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LETTERA TRE

Soffre di più chi è in attesa della carezza del suo amato, o è maggiore la tristezza di chi non ha nessuno da aspettare?

La Poetessa

Un francese assicurava che le lettere d'amore si iniziano a scrivere senza sapere quello che si dirà, e si concludono senza essere coscienti di quello che si è detto.

Ogni volta che ti scrivo cerco di farlo avendo nella mente un'idea precisa, che gradualmente sviluppo. Non è qualcosa che io abbia inventato, ma che ho estrapolato da una teoria del racconto, secondo la quale le tre prime linee hanno quasi la stessa importante delle tre linee finali. Credo che questa formula sia la definizione della scrittura, in qualsiasi ambito.

Però, passiamo al tema centrale. Una filosofa africana ha approfondito il tema dell'amore e, nella sua opera che per l'appunto è intitolata Profondità delle arti degli amanti, illustra il lato passivo del desiderio che arriva al suo culmine quando è soddisfatto e il carattere diligente dell'amore come fonte di attività. Lo condensò in una potente frase: L'amore è l'infinita insoddisfazione. Non esiste verità più inconfutabile.

Questa è la tesi che sviluppa durante la sua opera, a volte con tratti iperbolici, è vero, ma mai senza incanto. La parte interessante, è quella frase. Il desiderio, secondo la filosofa, culmina quando viene soddisfatto. Desideriamo qualcosa e, quando lo otteniamo, tutto finisce.

Ma, quando il desiderio è legato all'amore, è differente: esiste la possibilità che il desiderio possa far incamminare verso l'amore; l'amato, senza dubbio è desiderato, spiega la donna.

Oggi voglio che tu senta che posso accarezzarti attraverso le mie parole, e non con gli attriti prosaici che ci tributano le delizie del pudore, ma con queste carezze indelebili.

Proprio come i bardi immortalano le loro amate, questo umile praticante vorrebbe poter glorificare il tuo essere con delle canzoni che rinfreschino la tua sete giovanile, con poesie che ti cullino nei pomeriggi. Dichiararti quanto io sia innamorato di te, dea virginale, onnipotente, del mio amore proprietaria, del mio amore schiava, come le beate schiave dell'Antico Testamento, con un candore cosmico come Proserpina, regina infernale, o alcuna dea pagana. Sei una Musa della poesia. Tu: mille donne in una sola. Mille dee in una. La mia Pandora, la mia Eva, la mia Maria Maddalena così pura tra i baci di Gesù.

Tu, che sai così bene dominare il mio spirito, mi possiedi. E sei presente in ogni momento. Perché il tuo accogliente ricordo mi cura dalla malinconia: le tue parole sussurrate nel vento e il tuo viso illuminato nello spazio che potrebbe essere vuoto, se non fosse per questo pazzo che adori e che vive solo per te.

Il tuo essere è per me più ipnotico di un racconto fantastico, così avvolto nel mistero come un thriller, ma allo stesso tempo così reale e profondo come una novella che racconta la cruda realtà. E non si tratta di nessuna contraddizione, perché a volte mi sembri così precisa e paradossale.

Con una visione che eccede dal quotidiano cerco di arrivare a te e di addentrarmi nella parte più recondita del tuo amore. E riesco a vedere attraverso i tuoi occhi (che sono degli infiniti contenitori di chiaroveggenza, come lo sarebbe una sfera di cristallo per un'anziana affezionata alla cristallomanzia, ma così delicati e puri come l'oracolo di Delfi)… posso vedere, dicevo, attraverso i tuoi occhi, quella profondità di donna matura, quella forza indomabile che ti appartiene nella tua parte più nascosta, e che mi fa pensare alla forza di un dio. Alcune volte mi sembri essere troppo divina per procedere da una discendenza terrestre. Le tue antenate solo possono essere le stesse di Arianna, divina casta di dee.

E, nel frattempo, solo vedo un oscuro Minotauro che gira e gira nel labirintico circolare del mio cervello, in attesa che un Teseo (divino amore che mi professi) rompa con il suo filo questa brutale solitudine.

Per questo mi chiedo, insieme alla Poetessa: soffre di più chi è in attesa della carezza del suo amato, o è maggiore la tristezza di chi non ha nessuno da aspettare? Anche se la risposta è ovvia, il dolore, quando è prodotto dall'attesa dell'amore, non è amaro, e appare la mia promessa che anche avendoti vicina mai smetterò di scriverti lettere d'amore. Perché mi ami e perché ti amo, perché ti aspetto, e perché anche tu mi aspetti, ma soprattutto perché il nostro amore sempre sarà un'infinita insoddisfazione.

Tuo, in qualunque posto io sia.

Tutte Le Lettere D'Amore Sono Ridicole

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