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CAPITOLO UNO

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Parlare di lei (l'ho sempre detto e lo mantengo) è parlare della creatura meno comune. Cosa potrei mai dire di lei che non risuonasse come qualcosa di usuale o una frase facile, come un tema banale? Il problema non è la carenza di aneddoti sui quali discorrere, la difficoltà deriva proprio dall’opposto perché, infatti, ci sono troppi prodigi che potrei raccontare sulla sua vita, ma non ne parlo perché non è di mio gradimento farlo all’inizio di questa storia. E devo affrontare il racconto con calma. Entrare nei dettagli della sua vita sarà un processo interessante, ma potrebbe essere un errore da parte mia sbagliare anche solo per un momento. Forse un altro interlocutore più loquace sarebbe la persona adeguata a captare con esattezza ed obiettività la sua essenza; nonostante questo, il mio scopo è molto più pretenzioso: ho bisogno, durante questo processo, di far capire quello che lei ha significato per me. Dove trovare la più cristallina fonte di verità, se non in lei? Alle sue labbra è vietata la menzogna, e questo le dà la facoltà di fare con me qualunque cosa desideri. La sua lotta per essere donna ha forgiato l'animale più utopico che conduce un'idolatria disperata verso la vita. Le piace amare... Le piace amarmi. Entrare nei dettagli del suo essere, sarebbe come profanarla. I credenti hanno forse cercato di descrivere i loro dei? Devo, però, assumerne il rischio, anche a costo di non salirne indenne. Il suo carattere crudo e signorile, gli altezzosi seni che disegnano curve nell'aria, la melodica voce ipnotica e dolce, lo sguardo malandrino che mi accarezza in maniera indelebile, la sua intelligenza pratica e il suo spirito generoso, il movimento delle sue anche sbattendo contro il vento nella sua peculiare maniera di camminare, il suo senso dell'umorismo, il suo abile sorriso che disegna il suo furbo profilo. Lei è tutto questo, e molto di più. Il prototipo della donna perfetta. Una favola diventata realtà. Il suo nome è Eloisa.

Il mio nome era Eloisa e non sono più giovane, Non dopo tutto quello che accadde. Anche con il passare degli anni e nonostante le mie cellule ancora giovani, mi ritrovai prematuramente divorata da una vecchiaia spirituale che ho conservato fino ad oggi e che non ha mai abbandonato le mie vene. Il corpo, a volte, è il riflesso dell'anima ma, in altre occasioni, la sua tortura. Perché venimmo al mondo in un tempo e in uno spazio in cui la bellezza è sinonimo di sfortuna, anche se ci si impegna per dire l'opposto.

Ero magra e bella, gracile e fragile come la gazzella che mostra la sua esilità senza rendersi conto delle iene affamate e lupi famelici che la aspettano nascosti nell'ombra.

Oggi, raccontandoti questo, giovane amica, posso addirittura sapere che cosa pensò ognuno di loro in quel momento. Il primo, il robusto, aveva notato le mie fini ed abbronzate gambe, che si mostravano appetitose per la sua voracità da rapace. Il secondo, il più forte, aveva riposto l'attenzione sui miei seni nascenti, piccoli bottoni che sporgevano dalla mia camicetta e che incitarono l'uomo a morderli durante tutto il lavoro. E al terzo, il giovincello, risvegliarono l'appetito i miei glutei vistosi, rotondi e sodi grazie all'aerobica e alla danza contemporanea. Erano tutti dei maiali.

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