Читать книгу Novelle Napolitane - Salvatore Di Giacomo - Страница 10

Sfregio

Оглавление

Indice

Fronn 'e vurraccia,

Se nun te piglie a me te taglio 'a faccia!

Con Peppinella si volevano tanto bene che avrebbero fatto a morsi; così di quello scandalo Nunziata n'empì tutto il quartiere per due giorni di fila e ne parlava sempre, tanto che al sabato, quando Peppinella seppe chi avesse data la voce e andò a trovare la spiona proprio innanzi alla casa, vennero alle brutte e si strapparono i capelli a manate. Quando le divisero, e ci volle molto, ansimavano che pareva avessero fatto una corsa e si guardavano ancora con tali occhiate velenose che si credette volessero ricominciar daccapo. La lotta era stata muta, senza un grido, nè un'insolenza; ora pigliavano fiato per lanciarsi ingiurie da trivio e giuravano sull'onore offeso ch'era un divertimento a sentirle.

— Parla mo', — disse Peppinella, mentre la tiravano via, — t'ho sciolta la lingua, bruttona!

— Schifosa! schifosa! — urlava l'altra, con le braccia levate, — sappiamo tutto, sappiamo! Sei stata vista, t'ho vista io e non è il primo, va, ne hai di moscerini attorno, e ci mangi....

— Va, va! — disse Peppinella che stava a sentire e sorrideva di rabbia, stringendosi alla vita la veste strappata. — E tu no? Fai l'onesta?... Fa l'onesta, fa, vedete, e la sera Carmeniello le sciupa la faccia.

— Chi? — fece Nunziata, con un slancio terribile per gettarsele addosso. — Io? La sentite? Io? Qui s'odora di rose e ci tengono in palma di mano, ci tengono! Guardate chi parla: tu sei marcia.

A Peppina un tremito nervoso agitava tutto il corpo; diveniva pallida per l'ira e quando sentì l'insulto, che provocava delle occhiate ironiche nella folla, si voltò come se cercasse qualcosa. Sulla panchetta del calzolaio c'era la gran pietra di marmo ove si battevano le suola; l'afferrò a due mani, coi denti stretti, levandola alta per lanciarla. Dei gridi di orrore la trattennero, spaventandola; d'attorno a Nunziata le donne si scostavano, abbassando la testa, rasentando il muro; ella stessa che non s'aspettava una cosa simile stendeva innanzi le braccia e chiudeva gli occhi per non vedere.

Ma il calzolaio, un giovanotto che sino allora era stato soltanto a sentire ridendo di piacere, s'era già levato.

— No! no! — disse, facendosi serio, — questo non si fa: lasciate stare la roba mia.

Lei si lasciò togliere di mano la pietra, guardando Nunzia che ripigliava fiato, e poi si riaccostava per ricominciare. Allora le donnicciuole, che avevano paura che dovesse finir male, si misero a strillare.

— Volete finirla o no? Nemmeno quelle di mala vita parlano così!... E siete zitelle! Chi volete far ridere?

E nella folla, mentre i curiosi arrivavano da tutte le parti, una di loro, Rosa Monaco, s'affaccendò a metter pace, scalmanandosi per abitudine. Era già strano che non fosse capitata sino adesso in quel chiasso femminile; ora la gente del quartiere, che di lei sapeva vita e miracoli, se la disputava, cogliendo l'occasione per metterle le mani addosso, mentre lei si dava da fare, zoppicando sulla gamba offesa. E in mezzo a quella ressa, Rosa ancora vegeta e robusta coi suoi quarant'anni addosso, s'agitava strepitando, con delle grandi risate che mettevano in mostra i denti bianchi come l'avorio. Il ricordo piacevole della sua gioventù le tornava adesso alla mente, risvegliato da quella rissa di ragazze.

— Che c'è? Niente, — diceva, — sono le ragazze che si spennacchiano. E ci avete colpa voialtri uomini, che Dio ne possa sperdere la semenza!

E come i giovanotti riescivano persino a darle dei pizzicotti, ella si schermiva, affannandosi, con piccoli strilli di donna solleticata.

— Neh? Ebbene? Le mani a posto!... Guardate, fatemi passare, chè s'accapigliano un'altra volta. Faranno correre le guardie!

In tutto questo diavoleto che metteva in moto la Concordia, lassù ai vicoli di Toledo, ci aveva colpa quella benedetta leva che s'era pigliati i poveri figli di mamma e anche Tetillo, l'innamorato della Peppina; e lo scandalo era nato perchè solo cinque giorni dopo che Tetillo era andato a Perugia, che qui non si sapeva se stesse in Egitto, Peppinella fu veduta passeggiare a sera, con un giovanotto, sul Corso Vittorio Emanuele.

A sentir Nunziata, la sfacciata camminava a testa alta, lungo il parapetto, facendo gli occhi dolci al giovanotto che la teneva per mano e le dondolava il braccio. Sotto al fanale, quando proprio s'erano incontrate faccia a faccia, la brunetta aveva salutato Nunziata sorridendo, senza scomporsi, come se non avesse fatto altro per tutta la vita.

Così la notizia si seppe la sera stessa, perchè a Nunziata bruciavano i piedi d'arrivar subito alla Concordia e gridarla anche ai muri; fatto sta che gliene venne male, perchè, nella rissa, Peppinella, ch'era più forte, se la mise sotto e Nunzia le prese e le prese davvero, tanto che n'ebbe un orecchino strappato e lo scialle in brandelli.

Quando le divisero daccapo, Nunziata sedette innanzi alla porta di casa e rannodò dietro la testa i capelli che le si erano sciolti e le cadevano pel volto. Di tanto in tanto un sussulto nervoso, come un singhiozzo, le saliva alla gola e negli occhi le passavano lagrime di rabbia. E in silenzio, raccogliendo a una a una le peripezie di quella lotta, si rodeva della sconfitta che ora le dava delle strane idee di vendetta, e pensava al male che avrebbe potuto fare a Peppinella con un desiderio di rivincita rumorosa.

— Hai fatto peggio a darle retta, — le disse un'amica, appressando la sedia a quella di lei, — ci si perde sempre con questa gente....

— Va bene, — disse Nunzia, mordendosi le labbra bianche, — s'è fatto qualche cosa.... poi è stata lei che è venuta qui. Non ne parliamo più.

Intanto guardava sempre di sottecchi Peppina che, pochi passi distante, aveva l'aria di non badarle e girava con aria distratta attorno alla panchetta del calzolaio. E guardava sempre finchè l'altra s'allontanò a piccoli passi, le mani dietro le spalle, impettita e sorridente, mentre un mormorio la seguiva. E quando così giunse allo sbocco del vicolo ove c'era ancora qualcuno, come se niente fosse stato, mentre aveva la morte nel cuore, dondolandosi leggermente, si mise a cantarellare:

Me faie na pena, ah!...

Ma quando si trovò sola nella strada solitaria, il canto le morì sulle labbra, portò il grembiale sciupato alla bocca, lo strappò con un impeto convulso e si volse indietro fermandosi, guardando innanzi a sè con gli occhi rossi nel vicolo oscuro ove indovinava dei commenti arrischiati e una opinione già dubbia sulla sua onestà.

— Hai ragione! — mormorò torcendosi le mani. — Ma t'ho da far piangere sangue, va!

Pure si tennero il broncio soltanto due giorni, perchè, al martedì, quando Carmeluccia la capera venne da Nunzia a pettinarla e le fece intendere, mettendole le forcinelle nei capelli, che Peppinella voleva far pace e le mandava a dire che quella brutta sera l'aveva dimenticata, Nunzia si trovò a dire di sì senza che l'avesse nemmeno pensato. E lo stesso giorno, innanzi a tutto il vicinato, s'abbracciarono e si baciarono; Peppinella, che in fondo era una ragazzona e aveva il cuore tenero, si mise a piangere; l'altra non ebbe un sussulto, le restava ancora nell'anima il pensiero della rivincita che nessun conforto poteva addolcire. Così del fatto non se ne parlò più. Intanto Peppinella cambiava innamorati a settimana, tornava a casa tardi e a volte tutta rossa come se fosse stata a cenare in compagnia, e non ci badava nemmeno agli sguardi di curiosità maligna di cui, mentre passava, la investivano le comari del quartiere. Tanto lei non se ne dava per intesa. Era venuta su tutta in una volta, passando in un momento dalle forme indecise di fanciulla a quelle forti e voluttuose di giovane fatta, e correva ora su questa via poco sicura con una sbadataggine da bambina, punta solo dai desiderii ardenti della sua gioventù. Per questo, lassù alla Concordia, lo scandalo cresceva giorno per giorno, e quando, dopo due anni, Tetillo ritornò da Perugia, sul conto di Peppinella se ne dicevano di nere come il carbone.

Due anni fanno presto a passare; Peppinella se lo vide addosso appunto quando meno se l'aspettava; egli capitò alla Concordia la mattina di santa Teresa, quando c'era la festa alla strada vicina.

Nunzia lo fece appena arrivare, e la stessa sera mentre lui tornava da salutare la siè Rosa, che lo conosceva da bambino, gli disse le cose come stavano.

— Per la Madonna del Carmine! — balbettò Tetillo, diventando bianco come un cencio. — Ma è vero quello che mi dite, Nunzia?

— Per chi m'avete pigliata? Credete che voglia attizzar fuoco per ridere? Tant'è, adesso anche le pietre della via lo sanno.

— Ah! sangue di Cristo! — mormorò lui. — Per questo, quando sono venuto, lei non m'ha detto nemmeno ben tornato, e la gente mi guardava in faccia come se rivenissi dall'altro mondo! Ah, va bene! E chi è questo signore?

— Sì! — disse Nunzia, che s'era trovata ad aprir la bocca e voleva snocciolarle tutte. — Uno? Dimandate quanti sono stati; è il resto di quelli che sappiamo noi.

— Ah? — esclamò lui con un sorriso forzato, mentre le mani gli tremavano. — Me l'ha fatta bella, Peppinella! E va bene!... Privo di mamma mia se stasera non le dico una parola all'orecchio!

— Dove andate? — fece Nunzia, mentr'egli s'avviava senza nemmeno salutarla. — Volete pigliare un guaio per lei? Lasciatela stare; a un giovanotto come voi d'innamorate non ne mancheranno....

Lo aveva afferrato pel braccio e lo tratteneva, pentita di quello che s'era lasciato scappare di bocca. Egli si svincolò dolcemente, senza parlare, ma a guardarlo in faccia era più bianco della camicia che aveva addosso. Nunziata lo seguì; egli andava innanzi a piccoli passi, barcollando come se avesse alzato il gomito.

— Sentite! — arrischiò ancora. — Che volete fare?

Tetillo si volse; era tutto stralunato, ma sorrideva come se niente fosse.

— Non abbiate paura, vedete, non ci penso più; torno a casa, una buona dormita e passa.

Si fermò sotto il fanale e riaccese il sigaro, che si era spento: poi s'allontanò zufolando, con le mani in tasca.

Quella sera Peppinella, come giunse in mezzo alla piazzetta, ancora illuminata, se lo vide sbucare innanzi dalla bottega del pizzicagnolo, ove era stato ad aspettarla. A guardarlo con quella cera che aveva, lei indovinò subito che le belle cose gliele avevano già soffiate all'orecchio. Ebbe un fremito di paura; prima che si rimettesse egli le stava accanto, col cappello di sghembo e le mani nelle tasche della giacchetta.

— Buona sera, — disse lei.

— Buona sera.

Rimasero un pezzo in silenzio, camminando di pari passo; a un tratto, dove la strada si faceva buia, egli si fermò e, toccandole il braccio, come se del fatto ne stessero parlando da un'ora:

— Dunque? — disse.

— Dunque che?

— Sapete che m'hanno detto? — disse lui, dandole ironicamente del voi, — lo sapete?

— Che v'hanno detto, se è lecito?

— M'hanno detto che vi siete messa a far l'amore con un altro....

— Le male lingue sono come le forbici, — disse lei; — e voi ci credete?

— Ah! mannaggia! se fosse vero!...

Peppinella ci pensò un poco a testa bassa, poi la risoluzione la pigliò subito e gli volle dir tutto in una volta, per liberarsi presto.

— Mettiamo che fosse, — mormorò, — e poi?...

Ma non potè finire; egli aveva già messo fuori il rasoio e le fu addosso con un urlo di rabbia.

— E poi? E poi tèh!...

Peppinella non ebbe tempo neppure di gettarsi addietro che già lui, con un movimento rapido, le aveva tagliata la guancia e il rasoio le era passato nella carne come una staffilata. Fu un momento: ella non aveva sentito neppur dolore, ma quando portò le mani alla faccia e se le vide piene di sangue, mise un grido terribile:

— Ah! mamma mia! Ah, che m'ha fatto!...

E cadde di peso come uno straccio.

Tetillo rimase sbalordito, guardandola stesa lunga nel rigagnolo, ove non si moveva più. Si chinò a toccarla, ma lo spaventarono le grida delle femminucce. S'accorreva da tutte le parti e due guardie gli furono sopra prima che se n'avvedesse. L'afferrarono pel collo, spingendolo contro il muro; lui non si mosse nemmeno e si lasciò prendere senza aprir bocca. Ma aveva fatta una faccia così strana che nessuno volle dirgli niente. Solo una guardia, mentre lo tenevano stretto, gli gridò in viso:

— Carognaccia!

Tetillo la guardò negli occhi e si morse le labbra tanto forte che ne spicciò il sangue vivo, poi tese le mani con un lieve tremito nelle braccia. Quando gli misero le manette, e ci volle fatica, che aveva i polsi grossi come le sbarre, mentre stringevano la catenella, egli guardò nella folla con un sorriso di feroce compiacenza e con un'aria cretina si mise a canterellare fra i denti:

Fronn 'e vurraccia....

Cosa che dette i brividi a quanti gli stavano attorno e che per la bravata ringalluzzì gli sbarazzini di tutto il quartiere.

E così fu che Tetillo andò a scontare tre anni di carcere a San Francesco, e Peppinella, quando lo sfregio ricucito le dette un'aria di bellezza guastata, si dette alla mala vita e cinque mesi dopo gettò alla ruota dei trovatelli un suo bambino, pel quale non aveva nè latte, nè amore.

Novelle Napolitane

Подняться наверх