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LIBRO DUODECIMO

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Il Regno di Guglielmo I non tanto per le forze d'esterior nemico, quanto per l'interne rivoluzioni dei suoi Baroni, fu tutto perturbato e sconvolto, e si rese memorabile più per le congiure e sedizioni contro la sua persona, e de' maggiori personaggi della sua Corte, che per guerre e battaglie. Cagione di tanti mali fu l'aver voluto questo Principe dispregiare le azioni dell'ottimo padre, e permettere che lo stato della Corte, con tanta industria da colui riformato in meglio, andasse in ruina, avendo egli que' personaggi, che Ruggiero avea tenuti per suoi famigliari, parte condennati in esilio, e parte imprigionati. Ma assai più che conveniva, avendo innalzato Majone di Bari a' primi onori del Regno, e fattolo suo Grand'Ammiraglio, pose anche in sua mano tutto il governo del Regno: e gli fu sì caro, che dove agli altri era cupo ed austero, a costui solo era aperto e trattabile: di che offesi i principali Baroni s'alienarono da lui in maniera, che gli posero sossopra il Regno, come di qui a poco diremo.

Egli, morto il padre, ancorchè poco men, che quattro anni avesse regnato in sua compagnia, fece tosto convocare tutti i Prelati e Baroni del Regno, e si fece di nuovo solennemente incoronare in Palermo nel giorno di Pasqua di quest'istesso anno 1154. E non guari dopo tanta celebrità, succederono le pompe e le feste per la nascita di Guglielmo suo secondo figliuolo, natogli in questo medesimo anno dalla Regina Margherita sua moglie, figliuola che fu di Garzia II Re di Navarra; poichè Ruggiero suo primogenito era nato già in vita dell'avolo[1]. Così nella Casa regale non v'erano altri Principi del sangue, che Ruggiero e Guglielmo II ancor lattanti. Costanza loro zia, postuma di Ruggiero, ancor era bambina. Tancredi e Guglielmo figliuoli di Ruggiero Duca di Puglia ancor giovanetti, erano per ragion di Stato tenuti carcerati e custoditi nel regal palazzo in Palermo: restò adunque solo Guglielmo in età di 34 anni, senz'appoggio di parenti al governo, non meno de' Regni di Puglia e di Sicilia, che dell'altre province e città della Grecia e dell'Affrica.

S'aprì pertanto largo campo al Grand'Ammiraglio Majone di porsi in mano il cuore del Re, e di governare con assoluto arbitrio i suoi Reami, essendo egli dotato di tutte quelle prerogative, che possono innalzar un privato al Principato. Egli era di pronto e vivace ingegno, ed abile a qualunque più dura e difficile impresa: assai facondo nel dire, dotato di liberalità regia, simulatore e dissimulatore espertissimo ed avidissimo di dominare; per la qual cosa rivolgea continuamente in se stesso varj pensieri divisando, come giunger potesse al sommo delle dignità e degli onori; ma celava il tutto con una gran serenità e allegrezza di volto: trattava col Re gl'interi giorni degli affari del Regno, ed escluso ogni altro, a lui solo si comunicavano i secreti più riposti di Stato, e le sue parole, e suoi consigli erano solo fedeli ed accettati. Nè mancava egli, per l'autorità che avea, d'acquistarsi da per tutto amici e partegiani, donando a suo talento i governi delle province, le guardie delle Fortezze, ed i carichi della milizia, essendogli Guglielmo tanto alla mano, che mai cos'alcuna, ancorchè grande e malagevole, purchè da lui gli fosse chiesta, non gli negò: corruppe ancora (per torsi via ogni ostacolo, che aver potesse) l'onestà della Regina, di cui si finse innamorato, e trasse parimente dalla sua parte tutti gli Eunuchi saraceni custodi del palazzo reale. In breve egli era il Moderatore del Regno, e seppe cotanto ingrandir la sua Casa, che un suo fratello, ed un suo figliuolo, chiamati ambedue Stefani, innalzò a' primi gradi della milizia, ed il figliuolo d'una sorella, nominato Simone, lo fece Gran Siniscalco del Regno; ed una sua figliuola la casò con Matteo Bonello uno de' principali Baroni del Regno; e Lione e Curazza suoi parenti, persone per l'innanzi vilissime, vennero a sì fatta grandezza, ch'essendo morti in vita del figliuolo, da' Monaci di Monte Cassino furono registrati i giorni de' loro transiti in un libro, nel quale notavano solamente la morte de' Papi, Imperadori, Re, Duchi di assoluto dominio e simili personaggi, con quelle parole: Curazza mater Madii Magni Admirati Admiratorum obiit VII. Kal. Aug. Et Leo pater Admirati Admiratorum obiit VI. Id. Septembris[2]. Ed il Cardinal Laborante, che in questi tempi era riputato il più dotto, ed uno de' migliori Letterati, che fiorisse in Roma, avendo composto un libro de Justi, et Justitiae rationibus, che ancor oggi si ritrova diviso in quattro parti, lo dedicò a questo nostro Majone, come ad un personaggio in questi tempi il più illustre e rinomato in tutta Europa.

Vedutosi perciò in tanta sublimità vennegli pensiero, come finalmente potesse giungere al disegno di usurpare il Regno; e scorgendo non restargli ora altro che fare, se non torsi dinanzi tutti coloro, che potevano impedire il suo disegno, a questo solo drizzò tutti i suoi talenti ed i suoi pensieri.

Temea egli più degli altri in tal impresa Simone Conte di Policastro figliuolo bastardo, come si disse, del Re Ruggiero, Roberto di Bassavilla Conte di Loritello consobrino di Guglielmo, ed Eberardo Conte di Squillace, la cui virtù era assai nota a ciascuno, e sapea certo non potersi nè con premio, nè con fraude corrompere la lor fede, e conoscea, che salvi costoro, egli s'affaticava indarno. Incominciò adunque a maneggiar la lor ruina, e conoscendo essergli mestiere aver per compagno de' suoi consigli Ugone Arcivescovo di Palermo, acciocchè col suo ajuto potesse recar più agevolmente a fine il suo intendimento, essendo l'Arcivescovo uomo avveduto e di grande animo, ed atto a qualsivoglia grande affare, ed anch'egli avido di comandare: cominciò primieramente l'Ammiraglio, a scoprirgli pian piano il suo pensiere, dandogli a vedere, che tolta la vita al Re, come uomo non atto al governo e malvagio, sarebbe poscia agevolmente venuta in lor potere la cura de' piccioli figliuoli, per la qual cosa sarebbero essi stati Signori del tutto, insin che que' fanciulli fossero a perfetta età pervenuti. Non volle scoprirgli l'animo, ch'egli avea di usurparsi il Regno, acciocchè colui non si smarrisse per la grandezza della malvagità, sperando, se potesse divenir Tutore de' figliuoli del Re, non potergli niuna cosa più impedire il suo desiderio. Strinse per tanto l'amistà con l'Arcivescovo con strettissimo giuramento d'ajutarsi l'un l'altro egualmente in ogni fortuna, e fece sì che egli divenne prestamente amico e famigliare del Re, acciocchè approvasse, e difendesse appo lui qualunque cosa, ancorchè scellerata, ch'ei facesse.

Questi furono i fondamenti, che gettò Majone per dovervi sopra appoggiare le fabbriche eccelse della sua ambizione: intanto surser nuove occasioni, delle quali seppe l'Ammiraglio opportunamente valersi per ruinare i suoi emoli, e coloro che potevano fargli ostacolo nel suo disegno. Era, come s'è detto, morto in Roma Papa Anastagio, e creato in suo luogo Adriano IV inglese. Questi offeso, che Guglielmo erasi fatto incoronare Re in Palermo senza richiedernelo, secondo ciò che i Pontefici pretendevano nelle nuove incoronazioni de' Principi loro Feudatarj, avendogli il Re, intesa la sua elezione, mandati suoi Ambasciadori per confermar con lui la pace, che avea avuta col suo predecessore, egli glieli rimandò in dietro senza conchiuder niente. Onde passato poi Guglielmo da Palermo a Messina, e di là a Salerno, avendogli Adriano, mentre dimorava in questa città, mandato il Cardinal Errico con sue lettere, non solo il Re non volle riceverlo, ma gli fece ordinare, che tantosto sgombrasse dal suo Regno, ed in Roma ne ritornasse; irritato ancora perchè nelle lettere, che a lui recava, il Papa non gli dava il titolo di Re, ma solo di Signore di Sicilia, pretendendo che non potesse egli nomarsi Re, essendosi dopo la morte di suo padre fatto incoronare senza sua concessione ed autorità[3]. Ma Guglielmo riputando a suo scorno, che dovesse richiedere da lui ciò ch'era in suo arbitrio, fieramente sdegnato, dopo aver celebrata la Pasqua in Salerno in quest'anno 1155, avendo creato suo Gran Cancelliero Asclettino Arcidiacono di Catania, gli diede il governo della Puglia, con ordine di ragunare un grosso esercito per campeggiare Benevento, e dar il guasto al suo territorio, e di sorprender quella città ad onta del Pontefice. All'incontro Adriano scomunicò il Re, il quale, oltre d'aver comandato al Gran Cancelliere l'assedio di Benevento, ordinò ancora, che niun Vescovo de' suoi Regni riconoscesse il Papa, nè che alcuno ricercasse da lui più la consecrazione. Indi partissi da Salerno, e con Majone in Palermo fece ritorno.

Intanto il Cancelliero, dopo aver dato il guasto al territorio di Benevento sino alle mura della città, tentò di sorprenderla: ma difesa con molto valore da' Beneventani, i quali uccisero il lor Arcivescovo per averlo scoverto amico e partegiano di Guglielmo, obbligarono il Cancelliero a cingerla di stretto assedio; il quale tuttavia durando, alcuni Baroni mal contenti del governo presente, istigati ancora dal Papa, si ribellarono da lui, ed entrarono dentro Benevento, ed altri senza tor commiato si partirono dal campo; per la qual cosa dividendosi l'esercito, si tolse l'assedio[4]. Il Conte Roberto di Bassavilla pieno d'ira e di mal talento ritornossene a dietro in Puglia, poich'essendo stato, mentr'era il Re in Salerno, per visitarlo, fu per opra di Majone sì mal veduto ed accolto, che il Re nè meno volle parlargli. Onde il Cancelliero con la gente che gli era rimasa, e con altra che assoldò nuovamente, passossene in Campagna di Roma, dove prese e brugiò Cepparano, Bacucco, Frusinone, Arce, ed altri luoghi vicini; e poscia ritornando nel Regno fece abbattere le mura d'Aquino, Pontecorvo, ed altre Castella de' Padri di Monte Cassino[5] partegiani del Papa, e cacciatine altresì tutti i Frati, eccetto dodici, che vi lasciò alla cura della Chiesa, fece ritorno in Capua, ove fermossi in compagnia del Conte Simone, con intenzione di star colà in guardia del Regno, così per impedire ogni movimento, che avesser potuto fare i Baroni, i quali eran da pertutto fieramente turbati dalla potenza dell'Ammiraglio, non ben discernendo se egli, o Guglielmo era Re di Sicilia; ma più ancora per impedire un nuovo turbine di guerra, che soprastavagli, poich'era precorsa voce, che l'Imperador Federico Barbarossa con grande oste di Alemagna calava in Italia.

1

. Inveges lib. 3 hist. Paler.

2

. Libro mortuale di Monte Cassino.

3

. Romual. Arc. di Saler. Eo quod in Literis Apostolicis, quas Regi portabat, Papa eum non Regem, sed Willelmum Dominum Siciliae nominabat.

4

. Ugo Falcan. Capecelatr. lib. 2.

5

. Anon. Cassin. in Chr. fol. 141.

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 4

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