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CAPITOLO SETTE
Оглавление11:45 ora della costa orientale
McLean, Virginia
Si incontrarono in un ristorantino di fronte al famoso arco di McDonald. Il locale si trovava a dieci minuti dal quartier generale. Luke era arrivato prima, e sorseggiava il caffè. Si trovava a un tavolino a un grosso bovindo, e un po’ guardava la CNN sul grosso televisore montato dietro al bancone.
Luke aveva appena trascorso due ore con Mustafa Boudiaf. Stava avendo problemi a levarsi la cosa dalla mente.
L’unico luogo del quartier generale dell’SRT in cui si potesse fumare era la sala interrogatori. Avevano dato a Boudiaf caffè e sigarette, e lui aveva bevuto e fumato per tutto il tempo. Ma la cosa non lo aveva addolcito neanche un po’.
Boudiaf voleva un avvocato. Boudiaf voleva fare una telefonata. Boudiaf voleva sapere se era in arresto. Boudiaf apparentemente aveva visto molta televisione.
“Che cosa sa dello schianto aereo avvenuto in Egitto?” disse Ed.
La visione di un gigantesco nero che gli incombeva sopra non pareva terrorizzante, per Boudiaf. Scosse la testa. “Non so nulla di uno schianto aereo. Dormivo quando avete invaso casa mia.”
“Dove sono finiti tutti i mobili?” disse Ed.
Boudiaf scrollò le spalle. “Sono poverissimo. Questa è l’America. Lavoro di continuo ma non ho soldi. Non ho mobili. Quello che avete visto è tutto quello che ho.”
Luke quasi rise. “E se le dicessi che sappiamo che tre giorni fa ha spedito tutti i mobili in Pennsylvania? Che cosa strana da fare, no? Spedire i propri mobili e tutti i propri averi nell’entroterra. Perché mai farlo?”
Luke fece una pausa.
“Stava facendo questo?”
Boudiaf lo guardò. “Lei chi è, scusi?”
“Chi sono non ha importanza.”
“Ne ha, perché le porterò via il lavoro.”
Luke scosse la testa. “Non è la prima persona a dirmelo.”
“Deve accusarmi di un crimine o rilasciarmi. Dato che non ho commesso crimini, non c’è nulla di cui accusarmi. State infrangendo le vostre stesse leggi.”
Luke scrollò le spalle. “So che ha fretta perché domani sera ha un aereo da prendere.”
Boudiaf non fece alcun tentativo di nasconderlo. “Sì, esatto. Torno a casa.”
“Pensavo che casa sua fosse questa.”
“Lei è proprio sciocco.”
D’un tratto, Ed colpì nel segno. “Perderà l’aereo,” disse piano, con tono pratico.
L’idea fece arrabbiare Boudiaf. “Dovete rilasciarmi!” gridò. “Siete uomini morti, lo capite? Siete tutti uomini morti!” Poi si fermò e fece un respiro profondo, apparentemente accorgendosi di quello che aveva appena fatto.
“E perché siamo uomini morti?”
Boudiaf scosse la testa. “Non lo so.”
“Come moriremo?”
“Non so neanche questo.”
A Boudiaf crollarono le spalle, e il suo linguaggio del corpo cambiò. Un attimo prima era nervoso, sedeva bello dritto, pronto a resistere. Adesso si sistemava sulla sedia, apparentemente rassegnato a un terribile destino.
“Devo far arrivare un messaggio alla mia famiglia.”
Ed annuì. “Glielo manderemo noi. Questo posso prometterglielo.”
“Se siete onesti, trasmettete questo messaggio. Se non vengo rilasciato, devono salire sull’aereo senza di me e lasciarmi indietro.”
Boudiaf voleva che la sua famiglia se ne andasse. Prima che accadesse cosa?
Ora, nel ristorante, accostò l’auto. Era un SUV Navigator nero della Lincoln con finestrini oscurati, che si muoveva lentamente e con cautela sulle strade scivolose di neve. A volte per Luke era facile dimenticare che la nonna materna di Gunner era la discendente dell’uomo che aveva inventato la vernice per pavimenti nella metà dell’Ottocento; il suo prodotto era ancora in uso più di centocinquant’anni dopo. Ovvio, la fortuna originaria era stata diluita nelle generazioni successive, ma i nonni di Gunner avevano molto denaro.
Gunner frequentava una scuola privata e viveva in una grande villa di pietra in fondo a un lungo vialetto. Un autista lo portava dove voleva. Non respirava l’aria raffinata dell’élite miliardaria come le figlie di Susan, però…
Era un bene. Luke voleva solo il meglio per Gunner, cose che non avrebbe mai avuto se a pagare fosse stato il buon salario statale di Luke. E per quanto Luke avesse voglia di vederlo tutti i giorni, era un bene che Gunner vivesse in un posto dove la gente era sempre a casa. Non lo poteva fare col padre – Luke era via spesso.
Osservò il ragazzino smontare dall’auto, chiudere la portiera e, senza uno sguardo indietro, mettersi in cammino nella neve fino all’ingresso del ristorante. Indossava un lungo cappotto di lana grigia, stivali pesanti e aveva una sciarpa rossa avvolta attorno alla gola. Era alto e magro. A Luke ricordava un giovane gentleman inglese.
Luke sorrise. Il ragazzo stava facendo esperimenti con la sua immagine pubblica. Era quello che si faceva a quell’età.
Gunner entrò, fermandosi un attimo nell’atrio per pulirsi gli stivali dalla neve e dal fango. Percorse l’ala con semplice grazia e scivolò al tavolino, di fronte a Luke. Aveva gli occhi grandi e azzurri e sorrideva.
“Ciao, papà,” disse.
“Ciao, Gunner. Perché sorridi?”
Gunner scrollò le spalle. “Oggi niente scuola. E tu perché sorridi?”
Luke scrollò le spalle. “Per un pranzo a sorpresa con la mia persona preferita.”
Arrivò la cameriera, una donna sui quarantacinque. “Aspettava lui?”
Luke annuì.
Si portò una mano a lato del viso, come per impedire a Gunner di sentire quello che diceva. “È bello.”
Adesso sorridevano tutti. “Forse un po’ giovane, però,” disse Luke.
Fece l’occhiolino a Gunner. “Ok. Posso aspettare. Pronti per ordinare?”
Ordinarono uova, pancake, salsiccia, tutto quanto. Gunner prese il succo d’arancia. Luke si attenne a una tazza di caffè senza fondo. Poi si acclimatarono. Luke l’orario lo sentiva, ma d’altra parte era sveglio e al lavoro da prima delle cinque del mattino, e che cosa c’era di più importante di un po’ di tempo con suo figlio?
“Ho visto lo schianto aereo al notiziario stamattina,” disse Gunner senza preamboli. “È rimasto ucciso un deputato americano.”
Luke annuì. “Sì. Brutta cosa.”
“Vai lì?”
“In Egitto?” disse Luke.
Gunner scrollò le spalle. “Boh. Ovunque sia stato lo schianto.”
“È stato in Egitto,” disse Luke. “Non so se andrò lì. Non me l’ha chiesto nessuno. E non c’è necessariamente una ragione per cui ci vada.” Luke riusciva a sentire l’evasività della sua risposta. “Stanno ancora indagando sulle ragioni.”
Gunner scuoteva la testa. “Il programma che ho visto diceva che probabilmente è stato un attentato terroristico. Il conduttore diceva di esserne sicuro al novantanove per cento.”
Luke sorrise di nuovo. Il sorriso era un po’ più mesto di quello precedente. “Be’, se un conduttore televisivo dice di essere sicuro al novantanove per cento di una cosa, allora deve essere vera.”
“Prenderesti in considerazione l’idea di non andare, se te lo chiedessi io?”
Luke annuì. “Lo prenderei in considerazione. Ma ti chiederei anche di capire che ho un lavoro da fare.”
“Papà, e se ti dicessi che voglio entrare nell’esercito?”
Ecco com’era quel ragazzo. Aveva una mente sveglia, che prendeva deviazioni brusche. A volte era difficile sapere che cosa ci fosse dietro il prossimo angolo.
“Be’, ti direi che, se fra cinque anni la pensi ancora così, allora ti aiuterei a scandagliare le opzioni a tua disposizione. Ma vorrei anche scandagliare le tue motivazioni. Ci sono modi più semplici di mettersi in forma. E se pensi di volerlo fare perché sembra uno spasso, posso dirti subito che non lo è. L’idea di spasso salterà dritta fuori dalla finestra la prima volta che un sergente istruttore ti urlerà addosso standoti col fiato sul collo durante una corsa di dieci miglia prima di colazione, o la prima volta che ti ritroverai a faccia in giù nel freddo fango mentre ti sfilano proiettili veri sopra la testa. E la prima volta che i cattivi veri cercheranno di ucciderti usando metodi innovativi e sorprendenti di cui mai si era parlato durante l’addestramento? Non sarà uno spasso.”
Gunner scosse di nuovo la testa. In volto aveva il fantasma di un sorriso. “Lo farei perché così tu puoi preoccuparti per me tanto quanto io mi preoccupo per te.”
Fine. Dei. Giochi.
Luke rimase temporaneamente senza una risposta. Quel ragazzino era capace di questo e altro.
“Comunque, ecco una buona notizia,” disse Gunner cambiando istantaneamente argomento. Era capace di fare anche questo – metterti in posizione disperata e poi improvvisamente lasciarti andare. Era un po’ un gioco del gatto col topo.
“Racconta,” disse Luke.
“Lo sai che la nonna e il nonno adorano sciare. Be’, andiamo nell’appartamento che hanno in Colorado per qualche giorno. Quindi sarà bello. Sciare mi piace.”
Luke annuì. Non riusciva a immaginare quanto riuscissero a sciare a questo punto i genitori di Rebecca, ma vabbè. “Quando partite?”
“Stasera,” disse Gunner. “Quindi perdo un altro giorno di scuola. Lo sai come sono. Pensano che la scuola sia per i poveri.”
Luke sorrise. Gunner aveva intuizioni affilate come rasoi. Era come se potesse farsi strada nella mente della gente per darci un’occhiatina. Luke ripensò a Boudiaf, che cercava disperatamente di far lasciare la città alla famiglia. La famiglia di Luke – una sola persona – se ne andava, guarda caso. Era proprio un bene. Qualsiasi cosa dovesse accadere, almeno Gunner non sarebbe stato nelle vicinanze.
Oltre, sullo schermo televisivo apparve il viso di Susan. La telecamera si allontanò per fare una panoramica, prendendola a figura intera, lì sul palco. Indossava ancora il tailleur azzurro della mattina. Con la mente, Luke se la immaginò scendere dal letto nuda, nell’oscurità che precede l’alba, per affrontare un’altra giornata provante. Sospirò.
Sullo schermo, Susan era più bella che mai, forse meno formale che in passato. Meno presidenziale? Si poteva dire così. La telecamera si allontanò ulteriormente, mostrando la sala stampa gremita della Casa Bianca.
Luke fissò la stanza. Venne inondato da sensazioni, ed era importante non distogliere lo sguardo. Quella era la stanza in cui si era preso un proiettile per Susan e in cui era stata assassinata Marybeth Horning. Per un istante, Luke vide la testa della Horning saltare per aria, e gli venne il prurito al fianco nel punto in cui era penetrato il proiettile.
Susan stava per parlare.
Gli occhi di Gunner saettavano avanti e indietro tra la tv e la faccia di Luke.
“Ami Susan?” disse.
“Questa è una domanda difficile a cui rispondere,” disse Luke. “Siamo entrambi adulti. Abbiamo avuto entrambi alti e bassi. Abbiamo entrambi lavori impegnativi – lei probabilmente ha il lavoro più impegnativo del mondo intero.”
“La ami come amavi la mamma?”
Luke allora guardò Gunner. Scosse lentamente la testa. “Non amerò mai nessuno come amavo tua madre. Tranne te. A te voglio bene alla stessa maniera.”
Annuì alla verità di quello che aveva appena detto. Qualsiasi cosa avessero insieme lui e Susan, ed era una cosa fantastica, ed era importante – non era uguale a quello che avevano avuto lui e Becca un tempo. Immaginava che Susan potesse dire una cosa simile su lei e Pierre. Tanto di cappello a un tredicenne per averglielo chiarito.
Sullo schermo televisivo, Susan avanzò verso i microfoni.
“Buongiorno,” disse.