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LIBRO DECIMOTERZO
CAPITOLO I
Nozze del Re Guglielmo II con Giovanna figliuola d'Errico II Re d'Inghilterra. Sconfitta data dai Milanesi all'esercito dell'Imperador Federico; e pace indi conchiusa dal medesimo con Papa Alessandro III
§. II. I Veneziani sono stati Soggetti degli Imperadori d'Oriente e d'Occidente
ОглавлениеChiunque attenderà lo stato delle cose di quei tempi, secondo che ce lo rappresentano non meno gli antichi Annali, e Monumenti estratti dalla voracità del tempo, che gli Storici contemporanei, si accorgerà, che le province di Venezia e d'Istria col seno del mare Adriatico, che le bagna, nella decadenza dell'Imperio di Occidente, ubbidivano agl'Imperadori di Oriente. Quando Giustiniano Imperadore riunì al suo Imperio di Oriente tutta l'Italia per lo valore di quei due celebri Capitani Belisario e Narsete, non è dubbio, che l'Istria e le regioni de' Veneti erano appartenenze dell'Orientale Imperio. Le Regioni marittime de' Veneti dall'Istria si stendevano sino alla città di Ravenna: siccome ce n'assicura Procopio scrittor contemporaneo, il quale descrivendo queste regioni, così ne parla[76]: Sequitur, cui Dalmatiae nomen, et quae cum ipsa Occidentalis Imperii finibus comprehenduntur: proxima Liburnia, huic Istria; dein Regio Venetorum, ad Ravennam urbem porrecta.
Quando la prima volta i Franzesi sotto que' loro famosi Capitani Leutario, e Buccellino invasero questa parte d'Italia, ed occuparono i luoghi terrestri dei Veneti, tenendo i Greci i luoghi marittimi, siccome ci rende testimonianza lo stesso Procopio[77]; Narsete mandato da Giustiniano in Italia in luogo di Belisario gli scacciò da tutti que' luoghi terrestri del tratto Veneto, siccome fece anche dalla Liguria, avendo sconfitto interamente i Franzesi; a segno che in Italia non gli restò nè pur un picciolo castello.
Queste province dopo la morte di Giustiniano passarono al suo successor Giustino: e questi avendo istituito in Italia l'Esarcato di Ravenna, non vi è dubbio, che gran parte del territorio Veneto fosse porzione dell'Esarcato, giacchè Procopio ci descrive, che la Region Veneta si distendeva fin alla città di Ravenna: Regio Venetorum ad Ravennam urbem porrecta. Ciocchè per antichi monumenti fin'all'ultima evidenza dimostrano Girolamo Rubeo[78] e Ludewig[79], il quale nella vita di Giustiniano M.[80], non ebbe difficoltà di dire esser cosa chiara: Venetum agrum vel territorium portionem fuisse Exarchatus non infimam.
Ma avendo da poi Carlo M. interamente scacciati da questa parte d'Italia non meno i Greci, che i Longobardi, e fatto Re d'Italia Pipino suo figliuolo, le Venezie sottratte dall'Imperio d'Oriente, furon rese province del Regno Italico, siccome con verità scrisse Costantino Porfirogeneta[81], dicendo, che d'indi in poi le Venezie non soggiacquero all'Oriente, ma furon fatte Provincia Italici Regni. Quindi gl'Imperadori di Oriente per reintegrare all'Imperio, da questa parte, i lor confini, ebbero con Carlo M. or guerre, or tregue, or convenzioni e paci, per le quali finalmente, siccome rapporta Eginardo[82], fu convenuto, che a Carlo fossero aggiudicate le due Pannonie, l'Istria, le Venezie, la Liburnia, e la Dalmazia, lasciandosi all'Imperadore costantinopolitano le città marittime della Puglia, la Calabria e la Sicilia. Carolus, scrive Eginardo, utramque Pannoniam, et appositam in altera Danubii ripa Daciam, Histriam quoque et Liburniam, atque Dalmatiam, exceptis maritimis Civitatibus, quas ob amicitiam, et junctum cum eo foedus Constantinopolitanum Imperatorem habere permisit, adquisivit.
Ma per i luoghi terrestri di quelle province rimasti a Carlo, e per le città marittime lasciate a gl'Imperadori greci; non durò fra medesimi ed i Re francesi lungo tempo buona armonia; poichè nell'anno 806. Paolo Principe di Zara, ed i Legati di Dalmazia, non meno che i Duchi di Venezia, che riconoscevano per loro Sovrani gl'Imperadori di Oriente, mal sofferendo la potenza de' Francesi, come troppo lor vicina, ricorsero all'Imperadore Niceforo, perchè gli prestasse ajuto per non essere da quelli oppressi, siccome leggesi negli Annali Laurisheimensi ad An. 806 de' quali non si dimenticò Simone Stanh. Histor. Germ. in Carolo M. che ne rapporta varj pezzi: Statim post Natalem Domini (si legge ne' medesimi) venerunt Wilharius et Beatus Duces Venetiae; nec non et Paulus Dux Jaderae, atque Donatus, ejusdem civitatis Episcopus, Legati Dalmatorum, ad praesentiam Imperatoris cum magnis donis, et facta est ibi ordinatio ab Imperatore de Ducibus et Populis tam Venetiae, quam Dalmatiae.
Ed in effetto l'Imperadore Niceforo non tardò in gennaro del seguente anno 807 di mandar una classe marittima ne' porti di Venezia sotto il comando di Niceta, per ricuperar la Dalmazia, siccome si aggiunge negli Annali stessi: Classis a Nicephoro Imperatore, cui Niceta Patricius pracerat, ad recuperandam Dalmatiam mittitur. Ma giunta che fu questa flotta ne' porti di Venezia, Pipino costituito Re d'Italia da Carlo suo padre, fatta tregua con Niceta fino al mese d'agosto, tanto fece sicchè l'indusse a ritornarsene, come soggiungono gli Annali stessi ad An. 807 Niceta Patricius, qui cum Classe Costantinopolitana in Venetia se continebat, pace facta cum Pipino Rege, et induciis usque ad Augustum constitutis, regreditur.
Ma i Veneziani e i Dalmatini, che desideravano, che sempre fosse accesa guerra tra' Greci e' Franzesi, per profittare nel torbido, nutrendo per ciò fra di loro gare e contenzioni, indussero l'Imperadore Niceforo nel 809 che mandasse la seconda volta in Dalmazia e Venezia un'altra armata sotto Paolo: la quale spedizione ebbe varj successi: nel principio giunta l'armata a Venezia, si rese padrona dell'Isola di Comiaclo, ma attaccata poi l'armata da Pipino e fugata; fu obbligata ritirarsi ne' Porti di Venezia, come dicono gli Annali suddetti Laurisheimensi ad An. 809 Classis de Constantinopoli missa, primo Dalmatiam, deinde Venetiam adpulit, cumque ibi hiemaret pars ejus Comiaclum Insulam accessit, commisso praelio, victa atque fugata Venetiam recessit.
Paolo Prefetto dell'armata, vedendo non poter resistere alle forze di Pipino, cominciò a trattar di pace col medesimo; ma i Duchi di Venezia Wilhario, e Beato, i quali di mala voglia soffrivano, che Paolo volesse trattar di pace con Pipino, fecer ogni sforzo per impedirla, anzi con frodi ed inganni tentarono d'insidiar la di lui persona: sicchè avendo Paolo conosciute le loro insidie e frodi l'obbligarono a partire; come soggiungono gli annali stessi: Dux autem, qui Classi praeerat, nomine Paulus, cum de pace inter Francos et Graecos constituenda, quasi sibi hoc esset injunctum, apud Pipinum, Italiae Regem, agere moliretur, Wilhario et Beato Venetiae Ducibus, omnes conatus ejus impedientibus, atque ipsi etiam insidias parantibus, cognita illorum fraude discessit.
Il Re Pipino conosciuta la perfidia de' Duchi di Venezia, i quali proccuravano fomentar gare e guerre irreconciliabili tra Greci e Franzesi per sottrarsi in questi torbidi dagli uni, e dagli altri, si risolse di soggiogarli affatto; e mossa la sua armata per mare, ed il suo esercito per terra; soggiogata Venezia, li obbligò a rendersi, e di passare, come tutti gli altri Popoli d'Italia, sotto il suo dominio, come narra il Monaco Egolismense pag. 63 scrivendo Pipinus Rex, perfidia Ducum Venetiarum incitatus, Venetiani bello, terra marique jussit adpetere subjectaque Venetia, ac Ducibus ejus in deditionem acceptis etc.
Ma il generoso e magnanimo Carlo suo padre, non volendo rompere gli antichi patti e convenzioni per le quali s'erano lasciati questi luoghi marittimi di Dalmazia e di Venezia all'Imperio greco, trattò egli la pace coll'Imperadore Niceforo, e nel seguente anno 810 gli ristituì Venezia, siccome rapportano gli annali di Francia ad An. 810 Carolus pacem cum Nicephoro Imperatore fecit, et ei Venetiam reddidit. E di vantaggio, avendo fatto imprigionare, e privato di tutti gli onori Wilhario per la sua perfidia, dovendo mandare suoi Legati in Costantinopoli a confermar questa pace, nell'anno seguente 811 co' Legati suddetti fece condurre Wilhario Duca di Venezia all'Imperadore, perchè come suo Signore il riconoscesse, siccome portano gli Annali Laurisheimensi ad An. 811 dicendo: Pacis confirmandae gratia Legati Costantinopolim mittuntur… et cum eis… Wilharius, Dux Venetorum… qui propter perfidiam honore spoliatus, Constantinopolim ad Dominum suum duci jubetur.
Quindi è, che degl'Imperadori d'Oriente successori di Niceforo, e spezialmente di Lione V Armeno restano ancora monumenti d'aver esercitata la loro piena sovranità sopra i Veneziani, ridotti ad abitare in quelle Isolette negl'ultimi recessi di quelle Lagune: i quali sebbene avessero loro Duchi, che gli governavano, questi però non eran riputati, che Ufficiali dell'Imperadore, decorati dell'onore d'Ippato, ch'era una dignità Imperiale; e tutte quelle insegne, come il Manto, il Corno ducale, e gli altri ornamenti, onde sono fregiati, tutti erano onori, che gli provenivano dalla Corte di Costantinopoli.
Quindi i Veneziani vestivano alla greca con abiti talari, che ancor ritengono, a differenza degli altri popoli d'Italia, come all'Imperio d'Oriente sottoposti.
Onde quel Monumento, che prima si conservava nell'Archivio del Monasterio delle Monache di S. Zaccheria di Venezia, e che ora insieme con altri consimili leggiamo impresso in un libro stampato in Venezia stessa con licenza de' superiori nell'anno 1678 intitolato, il silenzio di S. Zaccheria snodato: non dee sembrar cotanto ingiurioso a' Veneziani: sicchè severamente, proibiscano il tenerlo proccurando di sopprimerlo, perchè non ne resti vestigio.
In questo Libro si legge un Attestato di Giustiniano Participatio Doge di Venezia, a' tempi dell'Imperadore Lione V Armeno, che sedè nell'Imperio d'Oriente dopo Niceforo intorno l'anno 813, nel quale la fondazione, o sia ampliazione di quel Monasterio si attribuisce a Lione, chiamato dal Doge suo Signore, con obbligo alle Monache d'incessantemente pregare Dio per la salute dell'Imperadore, e suoi Eredi: Eccone le parole: Cognitum sit omnibus CHRISTI, et Sancti Romani Imperii Fidelibus tam praesentibus, quam ex illis, qui post nos futuri erunt, tam Ducibus quam Patriarchis, atque Episcopis, seu caeteris Primatibus. Quod ego Justinianus Imperialis Hippatus et Venetiarum Dux, per revelationem Domini nostri Omnipotentis, et jussione Domini Serenissimi Imperatoris pacis seu, et Conservatoris totius Mundi LEONIS: Post multa nobis beneficia concessa, feci hoc Monasterium Virginum hic in Venetia, secundum quod ipse jussit edificare de propria Camera Imperiali, et secundum quod iussit mihi, statim cuncta necessaria auri, sive argenti dari jussit. Tum etiam nobis Reliquias Sancti Zaccariae Prophetae, et lignum Crucis Domini, atque Sanctae Mariae pannum, sive de vestimentis Salvatoris et alias reliquias Sanctorum nobis ad Ecclesiam Sanctam consecrandam dari fecit. Ad necessaria hujus operis etiam Magistros tribuit, ut citius opus explerent, et expleto opere congregatio sancta incessanter pro salute Serenissimi Imperatoris et suorum heredum orarent. De Thesauro vero, quod manifestat sua carta cum litteris aureis, et totum donum, quod in hoc loco ipse transmisit, in ipsa Camera salvum esse statuimus: Tamen ipsam cartam in Camera nostri Palatii volumus, ut semper permaneat, et ut non valeat aliquis hoc dicere, quod illud Monasterium Sancti Zaccariae de alicujus Thesauro esset constructum, nisi de Sanctissimi Domini nostri Imperatoris LEONIS.
Nè l'aver mandato l'Imperadore quelle reliquie, perchè si riponessero nella Chiesa, adombra punto l'autenticità della scrittura, come se ciò non potesse attribuirsi a Lione V creduto Iconoclasta; perchè i Greci aveano tutta la venerazione a reliquie cotanto insigni; ma volevano, che per ciò non segli prestasse Culto Religioso; oltre che dopo il Concilio II di Nicea celebrato nell'anno 787 favorevole alle Reliquie e Imagini, i Greci furon divisi, e chi stava per lo Concilio Costantinopolitano, che le proibiva, chi per questo II Niceno; e Lione si adattò al costume d'Italia, dove non soleva consecrarsi Chiesa senza qualche Reliquia di Martire, o di Santo.
I savj e dotti Veneziani, che non si lasciano trasportare dall'enfatico stile de' loro moderni Storici, e singolarmente del Nani, con quelle ampollose frasi di Libertà nata colla Repubblica stessa, non riputano tali monumenti apocrifi, o strani, anzi riguardandosi ai passati tempi, sono ben proprj e conformi allo stato delle cose d'allora: poichè ad una Repubblica nuova stabilita negli ultimi tempi, non può certamente adattarsi quella innata Libertà, che vantano: se non fosse caduto dal Cielo in Terra un pezzo di Luna, o di altro Pianeta, sopra il quale da' nuovi uomini si fosse stabilita libera; ma sempre che si parla di nuova Repubblica fondata nell'Imperio, duopo è che riconoscano i loro maggiori la subordinazione degl'Imperadori sian d'Oriente, ovvero d'Occidente.
Anzi i Veneziani non meno degli uni che degli altri devono confessarla; poichè in decorso di tempo sempre più decadendo le forze dell'Imperio Greco in Italia, i successori di Carlo M. profittando della sua ruina, tornarono ad aggiunger Venezia al Regno Italico, sicchè Lodovico e Lotario, se ne reser padroni, e v'esercitarono sovranità, sino a far battere le loro monete col nome di Venecias, come facevano delle altre città d'Italia da lor possedute.
Di queste Monete più Musei ne conservano le originali d'indubitata fede, ed antichità. L'Autore dello Squittinio della Libertà Veneta, nella Giunta non se ne dimenticò. Il Sig. Petau Consigliere nel Parlamento di Parigi, fece imprimere quella dell'Imperadore Lodovico il Buono, dove da una parte si legge HLVDOVICUS IMP. e dall'altra VENECIAS. Il Sig. le Blanc ha altresì fatto stampare una moneta di Lotario, che porta da una parte VENECIAS. Ecco quella di Lodovico.
Ma da poi nella decadenza dell'Imperio d'Occidente ne' Successori di Carlo M. i Veneziani cominciarono, non essendo chi potesse resistergli, a stabilire la Sovranità sopra la lor città, e luoghi marittimi intorno sopra le ruine dell'Imperio d'Oriente, non meno che di Occidente, decaduto ed avvilito anche esso ne' successori di Carlo M. prima che facesse passaggio a' Germani sotto il grande, e poderoso Ottone
76
. Lib. 1 de bello Goth. cap. 15.
77
. Lib. 4 de bello Goth. cap. 24 et 26.
78
. Lib. 4. Hist. Ravennat. pag. 195.
79
. In Singularibus Jur. Publ. Tom. 1 cap. 2 § 17 p. 215 et 216.
80
. Cap. 8 § 46 in not. 944.
81
. De Administrat. Imp. Orient. cap. 28.
82
. Cap. 15.