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L’IGNOTO
VII

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– Arriviamo… – le mormorò Marta, a un tratto.

Per più d’un’ora, senza parlare, senza neppure guardarla, se l’era tenuta a fianco, stretta, avvinghiandola quasi, rinserrando la stretta a ogni scossone del treno. Ora le parlava sottovoce, rapidamente, quasi all’orecchio.

– Ascolta… Napoli non la so, non ci sono mai stata. Dicono ch’è una città grande, immensa, pericolosa, un inferno… M’ascolti?..

Letizia assentì con un moto del capo.

Marta continuò:

– Ci ha perdute lo stesso uomo. Bene, non importa… Senti… Siamo come due sorelle, ci siamo conosciute da tanto tempo… Pensa così, come penso io. E tu ora mi vuoi bene, e io ti voglio bene… Senti…

E la voce s’inteneriva sempre più, maternamente, e tutte e due quelle donne palpitavano. I fattori seguitavano a parlare, più basso.

– Io non ti lascerò mai! – balbettò ancora la bionda. E in quel patto cercò le mani di Letizia e le strinse – E tu giurami lo stesso! Tu non mi devi lasciare!.. Ho paura di Napoli… Senti… Dimmi che m’aiuterai, che mi difenderai… Letizia, giuralo! Giuralo a Marta, a questa povera disgraziata!..

Letizia rispose, con un soffio di voce:

– Sì, sì… giuro…

Il treno entrò sotto la tettoia e passò sugli scambii con un fragore assordante. I fattori si levarono e agguantarono le loro valigie. Una voce, due, tre urlarono nell’oscurità:

– Napoli! Napoli! Napoli!..

Marta si buttò giù e stese le braccia alla compagna. Si spalancarono in quel punto gli sportelli di tutte le vetture e vomitarono sul marciapiedi un’ondata di soldati. Il ventottesimo d’artiglieria, il reggimento del furiere, era partito con loro da Capua. Ora i primi ranghi si formavano in fretta, sotto la tettoia, e confusamente s’udivano altre voci, e lampeggiavano altre armi laggiù in coda al treno.

Gli ufficiali gridavano i loro ordini e correvano qua e là lungo il treno.

– Vieni! – disse Marta, trascinando la compagna.

Sorpassarono i cancelli, s’arrestarono per un momento, ignare, indecise, sotto le arcate dell’uscita sulla piazza.

Era quasi la mezzanotte. La pioggia batteva sul selciato. Migliaia di lumi, alti, bassi, ora bianchicci, ora rossastri occhieggiavano nella vasta piazza e dalle vie circostanti, ove le case apparivano e sparivano in una nebbia nera che a volte pareva che le dissolvesse.

Le due donne, attonite, irresolute, scesero dal marciapiedi. Ma quel fiume di soldati che le aveva rincorso fu sopra di loro d’un subito, e le sospinse, e le separò. Passò tutto il reggimento, quasi fuggendo, sotto la pioggia. Letizia fu ricacciata sotto i giardini, dalla parte del Vasto. Ella sbarrò nell’oscurità i suoi grandi occhi azzurri pieni d’orrore.

E urlò:

– Marta!.. Marta!

Nessuno le rispose.

Letizia si sentì mancare. S’addossò a un fanale. Raccolse la voce e con uno sforzo supremo chiamò ancora:

– Marta!.. Marta!.. Marta!..

Nessuno, nessuno…

Ora ella era a fronte dell’ignoto, nella misteriosa notte del suo destino.

Sola.

L'ignoto: Novelle

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