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II.

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La metà delle lettere che si scrivono nel salone di un grande albergo sono scritte per essere scritte e come relazione vera con la persona a cui vengono indirizzate, non hanno generalmente che l'indirizzo. Quanti occhi assorti e quante penne sospese a mezz'aria, in questi tavoli omnibus, dove ciascuno sembra cercare i periodi sul viso femminile incontro e fa durar le lettere più che può!

Io son venuto a sedermi qui per questo motivo: che una signora, forse ungherese, forse peggio, nello scendere dall'automobile dell'Hôtel si è diretta subito verso la mia uniforme e mi ha chiesto due stanze non esposte al mare. Invano il direttore si è precipitato dal suo banco ad avvertir dell'equivoco. Niente: la predetta dama ha insistito freddamente nel chiedermi le sue due stanze non esposte al mare e il mio neutro silenzio non le ha spiegato nulla. È stato necessario voltarle le spalle: e siccome ella ha certamente ritenuto che io le mostrassi il cammino, mi ha seguito dentro il salone di scrittura già affollato. E allora mi son seduto pacatamente a un tavolo, piantandola in asso. E una volta seduto, bisogna ben scrivere qualche cosa. Bene! Quando alcuni di questi foglietti saranno riempiti, metterò «Amico mio» in testa al primo, — «cordiali saluti» in fondo all'ultimo, e sceglierò un indirizzo che corrisponda ad una persona di spirito.

Ed ecco, caro Indeterminato, perchè ti scrivo. Chiama queste pagine «note sincere di un'ora di grande Albergo» invece che lettera; e supponi di avermene dato l'incarico. Prometto l'assoluta verità.

Intanto il posto di fronte a me s'è riempito e al disopra del basso cristallo che taglia in due la larghezza del tavolo, vedo un'ondata di capelli biondi, molto sapientemente pettinati secondo la foggia di alcune di quelle figurine etrusche la cui missione consiste nell'essere dipinte eternamente in fila attorno ad un vaso.

Continuare a scrivere: far mostra di niente; vediamo quanto tempo resterà chinata la testa.

Molto. Una manina lunga e gemmata scrive, scrive di là dal vetro, dritta, veloce, sicura, animata da reale impulso: quindi, o l'amante o l'interesse. E una busta è chiusa e gettata affrettatamente di lato. L'educazione degli alberghi prescrive che una busta si guardi sempre.

Una linea di caratteri che non conosco.

Ministère de la Guerre

Bureau 628

St. Pétersbourg.

Un'altra busta copre presto la prima.

M.r le Comte Raoul de F...

Poste restante

Paris.

Ma!... E la testa bionda si leva, fissando lo spazio avanti a sè.

Due occhi di acqua marina velati da lunghe ciglia mandano come una calda vampata sotto l'arco puro e sottile delle sopracciglia. Un naso dritto, diafano, palpita stranamente nelle narici come aspirasse un fiore: e una bocca bambina, rorida, perfetta, si schiude sul terso candore dei denti.

Un Americano che mi siede accanto, lascia addirittura cadere rumorosamente la penna sul cuoio della scrivania come un punto ammirativo messo alla sua contemplazione. Un altro individuo ricciuto e biondastro che ha parlato poco fa uno strano italiano col cameriere e siede di fronte all'Americano, assume quello sguardo profondo dell'uomo che corrisponde all'apertura a ruota della coda nel tacchino.

Son due inesperti: sistemi sbagliati.

Infatti la bellissima creatura estrae freddamente una sigaretta dal suo astuccio d'oro e non ha bisogno nè di fiammiferi nè di nulla: con lo sguardo non ha domandato loro nulla: non esistono per lei.

Ma ha finita la carta del suo scaffaletto: e allungando la mano al disopra del cristallo ne cerca nel mio, come se il tavolo fosse assolutamente vuoto. Bene: questo gesto è di troppo, come è di troppo dimenticar di prendere anche le buste. — Gliene porgo qualcuna in silenzio e la testa s'inchina appena di là dal cristallo.

— Messieurs, s'il vous plaît...

E quest'altra che cosa vuole? È una donna semiscollata che indossa un vestito quasi da circo equestre e ci presenta, con un sorriso elencato nella lista dei sorrisi, una grande gualchiera già carica di biglietti e di monete d'argento e — nientemeno! — d'oro.

Per quale ragione, non si sa bene e non si domanda nemmeno. Forse di là, in un salotto attiguo, vi saranno dei giuochi di prestidigitazione, o si mostreranno cani ammaestrati. Ma qui non si bada a queste cose; si mette giù del denaro perchè quando si sta qui, se ne mette giù in qualsiasi gualchiera venga presentata. L'Americano infatti ne dà rumorosamente, levandosi in piedi perchè il suo gesto illustri tutta l'immensa ricchezza dell'America e sia soprattutto notato dalla testina bionda, che non gli accorda però il minimo segno di considerazione.

L'individuo ricciuto ne dà anche lui con gesto largo, rivolgendo un viscido sorriso «anche» alla femmina della gualchiera. Ed entrambi, disillusi, si levano e se ne vanno.

Riprendo a scrivere, dopo la breve interruzione della quota. La testina bionda fa altrettanto. E siccome siamo rimasti soli al nostro tavolo, lo spirito intona in sordina, come sempre in simili casi, la prima frase del duetto lohengriniano:

Cessaro i canti alfin — che siam soli

la prima volta è questa...

Ma ammutolisce subito perchè Elsa non risponde affatto. Ed ecco che una donnetta di mezza età, di mezza ricercatezza e dal volto rimasto a mezza espressione dopo la spugnatura d'una vita acida, s'avvicina e le parla in una lingua che non comprendo. La maniera secca e breve con cui le vien risposto precisa la sua posizione di subordinata, ed è evidente che la sua signora non sa qualche cosa che ella le domanda. E allora la donnetta si rivolge a me parlandomi nella sua lingua, cosa che rappresenta l'estrema impertinenza del forestiero in Italia: la stupida presunzione che a noi soli incomba l'obbligo di conoscer le lingue altrui, mentre egli non può curarsi di imparar la nostra.

Aspetta, amico ancora indeterminato... Ecco fatto: ho alzato sgarbatamente una spalla rimanendo a bocca chiusa e ricominciando a scrivere...

— Do you speak english? — insiste la donnetta.

Bene: se scendiamo in un terreno neutro, giù la penna...

················

Ma l'inglese di costei zoppica troppo. Interviene finalmente il francese della testina bionda... spiega, domanda, disgela...

— ... Mais je suis fachée, Monsieur, d'avoir interrompu vôtre lettre...

— Pas du tout: j'ai fini... Je vous assure, Madame.

················

Lettera d'albergo, mio caro... Stile Excelsior e 1914. Cordiali saluti.

tuo .........

Mar sanguigno (Offerta al nostro buon vecchio Dio)

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