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III. In via Monte Napoleone.

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Dinanzi al portone di casa Dionisy: la via Monte Napoleone, di domenica, a quell'ora, le quattro pomeridiane, è pochissimo frequentata.

Carlo Borghetti (un giovanotto nè bello, ne brutto, nè elegante, nè trascurato: l'aspetto serio, di un uomo che lavora; la cera fosca di Lindoro in collera con Zelinda. Passeggia su e giù da mezz'ora per incontrare «per caso» la signorina Emma, quando torna dalla conferenza: fra sè, stritolando il collo ad un sigaro di Virginia che non vuol tirare) Sono le quattro! Che chiacchierone di un conferenziere! Ancora un giro e poi me ne vado a casa! E poi dopo, si sa, mezz'ora di complimenti col drammaturgo fischiato!... Quel falso Verdi è un gran padre balordo! Lascia sempre sua figlia insieme con donna Fanny, una civetta... peggio, ancora, una donna maritata da un paio d'anni, e che, oltre ai clandestini, ha già un amante ufficiale per paravento!.... (sorridendo sprezzantemente) Il poeta! Un poeta ridicolo!... Come quell'altro, l'amico indivisibile! Un commediografo... seccatore! (e aggrotta le ciglia).

Egli l'ha a morte contro i poeti, e i commediografi italiani specialmente... dal giorno che Nino Sebastiani s'è messo a corteggiare la signorina Emma.

Carlo Borghetti, un nobile di Crema, stabilitosi a Milano, sebbene molto ricco del suo, esercita l'architettura, e sebbene ancora più vicino ai trenta che ai quarant'anni, ha già acquistato una bella rinomanza; ma come egli tiene celato in fondo al cuore con sospettosa e ombrosa selvatichezza il suo amore per la signorina Emma, così tutta la vivacità del suo ingegno, rimane nella vita mondana, sepolta quasi, sotto un mutismo ombroso, sdegnoso, insofferente, lunatico... e che poi, in fondo, non ha altra origine che in un riserbo naturale, in una timida ritrosia.

C'è in lui, come c'era sin da giovane, una preziosa fusione di doti positive e di estri bizzarri. Mentre sarebbe parso a tutta prima che le prerogative principali del suo ingegno fossero il raziocinio matematico e l'austera severità della deduzione, ecco scintillare da quella sua mente eclettica, faragginosa ed equilibrata ad un tempo tutte le genialità, gl'impeti, e gli entusiasmi di un artista... Egli diventa un architetto nel senso classico ed in pari tempo nel senso moderno della parola. L'artista s'innamora delle bellezze del passato; lo scienziato si appassiona dei problemi del presente. Studiando i monumenti — e recando in quelle ricerche una coltura eccezionalmente varia e profonda — si fa archeologo e storico; e la sua dottrina, unita al naturale senso per ogni cosa bella ed armonica, lo guida sin dagli inizii nel lavoro professionale, preservandolo da ogni volgarità, da ogni compromissione venale colla moda bottegaia, sfacciata e pitocca, in fondo, dell'epoca...

Ora, Carlo Borghetti si è buttato con fervore febbrile ad una missione che lo appassiona, che avrebbe consacrata la sua fama, e alla quale egli consacra la sua vita: la ricostruzione del monastero di Pontida qual'era nei tempi epici dei Comuni lombardi. Governo e Provincia gli hanno dato l'incarico: gli occhi di tutto il mondo sapiente si sarebbero rivolti all'opera sua.

Carlo Borghetti (guardando l'orologio) Sono le quattro e mezzo! Un ultimo giro, poi... a casa! (Ne fa due o tre degli «ultimi giri», poi guarda ancora l'orologio). Le quattro e tre quarti!... Vado!

Invece resta; e tanto più la signorina Emma avrebbe tardato a tornare a casa, tanto più egli sarebbe rimasto lì ad aspettarla, trattenuto dalla gelosia, dalla incertezza, dall'ansietà, dalla disperazione.

— Finalmente!

Lontano, lontano, in fondo alla contrada, due cappellini, uno rosso ed uno verde, il verde è l'importante, entrano dal corso Vittorio Emanuele in via Monte Napoleone.

— Eccola!

Un'occhiata rapidissima, un lampo, e l'architetto ha già visto non solo che c'è lei, ma anche, subito, che non c'è lui... il commediografo.

Ah! che sollievo!...

Sorride, diventa rosso, messo in orgasmo e intimidito da quel cappellino verde che si avvicina lentamente. Egli si ferma colla scusa di accendere un altro sigaro, e intanto, mentre tiene colle due mani il cerino per difendere la fiamma dal vento e fuma, fuma come una locomotiva, guarda innanzi, spiando chi c'è in compagnia della signorina Emma.

Carlo Borghetti (fra sè come sopra) Donna Fanny... il poeta... il presidente... il Verdi... Per Dio, chi è?...

Il sangue gli dà un tuffo: l'architetto è diventato pallido: anche il secondo sigaro non tira. In fretta attraversa la contrada; vuole schivare, non vuol fermarsi con quella gente.

In quell'«andante maestoso» che si avvicinava con Emma, in quel gilet bianco, in quel cilindro lucente come un fanale, egli ha subito sentito, indovinato, il gran conferenziere, l'uomo del giorno, un nemico... il nemico!

Il nobile Barbarani (ha visto l'architetto da lontano: fa un piccolo salto, chiamandolo, e si pianta in mezzo alla strada per fermarlo) Carlo Carletto! Son proprio content! (rivolgendosi a Giordano Mari) Adesso le farò conoscere (colpetto di tosse: colla voce più forte) un grande originale. Molto ingegno! Molta erudizione! Matto, ombroso come un cavallo! Ha la specialità dei monumenti, delle antichità, tutta roba interessante per gli appositi amatori, per la storia — bravo! — Ma con la dovuta moderazione! (un altro colpetto di tosse perchè si arrabbia e soffoca) E col dovuto rispetto e le dovute convenienze per chi paga le tasse e ha diritto ai suoi comodi! Milano è una città modernissima — per i milanesi prima di tutto!... Non un museo per i forestieri! Carlo! Carletto!... Don Carlo!

Carlo Borghetti — (risponde seccamente) Ciao. (Si leva appena il cappello e tira via diritto, affrettando il passo e con una faccia tale che tutti sorridono, ma nessuno osa fermarlo).

È proprio fuori di sè. Egli odia in quel punto tutta la gente e tutte le donne. Le donne in ispecial modo: leggiere, vane, civette, false!... Tutte le donne, che poi si riducono per Carlo Borghetti ad una sola, Emma, il cappellino verde, colpevole di farsi accompagnare per la strada da quel ciarlatano dell'oratoria; colpevole.... colpevole, sopra tutto, di non aver mai capito ciò ch'egli si è sempre studiato di nasconderle, a furia di musi, di scontrosità e magari anche di sgarberie!

Il nobile Barbarani (rimane per un istante sconcertato, fermo in mezzo alla strada; poi, brontolando, si mette alla coda prendendo sotto braccio il cavalier Venceslao) Che presunzione! Che arroganza! Per avere il diritto di mancare anche di educazione, bisognerebbe chiamarsi per lo meno... il Brunelleschi!

Giordano Mari (sottovoce, osservando la signorina Emma, dopo di aver osservato l'atto, il turbamento, quasi la fuga del giovanotto) Chi è quel signor.... Carletto?

Emma (con naturalezza... sincera) Mio cugino, l'architetto Carlo Borghetti.

Giordano Mari (con squisita cortesia, per fare un complimento alla famiglia) Oh, oh!... Il sapiente artefice restauratore, il rievocatore, dirò meglio, del monastero di Pontida?

Emma (sorridendo, perchè tutti ridono in coro delle originalità di suo cugino) Già: e si figuri: adesso, perchè lo zio è diventato ministro dell'istruzione pubblica, voleva dare le sue dimissioni, sospendere i lavori...

Giordano Mari (vivamente interrompendola, parlandole più curvo, quasi inchinandola) Come, come, Sua Eccellenza l'onorevole Albertoni sarebbe dunque suo zio?...

Emma. Sì, fratello della mamma.

E così dicendo Emma arrossisce e torna a guardare per terra, confusa, turbata e inebriata. Sente che Giordano Mari le si è fatto più vicino, sente più vicino a' suoi capelli, alle sue guance, quella bocca eloquente, mobile, carnosa, dai bei denti lucentissimi e si sente tutta avvolgere da uno sguardo più fisso, più intenso, più caldo e... — Che peccato! — mormora, sospira ingenuamente. — Siamo già a casa!...

A quattro passi di distanza:

Donna Fanny (dicendo quasi la stessa cosa a Guido Bardi) Che peccato! Siamo arrivati!.... Ed io devo proprio salir un momento dalla signora Dionisy..

Guido Bardi (con una certa ansietà che gli rende la voce un po' velata) E... dopo?... Sì?... Vengo a salutarla?

Donna Fanny. Oggi... non si può. È domenica: devo andare anche da mia suocera: è il suo giorno.

Guido Bardi (si rannuvola... si morde i baffi).

Donna Fanny (guardandolo per consolarlo, con uno sguardo morbido come una carezza) Venga a prendere il caffè — con noi — dopo pranzo. Ma... non si faccia aspettare!

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