Читать книгу L'idolo - Gerolamo 1854-1910 Rovetta - Страница 8

V. All'hôtel della «Bella Venezia».

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Giordano Mari (entrando cerca il portiere che non c'è, chiama il cameriere che non risponde, entra nel burò dove non trova nessuno; si mette a brontolare prima a mezza voce, poi molto più forte).

Il direttore (che si era addormentato in quel caldo pomeriggio, risvegliandosi e avanzandosi nel buio) Il signore?... domanda?...

Giordano Mari. Domando se ci sono lettere, telegrammi per me.

Il direttore (che non si ricorda chi è) Scusi?...

Giordano Mari (risentito) Per Dio! Giordano Mari.

Il direttore (lo guarda c. s.)

Giordano Mari (furibondo) Il numero 15!

Il direttore (con calma) Adesso domanderemo al cameriere.

Per il numero 15 c'era un telegramma ed una lettera: erano stati portati in camera: e per Giordano Mari dovevano essere importanti assai, perchè, ordinato in fretta da pranzo, fa le scale d'un fiato.

Col telegramma, invece di una sola lettera, ce ne sono due. Una da Roma, l'altra col bollo di città.

Giordano, prima di aprire, guarda di chi sono: la lettera di Roma è quella che egli aspetta dall'onorevole Rocco Marana, sotto-segretario di Stato all'istruzione pubblica. Quella di città è del suo editore.

— Ma perchè mi scrive? Se l'ho avvertito che domattina sarei andato io da lui?

Da quella lettera Giordano Mari sente che deve aspettarsi una contrarietà, un rifiuto; tuttavia legge prima il telegramma:

«Impossibile ottenere rinnovazione: voci attendibili assicurano solito sovventore prossimo fallimento. Regolati.»

«Finardi.»

— Anche gli usurai che falliscono! Quando il diavolo ci vuole mettere la coda! E adesso... a quest'altro! — E comincia più lentamente ad aprire e a leggere la lettera di Roma. È la risposta ad una sua domanda per certa missione all'estero che ha più volte sollecitato e che gli procurerebbe, oltre al divertimento e all'onore di un paio di commende, anche qualche biglietto da mille:

Ministero

della

Pubblica Istruzione

Gabinetto del Sottosegretario di Stato.

Carissimo amico,

«Cattive notizie! Il tuo invio a Lipsia per l'esame e il possibile ricupero dell'epistolario galileiano, scoperto in quella città, — e di doverosa rivendicazione da parte del Governo italiano di fronte alle irregolarità di acquisto emerse dal recente processo — pareva cosa sicura. S. E. il ministro, anche l'altra sera, dopo un lungo colloquio intorno a molte altre cose, me ne aveva dato la quasi certezza, mostrando di ricordarsi molto bene di te, de' tuoi titoli e delle tue benemerenze. Credevo di potergli far firmare a giorni il relativo decreto e le commendatizie ufficiali presso i corpi diplomatici, allorchè, stamane, apprendo che la missione è irrevocabilmente affidata all'onorevole Toscolani. Questo nome, in questi momenti, ti dice tutto; ti dice specialmente, come non sia dipeso da mancanza di buon volere da parte mia l'esito negativo della pratica. Un elemento così irrequieto e tempestoso, da sottrarsi all'opposizione parlamentare ed extra-parlamentare, alla vigilia, o quasi, di un voto di vita o di morte pel Gabinetto, ha avuto il sopravvento anche nel campo... teoricamente sereno della scienza e delle arti. Tu sei troppo uomo di mondo, sebbene non rotto ancora a questa vitaccia politica, per non comprendere certe supreme necessità del momento. A voce, e spero presto, a Roma, potrò dirti di più. Per ora non volermene e gradisci una filosofica stretta di mano dal tuo

Affezionatissimo

Rocco Marana

Giordano Mari non dice una parola, non fiata, ma sotto gli occhi gli appaiono due solchi lividi, profondi. Apre l'altra lettera, quella dell'editore di Milano.

Amodei e C. Editori

Gabinetto del Direttore

Illustre e carissimo Mari,

«Mi offrite le vostre conferenze sui Precursori della Rivoluzione? Quali sono e quante sono? perchè io non ne conosco altro che una, la solita di Venezia, Torino e Genova; sempre bella, ma sempre quella, come la bandiera dei tre color! E poi... mi domandate duemila lire — anticipate — per un volume di conferenze? È vero che non è che una domanda... ma io non vi posso dare... che una risposta. Vi voglio molto bene, ma non posso, per voi, disgustarmi col mio interesse.

Affezionatissimo

Amodei.

«P. S. — Devo assentarmi da Milano per il matrimonio di mia nipote. Sono spiacente per me... e per voi. Vi avrei fatto conoscere l'architetto Carlo Borghetti, una vera capacità, un erudito fenomenale. Avrebbe potuto esservi utilissimo per la vostra monografia su sant'Ambrogio... o il signor Ambrogio, come volete voi.»

Giordano Mari, pallidissimo, resta fermo, immobile su due piedi. È una disdetta. Tutto gli va male... tutto! tutto!... C'è fin da ridere, tanto è curiosa!... E ride infatti; ma ad un tratto il riso gli si ferma sulle labbra ed ha un sussulto in tutta la persona: riapre, rilegge il telegramma:

«Impossibile ottenere rinnovazione: voci attendibili assicurano solito sovventore prossimo fallimento. Regolati».

— Ma allora?... E le altre?... E tutte le altre?...

Anche gli ultimi echi degli applausi di un'ora innanzi, le febbrili compiacenze del successo, tutto è svanito, dileguato ormai... persino il bel viso ridente di donna Fanny e gli occhi intenti, appassionati di Emma. E sì che quest'ultima, mentre egli legge la lettera del Marana, gli è tornata in mente... quale nipote dello zio ministro.

— E le altre cambiali?... E tutte le altre?...

Fa due, tre passi verso la finestra, sempre cupo, sempre pensoso, a testa bassa. Prende macchinalmente le forbici dalla toeletta e macchinalmente continua e continua a tagliarsi, a regolarsi, a limarsi le unghie...

— E le altre?... E tutte le altre?...

Rimane ancora diritto in piedi, immobile, a testa bassa, occupato delle sue unghie, ma a mano a mano il suo viso da pallido diventa giallo, gonfio, sformato... i solchi sotto gli occhi diventano sempre più profondi. Non ha più trentacinque anni nè quarantacinque... ne dimostra sessanta...

— E le altre?... Almeno dieci... dodicimila lire?...

Nella cameretta si sente solo il rumore del respiro greve, affannoso del Mari, e un tic-tic-tac delle unghie dure, che saltano via, mozzate dalle forbici.

Cameriere (battendo all'uscio) Signore...

Giordano Mari (trasalendo, voltandosi) Che c'è?

Cameriere. Il pranzo è servito.

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