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CAPITOLO QUATTRO

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La mandibola di Liam si spalancò così tanto che Jessie quasi temette che potesse staccarglisi dalla faccia.

“Cosa?” chiese il giovane quando fu nuovamente in grado di parlare.

“Un ospite è stato assassinato qui la scorsa notte,” spiegò Ryan. “E pare che sia stato tu a fargli il check-in, anche se c’è un po’ di confusione al riguardo. Speravamo che potessi aiutarci a fare chiarezza.”

Liam deglutì visibilmente prima di rispondere.

“Ovviamente,” disse, apparentemente felice di non essere più sospettato per le birre.

“Ieri sera alle nove e trentasette hai eseguito il check-in di un uomo identificato come John Smith. La carta associata alla transazione appartiene a una società che si chiama City Logistics, che appare essere una società fittizia.”

“Cosa significa?” chiese il giovane.

“Significa,” spiegò Ryan, “che la società è di proprietà di un’altra società, che è di proprietà di un’altra società ancora, e tutte con diverse persone registrate come direttori esecutivi, e tutti che sembrano essere avvocati noti per sapere mettere in piedi delle società fittizie.”

“Non capisco,” disse Liam, sinceramente confuso.

“Liam,” disse Jessie, prendendo la parola per la prima volta. “Vogliamo dire che la persona che ti ha dato la carta di credito non voleva che il suo vero nome venisse collegato alla prenotazione della stanza, quindi ha usato una carta aziendale con uno storico complesso. Forse è proprio per questo motivo che si è fatto registrare come ‘John Smith’. E dato che la carta non è mai stata addebitata, immagino che abbia pagato in contanti, giusto?”

“Mi fa pensare a uno che ha fatto il check-in ieri sera,” disse Liam, facendo un collegamento mentale.

“Ma qui c’è la cosa che non capisco,” insistette Jessie. “Anche se ha pagato in contanti, la carta sarebbe stata addebitata per spese straordinarie, come la piccola bottiglia di brandy presa dal minibar. Come è stata pagata quella?”

“Se stiamo parlando dello stesso tizio,” disse Liam timidamente, “può essere perché mi ha dato duecento dollari e ha detto che tutte le spese accessorie della stanza dovevano essere scalate da quelli. Ha anche detto che potevo tenermi quello che avanzava.”

“Quanto è avanzato?” chiese Jessie.

“Centoottanta dollari.”

Ryan e Jessie si scambiarono un’occhiata.

“Sono un sacco di soldi, Liam,” disse Jessie. “Perché John Smith avrebbe dovuto lasciare una mancia così importante? E ricorda, in questo momento sei un potenziale testimone. Ma se le tue risposte finiranno per non corrispondere del tutto a verità, dovremo promuoverti a sospettato.”

Liam non sembrava avere intenzione di fare quel passo.

“Sentite,” disse, quasi incapace di tirare fuori le parole abbastanza velocemente. “Il tipo non ha mai detto niente di ovvio. Ma ha accennato al fatto che potesse esserci un’amica a trovarlo quella sera e che meno tracce scritte restavano, meglio sarebbe stato per lui. Voleva evitare di far registrare la cosa, capite?”

“E a te andava bene?” insistette Ryan.

“Erano duecento dollari, amico. Sono tempi duri. Anche se avesse preso cinque mini-bottiglie di brandy, mi sarei comunque portato a casa un centone per non aver fatto niente. Dovrei fare il giudice morale se uno usa questo hotel per incontrare la sua amante? Nel peggiore dei casi sfascia la stanza e io ho registrato la carta di credito in caso di emergenza. Ho immaginato che si trasse di una situazione priva di svantaggi.”

“Eccetto nel caso in cui lui finisce nudo e morto sul letto,” puntualizzò Ryan. “Questo diventa uno svantaggio per tutti, te incluso, Liam. Al di là della cosa delle birre, temo che dovrai dare una rispolverata al tuo curriculum.”

Qualcuno bussò alla porta, impedendo a Liam di rispondere. Era il manager Chester. Ryan gli fece cenno di aprire la porta.

“Scusate se vi interrompo,” disse l’uomo. “Ma la sicurezza ha procurato il filmato che vi interessava.”

“Tempismo perfetto,” disse Ryan. “Penso che qui abbiamo finito per il momento, giusto Liam?”

Il giovane annuì con espressione abbattuta. Quando Ryan e Jessie uscirono dalla stanza, lui cercò di seguirli, ma il manager alzò una mano facendogli segno di restare.

“Vorrei che restassi qui un po’ di più, Liam,” gli disse. “Abbiamo un po’ di cose di cui parlare.”

*

Jessie si levò i problemi di Liam dalla testa quando entrò nell’ufficio della sicurezza, posizionandosi china dietro alla donna che stava gestendo il sistema, in modo da poter vedere meglio il monitor. Ryan e un altro manager dell’albergo stavano accanto a lei.

Proprio come Liam aveva detto, l’uomo che aveva prenotato la stanza gli aveva dato una carta e una mazzetta di contanti. Era solo. Mentre aspettava che il giovane receptionist completasse la transazione, si guardava attorno, facendo a un tratto un cenno con la testa a qualcuno che non appariva nella videocamera.

“Potete dare un occhio a chi stesse facendo segno?” chiese Jessie al tecnico.

“Ci ho già provato,” disse la donna, che si chiamava Natasha. “Ho controllato ogni videocamera della zona puntata verso l’area su cui era concentrato. Nessuno sembra aver risposto fisicamente. In effetti non c’è nessuno che sembrasse guardare verso di lui.”

Jessie trovò la cosa intrigante, ma per il momento non disse nulla. Era evidente che l’uomo aveva fatto cenno a qualcuno. Ma quel qualcuno ne era sufficientemente consapevole da evitare di farsi riprendere dalla videocamera.

Chi potrebbe essere a conoscenza di tali dettagli?

“Avete la registrazione del corridoio del quattordicesimo piano?” chiese.

Natasha tirò fuori il filmato. L’indicazione dell’orario diceva 22:01 mentre l’uomo percorreva il corridoio ed entrava in camera. Jessie sentì Ryan inspirare con forza e si voltò a guardarlo. Lui si chinò verso di lei e le sussurrò in un orecchio.

“Il modo in cui quel tizio è entrato mi ha risvegliato qualcosa nella memoria. Mi sono appena accorti di chi è. È un politico. Ti aggiorno quando non ci saranno troppe orecchie attorno.”

Jessie annuì, curiosa. Natasha fece scorrere veloce il video del corridoio, fermandolo di tanto in tanto al passaggio di qualcuno. Nessuno si avvicinò alla stanza dell’uomo. Ma alle 22:14, esattamente tredici minuti dopo l’ingresso dell’uomo, l’ascensore si apriva e ne usciva una donna.

Era una bionda statuaria, con i capelli che le scendevano sciolti fino a metà schiena. Indossava degli enormi occhiali da sole che le coprivano i tratti del viso e un trench chiuso e con il colletto tenuto sollevato. Camminava lungo il corridoio osservando i numeri delle stanze prima di fermarsi davanti alla porta di quella dell’uomo. Bussava. Lui apriva dopo pochi secondi e lei entrava.

Per i successivi trentuno minuti non succedeva nulla. Ma alle 22:45 la donna usciva dalla stanza e tornava da dove era venuta. Questa volta camminava rivolta verso la videocamera e Jessie poté guardarla meglio.

Aveva ancora indosso occhiali da sole e soprabito. Ma anche così mascherata, Jessie poteva dire che era sicuramente ben curata. Gli zigomi sembravano scolpiti da un artista. La pelle, anche su quel piccolo monitor, sembrava impeccabile. Ed era chiaro che sotto a quel cappotto aveva il genere di corpo capace di indurre senza problemi un uomo abbiente e arrapato a mettere a rischio il proprio futuro politico.

Jessie notò anche qualcos’altro. La donna sembrava… camminare con spensieratezza verso gli ascensori. Non c’era niente di affrettato nel suo portamento. Era piuttosto credibile che solo pochi minuti prima avesse drogato e strangolato l’uomo a morte. Eppure niente nel modo in cui si muoveva lasciava trapelare preoccupazione o ansia. Sembrava sicura.

E fu lì che Jessie si sentì certa che avevano a che fare con qualcosa di più di un semplice crimine passionale o di un furto andato storto. Se fosse stato un incontro fisico finito male, la donna sarebbe apparsa molto più frettolosa e nervosa. Se si fosse trattato di un semplice furto, sarebbe potuta entrare e uscire dalla stanza in meno di dieci minuti.

Ma era rimasta dentro mezz’ora. Aveva tergiversato. Aveva spaccato il telefono dell’uomo e aveva preso le sue carte, contanti e documenti, anche se di certo era ben consapevole del fatto che la sua identità sarebbe stata comunque presto scoperta. Aveva addirittura lasciato delle foto di famiglia nel portafoglio.

Cosa ancora più notevole, non aveva apparentemente lasciato nessuna impronta né null’altro nella stanza: non sul bicchiere, non sulle superfici, non sul collo dell’uomo. Questo era il lavoro di una donna che aveva pianificato meticolosamente ciò che avrebbe fatto, che si era presa il tempo, che si era divertita.

Il Look Perfetto

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