Читать книгу Minerva oscura - Giovanni Pascoli - Страница 5
III.
ОглавлениеCon tali parole adunque Dante ci ammonisce della ‛fortezza’ della sua Comedia, per l’allegoria che ne copre la sentenza; con altre ci ricorda la sua difficoltà, per la dottrina che è necessaria a intenderla:
O voi che siete in piccioletta barca
Desiderosi d’ascoltar, seguiti
Dietro al mio legno che cantando varca,
Tornate a riveder li vostri liti,
Non vi mettete in pelago; chè forse
Perdendo me, rimarreste smarriti
L’acqua ch’io prendo, giammai non si corse:
Minerva spira e conducemi Apollo
E nove Muse mi dimostran l’Orse.
Voi altri pochi, che drizzaste il collo
Per tempo al pan degli Angeli, del quale
Vivesi qui, ma non sen vien satollo,
Metter potete ben per l’alto sale
Vostro navigio, servando mio solco
Dinanzi all’acqua che ritorna eguale.[7]
Il pelago o alto sale è la terza Cantica; la barca piccioletta che ai desiderosi d’ascoltare poteva bastare nelle altre due parti del Poema, più non basta. Certo, dottrina occorreva anche allora, ma ora più assai: allora bastava ascoltare e capire, ora bisogna avere dottrina anche di suo, per non rimanere smarriti quando si perdesse un poco di vista il legno del Poeta, e di udito la sua musica voce. Se ne ricava che la difficoltà della terza Cantica è non solo più forte delle altre due, ma di genere differente: si direbbe che in quelle proviene dalle allegorie o dai simboli, che pertengono all’arte del poeta e in questa più specialmente dalla profondità della scienza, che riguarda il filosofo e il teologo. Ma, insomma, egli stesso, Dante, ha confessato di voler essere oscuro e di volere ora esercitare l’acume, ora mettere a prova la dottrina de’ suoi lettori. E guai se questo acume e questa dottrina fosse quanto e quale sarebbero stati necessari a scoprire il velo delle canzoni del Convivio! Starebbero sulla porta della Comedia queste parole di colore oscuro: La vera sentenza... per alcuno vedere non si può, s’io non la conto.[8]