Читать книгу L'idolo - Gerolamo 1854-1910 Rovetta - Страница 10

VII. Durante il concerto, in casa Dionisy.

Оглавление

Indice

Nel salone del concerto: la folla degli invitati: il maestro Arnaldi, del Conservatorio, eseguisce mirabilmente le Trascrizioni di Liszt sull'Aida: mormorii di approvazione: il cavalier Venceslao, — la cui bella testa italiana ha maggior risalto col frak e la cravatta bianca — ritto in piedi, accanto al pianoforte, volta le pagine della musica, ringrazia sorridendo, con dignitosa affabilità, il pubblico plaudente, o lancia occhiate terribili se appena uno si muove o dice una parola.

In fondo al salone, nascosti dalla portiera dell'uscio a destra: Guido Bardi e donna Fanny: scena di gelosia, sotto voce, ma vivacissima: quella stessa mattina donna Fanny è stata veduta sul Corso, dopo la messa in duomo delle dieci e mezzo, con Giordano Mari.

Accanto alla portiera dell'uscio a sinistra: Nino Sebastiani, colla faccia stralunata e l'occhio sempre attento con inquietudine ansiosa verso il grande finestrone che mette sul terrazzo: si lascia fare una gran corte dalla contessina d'Arborio: una nanerottola napoletana, pertinacemente signorina dopo i trent'anni, che ha perduto una riputazione e sta formandosene un'altra, tutto ciò con un volumetto di Note e frammenti — versi e prose — assai fisiologicamente psicologici.

Nella sala da giuoco: la marchesa Gonzales, più gonfia per le strettoie del busto, più che mai abbarbagliante per i vividi colori dello sfarzoso abbigliamento, più che mai bisbetica e più che mai rabbiosa, per la smania che la rode di un bicchier d'acqua gelata, si sfoga colle sue conoscenze — tutti uomini e tutti bei giovinotti! — contro quel genio inconcludente di Guido Bardi, che non è corso ancora a complimentarla, e per conseguenza anche contro donna Fanny, che scappa via in furia dalla messa, per trovarsi sul Corso con quel luterano... che nessuno sa chi sia!

Nel salottino verde e quasi buio della biblioteca: la signora Letizia, quella sera più che mai sofferente, e perciò lontana dalla luce, lontana dal caldo, lontana dalla folla. Mollemente sdraiata sulla lunga e morbida poltrona, come in un lettuccio, scintillante di gemme e ancora affascinante, in quel mistero della fida penombra per l'incerto bagliore delle spalle e delle braccia ignude, essa sospira e langue, co' suoi più intimi, per il caldo che l'opprime, per i suoi nervi, per Venceslao che ne fa strazio a suon di musica, per Emma ingrata e disobbediente che non si cura di lei, che non si fa mai vedere, che non le vuol bene affatto.... E di tanto in tanto interrompe il lamento e manda il dottore sulle traccie della figliuola, per tenerla d'occhio, per sapere almeno con chi parla. Ma anche il dottore sembra molto preoccupato, sfiduciato, e se ne va in punta di piedi alla ricerca di quella tosa senza giudizio, scrollando il capo e sospirando.

Sul terrazzo: Emma e Giordano Mari. Ci si vede appena, perchè la notte è bella, ma senza luna, e il salone di faccia, illuminato, lascia il terrazzo ancor più nell'ombra.

Le Trascrizioni di Liszt sull'Aida stanno per finire.

Emma. No! No! Adesso no! Mi lasci andare dalla mamma! Chissà che cosa dirà la mamma!

Giordano Mari. Resti ancora!... Tacerò!... Non ho sempre taciuto tutti questi giorni?... Tacerò! Per me sarebbe una colpa parlare! Per questo l'ho sempre sfuggita! (con una amarezza che mostra i bei denti candidi fra la barba bionda) All'uomo consacrato alla ragione, non è concessa la follia del sentimento!... Eppure... questo le dicevo, questo le voglio dire, questo solo. Era il misterioso fascino della simpatia o la suggestione eterna della bellezza? Era la visione di un'anima o l'incontro fatale del destino? Tutto; la folla, il fragore delle approvazioni, l'ansia del successo, il momento presente, l'evocazione immaginosa del passato, tutto si allontanava, illanguidiva, spariva!.. I suoi occhi soltanto; non vedevo altro che i suoi occhi dolci e buoni; i suoi occhi lucenti e fissi, che si erano impadroniti di me, coll'intimo, profondo turbamento di una nuova commozione, che si eran fatti oramai i visibili e magici conduttori della mia parola e del mio pensiero.... Signorina! (trattenendola perchè il maestro Arnaldi ha finito, scoppiano gli applausi, ed Emma rossa, confusa, intimidita, tremante e fremente, vuole scappar via) Ancora!... Ancora! Vederla soltanto! (Le afferra la mano colla quale Emma tiene il ventaglio, gliela stringe forte, le fa male, molto male).

Emma (non si oppone, non dà il più piccolo grido. È lui: essa è contenta che la faccia soffrire; è contenta di quel dolore: essa lo sente; essa sola lo sa!)

Giordano Mari (continuando a stringere la povera manina) Vederla così!... Così bella!... Tacerò... o parlerò, ma come parlerebbe un babbo colla sua figliuola.

Emma (interrompendolo, urtata, offesa da quel confronto nella poesia del suo cuore) No! No! (ed alza l'altra mano rimasta libera per chiudergli la bocca... ed anche per nascondere quei denti bianchi di cui sente istintiva la vicinanza e l'insidia) No! No! Così no!... Così no! Non dica così!

Giordano Mari (lasciandole la mano rimasta tutta rossa, tutta livida) Eppure, signorina, è la verità: la verità che io non devo mai dimenticare che domando alla vita, al passato, che cerco di evocare dalla storia e di concretare colla filosofia e colla scienza: la verità; l'inesorabile e spietata verità che mi nega Dio... e mi toglie lei.

Emma (alza gli occhi sbigottita, poi rimane a guardarlo maravigliata: il cielo profondo, immenso, è pieno di stelle, e il pensiero di quell'uomo vi spazia solo, libero, sicuro. Egli impone un nome e una legge ad ognuna di quelle stelle e ne diventa il padrone. E, inconsapevolmente, la giovinetta superstiziosa e pia, la signorina cattolica e aristocratica, pensa che doveva essere così, così biondo, così bello e così forte — e pure in frak collo sparato bianco — l'angelo ribelle, il Lucifero di Milton. Essa ritrae da quell'uomo l'immagine della grandezza, e si sente umile al suo confronto, si sente debole, piccina. China il capo confusa; rimane intimidita, ma non lo fugge, gli si avvicina invece con un moto irresistibile, pieno di grazia, di verecondia e di abbandono.... gli si avvicina palpitante, attratta da un misterioso e nuovo sgomento, attratta, commossa, dall'irresistibile poesia dell'amore).

Giordano Mari (guardandola, trovando maravigliosi quei capelli, i contorni di quel collo sottile, di quelle spalle candide e delicate, sboccianti colla fragranza d'un fiore dal modesto decolleté) Dunque?... papà... no?

— No.

— Eppure... è così. È perchè sono oramai un giovine vecchio, che lei deve avere in me tutta la fiducia, ed io devo impormi la calma e il ragionamento. Per questo ho aspettato che il Barbarani me lo dicesse tre volte, in tre occasioni diverse, prima di farmi presentare a sua madre, prima di venire in casa sua. Per questo è la prima volta che oso parlarle da solo a sola... (si avvicina di più, quasi a toccarla).

Emma (trasalendo: allontanandosi) È finito! (infatti il pianoforte tace) Mi lasci andare.

Giordano Mari (senza muoversi: rimanendo appoggiato alla ringhiera del terrazzo) Ricominciano. Chi è quel signore calvo e pingue che si accinge a cantare?

— Il maggiore Costamagna.

— Che cosa viene adesso?

— Il Credo di Jago.

— Ecco, incomincia. Suo padre volta le pagine lanciando occhiate terribili: chi oserebbe muoversi adesso? Entrare in sala?

Emma (sorride e resta).

Giordano Mari (ritornando a guardarla molto e riprendendo il discorso di prima per ispirarle sicurezza e far combattere da lei stessa l'ostacolo dell'età, che egli capisce sarebbe stato il primo sollevato dalla gente contro di lui) Se non come suo padre... pensi, signorina, io avrò per altro... quasi l'età del ministro Albertoni!... Di suo zio!

Emma (subito) Ma lo zio è molto più giovine del babbo!... È fratello della mamma! (mettendosi, sorridendo con una cert'aria maliziosa, l'indice sulla bocca per raccomandare il segreto di quella sua gran confidenza) Ha due anni meno della mamma!

Giordano Mari (trovandola ancora più graziosa e piacente in quel passaggio dal candore sentimentale alla furberia birichina) Lei, vuol bene a Sua Eccellenza?

Emma.... Sì; è molto simpatico.

Giordano Mari (con aria disinvolta, senza parere: ma ha parecchie domande da fare che gli premono assai: fissando, ammirando la fanciulla tutta bianca e vaporosa, come l'evocazione fantastica di quella notte calda di giugno, egli non le dà, per sfondo al bel quadro, il cielo immenso e stellato: ma invece tutte le finestre illuminate dello splendido e ricco palazzo, in cui si raccoglie il superchic della nobiltà e dello sfarzo milanese. Quel fiore candido e profumato, quella fanciulla soave deve essere l'apportatrice di pace nelle preoccupazioni finanziarie che lo turbano, che lo agitano, che diventano di giorno in giorno più gravi e più minacciose: e nello stesso tempo la nipotina prediletta di Sua Eccellenza il ministro Albertoni deve essere pure l'araldo gentile della sua gloria: ed anche sotto questo rispetto la sua fortuna: e guardandola pensa con compiacenza) Non una fortuna cieca, ma con due occhi maravigliosi. (Forte) E Sua Eccellenza, vedendola così bella, vedendola così buona, le vorrà molto bene?

— ... Sì; credo.

— Per altro... non vivono insieme?

— Lo zio è quasi sempre a Roma.

Giordano Mari (con voce timida, commossa, profonda — un capolavoro — anche perchè sta perdendo sinceramente la testa) Voglia un po' di bene anche a me, signorina!

Emma (diventa rossa, poi pallidissima).

Giordano Mari (supplichevole, umile, implorandola, domandandole scusa) Non ho detto niente! Non ho detto niente! Non mi risponda! Non mi risponda! Non mi mandi via!... Stiamo a sentire. Non parlo più! Che meraviglia di musica!

La voce baritonale del maggiore Costamagna è un po' aspra, un po' sforzata, ma la signorina Emma e Giordano Mari non se ne accorgono e la trovano davvero deliziosa. Emma sente che comincia allora un'altra vita per lei: che non è più la fanciulla di poco prima: sente che essa ormai appartiene a quell'uomo, il quale, fino dal primo momento che le è apparso, l'ha subito dominata, si è impadronito della sua immaginazione e dei suoi sensi... e Giordano Mari, in quel punto, è vinto a sua volta da un desiderio solo, quello di abbracciarla; dal desiderio ardentissimo di quei capelli odorosi, di quel bel corpo flessuoso e candido come giglio. Non fosse la ricca ereditiera; non fosse la nipote di un'Eccellenza, non la bacerebbe ugualmente molto volentieri?.. E per questo egli sente che il suo amore è spontaneo e disinteressato, e che egli dunque ha tutto il diritto di amarla.

Costamagna finisce il Credo: Venceslao ringrazia il pubblico: il buon dottore approfitta del movimento della folla e capita sul terrazzo in punta di piedi.

Il dottore (ad Emma: Giordano Mari si è allontanato a tempo) Ma con l'umidità del giardino, la mia tosa, vuoi anche buscarti un po' di febbre?... Qui! Da brava! (le prende il braccio e lo mette sotto il suo) Andiamo — vero? — dalla mamma!... È un po' nervosina stasera... (sospiro, pausa) non bisogna tenerla agitata. E Sebastiani? (pausa) Hai veduto Sebastiani?

Emma (assai distratta, tenendo dietro coll'occhio a Giordano Mari, che entra nel salone e si avvicina a donna Fanny) No!

Il dottore (osservandola) Non hai la cerina solita... hai le labbra pallide... (toccandole la mano e tastandole il braccio) sei fredda... fredda. Sei stata troppo sul terrazzo senza niente sulle spalle. (Pausa: torna a fissarla, a studiarla) Hai preso — vero? — le cartine di fosfato?

Emma. Sì; le ho prese.

Il dottore. Allora — vuoi? — andremo dopo dalla mamma. (Pausa, fa due o tre passi, conducendo Emma verso Nino Sebastiani, il quale, appena vede il conferenziere entrare nel salone, fa un sospiro di sollievo e, voltando le spalle alla finestra del terrazzo per mostrarsi affatto indifferente con Emma, parla forte e gestisce molto animatamente colla contessina D'Arborio. — Il dottore ad Emma con una strizzatina d'occhi assai espressiva) Dobbiamo sentire anche noi che cosa dice il nostro Nino Sebastiani?

Emma (che ha visto Giordano Mari allontanarsi dal salone con donna Fanny: nervosissima) No. Non seccarmi sempre con quel tuo antipatico Sebastiani! Andiamo dalla mamma!

Il dottore (scrolla il capo, diventa sempre più tenebroso: con un sospiro) Mah!.. (Poi, mentre passano vicino al cavalier Venceslao) La signora Letizia... ti raccomanda di non stancarti troppo. Prendi un bicchierino di Bordeaux, con due dita di Vichy.

Il cavalier Venceslao (calmo, affabile, sorridente) Adesso daremo le Trascrizioni di Liszt sul Don Carlos.

L'idolo

Подняться наверх