Читать книгу Odi barbare - Giosue Carducci - Страница 4

DELLE ODI BARBARE. LIBRO I
NELL’ANNUALE DELLA FONDAZIONE DI ROMA

Оглавление

Te redimito di fior purpurei

april te vide su ‘l colle emergere

da ‘l solco di Romolo torva

riguardante su i selvaggi piani:


te dopo tanta forza di secoli

aprile irraggia, sublime, massima,

e il sole e l’Italia saluta

te, Flora di nostra gente, o Roma.


Se al Campidoglio non piú la vergine

tacita sale dietro il pontefice

né piú per Via Sacra il trionfo

piega i quattro candidi cavalli,


questa del Fòro tua solitudine

ogni rumore vince, ogni gloria;

e tutto che al mondo è civile,

grande, augusto, egli è romano ancora.


Salve, dea Roma! Chi disconósceti

cerchiato ha il senno di fredda tenebra,

e a lui nel reo cuore germoglia

torpida la selva di barbarie.


Salve, dea Roma! Chinato a i ruderi

del Fòro, io seguo con dolci lacrime

e adoro i tuoi sparsi vestigi,

patria, diva, santa genitrice.


Son cittadino per te d’Italia,

per te poeta, madre de i popoli,

che desti il tuo spirito al mondo,

che Italia improntasti di tua gloria.


Ecco, a te questa, che tu di libere

genti facesti nome uno, Italia,

ritorna, e s’abbraccia al tuo petto,

affisa ne’ tuoi d’aquila occhi.


E tu dal colle fatal pe ‘l tacito

Fòro le braccia porgi marmoree,

a la figlia liberatrice

additando le colonne e gli archi:


gli archi che nuovi trionfi aspettano

non piú di regi, non piú di cesari,

e non di catene attorcenti

braccia umane su gli eburnei carri;


ma il tuo trionfo, popol d’Italia,

su l’età nera, su l’età barbara,

su i mostri onde tu con serena

giustizia farai franche le genti.


O Italia, o Roma! quel giorno, placido

tornerà il cielo su ‘l Fòro, e cantici

di gloria, di gloria, di gloria

correran per l’infinito azzurro.


Odi barbare

Подняться наверх