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VI.

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Un giorno, era del mese di ottobre, venne alla strega una donna, a un di presso della medesima età di lei, ma assai male in arnese, tutta lacera e scalza, con un pannaccio in capo, e tale, in sostanza, che me ne parve vedere il ritratto, quando, svolgendo un libro di viaggi, vidi le figure di certe donne dei selvaggi che abitano presso alle sorgenti del fiume Colombia, nelle estremità settentrionali dell'America. Io non so quali magiche parole le bisbigliasse costei all'orecchio, che la mia strega, dopo avere come fermato una specie di contratto, accostandosi a me e ghermendomi alla peggio, me le diede, così ignuda con un piccolo cencio indosso, dicendo:

Badate ve', se in questo mezzo ella morisse, fate che il curato della pieve di Resina ve ne dia il contrassegno. Io non voglio avere a inzeppar la bocca a' birri con qualche danaro de' miei, per la morte di cotesta cagna, che Iddio o il diavolo se la pigli presto; che son proprio stucca di udirla piangere. Che se non fosse stato un voto per una grazia che mi fece Maria Vergine Annunziata di far morire una mia vicina, che m'ammaliava tutto con gli occhi, io non mi sarei mai messo questo fistolo addosso.

Quello che a voi nuoce, comare mia, a me giova, rispose l'altra. Io ho bisogno d'una bimba che pianga e guaisca dì e notte; e questa mi pare il caso mio. Per questo mese, adunque, voi ne starete franca. Avete il pegno per la sicurezza della restituzione; e quando ve la riporterò, ve ne darò la ricompensa promessa. Ora state con Dio.

E così dicendo, s'inviò per un solitario ed intricato sentiero, quando portandomi in braccio, e quando strascinandomi per la mano. Riuscimmo a San Giorgio a Cremano. Quindi ci conducemmo a Portici; e poscia a Resina. Ivi la donna, svoltata per un viottolo che riusciva nella strada maestra, aperse l'uscio d'un tugurio simile a quello di Sant'Anastasia, salvo che somigliava meglio una caverna, e che non v'era animale di sorta alcuna, altro che noi due. Qui l'egualità era più esatta, perchè la donna ed io dormivamo entrambe sulla paglia, ch'era la sola suppellettile della casa. Era già notte quando vi pervenimmo; onde s'andò subito a letto. La dimane alla prima luce, la donna si levò, mi tolse in braccio, aperse e richiuse l'uscio della sua casa, e venne sulla strada maestra.

Quivi, adagiatasi sopra un rottame di colonna antica, e scoperte alcune luride piaghe ch'aveva nelle gambe e sul collo, e distesa me sopra i suoi ginocchi, cominciò a domandare pietosamente la vita per Dio ai passeggieri. Quando la via era deserta, ella si riposava e prendeva fiato dal continuo lamentarsi. Appena appariva o una vettura, o una brigata di villeggianti, che in quel mese sono frequenti in quei luoghi amenissimi, cominciava a rammaricarsi ed a piangere sì pietosamente, che avrebbe mosso a compassione ogni cuore più duro.

Io passava, come voi potete immaginare, tutta la mia giornata a piangere non per finto ma per verissimo dolore e per verissima mancanza d'ogni umana necessità. Però, senza saperlo nè volerlo, secondavo maravigliosamente gli sforzi scenici della donna. Pure avveniva talvolta che la stanchezza causata dal lungo pianto m'abbatteva in modo, ch'io m'addormentava in quel duro letargo che solo gl'infelici conoscono. Allora se un qualcuno compariva, la donna mi destava a furia di pizzichi e di schiaffi, e mi ammoniva ch'io dovessi piangere. E se il passeggiere seguitava la sua via senza muoversi a pietà di noi, quando quegli s'era bastantemente allontanato, la donna con graffi, con pugni e con calci mi puniva della durezza del passeggiere, dicendo che se io avessi pianto più forte, quegli si sarebbe commosso. Ed allora, appena le appariva alcun altro di lontano, prima che quegli s'appressasse, ella mi lacerava e mi straziava in tal guisa, che mi era impossibile di non dare alla fine uno sfogo di disperatissime lacrime al mio dolore, in modo ch'io mi trovava nel forte del mio pianto all'appressarsi di quello. In questo mezzo la donna cominciava anch'ella a lamentarsi; e non v'è dubbio che riusciva più facile di scrollarlo.

Così passammo tutto il mese d'ottobre e i primi dì di novembre. Poi, essendo la villeggiatura finita, e quei luoghi divenuti assai solitari, un giorno la donna s'incamminò con meco verso Sant'Anastasia, mi restituì alla sua comare, e datole un compenso in danari per il nolo della mia persona, e ripreso il suo pegno, ne andò con Dio a rappresentare sola la parte di mendicante o d'altro più degno personaggio. Ed io, campata appena dai suoi artigli, solo Iddio sa con quanti sospiri e con quanti gemiti preparai l'anima agli usati strazi che mi attendevano a Sant'Anastasia.

Ginevra, o, L'Orfana della Nunziata

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