Читать книгу La baraonda - Gerolamo 1854-1910 Rovetta - Страница 12

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—Sicuro, se ci metterò la mia firma; come l'altro. E per essere da capo con lo spavento di un protesto! No, no; lei mi rilascierà una cambiale e la terrò io nel mio portafoglio: ma si ricordi, alla scadenza non voglio chiacchiere!

—Come volete,—rispose Cantasirena, affermando anche col capo, con gentile accondiscendenza.—Del resto, caro Brunetti, credete ai vecchi! Il commercio, non è un giuoco d'azzardo: bisogna mantenersi calmi per essere avveduti. Voi siete troppo diffidente, e vi lasciate troppo impressionare. Ma pensate, benedett'uomo, quanti dolori, quante disgrazie vere ci piombano addosso tutti i giorni, senza andarne a pescare delle immaginarie e farci del cattivo sangue anche per quelle che ci potrebbero capitare! È il vostro difetto; è un difetto che vi fa danno, appunto per il credito del quale dite di aver bisogno. Vi vedono spaventato? Anche gli altri si spaventano. È naturale!—Poi, cambiando tono di voce e avanzandosi sul seggiolone gli domandò a bruciapelo:—Volete guadagnare centomila lire?

—Io?

—Sì, voi. E mettere il vostro nome in evidenza? E concorrere ad un'opera colossale, che formerà la ricchezza e sarà la gloria del paese?

—Lei, tutti i giorni, ne inventa una nuova!—brontolò il Brunetti con un atto di stizza; ma invece di andarsene, sedette sopra uno sgabello che era accanto alla scrivania, vicino al Direttore. Questi, sdraiandosi, allungandosi nel seggiolone e con un colpo forte battendo il palmo delle mani grasse sui bracciuoli, ripetè ancora, socchiudendo gli occhi, sorridendo con un fare da milionario, da Rothschild:—Cento-mila-lire!

—Tutti i giorni ne inventa una nuova!—tornò a ripetere il Brunetti a mezza voce, allungando il collo: non voleva credere, ma voleva sentire.

Cantasirena si voltò, si rivoltò, rimanendo lungo sdraiato come fosse in letto, e guardò il Brunetti senza parlare; poi cominciò a fare i suoi sfoghi, le sue confidenze:

—Il giornale, omai, era ridotto un semplice notiziario, una serie di dispacci. Non lo si faceva più col talento, ma coi denari: poteva avere ancora una grande diffusione, ma aveva perduta ogni influenza.—In politica?… Appassionarsi? Lottare? Combattere? Per chi?—Piccoli galantuomini, poveri d'ingegno, piccoli marioli privi d'audacia. Non un popolo di liberi, ma di liberti, sempre in cerca di un nuovo padrone.—E la rappresentanza nazionale? Non più un Desmoulins, appena qualche Mirabeau senza eloquenza!—E in arte? La macchinetta delle fotografie istantanee, sostituita ai voli, alle creazioni del genio!—Caro Brunetti, io mi ritiro dal giornalismo, dalla politica: sono vecchio e non ho più tempo da perdere. Voglio migliorare la mia condizione; lasciare uno stato alle mie figliuole, e il mio nome alla gratitudine di un popolo.

Ci fu un momento di pausa, poi rizzandosi a un tratto più alto, più largo, più maestoso:

—Volete stare con me? Da un grande dolore…, una grande idea. Il mio povero Fara-Bon è morto: dobbiamo essere noi, i raccoglitori e gli esecutori della sua grande eredità intellettuale?—E soggiunse sottovoce, parlando con una lentezza grave, mettendogli una mano sul braccio e stringendolo sempre più forte.

—Dobbiamo essere noi?…. Noi due soli, i padroni del campo?

Il Brunetti rimaneva muto; ma si vedeva la sua mano muoversi nervosamente nella tasca dei pantaloni.

—Dunque?

—Dunque, che cosa?

—Sì o no?

—Intanto…. io non so nemmeno di che si tratta!—rispose il Brunetti con un'alzata di spalle. Aveva paura di Matteo Cantasirena…. ma aveva anche paura di perdere una buona occasione….—E prima di tutto, intendiamoci bene,—esclamò con forza.—Io non anticipo un soldo! assolutamente! Non anticipo un soldo!

Il Direttore sorrise crollando il capo, in atto di compatimento; poi, restando sempre sulla poltrona, si avvicinò quanto gli fu possibile, faccia a faccia al Brunetti, e cominciò con un grosso sospiro:

—È destino comune degli uomini di genio, Aristide, l'Alighieri, Camoens, Fulton, Fara-Bon, che le loro grandi idealità, le loro grandi scoperte, le loro grandi invenzioni, debbano imporsi e trionfare soltanto dopo la loro morte!—E continuò a parlare, a parlare, a parlare sempre faccia a faccia col Brunetti, fissandolo negli occhi, magnetizzandolo, ipnotizzandolo collo sguardo vivo, acuto, sfavillante, accarezzandolo, lusingandolo colla blandizie del sorriso amabile, confidenziale, ammaliandolo quasi coll'incanto della voce morbida, insinuante, tentatrice.

Cantasirena non aveva letta una sola parola, non aveva un dato qualunque che potesse riferirsi al grandioso progetto "colossale!" del compianto Fara-Bon; ma parlò, parlò, continuò a parlare con calore, con persuasione, con convinzione, con entusiasmo delle vie acquee e delle nuove correnti commerciali; del Po messo in comunicazione col Lago Maggiore e col Lago di Garda; del Porto di Venezia che sarebbe diventato il primo del mondo, perchè sarebbe stato necessariamente il grande punto di congiunzione e di partenza fra la navigazione interna e la navigazione marittima, fra l'Oriente, il Quarnero, le Bocche di Cattaro e le tre grandi vie delle Alpi: il Brennero, il Gottardo, e il Cenisio.

—E…. i milioni?—balbettò il signor Brunetti stordito, sbalordito.

—Il concorso immancabile del Governo, delle Provincie, dei Comuni: poi una grande società per azioni, della quale io sarò l'anima, la mente, e voi il braccio.

—E il progetto è in mano sua?… Lo ha lei?

Matteo Cantasirena sorrise appena e battè le dita con lentezza solenne sopra uno dei cassetti del tavolo:—Qui.

—Una cosa sola ci occorre per lanciare l'operazione: un uomo, un gran nome; un nome che s'imponga!… Una bestia magari, ma un nome di moda per metterlo alla testa del comitato.

—Sicuro…. un gran nome!—ripetè attonito il Brunetti.—Ma come trovarlo?

—Ci sarà…. C'è!—rispose Cantasirena, socchiudendo gli occhi e sdraiandosi nel seggiolone come Giove che si riposa sicuro, nella propria onnipotenza.

—Chi?… Chi?

Non lo poteva dire: era il suo segreto. Domani avrebbe potuto parlare. Oggi no: aveva data la sua parola. Solamente, senza tanti preamboli, gli occorrevano altre cinquecento lire. Aveva piccoli impegni fastidiosi, ai quali non poteva, non voleva mancare; voleva provvedere, in certo modo, a' suoi redattori che per la morte del giornale restavano in mezzo alla strada. Pietro Laner sopratutto, il Bardo Trentino! era solo a Milano e non poteva tornare presso la sua famiglia perchè l'Austria lo avrebbe arrestato e processato. E poi anche lui, insomma, non voleva aver l'aria di un morto di fame.

Il Brunetti, sulle prime, si era messo a gridare, a protestare, arrabbiandosi, infuriandosi di nuovo. Lo aveva detto, dichiarato, non voleva più anticipare nemmeno un soldo! No! No! Assolutamente, no! E poi…. non aveva vergogna a confessarlo: lo avesse anche voluto, non avrebbe potuto! Era alla fine del mese, aveva troppi impegni ed era diventato matto anche per trovare le altre diecimila lire.

No! No! Era impossibile, impossibilissimo!—Quel giorno, in cassa, non aveva nemmeno cento lire!—Era proprio vero! Poteva giurarlo! Lo giurava sulla testa delle sue creature!—Ma a poco a poco, l'altro continuava a parlare, a pregare, a tentare, e il povero signor Brunetti aveva finito col cedere, prima trecento, poi quattrocento, poi tutte le cinquecento.

—In fine, cos'erano cinquecento lire, in confronto di tutte le altre che gli doveva il Direttore? E poi, adesso, non si trattava del giornale,—il pozzo di San Patrizio!…—Era una grande speculazione!… Erano milioni che sarebbero stati messi in giro! Ma…. c'era un altro ma. Cinquecento lire subito, sul momento, il signor Brunetti non le aveva davvero. Però gliele avrebbe procurate dall'oggi al domani: senza fallo.

—Senza fallo!—ripetè il Direttore, con una serietà grave, minacciosa.—Si ricordi bene di non promettere e poi farmi aspettare secondo il solito.

L'altro tornò ad assicurare, a protestare continuando a ripetere: Senza fallo! Senza fallo; farò tutto il possibile. Senza fallo!

—Bravo. Siamo intesi!—e il Direttore, che pareva stanco e un po' seccato, gli diede la mano per congedarlo, col solito fare di benevola degnazione.

Era diventato lui adesso, Matteo Cantasirena, il creditore del signor

Brunetti!

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