Читать книгу Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano - Massimo Longo E Maria Grazia Gullo - Страница 9

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il suo bastone con la tazza contenente metallo fuso da immettere nello stampo, creato apposta in un’altra grande officina con il tornio numerico… versarlo su uno stampo da cui ricavava “LETTI IN FERRO BATTUTO...” Insomma, va bene non fidarsi, ma informarsi?

Adesso, quando ci sentiamo al telefono, lo trovo sempre al lavoro, spesso anche la domenica. Ah! Penso! Si fosse trasferito al nord, calcolando solamente le ore lavorate ed escludendo la specializzazione, sarebbe stato semplicemente ricco, macchina di lusso, villetta di lusso, fine settimana bianca, come un piccolo imprenditore Veneto e, invece, a furia di dover concorrere con officine dove esiste solo lavoro nero, pagamenti elemosinati e problemi burocratici, fatica a tirare il mese, nonostante sia ancora senza famiglia.

Settimo è una di quelle persone oneste che ha usufruito dei soldi per creare impresa, il famoso, “Prestito d’onore”, cifra concessa in prestito dallo Stato in parte da restituire ed in parte a fondo perduto. Ma in Italia, con le sue enormi contraddizioni, un’idea buona riesce facilmente a trasformarsi, per mancanza di controllo, in una truffa ai danni dello Stato.

In Italia esiste una regola assoluta riassunta in un proverbio Siciliano: “Futti, Futti ca poi u Stato aiuta a tutti” tradotto “Frega e ruba, che poi lo Stato aiuta tutti”.

E così successe anche in questa occasione. Tantissime persone smisero di pagare le rate del prestito e in cambio cosa accadde? “Vualà” un bel condono fiscale e tutto cancellato.

Qual è la novità? Nessuna, direte, ma sentite questa. Settimo, persona dai principi saldi, è stato l’unico o tra i pochi, che si sia impegnato per restituirlo, e così ha fatto fino alle ultime due rate, quando, per vere difficoltà economiche, ne saltò il pagamento.

Ora direte, saranno stati clementi visto che tutti gli altri non ne hanno pagata quasi nessuna e beneficiato del condono? E invece NO! Si vide contestare multe enormi e senza senso per le ultime due rate, ripeto, ultime due rate. Alla fine, Settimo con sforzo riuscì a pagarle, ma questa piccola storia è esemplificativa di come vanno le cose in questo Paese, 1° comandamento: “Evadi e ti verrà condonato tutto”, 2° comandamento: “Sii onesto, paga tutto e se sgarri ti caccio solo una mora del 300%”.

Settimo, nonostante la sfiga lo colpisca ripetutamente, è come Holyfield. Chi è Holyfield?

Chi è Holyfield! Provate a cercare su internet. Io non amo la boxe, mio malgrado mi trovai, in compagnia di mio fratello, a vedere il suo incontro con Tyson. Tyson lo conoscete, vero? In quel famoso incontro, Tyson gli staccò l’orecchio per rabbia a causa della sua frustrazione, dovuta al fatto che nonostante lo colpisse con tutta la sua ferocia, Holyfield continuasse ad avanzare a testa bassa, inesorabilmente. Ed è così che posso descrivervi Settimo, inarrestabile, fiducioso verso gli altri, sorridente, pronto ad andare avanti con follia ed entusiasmo, come un Holyfield insomma.

Uno dei miei più grandi rimpianti, purtroppo ero già emigrato, fu quello di non poterlo seguire in una delle sue follie, quando, per allenarsi, in verità per fare conoscenze femminili, si iscrisse alla scuola di danza aerobica, per lo stupore di tutti. Avete capito bene, provate a chiudere gli occhi e immaginare un soldato romano in pantaloncini e maglietta, ballare con la sua leggiadria da vichingo, insieme a tutte le donnine in calzamaglia che gli giravano in tondo, me lo immagino come “Gigi la trottola”, ma più romano. E vi posso assicurare, sarà stato uno spasso, almeno come quando un giorno, entrando a casa sua, lo vidi saltare come un grillo avanti e indietro per la casa.

Il motivo?

Gli chiesi cosa stesse succedendo:

- Ho messo le gocce per la tosse!

- E allora? - domandai - Ti hanno fatto venire un'irritazione alla gola che corri così?

- Nell’occhioooo - mi urlò - non ridereeeeeeeeee c…".

Ora, voi direte, ma è un idiota. Ma io vi sfido dopo una settimana di saldatura e di schegge di metallo in entrambi gli occhi a distinguere la boccetta dell’antibiotico per la tosse posizionata da qualcuno ancora sconosciuto vicino al collirio per gli occhi nel suo frigo. No, no, non ero stato io.

Settimo, fino al mio fidanzamento e tradimento da infatuazione per mia moglie, è stato il mio inseparabile fratello, e notte e giorno compagno di giochi.

Veramente, su suo suggerimento, ero io ad invadere casa sua fino a sera inoltrata, distruggendogliela. Come quando, tirandogli un colpo con il cuscino, feci saltare una delle bocce del lampadario o come mentre, a furia di cincischiare con la mia inutile e insistente curiosità con gli attrezzi del fratello, vidi salire un leggero fumo dalla radiotrasmittente che aveva costruito con cura. Provai a spegnerla, ma era troppo tardi, era andata. A volte ero capace di invadergli casa anche a ora tarda, dopo un rientro da una festa, per chiacchierare ore nella sua camera. Suo padre per controllare l’ora del nostro rientro e mettere un freno alle mie invasioni, appoggiava a terra davanti all’uscio di casa una sveglia. Settimo conosceva il trucco ma dimenticò di avvertirmi, di conseguenza la presi in pieno scagliandola sul muro con un calcio, il rumore svegliò tutta la sua famiglia e a quel punto non mi restò che darmi alla fuga.

Parlo di giochi perché non si potevano definire avventure alla Indiana Jones, ma giochi veri e propri in ogni momento della giornata. Uno, ad esempio, consisteva nel far indispettire quegli automobilisti che allo stop, appena passa meno di un secondo da quando ti sei fermato, già iniziano a suonare il clacson per farti fretta, come se da loro dipendessero le sorti di Wall Street e dovessero correre a vendere tutte le azioni prima del crollo della borsa. Allora scattava il nostro piano di ritorsione. Facendo finta che la nostra moto o il motorino o l'auto, si spegnesse proprio in quel momento, gli facevamo prendere una “crisi d'attesa”. Mentre fingevamo di riavviare, aspettavamo che il manager iniziasse a fare manovra per cercare di evitarci e affacciarsi allo stop, ma proprio in quel momento, "miracolo", il nostro mezzo si riavviava mettendosi ancora di traverso e impedendogli di passare, facendo scattare la furia da clacson del deficiente.

Ci divertiva anche quando, nei locali affollati, mentre facevamo la fila al bancone, facevamo finta di essere una coppia gay. Lo facevamo in modo grottesco ed esagerato per vedere le reazioni dei proprietari e degli avventori. Non potevamo mai pensare che qualcuno, vedendoci, lo smilzo vatusso, cioè io, e il romano peloso, cioè Settimo, potesse veramente credere che avessimo una relazione, i gay non si comportano mica in quel modo. Eppure, mi dovetti rassegnare davanti all'evidenza, quando mia madre e mia sorella mi chiamarono di là in salotto con una faccia da funerale. Io ero stupito, non era mai successo.

Mia sorella con voce scossa, evidentemente mia madre non era in grado di pronunciare “gay”, mi chiese:

- Non è che sei gay?

Io rimasi di stucco, non sapevo se ridere o arrabbiarmi e risposi:

- Perché?

Non mi vollero spiegare il motivo, per cui uscii non badandogli. Riflettendo negli anni a venire, mi chiesi se quella domanda potesse essere legata a quegli scherzi e al fatto che non ci separavamo mai. In fondo noi eravamo anime serene, ci fregava poco di cosa pensasse la gente, non ci facevamo troppe pippe mentali, forse però “il paese è piccolo e la gente mormora” ed era nata la voce sui due amanti. In realtà per capire l'entità e la quantità di gente arretrata e bigotta bisogna arrivare ad un’età adulta.

Riflessioni Ironiche Di Un Moderno Migrante Italiano

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