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Capitolo terzo

“Erano finiti i bei tempi”

Erano finiti i bei tempi, le giornate in cui nel quartiere da ragazzino mi bastava scendere le scale di casa, dopo che il mio caro compagno di infanzia Giovanni aveva suonato il campanello, e con un semplice bastone di legno andavamo a lottare come Jedi contro i fiori spinosi con la cresta viola, che dalle nostre parti diventano altissimi, mozzandogli le teste. O le infinite partite sotto il sole cocente, con le scarpine buone eleganti da scuola, che distruggevo in un attimo per la disperazione di mia madre.

Oppure alle bellissime calie (da noi si chiama così quando marini la scuola) in cui andavamo direttamente al mare a fare il bagno in pieno giugno tuffandoci sotto le onde.

La prima calia al mare, causa la mia inesperienza, non andò bene. Mia madre appena misi il primo piede in casa mi chiese se fossi andato a scuola: “Certo torno dà la proprio adesso”, le risposi.

Con voce suadente e tenebrosa mi disse:

” Va bene, vieni, vieni, avvicinati”.

Mi avvicinai, lei con la dolcezza ineguagliabile di una mamma mi baciò su una guancia.

In verità, mi leccò leggermente la faccia.

Il suo viso si scurì, indubbiamente sapevo di sale.

Mi puntò il dito contro e sentenziò:

“Sei andato al mare!”

Io negai ma non potei sottrarmi a qualche cinghiata.

Qua tutti i perbenisti diranno: ”La violenza, le cinghiate, gli schiaffi, o no, orrore” invece io non lo ricordo assolutamente come un trauma e non ho nessun risentimento nei confronti di mia madre. Penso, mettendomi nei suoi panni, quale problema fosse mettere un limite alle mie monellerie valutando il fatto che ero già più grosso di lei. Difficile sculacciarmi, così un rimedio doveva trovarlo, penso senza esagerare che “quannu ci volunu su megghiu du pani” tradotto “quando ci vogliono sono meglio del pane”.

Questo non mi convinse a non fare più calie al mare, solamente a farmi più furbo. Infatti, prima di tornare a casa, ci fermavamo alla fontanella del paese e, tolta la maglietta, ci lavavamo dal bacino in su.

Effettivamente ero una peste, qualche giorno prima mi stavo arrampicando sulla cima di un albero alto venti metri quando sentii la sua voce chiamarmi:

” MASSIMO, SCENDI! “

Mi girai e la vidi gridare dal balcone facendo tutti i segni possibili:

“SCENDI, TI AMMAZZERAI!”.

Scesi senza ammazzarmi. Senza dargli tregua nei giorni seguenti, trascinai anche la mia sorellina nella calia che anche quella volta scoprì.

Mi stupisco ancora a pensarci come in soli trent’anni possa essere cambiato radicalmente il modo di divertirsi dei bambini e dei ragazzi, non che uno sia migliore di un altro, ma come siano completamente differenti.

Non sono di quelli convinti che le nuove generazioni siano pessime e quelle vecchie rincoglionite. Non mi lascerò trascinare da tanti miei coetanei e colleghi in questa giostra stupida. Ogni generazione è fatta di idioti e gente sveglia, anzi io ho molta speranza nei giovani, magari sono un po’ rimbambiti fisicamente e nella scaltrezza, ma hanno una

Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano

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