Читать книгу Istoria civile del Regno di Napoli, v. 8 - Giannone Pietro - Страница 4
LIBRO TRENTESIMOSECONDO
CAPITOLO I
D. Pietro di Toledo riforma i Tribunali di Napoli, onde ne siegue il rialzamento della giustizia
§. II. Riforma del Tribunal della Regia Camera
ОглавлениеRiordinata la Vicaria, con non minor felicità passò alla Riforma della Regia Camera. Vedeva il bisogno, che alla giornata cagionavano le guerre intraprese dal suo Signore co' Turchi, la poca economia, che v'era nello spendere, le spesse contribuzioni e donativi, che indebolivano il Regno, ed il cercar sempre denari, acciocchè gli eserciti non s'ammutinassero: per riparare in parte a tanti bisogni rivoltò l'animo a riordinare, come potesse il meglio, questo Tribunale, di cui era il pensiero, e dovea esser la cura del Patrimonio Regale, d'ingrandirlo, far evitare i disordini e le ruberie, che si commettevano nell'amministrazione di quello da Ministri subalterni; e che non capitassero male le rendite e l'esazioni Regali.
Proccurò a questo fine, che da Carlo V istesso fossero stabiliti più statuti attinenti alla buona amministrazione di quello, li quali egli pubblicò tutti in Napoli, comandando, che fossero esattamente eseguiti. Stabilì da poi egli diversi altri provvedimenti, onde diede molte norme a questo Tribunale intorno alla vigilanza dell'esazione.
Ordinò, che le cause appartenenti al Fisco, o dove quello avesse interesse, si trattassero in Camera, e che gli altri Tribunali dovessero prestargli, occorrendo, ogni ajuto. Che al Fisco non fosse limitato il tempo di ricomprare. Che non si cavasse oro, nè argento dal Regno. Che la moneta fosse di giusto peso, e che si rifacesse la logora, acciò non venisse meno, e vietò, che s'estraesse dal Regno; ed oltre molti altri regolamenti; che si leggono impressi nelle nostre Prammatiche ed altrove, invigilò, che i ministri, che doveano regger questo Tribunale, fossero i più dotti, i più integri, i più probi, ed indefessi de' suoi tempi. Per ciò leggiamo nel suo governo essere stati preposti a questo Tribunale per Luogotenente un Bartolommeo Camerario, e per Fiscale un Antonio Baratucci, Giureconsulti, siccome diremo al suo luogo, i più insigni di que' tempi, ed i più dotti e diligenti. E fu cotanto il zelo ch'ebbe questo Vicerè, e la vigilanza che teneva sopra questo Tribunale, e sopra i Ministri di quello, che una delle cagioni, per le quali il Toledo si mostrò poi poco amorevole del Camerario, fu che costui, mentre era Luogotenente, andando spesso a villeggiare a Somma, avendogli il Vicerè ammonito, che non conveniva ad un Ministro, a cui stava appoggiata carica sì laboriosa, allontanarsi dal suo Tribunale, egli avendogli replicato, che maggior inconveniente era ad un Vicerè lasciar Napoli, e sollazzarsi a Pozzuoli, come spesso faceva il Toledo, se l'alienò in maniera per questa indiscreta risposta che lo fece cader anche dalla grazia di Cesare; donde, come diremo, nacque il principio della sua ruina. Ed in fine diede l'ultima mano al maggior decoro di questo Tribunale, quando nell'anno 1537, levatolo dalla Casa del Marchese del Vasto, dove si reggeva, come a Gran Camerario, lo collocò con tutti gli altri nel Castel Capuano.