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VIII. Durante e dopo le Trascrizioni di Liszt sul Don Carlos e il «Pace, mio Dio!» della Forza del Destino.

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Giordano Mari e donna Fanny dietro la stessa portiera che nascondeva prima donna Fanny e Guido Bardi.

Giordano Mari (tenero) Finalmente!

Fanny. Bravo, professore! (Quando è stizzita o vuole scherzare lo chiama sempre professore). Vi ricordate che ci sono anch'io a questo mondo!

Giordano Mari (inchinandosi graziosamente ed osservando con un sorriso di compiacenza e una cert'aria di ricognizione tutto ciò che rivela lo scollo del busto o che lasciano trasparire i veli e le trine) Bellissima!...

Fanny (percuotendolo leggermente sui capelli col ventaglietto lungo, chinese) E... soltanto per lei!

Giordano Mari (continua ad ammirarla, approvandola per la toilette e il resto) Brava! Brava! Patet dea!

Fanny (calmandosi; fissando, come Emma, i bei denti bianchi di Giordano Mari) Con questi calori!... Con un programma storico-biografico di dodici numeri!.. Dall'Oberto di San Bonifacio al Falstaff!.. (Sempre come sopra e cogli occhi sempre più lucenti) Se proprio non fosse stato per il signor professore, avrei inventata l'emicrania; oppure che mio marito doveva arrivare da Roma!

— Vi offrirò un quadretto votivo: Per grazia ricevuta!

Fanny (Percuotendolo ancora col ventaglio, ma più forte e sul naso) Sciocco!.. (Tornando in collera) Tutta sera, sempre con Emma!.. Ed io, invece, per tutta sera, rimproveri, minaccie, disperazioni e lacrime! Un bel divertimento! Musica e gelosia! E intanto Emma si monta la testa. Non dica di no! Si vede subito! Si monta la testa! Voglio sapere di che cosa parlavate, vicini vicini, come due colombe, sulla ringhiera del terrazzo, il professore fissando le stelle, la signorina, la punta dei piedi! — Voglio saperlo!

— Si parlava di cose indifferentissime! Di arte, di letteratura, di filosofia; di Nietzsche e... di Puvis de Chavannes.

— Una conferenza! Un'intiera conferenza! (Più stizzita che mai) Lei, caro signore, doveva farsi presentare alla marchesa Gonzales, come le avevo imposto; doveva far la corte alla marchesa Gonzales e tenerle alla marchesa le sue conferenze! Invece, il grand'uomo si diverte a farsi ammirare, a farsi adorare dalle fanciulle sentimentali, dalle fanciulle poetiche, ispirate! (Con un sorriso e un'occhiatina maliziosa) Ma... no, professore! (Scrollando il capo e cantarellando sottovoce) No! No! No! Con Emma, tempo perso! Appartiene alla drammatica! (battendo comicamente le sillabe) Alla dram-ma-ti-ca!

— Vede dunque? Le sue accuse sono ingiuste! Ho preferito la signorina Dionisy alla marchesa Gonzales, semplicemente per il senso estetico.

— Lei non professa l'estetica, ma la storia: deve, dunque, preferire la marchesa, per il senso storico.

Donna Fanny (continua a scherzare, a punzecchiare Giordano Mari a proposito della signorina Dionisy: continua a scrollare il capo, a dir di no, ma, colla bocca mobile e quasi scintillante, si avvicina, come attratta irresistibilmente, alla bocca di Giordano Mari) Lei, no!... Mai! Giammai! Emma appartiene alla drammatica, al-la dram-ma-ti-ca!

Giordano Mari (punto sul vivo, ma trattenendosi) Lei vorrebbe rendermi anche ridicolo! Crede che io non mi veda bene?.. Non mi conosca a fondo? La signorina Emma? Troppo ricca e troppo giovane: potrei quasi essere suo padre.

Fanny (risentita e prorompendo) Adagio, col padre, perchè anch'io allora, l'avverto, non ho che tre o quattro anni più di Emma!

Giordano Mari. Appunto; anche lei. Se avessi dovuto chiederla ai suoi genitori, mi avrebbero risposto di no.

Fanny (pensa, riflette, ridiventando seria per quanto le è possibile) Appunto; e allora, anche per ciò... ho ragione di non fidarmi! Lei... (fermandosi colla punta del ventaglio, in atto di possesso, sullo sparato bianco della camicia di Giordano Mari) lei potrebbe architettare un bell'intreccio, romantico-sentimentale, col lieto fine del matrimonio...

Giordano Mari (diventa attentissimo: è anche un po' inquieto, ma si mostra indifferente e cerca di fare lo spiritoso) Per rubare anche il mestiere al commediografo Sebastiani?

Fanny. Sicuro. Il mestiere e la signorina Dionisy, in un colpo solo. Lei...

Giordano Mari. Io?..

Fanny... Sì, lei; lei potrebbe pensare, per esempio: io faccio perdere la testa alla ragazza parlandole anche di Nietzsche e di Puvis de Chavannes, visto che tutte le strade conducono a Roma; e, una volta ben bene innamorata, la ragazza stessa può volere e imporsi al dispetto degli amati genitori... oppure la sensitiva comincia a perdere i colori e l'appetito, comincia a dimagrare, a languire, a soffrire, finchè salta in iscena il buon dottor Speranza; tasta il polso, scrolla il capo, pausa, sospiro, caso grave... e subito, recipe, il professore!

Giordano Mari (sentendosi diventar rosso, ride forte, troppo forte).

Donna Fanny (mettendogli il ventaglio sulla bocca) Sst!.. Silenzio! Non sentite? Pace, mio Dio! Ispiriamoci... e facciamo la pace anche noi.

— Chi è quel brutto sgorbio di soprano?

— La maestra Perticari. Ha insegnato a stonare, a bocca stretta, a tutta Milano.

— E il cavalier Venceslao?.. Come è grave, solenne in quel voltar del foglio!

— Ha una gran bella testa decorativa!

Finchè dura il canto. Giordano Mari e donna Fanny continuano a parlare molto sottovoce.

Donna Fanny (quando il «Pace, mio Dio» sta per finire) Cessa il canto; bisogna andare. — Io di qua: (indicando nel salone Guido Bardi) Ecco pronta... l'espiazione. Voi scappate in fretta di là, e speriamo che non vi abbiano veduto.

— E... domani?

— Domani?.. Due giorni di seguito? È impossibile.

— Sì! Sì! Da brava!

— Come si fa?...

— Un telegramma dell'onorevole! Arriva l'onorevole! Dovete andare alla stazione.

— Mai più: è una scusa che mi può servire soltanto per il pubblico; non per Guido Bardi. (Con arguzia e molti sottintesi) Vorrebbe venire anche il poeta incontro all'onorevole... alla stazione!

— Ah no!... Viva Dio!

Giordano Mari insiste, prega, supplica: donna Fanny risponde che non può e ripete:

— È impossibile!

Ma continua a scherzare, a ridere, a guardarlo, a fissarlo.

Ad un certo punto, lui si fa molto vicino; lei, pronta, si tira indietro e lo minaccia col ventaglio:

— È impossibile. E poi... lo avete meritato? — No. Dunque... non voglio.

La signora Perticari ha finito. Scoppiano gli applausi: anche Venceslao ringrazia col solito sorriso dolcemente dignitoso; tutti si muovono: bisogna andare, scappar fuori dal nascondiglio: non c'è più tempo di ostinarsi, c'è appena il tempo di cedere e di intendersi.

Donna Fanny. Alle due? Può alle due?...

Giordano Mari. Sempre! Quando vuole! Qualunque ora!

Donna Fanny (gemendo) Ma, Dio mio, come farò?... (ci pensa: l'ha trovata) Sì, va bene; alle due. Per essere libera, inviterò mia suocera a colazione.

Guido Bardi (la lente ficcata nell'occhio; i baffi da gatto più irti che mai, avvicinandosi a donna Fanny colla faccia da volerla mordere: l'ha veduta mezzo nascosta dalla tenda della portiera, ma non ha potuto capire se quell'altro era proprio Giordano Mari) Con lui? Ancora?

Donna Fanny (comicamente tragica) Sì; con lui! (percuotendolo col ventaglio sul braccio: con un'occhiata che lo calma) E col Barbarani! Lui non è stato solo altro che con Emma. Sapete?... È il Sebastiani che mi pare molto in pericolo!

Guido Bardi (ridendo con precauzione perchè gli può cadere la lente dall'occhio) Oh! Oh! Oh! Povero Nino!

Giordano Mari (nell'altra sala, incontrandosi col nobile Barbarani) E l'architetto? Don Carlo Borghetti? Non è ancora venuto?

Il Barbarani. Adesso! Adesso! In questo momento! Te l'ho detto, non è vero, che si è tagliata una mano con una bottiglia?... Cioè con un bicchiere?

Giordano Mari. Andiamo a cercarlo! Mi presenterai.

Il Barbarani (per cavarsela) Non è venuto in sala: appunto, per via della mano fasciata. Ha salutato appena la zia, la signora Letizia, poi si è messo subito a giuocare all'écarté, una partita interessantissima, colla marchesa Gonzales.

— Andiamo anche noi a vedere; così mi presenterai a tutti e due.

Barbarani (imbarazzato) Ti dirò — come vuoi, ma proprio stasera, quel lunatico nervosissimo...

È la terza volta che il Barbarani cerca scuse per ritardare quella presentazione: Giordano Mari, a cui invece preme assai dopo la lettera dell'editore Amodei, dopo certi discorsi fatti a Brera e all'Ambrosiana, e per altri suoi fini particolari, di entrare in amicizia con don Carlo Borghetti, il cugino della signorina Emma, lo guarda, lo fissa diventando serio.

Barbarani (subito) Felicissim... (Tossendo più forte) Felicissimo!... Soltanto, volevo dir questo: un'ora di tête-à-tête colla signorina Emma sul terrazzo; lunghissima conversazione e intimissima, sotto la tenda dei segreti, con donna Fanny... Diventi troppo pericoloso.

Giordano Mari (con fatuità: prendendolo a braccetto) Ormai, passò quel tempo, mio caro. Non sono più pericoloso per le signore.

— Ma sei pericolosissimo per me.

— Per te?...

— Precisamente!... E questa sera, per esempio, non ti presenterei una seconda volta, per tutto l'oro del mondo, nè al poeta, nè al commediografo. — Ohi! Furiosissimo l'Otello! E, per vendicarsi, ha promesso di scrivere un dramma in collaborazione con la contessina d'Arborio. La conosci? No? Quella brutta sagoma, più larga che lunga?... Quell'originale che fa la Sand?

Giordano Mari (vivamente: coll'interesse di chi vuole acquistar cognizioni che, non si sa mai, possono sempre diventare utili) La contessina d'Arborio? Una signorina letterata?

Barbarani (spiritoso) Signorina e letterata... press'a poco.

— È ricca? Molto ricca?

— Questo poi sì. In mancanza di doti, ha una gran dote: un milioncino.

— Dov'è?... Voglio conoscerla.

Barbarani (con entusiasmo) Subito! Benissim! Son proprio content!

Giordano Mari (con calma) No, no; dopo. Prima mi presenterai a don Carlo Borghetti.

Nella sala da giuoco: soli, ad un tavolino, la marchesa Gonzales e l'architetto. La marchesa sta facendo la partita all'écarté, per far passare il tempo e farsi passare la sete. Essa è in fortuna, marca sempre il re; e prova un ristoro alla compressione del busto — sforzo sovrumano di tre persone, la sarta e due cameriere — gridando addosso a donna Fanny.

La marchesa (giuocando) È una matta! Non si può dir altro, è diventata matta! E per chi? Per un maestro di scuola. Sì; me l'ha detto uno dei miei amici, per mettermi in guardia; a Padova faceva il maestro di scuola. Un antipatico predicatore di spropositi!... Dev'essere anche un repubblicano, un socialista. Io, col mio colpo d'occhio famoso, appena visto, l'ho subito giudicato: è un po' di tutto... Peuh! — Ho fatto il punto (lo nota).

Carlo Borghetti (risponde per lo più a monosillabi e giuoca distratto. Ha la faccia stralunata, un certo sorriso strano, melenso: ha una mano fasciata).

La marchesa. Finirà, quella matta, a far nascere uno scandalo; a disgustare anche Guido Bardi, e... allora?

Carlo Borghetti. Allora... poco male.

La marchesa (facendo due occhi e una bocca da mangiarselo vivo) Poco male?!

Carlo Borghetti. Sicuro! Se donna Fanny si lascia far la corte da un altro, vuol dire che il Bardi non le preme; e se non le preme, anche se lo perde... poco male.

La marchesa. Poco male?... Malissimo! Una donna di giudizio deve pensare innanzi tutto alla propria riputazione; e il giorno nel quale Fanny non ha più l'usbergo del Bardi, addio, ti saluto. La sua riputazione è andata! (Rabbiosissima) Non avete atouts?

— Sì.

— Allora state attento!... Prendete.

Carlo Borghetti prende, ritira le carte. La marchesa ripiglia il giuoco e il discorso:

— Lui, come lui, il Bardi, ormai è stato accettato: dunque finchè c'è lui, non c'è nessuno; e finchè lui resta al suo posto, nessuno ha il diritto di accorgersi degli altri, di mormorare. — Marco il re! — (nota il punto, e si calma un poco). Sicuro; bella novità! Il Bardi, anche versi a parte, non è divertente. Ma quello scrivano di Padova è per di più un ineducato. Con me, per esempio, il suo obbligo era di farsi presentare. Ma, però, io sono una donna giusta e sincera: in fatto di sgarberia, anche quell'altro, anche il poeta può darsi il vanto! In tutta la sera non ha trovato un momento per venirmi a salutare. Ma io so come vendicarmi: invito a pranzo la Fanny coi miei amici: tutti giovanotti! tutti simpatici! e lui, quel noioso insopportabile... niente!... A casa.

Carlo Borghetti (non sorride più: è diventato molto scuro) Dunque avevo ragione io: poco male.

— Voi?

— Se questo Bardi è noioso, è insopportabile, donna Fanny merita indulgenza.

— Niente affatto: lo ha voluto? Adesso è in dovere di tenerselo; così vuole la morale!

Carlo Borghetti (si ferma dal giuocare: la guarda).

La marchesa. Tocca a voi (Si china, vedendoci poco, per enumerare colle dita gonfie e corte, coperte di grosse gemme, le marche del piattello) Sono nove; dieci per nove, novanta. Se perdete anche questa partita, sono cento lire, per i miei poveri. Tocca a voi!

— Giuoco il re di cuori.

— Lo piglio io e allora faccio il punto. (Mescolando le carte) Anche quell'altra, sapete? Anche la Dionisy... l'amica... (Mettendo il mazzo di carte sul tavolino) Alzate.

— Mia cugina?

La marchesa (fa cenno di sì col capo) Alzate.

Carlo Borghetti (rauco, torvo) Con.... Giordano Mari?

La marchesa (più forte) Alzate! Bravo! (Dando le carte, poi guardando le proprie e mettendole a posto) A' miei tempi — e non sono lontani — le ragazze oneste, come si deve, usavano di prender marito prima di farsi far la corte dal terzo e dal quarto!... Ma adesso? Ragazze e maritate... non c'è più distinzione; è tutta una charlotte!

Carlo Borghetti (ancora più rauco e ancora più torvo) E... credereste?

La marchesa. Credo tutto. (Storce la bocca nera con ironia maligna e appunta come un istrice i peli corti dei baffetti) Mi hanno fatta diventare.... di una fede straordinaria!

Entrano in quel punto nel salottino il nobile Barbarani, saltellante, e Giordano Mari impettito, maestoso.

La marchesa (sottovoce, in fretta) Giuocate! Giuocate! Arriva il grand'uomo col servitore di piazza!

Il nobile Barbarani (avvicinandosi alla marchesa col suo compagno dietro: due o tre colpetti di tosse) Permetta, cara marchesa gentilissima, che finalmente possa avere l'onore di presentarle io stesso il mio amico Giordano Mari, illustre pensatore, filosofo, illustre letterato, di cui la bellissima fama, certo... certissim... (e si fermerebbe anche da sè, ma la marchesa lo interrompe, offrendo la mano, assai graziosamente, anche al luterano).

La marchesa (perfettissima: vieux régime) Giordano Mari, e basta il nome, caro Barbarani. Basta il nome. Non sono poi così dell'altro mondo: anch'io ho applaudita, ho ammirata la sua bellissima conferenza. (Abbassa gli occhi, si dà una rapida occhiata orizzontale: tutto è a posto: amabilmente, facendo scorrere la collana di perle) Tutti speriamo di sentirne un'altra; sarà presto?

Giordano Mari (rivolgendosi collo sguardo anche a Carlo Borghetti) Per ora, no. Ho dovuto interrompere il ciclo delle mie conferenze per un lavoro più serio, più importante... (alzando gli occhi al cielo e mostrandosi stanchissimo) che mi occupa assai.

Barbarani (pronto, pigliando la palla al balzo) Un lavoro storico, alla Momsen, interessantissimo: Ambrogio vescovo, nella civiltà de' suoi tempi.

La marchesa (coi peli dei baffetti che tornano a rizzarsi, per pungere) Cioè... Sant'Ambrogio?

Barbarani (con acume e competenza) A' suoi tempi, non era ancora santo: era soltanto vescovo!

Giordano Mari (sempre rivolgendosi cogli occhi e col discorso all'architetto) Per questa mia monografia, per rivederla, per completarla, mi sono fermato a Milano. Qui, sul luogo, ho molte ricerche da fare; moltissimi documenti da consultare. E, perciò, devo scusarmi con lei, signora marchesa, se, dopo aver ottenuta la gentile permissione di esserle presentato, non ho potuto, prima d'ora, procurarmi l'onore e il piacere della sua ambita conoscenza.

La marchesa. Appunto: pensavo anch'io: — che mai vuol dire questo ritardo? — Forse qualche... divieto? Ma, adesso, capisco benissimo: Sant'Ambrogio! E quando si ha da fare coi santi, non si scherza e non c'è più tempo per i poveri mortali. Dico bene, Barbarani?

Barbarani. Benissim! Son proprio content!

E il nobile Barbarani era davvero molto contento. Ormai, per le leggi dell'etichetta, era la marchesa che doveva presentare Giordano Mari a quel lunatico impetuoso del Borghetti.

Carlo Borghetti (alzandosi e offrendo alla marchesa, con un inchino, un biglietto di banca) Se permette, marchesa... il mio debito.

La marchesa (mostrando le cento lire a Giordano Mari e poi chiudendole nel portamonete colle dita tremanti e con un lampo di gioia ingorda negli occhi spelati) Sono... per i miei poveri. (Trattenendo Carlo Borghetti mentre le dà la mano e fa per andarsene, e presentandolo) L'architetto Carlo Borghetti: Giordano Mari.

Giordano Mari (Un grande inchino, e tutti i soliti complimenti: molto espansivo. L'altro risponde appena senza guardarlo, occupandosi solo della sua mano che gli si è un po' sfasciata).

La marchesa. Soffrite?

— No.

Barbarani. Dovresti farti fasciare di nuovo e un po' meglio col taffetà, dal dottor Speranza.

— No.

La marchesa (che ha sempre bisogno di muoversi per quella sete che la brucia viva, ma non la dimagra: alzandosi adagio, appoggiando le mani al tavolino, soffiando e sbuffando; due minuti per ripigliar fiato; poi, accettando il braccio del Barbarani, e avviandosi con un po' di ondulamento) Andiamo in cerca del dottore (si sentono gli accordi al pianoforte) Sst! (ascolta un momento) il Falstaff!... Andiamo a farci vedere nel salone, da Venceslao. È troppo buono; non merita dispiaceri.

Giordano Mari, per lasciar passare tutta la magnifica marchesa col Barbarani, resta indietro, vicino a Carlo Borghetti.

Quella presentazione è stata troppo breve, troppo superficiale; egli ha paura che Carlo Borghetti gli sfugga; vuol trattenerlo ad ogni costo; ma, per trattenerlo, bisogna parlare.

Che cosa dire? Che cosa dire?

Giordano Mari ha la smania di parlare e non trova una parola. È rimasto ad un tratto, per combinazione, per dispetto, col cervello vuoto e colla lingua di piombo. Eppure bisogna parlare, parlare! Bisogna rompere il ghiaccio, o lasciarselo scappare!

Ma ogni istante che passa è un'occasione perduta; ad ogni istante cresce l'impiccio del momento... Giordano Mari si sente persino ridicolo.

Parlare? Parlare?... bisogna trovar le parole per parlare!

Carlo Borghetti rimane sempre più impenetrabile, freddo, muto, in un atteggiamento quasi ostile: si sforza per annodare la fasciatura di seta nera attorno alla mano.

Giordano Mari (a un tratto, con premurosa gentilezza) Permette? Potrei aiutarla?

Carlo Borghetti (cacciando subito la mano nella sottoveste) Grazie; ho finito. (Gli volta le spalle e fa per andarsene).

Giordano Mari (tenendogli dietro ostinatamente, dicendo il primo scherzo, le prime parole che gli corrono sulle labbra) È stato un duello, non è vero? Me l'ha detto l'amico Barbarani! Un duello con una bottiglia!

Carlo Borghetti (fermandosi, voltandosi, fissandolo serio) No, non è vero; non l'ha detto. Il Barbarani non dice sciocchezze! (Guarda ben fisso Giordano Mari ancora per un istante, poi dà un'alzata di spalle e se ne va).

L'altro rimane sbalordito, a bocca aperta.

L'idolo

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