Читать книгу La baraonda - Gerolamo 1854-1910 Rovetta - Страница 11

III.

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—Ohè, ce n'è un altro: il tappezziere che aspetta sul portone!—avvertì la Gioconda cacciando dentro il capo nella saletta e ridendo.—Metto fuori la bandiera?

Era questo un segnale convenuto: quando Cantasirena, ancora da lontano, vedeva la bandiera alla finestra, faceva di colpo un dietro-front.

Ma Pietro Laner, al quale premeva come agli altri di non lasciar scappare il Direttore, si oppose risolutamente.

—Ed io?…—esclamò con stizza tornando a tirar fuori e a mostrare fra le dita il famoso biglietto da dieci lire.—Ed io?… Come fo colla padrona di casa?

Piuttosto gli sarebbe andato incontro, per avvertirlo di girare di bordo, e intanto lo avrebbe messo alle strette per il matrimonio, per riavere le sue ventimila lire…. e per le due o trecento che gli occorrevano al momento.

—Se vuole, le ha!—pensava il giovanotto.—Se vuole, può far saltar fuori le trecento e poi anche le ventimila!

Era credenza generale che Matteo Cantasirena, per quanto fosse rovinato, avesse la bacchetta magica per far saltar fuori i quattrini.

—Se vuole le ha!—ripeteva Pietro Laner fra sè. Ma lo turbava l'idea di trovarsi da solo a solo col Direttore. Costui avrebbe cominciato a gridare, a strapazzare, oppure a piangere, ed egli sentiva che avrebbe finito col lasciarsi abbindolare o col lasciarsi commuovere.

In casa, alla presenza di Evelina, della Gioconda sarebbe stato più forte….

Se vuole, le ha!—pensava pure il signor Brunetti, che aspettava in anticamera, cominciando a sospettare di essere preso in giro.—Si raccontavano certe farsette inventate da Matteo Cantasirena per burlarsi dei creditori!

—Ah! Ah! ma con lui non c'era da scherzare! Non voleva perderci dieci mila lire e far ridere la gente!—

Quasi a confermare i suoi dubbi, anche il fattorino della Faré si era messo a brontolare: Aspetta, aspetta, accidenti! e mai non torna! Il portinaio mi ha assicurato che era in casa!

L'altro lo guardò di traverso.

—In casa?

—Sissignore!

—In casa?… Per Dio!…—E con impeto, dopo aver bussato forte all'uscio, si precipitò nella saletta:

—C'è o non c'è?

—Lo zio Matteo? Non è ancora tornato.

—Il portinaio, invece, assicura che c'è.

—No, non c'è!

—Eppure, lo ha ripetuto, adesso, anche al fattorino della Faré!

—Allora vuol dire che si sarà sbagliato,—rispondeva Evelina con calma.

—Io mi sono sbagliato! Io sono stato un asino a fidarmi! Ad accettare la firma del Direttore!—continuava il Brunetti gridando.—Se io non facevo presto a pagare, avevo la cambiale protestata; ero compromesso, rovinato!… Sono cattive azioni!… È una vergogna! Ma questa volta o mi paga, o mi vendico!—e il pover'uomo, s'infuriava anche di più perchè lo lasciavano dire senza troppo inquietarsi.

Infatti Evelina continuava a scrivere, Pietro Laner a correggere le bozze, e la Gioconda lo stava a guardare col faccione tondo, beatamente stupido.

—Mi vendicherò! Sì! Voglio vendicarmi! È una vergogna! È un'indegnità! È un'infamia!—E la sua rabbia, la sua collera contro il Direttore era arrivata a un punto tale che già gli dava dell'imbroglione, del ladro, minacciandolo persino di farlo metter dentro, quando, a un tratto, spalancatosi l'uscio dell'anticamera, ecco Matteo Cantasirena, proprio lui, in persona, seguito dal fattorino della Faré, e da quell'altro—il tappezziere—che gli faceva la posta sul portone.

—Ah, finalmente! Sono due ore che vi aspetto!—Gli occhi del signor Brunetti erano ancora stravolti dall'ira, ma il tono della voce era già cambiato.

Matteo Cantasirena, acceso in volto, il cappello all'indietro, l'ampio soprabitone svolazzante, era tutto pieno di pacchi e pacchetti e cartocci di roba; e nella stessa mano che teneva la canna dal pomo d'argento, aveva un bel mazzo di fiori.

Egli rimase muto un istante, guardandosi attorno come smarrito, come invocando un conforto, poi a un tratto esclamò con grande dolore e insieme con grande espansione:

—Ah, Brunetti, Brunetti mio! Non sapete la disgrazia? Evelina,

Evelina! Sai chi è morto?

Tutti, meno Evelina, rimasero sorpresi, guardando il Direttore.

Chi era morto?

Il signor Brunetti, borbottò con un'alzata di spalle:—Altro che i morti! Con voi, sono i vivi da compiangere!

Ma lì per lì, anche il signor Brunetti era rimasto interdetto e aspettava ansioso la gran notizia.

—Adesso, all'ufficio del giornale, ho ricevuto il dispaccio da

Roma!… Dal Presidente della Camera!…

E Cantasirena dopo consegnato il bastone e i fiori alla Gioconda, colla mano rimasta libera cercava il dispaccio nelle tasche, senza mai riuscire a trovarlo.

—È una perdita incalcolabile! Uno dei grandi lutti della patria!… Lo amavo come un fratello!… Lo veneravo come un secondo padre!

—Eh! avanti!—borbottò di nuovo il signor Brunetti. Ma intanto, per via di quel dispaccio del Presidente della Camera, pensava che a Roma il Direttore, era sempre potente.

—Fuori!

Cantasirena aspettò: voleva prima raccogliere tutto il suo dolore, tutta la sua forza, poi:—È morto il capitano Fara-Bon,—tuonò col vocione rotondo, sonoro, e lanciò quel Bon proprio come una cannonata!

Pietro Laner, il Brunetti, il tappezziere, il fattorino si guardarono l'un l'altro sbalorditi.

Il capitano Fara-Bon?… Chi era il capitano Fara-Bon?

—Un magnanimo! Uno dei più gentili e forti patriotti d'Italia! Nell'epoca memoranda dei processi, siamo scappati insieme. Nel 66 è stato ferito in vece mia, per miracolo! D'ideali sinceramente repubblicani, accettò con lealtà la monarchia, e sdegnando l'inerzia passiva degli inoperosi, andò ad occupare un posto eminente al Ministero dei Lavori Pubblici. Era uno dei più illustri discepoli del massimo Paleocapa. Io conservo un suo progetto: La Navigazione Cisalpina!—Brunetti! Caro Brunetti! Ecco una grande idea!… Morto! Malattia di cuore!… Mah, il cuore, il cuore!… Non perdona ai generosi!

Cantasirena non tuonava più, sospirava, gemeva, era commosso, aveva le lacrime agli occhi, e mentre tesseva gli elogi dell'anima grande del compianto Fara-Bon, si vuotava le tasche dei pacchi, dei pacchetti, dei cartocci di roba, e a mano a mano li ammucchiava nel grembiule che la Gioconda gli teneva spiegato davanti.

Era una formetta di cacio, una scatoletta di presciutto, un mezzo pasticcio di Strasburgo, poi ancora dell'altra roba, avvolta nella bella carta rosa e gialla, coi nastrini azzurri…. Numa, riconoscente, passava, ripassava fra le gambe del Direttore, strisciando, sfiorandole colla schiena e rizzando la coda.

Il capitano Fara-Bon era realmente esistito ed era morto in quei giorni; ma Cantasirena non aveva ricevuto il dispaccio al Rinnovatore e tanto meno gli era stato mandato dal Presidente della Camera. Quella mattina egli non s'era fatto vedere all'ufficio; non voleva cadere in mano ai nemici, ai "tirolesi". Taddeo, una specie di portiere e di fattorino, che con una gamba di legno arrivava sempre in ritardo e che egli perciò chiamava Teddeum, gli aveva portato le lettere, i giornali al Circolo dei Superstiti; e appunto colà gli era capitata sott'occhio la notizia nel dare un'occhiata al Fracassa.

—Povero Fara-Bon! Un bell'originale!

E si ricordò pure di un certo progetto del capitano, di una serie di articoli che gli aveva mandato sulle Vie acquee dell'Italia Settentrionale e che non aveva mai potuto pubblicare per mancanza di spazio.

La Navigazione Cisalpina! Perchè no?… Potrebbe essere una grande idea per far denari! Trovare un bel nome da mettere alla testa del Comitato…. e avanti!… Povero Fara-Bon!…

Ma poi non ci pensò più. Aveva tanti fastidi, tante seccature; la macchina della tipografia sotto sequestro…. Quanta ingratitudine nella Costituzionale!

Come fare?… Restar chiuso in casa?… Sì; non farsi vedere da nessuno e far rispondere ai seccatori:—Il Direttore è partito per Roma!—Intanto avrebbe mandato in giro Teddeum con parecchie lettere dai patriotti viventi, dagli amici politici…. qualcheduno avrebbe risposto! E poi non ci doveva essere al "Manzoni" l'opera nuova di un nobile veronese?

Si cacciò in un brum e andò a fare le sue provviste per la colazione e per il pranzo. Chi sa? Avrebbe potuto cavarsela bene!—E il suo viaggio a Roma?… Perchè non ci sarebbe andato davvero?… Sicuro! Domani!

A poco a poco aveva cominciato a rianimarsi, aveva già ripreso un po' del suo buon umore, quando, fatalità, si accorse troppo tardi per poter tornare indietro, che i tirolesi invece di aspettarlo al Rinnovatore lo aspettavano a casa….

La carrozza si era fermata proprio dinanzi alla porta e il tappezziere gli era corso incontro aiutandolo a smontare.

—Grazie, caro Vergani! Sono tutto sconvolto! Ah, che disgrazia!—Su di corsa per le scale, e l'altro dietro. Ma di sopra non c'era quell'ignorante maleducato del Brunetti?… Quel seccatore indiscreto di Pietro Laner?…

—Ah, che disgrazia! Ah, povero Fara-Bon!

E dopo che la Gioconda, seguita da Numa, era tornata in cucina colle provviste, quando tutti stavano per riaversi dal primo sbalordimento di quella gran notizia, Matteo Cantasirena ebbe un impeto di collera contro Pietro Laner:

—Vi trovo qui ancora, voi?… E vi ho proibito di venire dalle mie figliuole quando non sono in casa!

Il giovanotto, in quel momento, e in presenza d'altre persone, non si aspettava il rimprovero; rimase un po' sconcertato.

—Ma…. avevo da parlarle….

—Ragione di più per venire all'ufficio.

—Ma….

—Basta così! Ormai ci siete: per questa volta passi! Vi serva di regola in avvenire!… E i fiori?… Gioconda!… Gioconda!… Voi, Pietro, che avete la passione dei fiori, fatene un bel mazzo per la mia Eleonora! Ahuf! Non ne posso più! È una giornata delle più tremende!… Ah, povero Fara-Bon! È un chiodo fisso qui,—e rivolgendosi al Brunetti si picchiava forte l'indice teso contro la fronte,—un chiodo qui! qui! qui!

Poi, appena uscito il Laner in cerca dei fiori, andò a baciare Evelina, correndo coll'occhio sulle cartelle.

—Il marchese Duranti? Niente Duranti! Sospeso! Teniamolo in sospeso! Gli ho scritto e non mi ha risposto: l'ho incontrato e ha finto di non vedermi! Ah, ah! Ma io gli domanderò alla prima occasione:—È diventato orbo lei, o è diventato asino?…—Ah, Brunetti, quanta ingratitudine! Tutta gente fatta da me, creata da me, che io ho messo all'onore del mondo! Mi credono un uomo finito, morto, perchè ho avuto le mie buone ragioni per far morire il Rinnovatore! Ma io sono ancora vivo! Ve ne accorgerete, signori! Alle otto e trenta,—guardò l'orologio,—parto per Roma.

—Parte?… Per Roma?…—esclamò il Brunetti.

—Se vi occorre qualche cosa, siamo a vostra disposizione!—rispose Matteo, socchiudendo gli occhi e inchinandosi leggermente, con un sorriso olimpico di protezione.

—Parte per Roma?… E la cambiale?

—Precedetemi nel mio studio. Faccio vedere qui al signor Vergani come mi ha servito colla camera da letto, e sono subito da voi.

Ma nel voltarsi per chiamare il Vergani, che a quelle parole era rimasto attonito, si trovò faccia a faccia col fattorino della Faré.

—Voi chi siete? Che volete? Cosa fate qui?

Il pover'uomo, intimidito, gli presentò il conto nella busta gialla.

—Trenta lire?… Ma questa signora Faré è sull'orlo del fallimento, se ha bisogno di trenta lire! Ma io devo pagarne trentamila, centomila delle lire, e ho diritto di non essere seccato, molestato per simili pezzenterie! Gioconda! Ma Gioconda!—gridò più forte,—perchè mi lasci venire fra i piedi tutta questa gentaglia? Passate al giornale! Andate dal Bizzarelli! Andate dal mio amministratore! Via!

E il fattorino corse via davvero, senza farselo dire due volte.

Cantasirena, sbuffando, teneva una mano sul pancione ansante, come per rimetterlo in calma, e coll'altra, preso un fazzoletto, si asciugava il sudore.

—Seccatori insistenti! Morti di fame!—Poi avvicinandosi, ancora colla voce rotta, oppressa, chiamò il tappezziere:—Sono con lei…. signor Vergani….—ma quando fu sull'uscio si fermò d'un tratto per raccomandare al Brunetti di non andarsene.—Sentirete! Una grande idea!… Aspettatemi nello studio!

—Non vado via, no!—rispose l'altro di malumore, quasi con minaccia.

Ma oramai anche il Brunetti non era più quello di prima. Erano tutti più quieti, più calmi. Il bel faccione aperto, geniale, simpatico, la sicurezza di Cantasirena, la sua alterezza, le sue espansioni, le sue minacce, le sue collere, avevano ottenuto il solito effetto.

Tutti credevano di trovarlo avvilito, disfatto, supplichevole, e invece non si era mostrato dolente altro che per la morte del capitano Fara-Bon; e un uomo che si dispera per un amico morto, non può essere lui stesso in extremis!—Ma che! Matteo Cantasirena era sempre vivo, sempre forte! Aveva troppo talento! Conosceva i segreti di troppa gente!

E anche quei pacchi e pacchetti e cartocci di ghiottonerie, contribuivano pure a tranquillare gli animi, sebbene ognuno fosse sicuro che li aveva presi senza pagare. Tutta quella roba l'avrebbe mangiata il Direttore, ma faceva bene e riconfortava anche i suoi creditori.

E poi, il viaggio a Roma?…

Anche il tappezziere che gli aveva venduto il mobilio della camera da letto e aspettava da un anno senza aver visto il becco d'un quattrino, avrebbe aspettato, diamine! il suo ritorno da Roma. Anzi, si scusò per il tarlo che qua e là cominciava a farsi vedere.

—Che vuole? Anche noi siamo i primi ad essere ingannati!—Gli promise che gli avrebbe mandato subito uno de' suoi migliori operai e che in un paio di giorni gli avrebbe rimesso tutto a nuovo.

E Matteo Cantasirena, sorridente, bonario, godeva a perdersi in chiacchiere con quel brav'uomo e gli domandava il prezzo, l'ultimo prezzo di un salottino "completo" che voleva regalare a Eleonora per la sua festa.—Ma di colpo, si ricordò che aveva ancora da pagare il brum, e allora lasciò andar via il tappezziere per correre in cerca della Gioconda.

La Gioconda era in cucina; aveva già assaggiato e riposto il pasticcio, e mangiava adagio una fetta di presciutto, colorita e sottile come una foglia di rosa. Appoggiata col dorso alla finestra, si godeva nel sentirsi scaldare a poco a poco dal sole tepido d'aprile e cogli occhi imbambolati guardava Pietro Laner.

Com'era bravo nel preparare i mazzi di fiori! Ma il giovanotto pareva insensibile all'ammirazione della serva: era serio e triste.

Oh, in quei fiori quante memorie delle sue Alpi, quanti ricordi della sua vita semplice e tranquilla!… Oh le larghe felci strane e selvagge e il capelvenere gentile! Quando era ragazzo, nella solennità del mese di Maria, aiutato dalla zia Angela e dalla zia Rosa egli adornava, copriva di felci e di capelvenere tutto il piccolo Santuario della Crodarossa!… Oh i bei ciclamini…. Come ne erano fiorite le stradicciuole ombrose e fresche di Selvapiana!…

—Gioconda!… Paga il brum!

La Gioconda lo guardò, rise, e gli rispose mangiando:

—Aspettavo anch'io il suo ritorno, signor padrone, per andare a far la spesa.

Matteo si fermò di colpo e la guardò maravigliato.

—Possibile?…

L'altra, senza esser vista dal Laner, che intento ai fiori le voltava le spalle, si soffiò adagio sul palmo della mano, come aveva fatto prima colla signorina Nora.

—Voi, Pietro,—esclamò vivamente Cantasirena:—Datemi degli spiccioli, della moneta! Non ho avuto tempo di passare dal mio amministratore.

Il povero giovane si sentì venire i sudori freddi. Lasciò il mazzo sul tavolo e gli corse vicino, balbettando colle labbra pallide, tremanti e colle lacrime nella gola:—Non ho più niente! Ho la padrona…. l'affitto, tutto da pagare, e non ho più niente! Non ho più che questo!—E quasi a testimoniare le sue angustie, la sua miseria, si levò dal taschino il biglietto sudicio, ripiegato:—Non ho più altro che dieci lire!—Cantasirena glielo prese al volo, colle dita rapide come la linguetta del rospo.

—Eh, credete che ce ne vogliano cento per pagare il brum?… Prendi,

Gioconda; gli dai due lire colla mancia.

E la Gioconda, intascate le dieci lire, se la svignò con insolita prestezza.

—Voi,—disse Cantasirena a Pietro Laner,—aspettatemi pure. Vado un momento dal Brunetti; poi vi darò due righe per il Bizzarelli—fece per andarsene; l'altro l'afferrò per un braccio.

—Che Bizzarelli! Che amministratore! Ma vuol darla ad intendere anche a me? Il povero Bizzarelli è un suo creditore come gli altri! Lei lo ha rovinato come gli altri!

—Diventate matto?—esclamò Cantasirena. Così, all'improvviso, era rimasto spaventato dal pallore, dagli occhi torvi, dalla collera di Pietro Laner; ma riprese subito il sopravvento, e divincolandosi con forza, riuscì a sciogliersi dalla stretta e a buttare Pietro Laner due o tre passi lontano.

—Osate mancarmi di rispetto?… Badate a voi! Sarà la mia Eleonora, lei stessa, che vi scaccerà da questa casa!… Malcreato!—e soffiando e sbuffando, maestoso nel suo sdegno, nel suo disprezzo, Matteo Cantasirena voltò le spalle al povero diavolo rimasto come annichilito, spaventato, andò nello studio a raggiungere il Brunetti, e gli comparve dinanzi sorridente e più espansivo che mai.

—Caro amico, da un grande dolore, una grande idea!—e siccome l'altro, stizzito, voleva interromperlo, voleva dirgli prima il fatto suo, gl'impose di tacere scotendo le due mani aperte, con una gravità solenne e misteriosa.

—Ssst! Da un gran dolore una grande idea! Voi lo meritate; mi siete sempre stato amico, ho sempre trovato in voi un gentiluomo, vi offro una fortuna. Nessuno potrà mai disconoscere due grandi qualità a Matteo Cantasirena: la memoria e il cuore. Così non avessi avuto cuore e ideali troppo alti!—Avrei dei milioni, invece di avere dei…. nemici!—Ma basta! Avanti i giovani a disfare l'Italia che noi abbiamo fatta, con tanti sacrifici, guadagnando, per conto mio, che cosa?… un rimorso!—Il rimorso, se crepo domani, di lasciare le mie figliuole senza un soldo! Ho lavorato abbastanza per gli altri e quando l'ingratitudine del mio partito….

—Finiamola—interruppe il Brunetti seccato, irritato.—Lei mi ha fatto una porcheria!

E rotto il freno per la stessa violenza della parola bassa, triviale che gli era sfuggita, accendendosi in viso, ricordando a un tratto la ragione della sua collera e perciò a mano a mano infuriandosi sempre di più,—lei mi ha truffato,—gli gridò colla voce soffocata, strozzata,—mi ha truffato!… Ladro!

Matteo Cantasirena alzò le braccia barcollando, come un uomo sul quale è stata tirata una schioppettata, e trascinandosi andò a cadere di peso sul seggiolone della scrivania soffiando, singhiozzando, gemendo, con un sordo mugolìo del pancione ansimante.

—Anche voi!… Mi coprite di fango!… Anche voi!… L'amico!… La mia fede ultima…. superstite!—Guai ai vinti! Guai!—Poi, a un tratto si riscosse, si rianimò, come avesse preso una terribile risoluzione, e cominciò a cercare, a frugare nei cassetti….—So!… So!… So che cosa mi resta a fare!—Tutto è pronto!—e trovato un revolver glielo mostrò.—Vedete? È un dono, una memoria di Nino Bixio! Povero Nino! Se avesse potuto immaginare che il suo Matteo, colui che lo ha sempre difeso strenuamente….—E a questo punto non potè più contenersi, e scoppiò in lacrime, in vere lacrime.

Il Brunetti gli si avvicinò; credeva, non credeva, ma anche senza volerlo si sentiva commosso.

—Coll'ammazzarsi non si pagano i debiti,—brontolò col suo modo burbero.

—Ma in eredità a quelle due disgraziate lascierò un nome intemerato!

—Sono spropositi; cogli spropositi non si paga nessuno!

—Siete voi che non mi lasciate nè il modo nè il tempo di pagare! Io ero disposto a rendervi il cento per cento! Siete voi che mi avete ammazzato, con una parola! Ladro! Il colonnello Cantasirena!… ladro!

E improvvisamente impugnò di nuovo il revolver: ma il Brunetti fu pronto e glielo strappò di mano.

—È anche il suo modo di trattare che mi ha offeso, che mi ha fatto andare in bestia. Tante preghiere, tante promesse, tanti giuramenti per aver la firma, e dopo non farsi più vivo! Almeno avvertirmi che non poteva pagare!

—Ho sempre sperato…. fino all'ultimo momento.

—E se mi protestavano la cambiale?

—Dopo il protesto ci sono ancora cinque giorni.

—Grazie! Ma il discredito è la rovina per chi è nel commercio! Io ho bisogno di farmi una posizione! Ho una famiglia, dei figli….—e anche al povero signor Brunetti venivano le lacrime agli occhi.

L'altro lo guardava attonito.

—Ma l'avete pagata sì o no?

—Sicuro, che l'ho pagata!

—E allora di che cosa vi lamentate, santissimo Iddio!—esclamò

Cantasirena con un'alzata di spalle.—Non correte più nessun pericolo!

—Ma l'ho dovuta pagare io e toccava a lei!—replicò il Brunetti sbalordito dalla logica del Direttore.—Io ho dovuto correre come un matto per trovare le diecimila lire e farmi strozzare.

—Tranne per il disturbo che vi siete preso, e del quale vi sono gratissimo, per tutto il resto voi non dovete perdere nemmeno un centesimo.—Io vi farò subito un nuovo effetto che voi potrete scontare.

La baraonda

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