di fatti generali che si svolgono in noi e delle loro relazioni reciproche fissate da leggi.

3. Ciascuno di questi processi ha da un lato un contenuto oggettivo ed è dall’altro un processo soggettivo, e però in tal modo esso racchiude in sè le condizioni generali tanto di ogni conoscenza quanto di ogni pratica attività degli uomini.

A queste tre proposizioni corrisponde un triplice posizione della psicologia in rapporto agli altri campi del sapere:

1. Come scienza dell’esperienza immediata, essa — in contrapposto alle scienze naturali, le quali a causa dell’astrazione che esse fanno del soggetto, hanno per oggetto solo il contenuto oggettivo e mediato dell’esperienza — è la scienza empirica che reintegra quelle. Ogni singolo fatto dell’esperienza può essere intimamente valutato nel suo pieno significato, solo quando ha sostenuto la prova dell’analisi naturale o psicologica. In questo senso anche la fisica e la fisiologia sono scienze sussidiarie della psicologia, come questa alla sua volta è una disciplina ausiliaria per le ricerche naturali.

2. Come scienza delle forme più generali della esperienza umana immediata e della connessione loro secondo leggi, essa è il fondamento delle scienze dello spirito. Infatti il contenuto di queste scienze sta sopratutto nelle azioni che nascono dagli immediati fatti della vita psichica umana e nei loro effetti. La psicologia, in quanto ha per còmpito lo studio delle forme, sotto le quali queste azioni si presentano e delle leggi alle quali soggiaciono, è la più generale, e insieme la base di tutte le scienze dello spirito: della filologia, della storia, dell’economia politica, della giurisprudenza, ecc.

3. Siccome la psicologia egualmente considera le due condizioni fondamentali, che stanno a base così della conoscenza teoretica come dell’operare pratico, le soggettive e le oggettive, e cerca determinarle nel loro rapporto reciproco; essa fra tutte le discipline empiriche è quella, i cui risultati si adattano più da vicino allo studio così del problema della conoscenza come dell’etica, le due questioni fondamentali della filosofia. La psicologia, che rispetto alla scienza naturale è la scienza reintegrante, rispetto alle scienze dello spirito la fondamentale, è rispetto alla filosofia la scienza empirica di preparazione.

10a. Quantunque nella nuova psicologia sempre più si vada riconoscendo, che non tanto la differenza degli oggetti dell’esperienza quanto quella del punto di vista di trattazione della esperienza è ciò per cui la psicologia si distingue dalla scienza naturale; pure la chiara conoscenza delle particolarità reali di quel punto di vista, che fissa il còmpito scientifico per la psicologia, è ancor sempre pregiudicata dai riflessi delle tendenze della vecchia metafisica e della filosofia naturalistica. Invece di riconoscere che la trattazione dell’esperienza per le scienze naturali si compie in base all’astrazione di quei fattori soggettivi che entrano in quell’esperienza, si assegna ancora sempre alla scienza naturale il còmpito di fissare nel modo più generale il contenuto di ogni esperienza. Posto questo, la psicologia sarebbe una disciplina non più coordinata ma subordinata alla scienza naturale. Essa non dovrebbe più eliminare quell’astrazione fatto dalla scienza naturale e con questo giungere a una completa comprensione della esperienza; ma dovrebbe trar profitto dal concetto del “soggetto„ messo in luce dalla scienza naturale, per spiegare l’influenza di questo soggetto sui dati della nostra coscienza. In luogo di riconoscere che una definizione sufficiente del soggetto è solo possibile in base alla ricerca psicologica (§ 1, 3º), qui d’un tratto è introdotto nella psicologia un concetto del soggetto già bell’e formato e definitivamente improntato sulla scienza naturale. Ora per questa il soggetto è identico all’individuo corporeo. Conseguentemente la psicologia vien definita, come la scienza che ha l’ufficio di stabilire la dipendenza del contenuto immediato dell’esperienza dall’individuo corporeo. Questo punto di vista, detto anche del “materialismo psico-fisico„, è insostenibile dal lato della teoria della conoscenza e psicologicamente infruttuoso. Siccome la scienza naturale astrae di proposito dal soggetto percipiente, pur contenuto in ogni esperienza, è fuor di dubbio che essa ben difficilmente è in grado di dare una valida ed ultima determinazione del soggetto. Una psicologia che parte da una tale definizione puramente fisiologica, non s’impernia più sull’esperienza ma, proprio come la vecchia psicologia materialistica, su una premessa metafisica. Di più questo punto di vista è psicologicamente infruttuoso, perchè assegna di bel principio la causale interpretazione dei processi psichici alla fisiologia, la quale non può dare nè ora nè mai una tale interpretazione a causa del differente modo di trattazione della scienza naturale e della psicologia. Infine è senz’altro manifesto che una tale psicologia, la quale si trasforma in un’ipotetica meccanica del cervello, deve una volta per sempre rinunciare a servire di base alle scienze dello spirito.

Quando noi diciamo psicologia “volontaristica„ l’indirizzo strettamente empirico, che si contrappone ai tentativi di rinnovare la dottrina metafisica e che è contrassegnato dai principi più sopra formulati, non dobbiamo dimenticare che questo volontarismo psicologico in sè e per sè non ha nulla a fare con alcuna dottrina metafisica della volontà. Esso si oppone all’unilaterale volontarismo metafisico di Schopenhauer, che deriva tutto l’essere da una volontà trascendente originaria, non meno che ai sistemi metafisici sorti dall’intellettualismo di Spinoza, di Herbart e di altri. I principi del volontarismo psicologico, preso nel senso già notato, sono affatto contrari alla metafisica, perchè esso esclude dalla psicologia ogni metafisica; sono poi in opposizione agli altri indirizzi psicologici, perchè esso respinge tutti gli sforzi che mirano a ricondurre i processi del volere a semplici rappresentazioni, mentre accentua il significato tipico del volere per la natura dell’esperienza psicologica. Questo significato tipico sta in ciò che la proprietà riconosciuta generalmente per le azioni volitive, cioè di essere processi, il decorso dei quali presenta continuamente mutazioni qualitative e intensive, viene considerata valevole anche per gli altri contenuti psichici della esperienza.

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