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CAPITOLO V. Lo zio

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— Babbo è morto...

— Oh povero uomo! E di che male? e dove?

— Di puntura a Venezia.

— Vedete di che male è andato a morire un galantuomo che poteva finirla con una brava archibugiata in Corsica e per la Corsica!.... E lo zio?

— Lucantonio è rimasto a Venezia.

— E perchè non venne teco?

— Ma se mi tagliate le parole dalla bocca, io non vi potrò dire niente, e voi non potrete intendere niente.

— È giusta; tira innanzi.

— Voi vi avete a figurare che le notizie del trattato di Compiègne e dell'altro di Versaglia, vergogna nuova su la faccia di Francia, se su cotesta faccia potesse capire vergogna, arrivarono a Venezia prima assai che in Corsica, e lo zio, leggendo le gazzette, mutava di colore in viso; poi brontolava: «Che importa a me di Corsica? Non me ne hanno cacciato fuori? Chi l'ha a mangiare la lavi.»

— Bò! Tentazionacce! Ma che, ci si pensa nemmeno quando si vuol bene davvero?,

— E presa la gazzetta se ne accendeva la pipa.

— Tutta superbia.

— Se non vi chetate, smetto.

— No, per lo amore di Dio!

— Alla domane, quando io stava per uscire di casa, dicevami: «Altobello! guarda un po' se ci ha notizie di Corsica; e se le raccapezzi, portamele subito, sai.» Certo di la posta di Ancona recò un piego maiuscolo, immaginate come un mattone; nella sopraccarta si leggeva: Al nobile uomo l'illustrissimo Lucantonio Alando, colonnello della guardia côrsa al servizio della serenissima repubblica di Venezia. Il sigillo, largo quanto uno scudo, rappresentava l'arme di Corsica riformata, vo' dire colla fascia intorno alla testa. Capii che si doveva trattare di cosa seria; però difilato al quartiere, dove di fondo alle scale cominciai a urlare: «Zio! zio!» «Che ci è egli di nuovo?» rispondeva il colonnello di sul letto dove lo teneva conficcato la più parte del giorno la sua malattia. «Pieghi di Corsica.» «A me?» «Proprio a voi.» «Fa presto.» «Più di quattro scalini per volta io non posso montare.» Arrivai in camera con un palmo di lingua fuori e dalla soglia gittai il plico allo zio: egli lo prese con ambedue le mani, se lo accostò devotamente al petto, poi si pose a considerare il sigillo e, levatosi in atto di riverenza il berretto di capo, lo baciò; voleva aprirlo, e non gli riusciva, tanto gli tremavano le dita. Allora disse: «Altobello, leggi un po' tu, chè io ho dimenticato dove abbia messo gli occhiali.» Buono zio! gli occhiali avevali davanti sul guanciale, ma le lacrime gli velavano la vista ed anco a me un certo batticuore mi teneva sospeso ad aprire il piego; tuttavolta lo apersi e lessi una lettera, ma vi so dire una lettera da schiantare l'anima, comunque si fosse di granito dell'Algaiola.

— Sì eh?

— In verità, padre Bernardino, ella mi fece tanta impressione, che la lessi e rilessi, la copiai più volte, finchè mi rimase stampata nella memoria. Incominciava col dare in succinto il ragguaglio della origine e dei successi della guerra, gli accomodi insidiosi, le concessioni fallaci, le frodi sfrontate, le turpi offerte e gli empî contratti: aggiungeva, come per consenso di teologhi solenni fosse stato dichiarato potersi impugnare legittimamente l'arme contro Genova; tanto più poterlo adesso contro la Francia, sfacciatissima ed immanissima compratrice di umano e libero sangue; gli ufficî buoni, le mediazioni dei potenti, le suppliche stesse essere riuscite invano; la tremenda vanità francese smaniare nella libidine di possedere la Corsica, perchè Inghilterra acquistò Gibilterra e Porto Maone, e correre voce voglia in un modo o in un altro recarsi nelle mani Orano in Africa e Buenos-Ayres nell'America; tutto concederci la Francia, tranne la libertà; tutto sopportare la Corsica, tranne la servitù; guerra a qualunque costo volersi, e guerra fosse, chè i Côrsi non contano i nemici, ma ricordano quello che Giulio Cesare scrisse dei loro antichi: seu vincendum belligerando, seu moriendum. «Nessun principe, proseguiva il mirabile scritto, ha compassione di noi; l'avrà Dio. Assicurati fino da principio di combattere questa guerra per sottrarre alla perdizione anima, sangue, onore, libertà e sostanze, ricorremmo e ricorriamo sempre a Dio con pubbliche penitenze, frequenza di sacramenti, esposizione del Venerabile ed altre siffatte cautele.» Toccati poi parecchi particolari di minore importanza, ripigliava con pietosissime parole: «Ora, o carissimi fratelli, invitiamo anche voi acciò veniate ad unirvi con noi nell'ultimo cimento della patria. La causa è comune, nè voi sapreste sopravvivere alla caduta nostra: venite pertanto ad esserci compagni, a mietere palme sopra i nemici vinti, o ad unire il vostro col nostro sangue, acciò ingrossandosi il torrente faccia più clamoroso lo spirito che risuoni al Dio delle misericordie, e l'accetti in sacrificio di martirio per le patrie leggi, e resti memoria onorata ai secoli futuri, che i buoni hanno voluto piuttosto morire tutti, che vivere in più lunga servitù. La pietà e l'onore vostri non abbisognano di altro stimolo per imprendere subito il viaggio verso di noi, bastandovi conoscere la imminente rovina nostra. Via dunque superate ogni ostacolo per sovvenirci in tanta stretta; tutto è lecito per compire il debito verso la patria; nè vi ha scusa che valga a dispensarvene. Certo accettissime ci comparvero e fuori di misura grate le tante vostre lettere, piene di ammonimenti e di avvisi: però, a parlare alla libera, poveri noi se avessimo a condurre le imprese col consiglio dei lontani! Deh! Lasciate in pace la penna ed impugnate una volta la spada, chè è tempo questo di spargere sangue, non inchiostro; tempo di combattere fra i perigli, non già di consigliare al coperto. Ricordatevi Curzio, il quale ebbe a gloria di precipitarsi nella....»

— No, signore....

— Come no, signore? O non diceva per avventura così?

— Già; diceva in quest'altra: «Ricordatevi che l'amore santo di patria ha reso incuranti del fuoco, delle voragini, uomini fortissimi e onoratissimi; venite a morire con esso noi voi altri che con noi nasceste, nè vi spiaccia trovare la tomba là dove sortiste i natali....»

— È vero; parlava come dite voi; dunque anco voi la imparaste a mente?


I preti e i frati, con quella decenza che ha fatto dire la sfacciataggine nata in sagrestia e allattata in convento, continuavano a litigare. (pag. 32)

— Io? La scrissi....

— La scriveste voi? — gridò saltandogli al collo Altobello; e il signor Giacomo, stringendogli a sua volta e squassandogli la destra, esclamava:

— Ma dunque voi siete proprio un frate dabbene?.. Pare!

Male possiamo supporre quello che il padre Bernardino avrebbe risposto, caso mai avesse sentito cotesto strano complimento: fatto sta che, preoccupato dall'Alando, non ci pose avvertenza.

— Oh! che credevi? — soggiungeva il frate favellando con Altobello, — che il tempo speso a imparare a leggere e a scrivere me lo fossi giocato a tarocchi, io? E poi quando si butta giù quello che scoppia di qua dentro (e il frate si picchiava il petto da rompersi una costola) e si fa sempre presto e sempre bene.

— Benedetti quel cuore e quelle mani! Dunque posso smettere di recitarvi la lettera, poichè l'avete scritta voi?

— O che tu smetta o che tu prosegua per me la è tutta una.

— Non così per me, salvo vostro onore: e se nulla impedisce, vorrei pregare il signore Alando ad essermi cortese perchè continuasse....

— Ripiglierò la lettera, e, là dove sbagli, voi, padre Bernardino, mi verrete correggendo. Dopo avere discorso degli apparecchi formidabili del re di Francia, dei bandi rigorosissimi contro qualunque Côrso si attentasse in qualsivoglia maniera sovvenire alla patria, e delle pratiche fatte presso le corti di Europa per metterci al bando dei popoli cristiani, quasi nella sua superba viltà disperasse con ventisei milioni di uomini venire a capo di duecentoventimila, prorompeva in questi lamenti: «Noi siamo considerati dai principi bersaglio degli uomini. Fu lecito ai legni genovesi, ancorchè neutrali, somministrare nelle recenti guerre munizioni a Tolone, nella Sicilia, in Catalogna ed altrove: fu generoso noleggio ed onesto guadagno traghettare nel 1358 settantamila infedeli in Grecia per la profanazione di cotesto popolo cristiano, aprire il varco ai maomettani nella Europa con tanta iattura dello impero di Oriente, a scapito della fede cattolica; ma che adesso drizzi taluno la prua verso la Corsica a causa di mercatura, si reputa fellone e sacrilego; la sostanza rapinasi, il corpo apprendesi. Cristiani siamo e combattiamo giustissima guerra e d'incolpevole difesa: onde chiunque sovvenga noi meschini non può temere le scomuniche della bolla in cœna Domini, e vive sicuro di non offendere le santissime leggi del giusto e dell'onesto, anzi è certo del contrario, essendo stato sempre atto di misericordia soccorrere gli oppressi. Ora voi vedete, fratelli, quanti mali ne circondano: guardivi Dio dalla vergogna di starvene spettatori da lontano: non consentite che tanta ignominia si aggravi sul vostro capo: vi prenda rossore di chiedere nuove degli avvenimenti di Corsica con le mani alla cintola lontani, come se si trattasse di paese forestiero, di cui la curiosità sola vi muova a sapere le notizie. Venite, venite alla fatica e alla guerra, chè col sudore e col sangue o vinceremo o moriremo da forti: si moriemur enim, non moriemur inulti. Con amarezza inestimabile l'anima nostra trascorre a considerare come non anco vi punga il rimorso per avere tardato ad accorrere in sostegno della patria cadente, e come patiste aspettare le nostre grida di angustia. E voi pure, sacerdoti, ecclesiastici paesani, chiamiamo a ridurvi, senza mettere tempo framezzo, a casa vostra, non mica per combattere, chè le armi vostre sono le orazioni e le lacrime, bensì perchè, vedendo da vicino le battiture di questo povero popolo, possiate con più ardore pregare Dio, con maggiore pietà benedire gli estremi aneliti delle vite nostre[9]...»

— Fa punto, figliuolo, e avverti che questo io ci misi così per mettercelo; chè credo Dio ascoltare bene e meglio la preghiera di ogni creatura si rivolga a lui senza mestiero di frati. E' s'intendeva sottinteso fra me che scriveva e quelli che leggevano, come dovessero venire a menare santamente le mani...

— Bene! io mi congratulo infinitamente con voi, signor frate; voi siete un degno gentiluomo in verità.

— Eh! no, signore, io sono nato pastore...

— All'ora è diverso...

— Niente affatto, la è tutta una, mi pare.

Ma Altobello, per troncare ogni quistione molesta, riprese: — Rinunziate forse, padre Bernardino, a sentire la fine dal mio racconto?

— Al contrario; di' presto.

— Orbe': giunto al punto in cui mi avete interrotto voi, mi interruppe anche lo zio domandando; «Ecci altro?» Ed io: «Ecci l'augurio che l'arcangiolo Raffaello accompagni ognuno per la via caso mai che muova per la Corsica: la firma dei Nove, del Supremo Consiglio, quella del generale Paoli e per ultimo il sigillo del regno e la firma del gran cancelliere Massesi». «E finisce affatto?» interrogava egli ansiosamente. «No, in fondo io leggo: volta». «Volta dunque e vedi». «Ecci un'altra lettera». «Firmata?» «Sì, firmata aspettate... dal Paoli». «Be', riprese serenandosi, leggi piano e distinto». «Caro Lucantonio...» «Dice proprio: caro Lucantonio?» «Ecco qui se volete vedere...» «Non importa, tira innanzi». «Sambucuccio di Alando fu padre della côrsa libertà: voi suo nipote potete patire che casa vostra sia ridotta in servitù? I Côrsi furono venduti come pecore, ma i Côrsi hanno deliberato difendersi come leoni, imperciocchè sebbene io non la faccia facile, pure adoperando virtuosamente le mani ci ha caso di vincere, e allora oltre la salute della patria verremo ad acquistare bellissima fama; o saremo soprafatti, e i nemici impareranno a rispettare i superstiti dal valore dei morti superati dal numero non dal valore, ed anco in questa guisa gioveranno alla patria. I popoli côrsi, memori di Sambucuccio, domandarono: È spenta la stirpe degli Alando? Essendosi fatti a visitare le tombe di casa vostra, non hanno trovato alcuno sepolto con lo scudo ai piedi; e allora domandarono da capo: Dove vivono gli eredi? Mentre la patria ha bisogno di difesa a che vi state in Venezia voi prestantissimo in arme? Forse, perchè vi fu cugino Mario Matra, credete corrervi obbligo di procedermi nemico? Mario mi assalì alla sprovvista nel convento di Bozio cercandomi a morte; mancavano ai miei ed a me le munizioni: di accordi egli non ne volle sapere: in difetto di arnesi per rompere porte, egli appiccò il fuoco al convento, e noi, tenendoci per ispacciati, avevamo ormai raccomandato l'anima a Dio, allorchè una mano di popolo trasse a sovvenirci.

«Mario in cotesta puntaglia rimase prima ferito, poi morto innanzi che io potessi recargli soccorso. Lo piansi, e non con le lagrime con le quali Cesare pianse Pompeo; e me lo potete credere, conciossiachè il cuore mi si schiantasse meno per lui che pei mali che presagiva imminenti alla patria: lo preservai da ogni insulto; con le mie mani gli detti onorata sepoltura, con le mie labbra gli supplicai pace: parlo cose a tutti note; fossero a tutti sconosciute, le affermo io, e basta. Lucantonio Alando presterà fede a Pasquale Paoli, perchè Pasquale Paoli presterebbe fede a quanto gli affermasse Lucantonio Alando. Ma, posto che il caso fosse andato diversamente, e Mario avesse avuto ragione come ebbe torto, che entrano odii privati col bene della patria? Vi piaccia considerare me non come Pasquale Paoli, bensì come magistrato eletto dal volere del popolo a difesa della libertà. Se vi riputate più capace al bisogno, venite e comandate voi; se invece vi paressi più adattato io, venite e militate sotto le bandiere della vostra patria. Più tardi, cessata la guerra, ripiglierete, se vi sembrerà giusto, il vostro odio e vendicherete nel mio il sangue di Mario. Frattanto io, in considerazione vostra, ritardo fino a maggio la rassegna delle milizie, perchè desidero che a quel tempo, facendo la chiamata dei difensori della patria, qualcheduno esca a mostrare viva la nobile stirpe degli Alando. Dio vi aiuti. Il vostro compatriota Paoli.»

Lo zio non disse parola; fece atto che gli porgessi la lettera, la quale avuta piegò e ripose in seno, poi accennò che io uscissi. Per tre giorni interi non aperse bocca sopra la lettera; su l'alba del quarto il caporale Tancredi mi svegliò e mi disse: «Su via, signor tenente, chè l'illustrissimo signor colonnello lo aspetta.» Andai e rinvenni lo zio a letto con gli occhi rossi e il viso pallido più del consueto, notai il lume sempre acceso e le lenzuola macchiate d'inchiostro: il povero zio aveva vegliato tutta la notte, forse anco pianto. Quello però che mi fece maraviglia fu ch'io lo trovai vestito della sua assisa di gala con in capo il tricorno gallonato e piumato. Per man mi prese tostochè mi fui avvicinato al letto, e così mi favellò con voce piana: «Altobello, fra un'ora partirà per Ancona il brigantino le Anime del purgatorio, capitano Gabriello Tagliaferro: voi vi c'imbarcherete sopra, d'Ancona per terra ve ne andrete a Livorno e quinci partirete per casa» A questo punto, volendo io fare qualche avvertenza, egli mi strinse forte la mano e aggrottò le ciglia continuando:

«Quanto alla licenza, eccola qua, la repubblica ve la concede ampissima con la promessa di mantenervi il grado senza pregiudizio dell'anzianità quante volte vi piaccia ripigliarla; imperciocchè come i principi, sebbene fra loro capitali nemici, si accordano mirabilmente dove si tratti conservare i popoli in servitù, così le repubbliche avrieno ad intendersi per tenere su in piedi la libertà: ma gli uomini sempre e gli stati troppo spesso queste cose capiscono tardi, e temo forte che Venezia le abbia apprese più tardi che altrui; ad ogni modo le ha capite, ed è perciò che vi concede la licenza. Questa lettera consegnerai in Livorno al signor Santi Giacomini, che vi procaccerà il passo sicuro per Corsica; queste altre sono pei cugini di casa; queste poi rimetterai nelle proprie mani del generale Paoli, in proprie mani, capisci e con essa questi mille zecchini, senza dire niente, perchè il danaro dato al Paoli è danaro dato alla patria: a te ecco la spada di Alferio fratello mio, che fu tuo padre; egli la illustrò combattendo per gente non sua, io procurai mantenerla senza ruggine, tu, più felice, adoprala per casa tua. Dammi un bacio e andate pel vostro dovere.» Ed ora, padre Bernardino, voi avete saputo come e perchè io mi trovi imbarcato qui con voi alla volta della Corsica.

— Sangue di Alando non poteva mentire, benedetto ne' tuoi figliuoli e nei figliuoli de' tuoi figliuoli. Altobello, la fortuna può levarti gli averi, ma levarti la fama ormai non istà più in sua podestà.

— Vedete un po' che razza di gente sono questi Côrsi! Chi mai lo avrebbe pensato?

Il signor Boswell, comechè urbanissimo fosse, preso dal consueto svagamento, lasciò scapparsi questa osservazione di bocca con voce più alta che non avrebbe desiderato: per la quale cosa fra Bernardino, il quale era vago dei forestieri come il cane delle mazze, facendo grugno interrogò Altobello:

— Donde hai cavato tu cotesto coso? Com'entra nelle nostre faccende costui?

Padre Bernardino adesso veniva a movere sul Boswell quella medesima domanda che il Boswell aveva poca ora prima fatta sul frate; tanto vero che le bisogne umane presentano spesso il rovescio così appuntino uguale col loro diritto, che nè anche chi primo li fece, saprebbe distinguerli: ma poichè la domanda fratesca palesava intenzione acerba, dubitando Altobello che di parola in parola non divenisse lite, era sul punto di rompere con qualche suo trovato il colloquio, quando il capitano Franceschi lo sovvenne molto opportunamente gridando dal timone:

— Ammaina le vele; i passaggeri abbasso.

Allora i nostri passeggeri si accorsero come il vento, mutandosi ad un tratto, di tramontana si era volto a libeccio. Grosse nuvole nere, pari a gravi battaglioni di esercito, una dopo l'altra venivano ad attelarsi pei campi del cielo, mentre altre più leggiere percorrevano in sembianza di bersaglieri.

— Avremo burrasca, neh! capitano Angiolo? — domandò fra Bernardino affrettandosi ad obbedire al capitano Franceschi; e questi:

— Bò! Ma per istanotte in Corsica non si arriva mica; e' sarà bazza se in tutto domani.

— Ciò mi sconcia; ma in questo come in ogni altro la volontà di Dio sia fatta.

E si avviò sotto coperta seguitato dagli altri.

Pasquale Paoli; ossia, la rotta di Ponte Nuovo

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