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CAPITOLO CINQUE
Оглавление6:51 ora della costa orientale
Quartier generale dello Special Response Team
McLean, Virginia
Neanche le sette e c’era una mezza dozzina di auto private nel parcheggio, insieme ai quattro SUV neri dell’agenzia. Era già stata spalata la neve una volta, e fuori c’era un guardiano a sgombrare i passaggi.
Questo piaceva vedere a Luke – gente in anticipo sul gioco. Tecnicamente, non aprivano che alle nove.
Portò il documento identificativo allo scanner e i grandi portoni di vetro si aprirono. Uscì dalla neve che soffiava ed entrò nell’atrio principale. Era aperto e arioso, con alti bambù ad allungarsi in alto di tre piani. Era tutto nuovo e bellissimo e altamente tecnologico. Una cascata di pietra accoglieva la gente all’ingresso, con un messaggio intagliato di Abramo Lincoln: Coloro i quali sono pronti a sacrificare la libertà per la sicurezza alla fine perderanno entrambe.
A Stone pareva che Lincoln parlasse a lui personalmente. Un’agenzia come lo Special Response Team era stata ideata per l’azione rapida, talvolta sciolta dalla burocrazia, dalle direttive e dalle leggi che rallentavano gli altri. L’obiettivo era la sicurezza, ovvio, la protezione degli innocenti, ma ci doveva essere un equilibrio – non facevano legge a sé. Era importante ricordarlo.
Si guardò attorno nella lobby prima di recarsi nel suo ufficio. Difficile a credersi. Mi sono dato un pizzicotto per essere sicuro di non sognare. Non era così che diceva a volte la gente? A Stone cose così non piacevano, i modi di dire, ma in questo caso era vero.
Il nuovo quartier generale dell’SRT era il vecchio quartier generale di anni prima ma sventrato, spogliato fino all’ultimo bullone e totalmente trasformato. Dall’esterno il tozzo edificio a tre piani di vetro e cemento sembrava assolutamente scialbo e funzionale, come l’edificio di un’università statale degli anni Settanta o un vecchio condominio russo dell’era di Chruščëv.
Ma il nuovissimo elicottero Bell 430 nero curvo sull’elisuperficie con il logo dell’SRT bianco brillante sul fianco poteva dare un barlume di quello che si sarebbe trovato all’interno dell’edificio. C’erano uffici al pianterreno e al secondo piano, e una sala conferenze e un centro di comando all’avanguardia quasi a livello della sala operativa della Casa Bianca.
Aveva ogni innovazione tecnologica scaturita dai più fervidi sogni di Mark Swann – incluso un vivaio di server personali, una rete criptata da cui Swann poteva avere accesso facilmente a satelliti spia e programmi di sorveglianza dati come ECHELON e una stanzina apposita per il pilotaggio di droni. La palestra (completa di attrezzatura cardio, macchine per la pesistica e una sala di allentamento abbondantemente insonorizzata) e la mensa si trovavano al secondo piano. Il poligono di tiro insonorizzato era nel seminterrato.
L’agenzia aveva venti impiegati, le dimensioni perfette per rispondere rapidamente agli eventi in corso, leggera e con totale flessibilità. Il nuovo SRT stava vivendo la sua infanzia, e stavano ancora costruendo squadre ed erano ancora al lavoro per indurre le star a lasciare organizzazioni private, altre agenzie governative e l’esercito.
Scorporato dall’FBI e ora organizzato come subagenzia dei servizi segreti, l’organizzazione limitava le interazioni di Luke con la burocrazia federale. Faceva rapporto direttamente alla presidente degli Stati Uniti, cosa che al momento pareva funzionare benissimo.
Trudy Wellington fece capolino col capo fuori dal suo ufficio al passaggio di Luke. Sedeva sulla sedia da ufficio e l’aveva fatta ruotare fino alla soglia.
“Luke, ho una cosa per te.”
Lui abbassò lo sguardo su di lei e finse una reazione a scoppio ritardato. “Ma non ce l’hai una casa?”
Sorrise e scosse la testa. “Lo sai dov’è casa mia.”
Trudy era la sua analista dati dell’intelligence, e aveva l’ufficio a tre metri dal suo. Trudy era snella e bella come non mai con un caldissimo cappotto di lana verde e blue jeans. Aveva eliminato i grossi occhiali rotondi dalla montatura rossa che la facevano sembrare un gufo e dietro cui si nascondeva. Adesso i suoi begli occhi azzurri erano in primo piano. Quegli occhi davano sempre l’idea di osservare Luke con attenzione.
Trudy era un mistero avvolto in un enigma. Per anni Luke aveva fatto affidamento su di lei per dati e creazione di scenari. Ma le cose si erano complicate. Dopo il disastro di Mount Weather, dopo che il capo dell’SRT originale, Don Morris, era rimasto implicato in un complotto per rovesciare gli Stati Uniti, era venuto fuori che Trudy aveva avuto una lunga relazione con lui. Era stata arrestata e incarcerata senza rilascio su cauzione perché sospettata di cospirazione in tradimento. Ciò sarebbe dovuto bastare per squalificare chiunque dal lavorare ancora nell’intelligence. Ancora peggio, dopo essere uscita di prigione, era scomparsa. Dei luoghi in cui aveva vissuto nell’anno della sua latitanza si rifiutava di parlare. Le cose erano complicate.
Comunque Luke l’aveva assunta per lavorare nel nuovo SRT lo stesso. Trudy e Luke avevano avuto un breve flirt durante la crisi dell’ebola, cosa di cui non parlavano mai e che sembravano essersi gettati alle spalle. E Trudy era preziosa per la sua capacità di raccogliere informazioni e ricavarne un senso. Era, per Luke, la migliore nel lavoro.
“Ok,” disse Luke. “Cos’hai per me?”
“È qualcosa da parte di Swann.”
“Swann è qui?” disse Luke.
Scosse la testa. “Certo che no. Sono le sette del mattino. Ma è sveglio e me l’ha mandato pochi minuti fa. Come sai, abbiamo una breve lista di persone che teniamo sotto controllo. Una di queste è un uomo che si chiama Mustafa Boudiaf.”
Trudy si voltò verso il suo ufficio e raccolse il tablet dalla scrivania. Luke la seguì sull’uscio. Lei scorse alcune informazioni.
“Mustafa Boudiaf,” disse. “Vive a Baltimora. Sessantatré anni, cittadino americano, nato in Algeria durante la guerra d’indipendenza algerina. È venuto nel nostro paese quando aveva nove anni. Ha trascorro buona parte dell’infanzia ad Algeri e ha assistito alle atrocità commesse sia dai francesi che dall’FLN.”
“Come facciamo a saperlo?” disse Luke.
Trudy scrollò le spalle. “Ascoltiamo le sue conversazioni telefoniche.”
Luke annuì. “Ok.”
“Boudiaf pare essere un finanziatore dei movimenti islamici estremisti del Nordafrica. Swann ha tracciato il movimento di grosse somme di criptovalute nel dark web, e con minore estensione per popolari piattaforme di commercio di valute digitali come Coinbase. Sono piattaforme prive di regolamentazione, ma abbastanza facili da tenere sotto controllo.”
“Qual è la sua copertura?”
“Fa l’autista Uber, lavora soprattutto di notte, spesso tardi. Crediamo che incontri donatori e altra gente della sua rete fingendo di far salire passeggeri. Una volta in auto, sono liberi di parlare per tutta la durata del viaggio. Swann lo ha tracciato e l’ha visto raccogliere passeggeri fino a Philadelphia, nel New Jersey settentrionale e New York. Arriva regolarmente a Washington DC così come a Norfolk.”
“Ottimo,” disse Luke. “Abbocco. Perché oggi ce l’abbiamo sul radar?”
Trudy sollevò un indice.
“Stamattina, alle quattro e dodici, pochi minuti dopo lo schianto dell’aereo nel Sinai, Boudiaf ha risposto a una telefonata. Swann ha detto di non essere stato in grado di tracciarla, ma veniva da fuori degli Stati Uniti. L’uomo che ha chiamato ha parlato in arabo. È stato breve. Ha detto una frase che tradotta significa Fatto. Poi ha riappeso.”
“Interessante,” disse Luke. “Ma probabilmente da solo non basta.”
“Questa è una cosa,” disse Trudy. “La seconda è che Mustafa Boudiaf si sta preparando a lasciare il paese. Tre giorni fa un furgone dei traslochi ha accostato a casa sua, a Baltimora. Gli operai hanno portato fuori di casa un sacco di mobili, scatoloni e attrezzature elettroniche e sono partiti con la roba. Invece di portarla in un’altra casa, l’hanno portata in un magazzino – un magazzino fuori Harrisburg, Pennsylvania.”
“Curioso,” disse Luke.
“Swann dice che due sere fa Boudiaf ha acquistato biglietti d’aereo di sola andata per sé e la sua famiglia per Algeri. Il volo parte domani sera dal JFK, presumendo che la tempesta di neve si attenui. La casa in cui vive è in affitto. Tra pochissimo Mustafa Boudiaf sarà scomparso, e sarà come se non fosse mai stato qui.”
“Che ti dice la pancia?”
Trudy annuì. “È coinvolto nell’abbattimento dell’aereo. Forse di pochissimo, forse di molto. Come minimo sapeva in anticipo dell’attentato. E ora sta per partire.”
“Sono appena stato alla Casa Bianca.”
Gli occhi di Trudy lampeggiarono… per qualcosa. Luke non sapeva che cosa.
“Una riunione in sala operativa. C’era un generale del Joint Special Operations Command. Lui ha detto che pensano che lo schianto aereo sia il preludio di qualcosa di più grosso, e forse persino un diversivo. Può essere che Boudiaf parta perché il prossimo attentato avverrà qui?”
“Non ti piacerebbe saperlo?”
Luke annuì. “Recuperiamolo. Possiamo farci aiutare dalle forze dell’ordine locali?”
Trudy scosse la testa. I capelli le si agitarono leggermente. “Impossibile. Troppo rischioso. Il dipartimento di polizia di Baltimora al momento sta cercando di sopravvivere a molta cattiva pubblicità. Assurdo che ci diano un mandato di arresto sulla base di quello che abbiamo, soprattutto con un preavviso di un attimo. Quindi la polizia di lì qui non ci metterà le mani – è esattamente il tipo di cosa che, se giocata male, pare una violazione dei diritti umani.”
“Be’, allora giochiamocela bene. Quante persone ci sono in casa di Boudiaf?”
“Sette.”
A Luke crollarono le spalle. “Sette persone?”
Trudy annuì e sollevò le sopracciglia. “Boudiaf ha una moglie giovane e una figlia di cinque anni. Ha un figlio adulto avuto da un matrimonio precedente, che vive in casa con sua moglie e suo figlio piccolo. E lì vive anche il nipote adulto di Boudiaf.”
“Quindi nella casa vivono due bambini?”
“Sì, e probabilmente oggi saranno a casa per via della neve.”
Luke alzò gli occhi al cielo. “Fantastico. In più altri due maschi adulti.”
“Sì,” disse Trudy.
“Cosa presumiamo che stia facendo adesso Boudiaf?”
“Dati gli orari che tende ad avere, presumiamo che stia dormendo.”
“Allora andiamo. Se non ti spiace, da’ a Swann un calcio nel culo da parte mia e fallo venire qui.”
* * *
“Un bello sforzo adesso. Un bello sforzo. Adesso è ora, e tocca a te.”
Ed Newsam giaceva sulla schiena sotto alla panca piana. Aveva le gambe come tronchi avvolte in pantaloni della tuta neri e sull’ampio petto una t-shirt nera tutta tirata. Le parole erano stampate sulla maglietta in lettere bianche: BOTTE E ANCORA BOTTE. Una volta il detto era ‘Botte e ancora botte finché non ti migliora l’umore’, ma l’umore di Ed era a posto così.
Il suo MP3 sparava vecchi pezzi dei Public Enemy in vecchie cuffie. Aveva il corpo zuppo del sudore del primo mattino – si trovava lì dalle sei e mezza. E aveva sistemato la panca piana sui centosettanta. Una sola ripetizione buona era tutto quello che chiedeva. Meglio che buona – pura, perfetta, nessuna esitazione nel sollevamento e una bella, lunga, resistenza negativa per scendere. Roba da fargli esplodere il sudore fuori dai pori.
“Mostrami quello che hai,” disse a nessuno tranne che a se stesso, e spinse la sbarra. Il peso scivolò verso l’alto, centimetro dopo centimetro. Lo tenne per un secondo in cima, poi cominciò la lenta discesa. Le braccia gli tremavano in modo assurdo. I polsi scrocchiavano come se si stessero per spezzare a metà. Le vene delle braccia sporgevano. Sentiva il sangue salirgli alla testa – pareva che gli potesse esplodere il cervello.
Finalmente, lasciò andare – il peso atterrò con uno schianto metallico.
Bellissimo.
Ed stava cambiando stile di vita. Il recente viaggio in Iran fatto con Luke Stone lo aveva spaventato un po’. Lui e Stone erano quasi morti una mezza dozzina di volte. Ed non voleva morire – voleva vivere per veder crescere le sue due figlie. Ma aveva trentasei anni, e non stava certo ringiovanendo. Non lo aveva detto a nessuno, ma la verità era lì: in quella missione si era sentito vecchio e lento.
Eppure, non voleva smettere di lavorare sul campo. Durante il periodo alla squadra Recupero ostaggi dell’FBI, avevano cominciato a usarlo come allenatore e supervisore invece che come agente e operativo. Brutta piega.
Questa… questa era la piega giusta.
Subito dopo le vacanze aveva ridotto, e poi eliminato, pane e pasta e torte di mele e biscotti. Aveva rotto col suo primo vero amore, McDonald – non parlavano più la stessa lingua. E si era impegnato a recarsi in palestra prima del lavoro almeno tre giorni a settimana. I suoi allenamenti erano sempre stati brutali. Adesso si stavano avvicinando alla mostruosità.
Adorava stare lì.
Adorava essere di nuovo allo Special Response Team, e adorava quello che avevano fatto col vecchio posto sotto la leadership di Stone. La palestra era nuova di pacca e c’era tutto ciò di cui aveva bisogno, dalle corde da combattimento alle sbarre per trazioni a una macchina per gli squat da centottanta chili a un sacco da boxe. Se arrivava abbastanza presto, spesso il posto era tutto suo.
L’energia del nuovo SRT faceva provare a Ed un entusiasmo che non sentiva da un po’. E Stone sembrava stracontento come lui. Erano spariti la barba e i capelli da macho dandy. Erano spariti gli occhi spiritati e le espressioni sofferenti.
Luke non si era mai lasciato andare fisicamente – era sempre al massimo in quel frangente, meglio di quanto un uomo avesse diritto di aspettarsi una volta passati i quaranta. La sua resistenza all’invecchiamento fisico sembrava quasi sovrumana. Ma la fine del matrimonio, il divorzio e poi la morte dell’ex moglie lo avevano ficcato in un deserto psicologico, e per un po’ era sembrato che potesse non fare più ritorno.
Però adesso era tornato. E andava a fuoco. Era un bene. L’impegno di Stone dava a Ed la fiducia di cui aveva bisogno per impegnarsi nell’organizzazione. L’SRT non sarebbe sopravvissuto senza uno Stone concentrato al cento per cento, e questo era Stone adesso. Quando Ed aveva accettato il lavoro, Stone gli aveva promesso che non sarebbe sparito di nuovo dai radar, e finora aveva tenuto fede alla parola.
“Pensi al diavolo…,” disse Ed.
Stone era appena entrato in palestra. Attraversò a grandi falcate la nuova pavimentazione di gomma puntando dritto a Ed. Stone si era appena fatto la barba ed esibiva un taglio a spazzola. Aveva gli occhi svegli e in allerta. Indossava pantaloni marrone chiaro e una camicia chiusa da una cravatta vera. La cravatta aveva su una caricatura di John Lennon – Stone stava persino sviluppando uno stile personale. Indossava abiti formali al lavoro, ma le cravatte spesso erano estrose, e a volte chiaramente ridicole.
Stone sorrise e gli disse qualcosa.
Ed si tolse le cuffie. “Prego? Non ti ho sentito.”
Stone scosse la testa. “Ho detto, cosa strilli?”
Ed fece una smorfia. “No che non l’hai detto.”
Stone rise. “Dai, bello. Ti offro un caffè? Abbiamo molto di cui parlare.”
* * *
“Come stanno le ragazze?” disse Luke.
Si erano accomodati alla mensa a pieno servizio, due pasti al giorno, dell’SRT. Era stata un’idea di Luke – gli pareva che avere i pasti disponibili sul posto avrebbe fatto venire le persone al lavoro prima al mattino, e che le avrebbe tenute lì a pranzo. Se la gente si trovava all’interno del quartier generale dell’SRT quando mangiava, e persino quando faceva ginnastica, potevano accadere cose – potevano scintillare idee, crearsi collegamenti. Era questo che Luke voleva dai suoi.
Finora l’idea funzionava esattamente come da programma. Oggi era una giornata di nevicate, ed erano solo le sette e mezza. E comunque la sala era già un andirivieni di sgobboni che facevano colazione.
Ed fece spallucce. “Bene. Crescono troppo in fretta.” Era stravaccato sulla sedia, ancora con la tuta, a mescolare olio di cocco biologico nel caffè al posto della panna.
“Cassandra mi fa fare i salti mortali per vederle, ma non è una novità. Nulla che non possa gestire. Ha presentato una mozione al tribunale per costringermi a rivelare dove mi trovo in qualsiasi momento. Io ho detto che spesso si tratta di informazioni secretate, e per fortuna il giudice su questo è stato dalla mia parte.
“Poi Cassandra durante le vacanze di Natale ha preso e si è trasferita nella periferia a sud di Richmond. Afferma che laggiù le scuole sono migliori, più sicure, e probabilmente è vero. Però alle ragazze non fa bene spostarsi continuamente così. In più, non è che a me sia indifferente che il giudice le abbia detto non lasciare la Virginia; si è trasferita il più lontano possibile pur rimanendo nello stato. Mi facevo un viaggetto di venti miglia per vedere le ragazze, e adesso sono più di duecento.”
“Cassandra è una donna bellissima,” disse Luke. Mai dette parole più vere. L’ex moglie di Ed era alta e statuaria. Era come se Naomi Campbell non fosse mai stata scoperta, non fosse mai diventata una top model, e Ed se la fosse sposata. E ci avesse avuto dei figli insieme.
Per poi divorziare.
Adesso Ed sorrise. “È così che ti fanno finire in trappola.”
“È la cosa più naturale del mondo,” disse Luke.
“È così dall’inizio dei tempi,” disse Ed. “Ma immagino che non mi hai interrotto l’allenamento per discutere dei calvari nelle relazioni tra uomini e donne.”
Luke scosse la testa. “No. Hai sentito dello schianto aereo che c’è stato in Egitto?”
“Come avrei potuto non sentire niente?” disse Ed. “Però non hanno detto molto. Si può perdonare allo spettatore medio di pensare che si sia trattato di un normale schianto aereo. Solo una di quelle disgrazie che a volte succedono.”
“Non lo è stato,” disse Luke bevendo il caffè nero.
Ed sorrise. “Dimmi qualcosa che non so.”
“Stamattina sono stato alla Casa Bianca.”
Adesso il sorriso gli andava quasi da un orecchio all’altro. “Ho detto, dimmi qualcosa che non so.”
“C’è stata una riunione di emergenza,” disse Luke. “Kurt Kimball pensa che l’aereo sia stato abbattuto da un attacco tramite razzi che nello specifico aveva come obiettivo Marshall Dennis. Stava per aprire un hotel sul Mar Rosso.”
Ed fissò il suo caffè, pensandoci su. Gli si oscurò il volto. Continuava a mescolare l’olio di cocco.
“Ok.”
“Alla riunione c’era il generale Loomis.”
“Frank Loomis?” disse Ed. “JSOC?”
“Lo conosci?”
Ed scrollò le spalle. “Una volta gli sono stato prestato dalla Delta. L’operazione è andata peggio che poteva. Ha quasi fatto ammazzare un po’ di noi. Un giorno te lo racconterò.”
Luke annuì. “Stamattina faceva lo schivo. Ha detto che i suoi dell’intelligence gli hanno detto che l’attentato è stato un diversivo, una copertura per qualcosa di più grosso. Quando la presidente lo ha incalzato per sapere come facesse a dirlo, o quale potrebbe essere il prossimo attacco, lui ha detto che…”
Ed finì la frase per lui. “Non aveva la libertà di discuterne.”
“Esatto,” disse Luke.
“Allora noi qui che ruolo abbiamo?”
“C’è un tizio a Baltimora. Trudy e Swann pensano che sia sporco, e che stia per scappare dalla città. Vorrei beccarlo oggi prima che scompaia. Vedere che cos’ha da dire. Non otterremo mai un mandato di arresto, almeno non con breve preavviso, quindi…”
Ed sorrise. “Vuoi che ci vada io, a prenderlo?”
Luke scrollò le spalle. “Direi che dovrebbe farlo una squadra di sei persone. Parti con un paio dei tuoi migliori per assicurarti che vada tutto a buon fine. Però portati anche un paio dei tuoi novellini. Mi piacerebbe vederli in azione, vedere che cosa abbiamo davanti.”
“La situazione com’è?” disse Ed.
“È una casa. I dettagli ce li ha Swann. Ci sono due donne e due bambini. Tre maschi adulti. Tutto ciò che vogliamo è il soggetto, che ha passato i sessanta. Io direi entrata turbolenta, azione rapida, lo beccate e lo portate fuori. Cercate di non rompere niente.”
“In altre parole,” disse Ed, “non uccidete nessuno.”
Luke annuì. “Esatto.”
“Sei proprio delicato,” disse Ed.
Luke sorrise. “Ci provo.”
“Ok. Consideralo fatto.”