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CAPITOLO QUATTRO

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12:01 ora dell’Africa occidentale (6:01 ora della costa orientale)

125 miglia nautiche a sudest di Lagos, Nigeria

Golfo di Guinea

Oceano Atlantico


“Sta altissima, baby,” disse il tiratore alla sinistra di Eddie il Pazzo.

“Yeah, stasera ci facciamo una bella scorpacciata, Killem,” disse l’uomo alla sua destra. “Con una bella pollastrella.” Gli uomini attorno a loro risero.

Killem. Uno dei soprannomi di Eddie. Abbreviazione di Killem Dead, ammazzali tutti, che non era solo un soprannome, ma anche il suo motto personale.

Guidavano una piccola armata di motoscafi – una dozzina di vecchi go-fast. Le barche sembravano un po’ uscite da un film di Mad Max ambientato in acqua. Erano munite di giganteschi motori fuoribordo da trecentocinquanta cavalli e placcate da pezzi di acciaio saldato. Non c’erano finestrini – il conducente di ogni barca vedeva il mare davanti a sé attraverso sottili fessure tagliate nel metallo. Una delle barche, la più lenta e grossa del gruppo, aveva un ponte volante saldato sopra – in cima era montata una pesante mitragliatrice recuperata da un deposito militare nigeriano.

Il sole picchiava, e il suo duro bagliore si rifletteva sulle vaste acque dell’oceano.

“Combatteranno?” disse il primo.

Eddie guardò i suoi motoscafi. Avevano tutti sei uomini a bordo, e ogni uomo pullulava di armi – AK-47 e Uzi per lo più, ma anche una coppia di lanciagranate. Avevano tutti pistole, avevano tutti coltelli o machete. Gli uomini stessi erano rockstar, assassini spietati, e ne avevano tutta l’aria. Armatura di kevlar, coprenti occhiali da sole da aviatore, bandane a stelle e strisce in testa.

“Meglio di no,” disse Eddie.

Davanti, a forse un miglio di distanza, c’era l’oggetto del loro amore. Un vecchio mercantile procedeva lentamente verso nordovest. Era un aggeggio grosso, alto dieci piani, e si spostava pesante come un relitto. Era di un colore indeterminato – per lo più un misto di arancione arrugginito e di ciò che restava di una mano di verde scuro data probabilmente decenni prima. I motoscafi si avvicinavano da dietro, e lungo la poppa era appena leggibile una scritta bianca – LADY JANE.

La Lady Jane comunque era proprio in alto mare. Ad alcuni la cosa avrebbe fatto pensare che il mercantile fosse vuoto. Ma ad altri – a gente come Eddie il Pazzo Killem Dead – dava da pensare una cosa totalmente diversa. La Lady Jane se n’era rimasta ormeggiata a lungo in un porto congolese non regolamentato. Adesso si spostava con le stive vuote.

Che cosa trasportava?

Che genere di carico si era fatto strada fuori dalla selva senza legge e dilaniata dalla guerra della Repubblica democratica del Congo per finire nelle mani di contrabbandieri sulla costa? Metalli preziosi come coltan e oro sicuramente, ma c’erano cose anche migliori.

“Diamanti,” disse Eddie sottovoce, non accorgendosi neanche di parlare.

“Yeah, baby!” disse l’uomo accanto a lui. “Yeah!”

I diamanti erano piccoli, e pure leggeri. Una manciata valeva molti soldi. Un chilo nascosto in un muro finto su un vecchio mercantile poteva valere decine di milioni di dollari. Di più? Eddie non sognava tanto in grande.

No. Sarebbe stato un chilo, nel caso. Costringere l’equipaggio a mostrarti dov’erano nascosti – questo era il punto, no?

Eddie sorrise. Aveva già convinto delle persone, in passato.

La nave incombeva. Più vicina adesso, molto più vicina. I motoscafi rallentarono avvicinandosi al massiccio mercantile. La barca con il ponte volante si spostò a destra, puntando la pesante mitragliatrice sui ponti superiori della Lady Jane. Finora lassù non c’era stato movimento.

C’era una scala di emergenza imbullonata alla poppa, circa due piani sull’acqua. Sotto, la scala era stata tagliata per scoraggiare i pirati – pirati come Eddie e i suoi uomini. Bene così. Ognuno dei suoi motoscafi aveva una scaletta estendibile di alluminio che avrebbe raggiunto il fondo di quella di emergenza. Da lì poi c’era una salita di altri due piani per arrivare al primo ponte. Facile, con gli occupanti ben disposti.

Altrimenti…

Eddie si portò un megafono alle labbra. Con un solo dito portò la levetta su ON, e qualche secondo dopo la sua voce rimbombava nell’acqua.

“Lady Jane, Lady Jane, abbassate le armi e preparatevi all’arrembaggio.”

Sul ponte più alto, da dietro un parapetto di metallo apparvero due mani scure. Agitavano un ampio tessuto bianco – forse parte di un lenzuolo – pensato come bandiera di resa. Eddie di quella bandiera non si fidava. Non ancora.

“Tutti gli uomini non armati verranno risparmiati,” disse nel megafono. “Chiunque si opporrà verrà ucciso. Non metteteci alla prova.”

Dalla nave rimbombò una voce. Ce l’avevano anche loro, un megafono.

“Non abbiamo niente che volete.”

Eddie fece un grosso sorriso. Niente?

“Lo vedremo noi stessi.”

* * *

Se ci fossero stati problemi, si sarebbero palesati adesso.

Il primo motoscafo si era ancorato alla nave. Eddie osservava da un centinaio di metri di distanza. Il motoscafo sembrava un giocattolino accanto al mercantile.

Una scala di alluminio argentato si estendeva dal motoscafo al fondo reciso della scala di emergenza del mercantile. Il mare era calmo – qualche salto, ma abbastanza piatto da consentire la salita.

Un uomo salì la scala argentata, poi un altro, entrambi muovendosi come ragni. Quando il primo ebbe raggiunto quella di emergenza, con un AK-47 agganciato alla schiena, un terzo era salito su quella argentata e stava salendo.

Tre uomini in aria. Tre uomini fuori sopra al nulla, assolutamente esposti.

“Fermi ora,” disse Eddie nel megafono. “Non fate niente di stu…”

D’un tratto da dietro la bassa parete di metallo che abbracciava il ponte più basso saltò su un uomo. Si sporse oltre, con una mitragliatrice. Il brutto chiasso di fuoco automatico esplose nel silenzio del giorno.

DA-DA-DA-DA-DA. DA-DA-DA-DA-DA.

I due sulla scala d’argento crollarono, e i loro corpi andarono in pezzi. I resti sanguinolenti caddero nell’oceano, cibo per gli squali.

Il primo si aggrappò alla scala di emergenza, cercando di incastrare la testa e la parte superiore del corpo sotto a uno dei pioli. Finora era stato risparmiato.

Quello sul ponte si sporse fuori del tutto, puntando all’eliminazione dell’ultimo scalatore.

Eddie mirò all’uomo.

“Uccidetelo,” disse nel walkie-talkie nero.

Istantaneamente uno scoppio dalla pesante mitragliatrice sulla barca da pesca trasformò l’uomo in groviera. No, troppo delicato così. Lo liquefece. Il rinculo della pesante arma aveva fatto oscillare assurdamente la barca, ma il tiratore era un esperto. Inclinava su e giù l’arma, mettendo il fuoco sul ponte. Il metallo del muretto andò in pezzi come cartone. Vi apparvero dei buchi, e un istante dopo si accartocciò come una lattina.

Il primo scalatore era ancora vivo, e ancora una volta si faceva strada verso la cima. Altri due erano passati dal motoscafo alla scaletta argentata.

“Ancora!” urlò Eddie. “Voglio altri uomini sulla nave.”

Diavolo, ci sarebbe andato lui. Vedere i suoi uccisi gli aveva attizzato il sangue nelle vene. Urlò al pilota di avvicinare la nave. Il primo motoscafo si stava già scostando. Mentre il suo si avvicinava, la scala di alluminio della barca cominciò ad allungarsi. Eddie ci fu sopra prima ancora che la nave fosse stata agganciata.

La scala sorse a un angolo di quarantacinque gradi verso il mercantile. Lui la scalò, rapido come un gatto, anche se così traballante sferragliava e tremava. Si udirono altre armi. Guardò alla sua destra. La barca da pesca stava inondando i ponti superiori della nave di fuoco automatico.

“Bene!” urlò. “Fateli a pezzi.”

Eddie aveva quasi raggiunto la pensante scala di metallo di emergenza. Era a poco più di un metro di distanza, in avvicinamento, e poi si allontanava. Coprì la distanza con un balzo, poi si rimise a salire, stavolta dritto in linea verticale.

In meno di un minuto aveva salito altri due piani. Fece un respiro profondo e fece capolino col capo oltre la cima. C’erano tre dei suoi – ancora vivi, lì a tenere quell’angolo del ponte. Benissimo. Potevano portare tutti gli uomini su per di là.

Eddie abbassò lo sguardo. C’erano altri quattro uomini che salivano dietro di lui. Otto combattenti pesantemente armati presto sarebbero stati a bordo, con altri in arrivo. I trafficanti di quella nave probabilmente non avevano mai avuto più di una dozzina di uomini, tanto per cominciare.

Scivolò oltre la ringhiera.

I suoi erano accucciati sull’orlo in cui il passaggio curvava, e gli restituivano lo sguardo. Due contrabbandieri giacevano sulla passerella, a malapena cadaveri, i corpi eviscerati dal fuoco della mitragliatrice.

Eddie li guardò appena. Scuri neri, piccoli, congolesi, probabilmente hutu. Africani sì, ma selvaggi. Eddie Killem Dead era kanuri. Un’eredità di cui essere orgogliosi. Quelli lì erano spazzatura.

“Andiamo,” disse ai suoi. “Finiamo la cosa.”

Aveva un Uzi assicurato alla schiena. Lo prese e svoltò l’angolo. Cinquanta metri avanti, una spruzzata di pallottole mandò in pezzi i muri. La nave da pesca stava ancora mitragliando il fianco del mercantile. Altri due uomini giacevano morti sul passaggio. Oltre c’erano il frastornante cielo azzurro e il mare scuro.

Eddie e i suoi risalirono il passaggio, con gli stivali che producevano un rumore metallico sulla maglia d’acciaio sottostante. La passerella stessa sussultava a ogni passo – pareva che potesse separarsi dalla cornice. Quel mercantile era messo male.

Davanti, da un oblò spuntò fuori un’altra bandiera bianca che si mise a sventolare su un bastoncino. Forse questa era la vera resa, forse no.

Eddie aveva il megafono agganciato alla spalla. Lo abbassò e se lo portò alle labbra. “Gettate fuori le armi!” disse. “Tutte.”

Un AK-47 scivolò fuori dall’oblò successivo. Poi una pistola semiautomatica nove millimetri. Un machete. Un’altra pistola. Sferragliavano con un clangore quando colpivano la passerella.

Eddie fece cenno ai suoi di avanzare.

“Fatelo saltare,” disse.

Il primo prese una granata dalla tasca del giubbotto, tirò la spoletta e la lanciò attraverso l’oblò. Da dentro giunsero urla convulse. Gli uomini di Eddie indietreggiarono. Passò un secondo. Due.

BUUUUM.

Dagli oblò giunse un bagliore rosso e arancio. Adesso dentro c’era qualcuno che urlava. Eddie si portò al primo oblò e ci guardò attraverso. La cabina andava a fuoco. Il pavimento era disseminato di corpi e parti del corpo. Sembravano esserci ancora due uomini vivi. Uno se ne stava in silenzio a respirare pesantemente, col petto che si sollevava. Sarebbe morto presto. L’altro strillava, con occhi da pazzo.

Eddie guardò uno dei suoi e fece il gesto di tagliarsi la gola. Quello annuì e scivolò dentro all’oblò frastagliato. Un attimo dopo, le urla cessarono.

Eddie si mosse rapidamente, scattando su per una serie di scale in ferro. Adesso con sé aveva otto uomini. L’arrembaggio nemico era completo. Nessuno avrebbe tenuto la nave contro di loro. Sorrise al pensiero.

La sua truppa era efficiente, cavoli. Assassini.

Arrivarono alla timoniera, che era tutta finestre. Dentro c’erano tre uomini. Eddie riuscì a guardare dentro e a vederli chiaramente. Non provarono neanche a tenere fuori Eddie e i suoi. A che sarebbe servito?

Eddie si limitò ad aprire la porta e a entrare.

Gli uomini erano piccoli e di mezza età, ciascuno con addosso un’uniforme marrone chiaro. Sembravano agenti governativi di un qualche tipo. Che barzelletta. Erano trafficanti che veleggiavano con un vecchio mercantile decrepito indossando uniformi rubate o finte. La maggior parte dell’attrezzatura della timoniera sembrava scassata, inutile. Eddie sorrise agli uomini.

“Chi è il capitano?”

I tre lo fissarono, incerti.

“Ditemelo o uccido tutti e tre.”

Quello in mezzo, il più piccolo e il più vecchio dei tre, annuì. Era assolutamente calvo. Aveva mani larghe e la pelle nero scuro. Aveva la faccia profondamente rugosa. “Sono io il capitano.”

Eddie annuì. Guardò i suoi.

Risuonarono due colpi, e gli uomini accanto al capitano si afflosciarono istantaneamente a terra, entrambi morti prima di toccare il pavimento.

L’odore di polvere da sparo sorse nella stanza.

“Dove sono i diamanti?” disse adesso Eddie.

Il capitano era calmo. Sembrava appena sorpreso della morte che lo circondava. A vedersi, era in vita e in mare da molto tempo. Probabilmente era abituato a questo genere di cose. Abbassò le mani e scosse la testa.

“Non ci sono diamanti.”

“Niente diamanti?” disse Eddie con il sorriso più ampio che mai. “Ne sei sicuro?”

“Sì. Non c’è niente che potete volere voi.”

“E perché avete combattuto? Che cosa cercavate di proteggere?”

Il capitano fece spallucce. “Noi stessi. Perché voi siete sporchi pirati nigeriani. Sapevamo che ci avreste massacrati se aveste catturato la nave.”

“Che c’è a bordo?” disse Eddie. “Di sicuro qualcosa c’è.”

“Lo ripeterò,” disse il capitano. “Non c’è niente che volete voi. E sareste più felici se la lasciaste dove l’avete trovata. Ve lo assicuro.”

Eddie rise. “Allora qualcosa di importante. Fammi vedere.”

Scesero sotto ai ponti. Il capitano accompagnò Eddie e i suoi da una stiva vuota all’altra, scendendo sempre più nelle viscere della nave. Non c’erano segni di vita, nemmeno topi. Non c’erano neanche segni di merci – solo buie e arrugginite stive vuote e ripulite.

Alla fine entrarono in uno stanzone. Nell’oscurità si profilava un’alta mole. Gli uomini di Eddie non ebbero bisogno di farsi dire che cosa fare. Ci piazzarono su le torce.

Mentre si avvicinavano, la cosa divenne più chiara. Era un ampio box d’acciaio, color canna di fucile. I margini erano saldati insieme. Non era chiaro come si aprisse, oltre forse a tagliarlo con una fiamma ossidrica. C’erano dei segni in cirillico all’esterno – CCCP. Interessante. Le iniziali della vecchia Unione Sovietica. Voleva dire che quel coso vagabondava da più di vent’anni. Torreggiava sopra le loro teste.

“Cos’è?” disse piano Eddie, con la voce che echeggiava per la stiva cavernosa. “Un’arma?”

“Non lo so,” disse il capitano.

Eddie lo guardò severamente. “Non sai che cos’è?”

Scosse la testa. “Sapere non è il mio lavoro. Non sono affari miei.”

Quel coso aveva fatto uccidere tutti sulla nave, e ben presto avrebbe fatto uccidere anche lui. Però non erano affari suoi.

“Chi è il tuo cliente?”

L’uomo lo fissò torvo, forse immaginando la tortura che avrebbe patito finché non avesse risposto in modo soddisfacente.

“Se te lo dico mi uccidono.”

Eddie fece spallucce. “Sì, ma se non me lo dici…”

“Anche tu mi uccidi.”

“Ho ucciso tutti i tuoi uomini,” disse Eddie. “Tu sei vivo solo perché lo dico io. La tua sola speranza è dirmelo. Magari riesci a evitare il cliente. Magari per un pochino, magari per sempre. Ma evitare me? Per questo è troppo tardi.”

“Ti attirerai la morte se te lo dico.”

Eddie sorrise. Quante volte se l’era attirata?

“Dimmelo lo stesso.”

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