Читать книгу Regno Diviso - Джек Марс - Страница 10
CAPITOLO TRE
Оглавление5:17 ora della costa orientale
Sala operativa
Casa Bianca, Washington DC
“Ho già visto le foto,” disse uno stagista.
“Raccapriccianti. Cadaveri e parti del corpo disseminate sui pendii delle colline. E pensare che Marshall Dennis è tra di essi. Dio. Lo abbiamo studiato a un corso di imprenditorialità quando ero alla Wharton. Era fantastico – una vera e propria forza della natura. Uno così pare non dover morire mai. Tipo che non lo permetterebbe, o una cosa del genere.”
Luke saliva su un ascensore gremito di membri dello staff e gente dell’intelligence della Casa Bianca. Guardò quello che aveva parlato. Era molto giovane, alto e in forma, con una giacca elegante blu e una camicia dal colletto aperto sulla gola e un ciondolare di capelli biondi quasi a nascondergli il viso. A Luke ricordava le rock band new wave degli anni Ottanta.
Il ragazzo non aveva parlato a nessuno in particolare, solo a tutti i presenti nell’ascensore. Aveva fatto un bell’annuncio: aveva già visto le foto. Brevemente – molto brevemente – Luke si chiese di quale ricco donatore per la campagna fosse figlio o nipote.
L’ascensore si aprì sulla sala operativa a forma di uovo. Chi ci arrivava per la prima volta spesso rimaneva sorpreso di quanto fosse piccola. Quando giungeva una crisi, come adesso per esempio, e la stanza cominciava ad affollarsi, poteva dare un senso di claustrofobia. Era modernissima e organizzata per il massimo uso dello spazio, con ampi schermi incassati nelle pareti a pochi metri di distanza l’uno dall’altro e un gigantesco schermo di proiezione sulla parete di fondo alla fine del tavolo. Dal tavolo da conferenze posto al centro sorgevano tablet e sottili microfoni – potevano essere rimessi all’interno della tavola se il partecipante voleva usare un dispositivo proprio.
Ogni lussuosa poltrona in pelle alla tavola era già occupata. I posti lungo le pareti si stavano riempiendo di giovani assistenti, i quali per la maggior parte chiacchieravano tra loro, digitavano messaggi nei tablet o parlavano al telefono.
I giovani erano elettrizzati. Il loro futuro era pieno di speranza, e avevano occhi luccicanti di ambizione. Il fatto che fossero stati svegliati e convocati a una riunione di emergenza così presto per loro sottolineava solo quanto fossero importanti.
Giù verso il centro della stanza, dove si sarebbero prese le decisioni vere, i volti erano di decenni più vecchi e gli occhi meno luccicanti. Susan Hopkins sedeva al margine più vicino della tavola oblunga, su una sedia dallo schienale alto con sopra il sigillo del presidente. All’altro capo se ne stava in piedi il grosso Kurt Kimball con la sua zucca cromata, il consigliere per la sicurezza nazionale di Susan. Una distesa di uomini e donne dall’aria stanca occupava i posti tra di loro.
Susan e Luke scaglionavano sempre il loro arrivo a riunioni di emergenza come quella. Era una tattica volta a nascondere il fatto che si fossero appena svegliati, nel letto, insieme. Un’occhiata di Kurt disse a Luke tutto ciò che doveva sapere: non fregavano nessuno – o almeno nessuno di importante. Luke prese posto nella fila in fondo lungo la parete.
Guardò Susan, leggermente sotto di lui alla sua sinistra. In una mano teneva una grande tazza bianca per il caffè. Aveva un bell’aspetto – era snella e in forma in un tailleur con pantaloni blu e i capelli appena scompigliati. Susan riusciva a rendere sexy l’outfit più moderato. Parlava seria col suo capo di gabinetto, Kat Lopez.
Stone squadrò Kat da capo a piedi. Lunghi capelli neri, un viso carino, occhi scuri a mandorla e un corpo alto e tutto curve celato dentro a un tailleur azzurro – aveva un aspetto bello quasi quanto quello di Susan. Aveva gli occhi stanchi però, e le stavano comparendo le zampe di gallina. Kat non dimostrava la sua età, e le esigenze del lavoro la stavano logorando un po’.
D’un tratto Kurt batté le grosse mani di pietra. Al college aveva giocato a basket. Aveva mani enormi. Kurt stesso era grosso, ma le mani sembravano messe sul corpo sbagliato.
“Ordine! Tutti all’ordine, per piacere.”
La stanza si placò. Un paio di assistenti continuò a parlare lungo la parete. Era mattino presto, la gente beveva caffè, svegliandosi, cominciando la giornata. Quello era un posto per chiacchieroni. I giovani silenziosi e introversi di solito non finivano a lavorare alla Casa Bianca.
Kurt batté di nuovo le mani.
CLAP. CLAP.
CLAP.
L’ultimo colpo suonò come un dizionario integrale che andava a schiantarsi contro a un pavimento di marmo.
Nella stanza scese un silenzio di morte.
“Buongiorno a tutti,” disse Kurt. “Grazie di essere arrivati così presto. Ci conosciamo tutti, quindi saltiamo le presentazioni.” Fece una pausa e guardò Susan. “Signora presidente?”
“Signor consigliere per la sicurezza nazionale?” disse lei.
“Siamo pronti?”
Susan scosse la testa. “No. Ma la cosa non ci ha mai fermati.”
Kurt lanciò un’occhiata alla giovane che sedeva alla sua sinistra. Luke la riconobbe come l’assistente di lunga data di Kurt. Aveva ancora i capelli nel Caschetto alla Hopkins che Susan aveva abbandonato di recente. “Amy, cominciamo con Sharm el-Sheikh.”
Sull’ampio schermo dietro a Kurt, e sui più piccoli attorno alla stanza, comparve la foto di un terminal. Il tetto del terminal era bombato e ondulato, quasi come un tendone. In primo piano c’era una torre di controllo alta dieci piani. Sullo sfondo e in lontananza c’erano delle montagne frastagliate rosse e marroni.
“Questo è l’aeroporto internazionale di Sharm el-Sheikh,” disse Kurt. “È il terzo aeroporto più frequentato d’Egitto, e serve la penisola del Sinai, in particolare i resort turistici sul Mar Rosso situati nel meridione. Poco più di un’ora fa, è stato luogo di un devastante schianto aereo in cui sono perite ottantatré persone, inclusi sessantotto passeggeri, dodici membri dell’equipaggio e i tre piloti in cabina – tutti a bordo dell’aereo.
“Tra i passeggeri c’era Sir Marshall Dennis, ufficiale dell’Ordine dell’Impero britannico, fondatore e chief executive della Dennis Hotels Worldwide così come dell’impero editoriale Loose Lips. A bordo c’erano anche il deputato statunitense per il Texas Jack Butterfield e il console generale egiziano a Londra Ahmet Anwar. Il volo era un charter partito da Londra che trasportava un gruppo che doveva festeggiare l’apertura di un nuovo Dennis Hotel sul Mar Rosso, una joint venture con il Bonanza Hotel Group di base in Texas e il governo egiziano stesso.”
Kurt fece un attimo di pausa per guardare la stanza. “L’aereo era in arrivo, ed è esploso a mezz’aria al momento dell’avvicinamento finale alla pista. Tutte le indicazioni dicono che si è trattato di un crimine. L’aereo aveva tre anni di vita e aveva superato tutte le ultime ispezioni di sicurezza senza allarmi. La cosa suggerisce che o era stata installata a bordo una bomba o l’aereo è stato colpito da fuoco ostile, probabilmente da un razzo da spalla lanciato dalle montagne che vedete nella fotografia. Non c’erano militari dell’esercito egiziano nelle vicinanze in quel momento, e il filmato satellitare non mostra alcun utilizzo non autorizzato dello spazio aereo egiziano. Quindi non esiste possibilità che qualcuno abbia sparato all’aereo per sbaglio.”
“Da che parte pendiamo?” disse Susan. “Bomba o razzo?”
“Razzo,” disse Kurt senza esitazioni. “L’aereo era gestito dalla TUI Airways, la compagnia di voli charter più grande del mondo, con precedenti eccellenti in merito alla sicurezza e ai rigidi controlli eseguiti sui dipendenti. Il volo è partito dall’aeroporto di Gatwick, che lavora con alta sicurezza e non ha precedenti di scivoloni né violazioni. Certo, le indagini sul personale che ha caricato l’aereo o che è entrato in contatto con l’aereo prima del decollo sono appena iniziate. Però per il momento io mi sbilancio e dico che non ho ragione di credere che a bordo fosse stata piazzata una bomba.”
Kurt guardò un uomo con uniforme militare verde seduto al tavolo. Era magro e nerboruto, con la mascella squadrata e un taglio a spazzola grigio. Aveva sollevato leggermente la mano. Luke lo riconobbe istantaneamente.
“Generale?” disse Kurt.
“Frank Loomis del Joint Special Operations Command,” disse. “Non si sta sbilanciando. Senza divulgare troppo, si può dire che abbiamo della gente in Egitto, Libia, Arabia Saudita e Iraq. Gli ultimi dati giunti in nostro possesso indicano che si è trattato di un attacco da parte di Wilāyat Sīnā’, probabilmente con l’assistenza di esterni. Forse al-Qā’ida, forse l’ISIS. Inoltre stiamo dimostrando che…”
Kurt sollevò una grossa mano come segnale di STOP. Per di là passavano molti battitori pesanti abituati a gestire le cose. Ma tendevano a scoprire che quello era il regno di Kurt Kimball. Lui dava il ritmo e tu ci ballavi sopra.
“Ok, generale. Facciamo un passo alla volta e mettiamoci tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Così sarà più facile.”
Il generale grugnì, forse in segno di assenso, forse di frustrazione.
“Amy, dammi la penisola del Sinai, per piacere.”
Sugli schermi di tutta la stanza apparvero mappe della penisola del Sinai, incastrata tra la vasta veduta dell’Egitto vero e proprio a occidente, il Mediterraneo a nord, Israele a nordest e il frammento di Mar Rosso direttamente a est. Luke quel territorio lo conosceva bene.
“La penisola del Sinai è il triangolo capovolto che vedete qui. Nominalmente parte dell’Egitto, ha fatto da terreno di gioco politico per tutta la storia umana. Dal 1968 al 1980 è stata occupata dagli israeliani in seguito alla guerra dei sei giorni. Tra il nord della penisola e la striscia di Gaza, vengono regolarmente scoperti tunnel sul confine, a indicare un solido spostamento di combattenti e materiali tra i due luoghi.
“La popolazione locale è composta da beduini nomadi, musulmani sunniti, elementi dei quali si sono sempre più radicalizzati negli ultimi anni, in particolare con la crescita del turismo sul Mar Rosso a sud e a est.”
Una donna di mezza età in tailleur sollevò una mano. “Presuppone che sia perché i resort sulla spiaggia portano la cultura occidentale, come alcol, balli e donne in bikini?”
Kurt scrollò le spalle. “Sono sicuro che la cosa offende alcune sensibilità. E credo che probabilmente questa sia la ragione per cui Marshall Dennis pare essere stato preso di mira nello specifico. I suoi resort hanno la reputazione di essere sede di un certo edonismo, e le sue riviste sono note per il loro lascivo gossip sulle celebrità e per le giovani modelle seminude.”
“Marshall Dennis era un maiale,” disse la donna.
Alcuni risero. Luke alzò gli occhi al cielo. Poteva essere un pochino presto per salire sul pulpito. E comunque era morto.
“La gente ha un’opinione forte su Sir Dennis,” disse Kurt. “Ma a prescindere dalle sue colpe, per essere chiari, un altro elemento in gioco qui è anche quello economico. I beduini sono stati cacciati da terre ancestrali nella ricerca di nuovi sviluppi, e una classe di operai egiziani e internazionali ben retribuiti si è recata lì per lavorare ai resort, innescando il boom della costruzione di infrastrutture e facendo aumentare i prezzi di quasi tutto. Non stiamo mica parlando del primo attacco terroristico avvenuto nella regione.”
Guardò l’assistente. “Amy, possiamo vedere la lista?”
Sugli schermi comparve una lista battuta al computer. C’era pochissima grafica. Ogni voce aveva un titolo in grassetto con una breve descrizione sottostante. La lista scorse, dando il senso della sua lunghezza – forse trenta o quaranta voci, tutte di attentati.
“Non la esamineremo in modo esauriente,” disse Kurt. “Potete tutti vedere quanti incidenti ci sono stati. Salteremo solo qua e là. Dicembre 2013 – un attentato a un complesso di polizia egiziano ha ucciso sedici reclute. Marzo 2014 – degli attacchi multipli di razzi da oltre confine su Eilat, Israele, hanno attivato il sistema di difesa israeliano Cupola di Ferro. Sono stati intercettati tutti i razzi meno uno, sono rimaste ferite dieci persone e c’è stata una morte per arresto cardiaco. Febbraio 2015 – un autobus è stato fatto saltare per aria lungo la costa del Mar Rosso, uccidendo tre turisti coreani e l’autista egiziano. Un successivo messaggio ha avvisato tutti i turisti di lasciare l’Egitto.”
Kurt sospirò. “E ovviamente quello grosso. Il volo Metrojet 9268 è esploso il 31 ottobre 2015 poco dopo il decollo da Sharm el-Sheikh. Il volo era pieno di turisti russi, e sono morte duecentoventiquattro persone, ovvero chiunque fosse a bordo.”
Fece una pausa. “In parte l’apertura di un nuovo Dennis Hotel da parte del governo egiziano era la dimostrazione della repressione finalmente ultimata di Wilāyat Sīnā’ e della riapertura dei resort del Mar Rosso.”
“Immagino che questa teoria ormai sia bruciata,” disse qualcuno.
“A rischio di sembrare ignorante,” disse Susan, “chi sono queste persone, questi… Wilāyat?”
Kurt annuì. “Certo. Wilāyat Sīnā’, o ISIS nella penisola del Sinai, è un gruppo un tempo conosciuto come Anṣār Bayt al-Maqdis, che tradotto significa seguaci della Casa Santa. Anṣār era un gruppo liberamente organizzato di cellule terroristiche salafite che perpetravano attentati nella regione dagli inizi del 2000. Dal 2011 il governo egiziano ha mosso passi aggressivi per sradicare quelle cellule. In risposta, Anṣār si è affiliata all’ISIS con un giuramento formale di fedeltà nel 2014. Abbiamo dati largamente corroborati che indicano che a mano a mano che l’ISIS perde il territorio un tempo da lei controllato in Iraq e in Siria, vede le anarchiche terre tribali – per lo più deserto e montagne – del Sinai come una possibile e allettante base operativa.”
Lo interruppe il generale Loomis. “Ovvio. Il che penso che mi riporti al punto originale.”
“Sì, generale,” disse Kurt. “Penso che adesso siamo pronti per il suo apporto.”
Loomis annuì. “Grazie. Per quanto questo schianto sia una cosa terribile, le voci di cui siamo al corrente indicano che non è l’attentato vero. Si tratta del gioco di prestigio di un mago, ideato per farci guardare in una direzione mentre la faccenda reale si svolge da qualche altra parte.”
“Che prove ha a supporto?” disse Susan.
Il generale scosse la testa. “Signora presidente, non ho la libertà di discutere i dati top secret in nostro possesso, né le fonti, in una riunione come questa. Penso che lei debba saperlo.”
Susan lo guardò tagliente. “Generale Loomis, come deve sapere lei, è mia prerogativa desecretare dati per mio capriccio, se rientra nei miei desideri. Ovviamente non lo farò. Ma nell’interesse di far agire le persone presenti in questa stanza, potrebbe essere utile che condividesse almeno il dove e il quando potrebbe aver luogo l’attentato vero.”
Il generale fece spallucce. “Signora presidente, se lo sapessi lei sarebbe la prima persona a cui lo direi.”